Spencer Reid [Cm]
Immagina per lucy08novembre2001
Spero ti piaccia 💚
Il caldo di giugno penetra dalla finestra aperta del nostro ufficio, portando con sé l'odore dei fiori di campo e l'inconfondibile suono dei clacson di New York.
Spencer è assorto nel suo fascicolo, come sempre, occhi incollati allo schermo, ma ogni tanto alza lo sguardo, scrutando i miei movimenti.
So che mi sta osservando, ma non lo dico.
Oggi è una giornata particolare.
Il telefono squilla e Hotch prende la chiamata con un'espressione che si fa subito seria -Abbiamo un caso- dice, e il tono della sua voce lascia intendere che non è uno di quelli facili.
Mi alzo, annuendo per farmi strada verso la porta, mentre Spencer mi segue.
-Mi raccomando, T/n- dice, il suo viso un po’ preoccupato -fai attenzione-
-Lo farò, amore- rispondo senza pensarci troppo.
Hotch ci spiega tutto.
Il corpo di una ragazza, Elizabeth Johnson, è stato trovato nel giardino di una scuola.
Le ossa risalgono al 1959.
La cosa che mi colpisce subito è la sua età: ventuno anni.
La stessa età che avevo quando Spencer e io ci siamo incontrati.
Elizabeth aveva un sogno, un sogno che era simile al mio: voleva cantare.
Nel frattempo, ci viene detto che la ragazza era stata uccisa, e che la famiglia ha dei segreti, alcuni dei quali legano la sua morte a motivi che vanno oltre il semplice omicidio.
Le sue sorelle, Rachel e Judith, sono le uniche ancora in vita, e sono le prime persone con cui dobbiamo parlare.
Quando arriviamo dalla famiglia, le due sorelle ci accolgono in un piccolo appartamento a New York.
Rachel ha 76 anni, ma i suoi occhi azzurri, così simili a quelli di Elizabeth, sono ancora lucidi di una sofferenza che non ha mai smesso di esistere.
Judith è più giovane di qualche anno, 71, ma anche lei porta il peso di un dolore inconfessato.
-Elizabeth aveva una voce incredibile- dice Rachel, mentre ci sediamo nel soggiorno -Un talento naturale, lo sapeva anche nostro padre, ma non lo accettava. Non gli piaceva la musica che ascoltava, quella ‘musica del diavolo’, come la chiamava lui-
Elvis Presley.
Quello che aveva fatto impazzire Elizabeth, ma che il padre vedeva come qualcosa da evitare, qualcosa di peccaminoso.
Ho sentito questa storia prima.
È una storia che mi tocca profondamente.
Da adolescente, anche io avevo avuto il sogno di diventare una cantante, ma i miei genitori non l'avevano mai accettato.
La musica non era la mia carriera, ma un sogno che avevo dovuto abbandonare per poter seguire la strada delle forze dell'ordine.
Come Elizabeth, anche io avevo avuto un idolo: Elvis, naturalmente.
Quante volte ho cantato le sue canzoni in segreto, nel silenzio della mia stanza, mentre immaginavo un futuro diverso, un futuro in cui la musica fosse la mia vita.
-Era davvero brava- aggiunge Judith, la voce tremante -Ma nostro padre non lo tollerava. Non solo la musica. Quando ha scoperto che stava frequentando un ragazzo di colore, James Davis mi pare, nostro padre non ha potuto più sopportarlo-
Non ci vuole molto per capire che il motivo dell’omicidio di Elizabeth non è stato solo il suo sogno di cantare, ma la sua relazione con James.
Un amore che non poteva essere accettato in un’epoca in cui le divisioni razziali erano ancora un tema scottante.
Ho un groppo in gola.
Quante volte, anche io, ho visto discriminazioni di ogni tipo?
Quante volte ho visto persone amarsi, ma non essere libere di farlo, a causa delle opinioni degli altri?
La verità, alla fine, viene fuori.
Elizabeth aveva pianificato di fuggire con James.
La sua morte non è stata un incidente, non è stata una morte senza motivo.
Howard, il fratello di Elizabeth, confessa di averla uccisa per ordine di suo padre.
Un ordine che non poteva essere disobbedito.
Il caso è risolto, ma la tristezza persiste.
Le ossa di Elizabeth sono state finalmente identificate, ma la verità non può cancellare il dolore.
Eppure, sento che una piccola parte di lei ha trovato giustizia, anche se tardi.
Quando l'epitaffio "Padre amorevole" viene rimosso dalla tomba di William, so che almeno una piccola vendetta è stata fatta.
Non è giustizia per tutti, ma almeno un passo verso la verità è stato fatto.
E poi, c’è quella parte di me che mi fa pensare alla musica.
Alla voce di Elizabeth.
Alla mia voce.
E all’amore che non sempre può essere vissuto in libertà.
Quella sera, quando torniamo a casa, io e Spencer siamo silenziosi.
Ma quando mi tolgo il cappotto e cammino verso la cucina, mi fermo di fronte alla finestra.
Il cielo è limpido, ma qualcosa mi turba.
Un pensiero, una sensazione che non riesco a scacciare.
-Spence- dico, fermandomi nel mezzo della stanza -Voglio cantare. Una serata. In un bar. Per sentire che la musica è ancora viva dentro di me. Per sentire che non ho mai davvero smesso di cantare. Voglio farlo per me, per Elizabeth, e anche per…-
Mi tocco la pancia, un gesto che ormai faccio in automatico.
La mia voce è bassa, come un sussurro che vibra nell’aria, ma è qualcosa che sento nel cuore.
-Per noi- dico infine, con un sorriso triste -Per nostro figlio-
Spencer mi guarda, il suo volto pieno di emozione -Diventerò... Diventeremo genitori?- sorride.
-Si-
-È... È bellissimo... Io... Io non so cosa- non finisce la frase perché mi viene incontro e mi abbraccia forte, tirandomi su
Mi stringe a sé, e la sua mano scivola sulla mia schiena, portandomi ancora più vicino, come se volesse proteggermi, come se volesse fare in modo che questo momento, quest'amore, fosse nostro per sempre.
Poi mi bacia.
---
E
quella sera, lo faccio.
Mi esibisco in un bar del quartiere, davanti a una piccola folla che ascolta con attenzione.
Cantare mi fa sentire libera, come se avessi finalmente riconciliato una parte di me che avevo messo da parte.
Quando la canzone finisce, l'applauso mi travolge, ma non è quello che mi importa.
Quello che mi importa è il sorriso di Spencer che vedo nel pubblico, e quella piccola vita che cresce dentro di me.
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