Pietro Maximoff [Marvel]
La sera cala lentamente sulla Avengers Tower, avvolgendo tutto in una luce calda e soffusa.
Il cielo dietro le grandi finestre si tinge di un arancione profondo, mentre la città sotto di noi brilla come un mare di stelle artificiali.
Potrebbe essere un momento perfetto per rilassarsi, leggere un libro, magari guardare un film in compagnia.
Ma io? No. Io sono una creatura del caos.
Scendo le scale con il solo scopo di recuperare uno spuntino dalla cucina, il mio pigiama con le papere che ondeggia ad ogni passo.
È morbido, comodo, e assolutamente non adatto a una serata tra i più grandi eroi della Terra.
Ma chi se ne importa? Qui dentro mi conoscono tutti. Se non riescono ad accettarmi in versione “papera sonnolenta”, allora non mi meritano neanche in versione “salvatrice del mondo”.
Sto quasi raggiungendo il fondo delle scale quando lo sento.
-Ma che visione incantevole…-
La voce mi coglie alla sprovvista, e quando alzo lo sguardo lo vedo lì, appoggiato al bancone della cucina con il suo solito sorriso sfrontato.
Pietro Maximoff. L’uomo che probabilmente è nato per tormentarmi.
Ha il solito completo sportivo – nero con strisce bianche lungo le maniche – e i capelli biondo-argentati spettinati in modo irresistibilmente casuale.
Gli occhi azzurri mi scrutano con un lampo di divertimento, come se vedermi in pigiama fosse la cosa più esilarante che gli sia capitata oggi.
-Sei sempre così vestita per impressionare?- mi prende in giro, piegando appena la testa di lato, il tono così leggero da farmi venire voglia di lanciargli qualcosa addosso.
-E tu sei sempre così fastidioso o è solo un regalo speciale per stasera?- rispondo, incrociando le braccia e cercando di ignorare il calore che mi sale alle guance.
Non sono certa se sia più per l’imbarazzo del mio abbigliamento o per come mi guarda.
Pietro si avvicina, le mani infilate nelle tasche della felpa, i suoi movimenti rilassati ma pieni di quell’energia trattenuta che lo caratterizza.
È sempre in movimento, anche quando sembra calmo.
-Sai- dice, fermandosi a pochi passi da me-non avrei mai pensato che qualcuno potesse rendere un pigiama con le papere… affascinante-
-Oh, ma smettila- Gli rivolgo uno sguardo che spero sia abbastanza tagliente da fargli rimangiare il sorriso, ma ovviamente non funziona.
Dietro di noi, sento una risata soffocata.
Mi giro e, certo, c’è anche Steve Rogers, che cerca di nascondere il suo divertimento mentre sorseggia una tazza di tè. Perfetto. Ora anche Capitan America si sta divertendo alle mie spalle.
-Molto divertente, davvero- mormoro, affrettandomi verso la cucina per nascondere la faccia nel frigorifero.
Mentre frugo tra gli scaffali, cerco di ignorare la presenza di Pietro dietro di me.
Posso sentire il suo sguardo sulla mia schiena, quella sua energia che sembra riempire la stanza, rendendo l’aria più densa, più elettrica.
-Hai fame?- chiede, la sua voce più vicina di quanto mi aspettassi.
Mi giro di scatto e lo trovo proprio dietro di me, così vicino che devo alzare lo sguardo per incontrare i suoi occhi.
-Forse- rispondo con un’alzata di spalle, cercando di sembrare disinvolta.
-Cosa vuoi? Te lo prendo io-
Per un attimo resto sorpresa.
Pietro è sarcastico, irritante, spesso insopportabile. Ma ha anche questi momenti in cui è… diverso. Più dolce, quasi tenero.
Ed è in quei momenti che mi confonde, mi fa sentire come se il pavimento sotto di me fosse improvvisamente instabile.
-Non importa- dico, cercando di riprendermi -Posso farlo da sola.-
Lui sorride di nuovo, inclinando appena la testa come se stesse valutando se prendermi in giro o lasciarmi in pace.
Alla fine, si allontana di qualche passo, appoggiandosi al bancone e incrociando le braccia sul petto.
-Sai- inizia, il tono più serio -non ti vedo mai rilassarti davvero-
La sua affermazione mi coglie di sorpresa. Lo guardo, cercando di capire dove voglia andare a parare.
-Cosa intendi? Io sono sempre rilassatissima- chiedo, la voce più morbida.
Lui scrolla le spalle -Pff... Si, certo... Ma stasera- il suo sguardo si abbassa al mio pigiama e poi risale al mio volto -sei diversa. Sei… te stessa-
Mi blocco, incapace di rispondere. Nessuno mi ha mai detto qualcosa del genere. Non in quel modo, almeno.
Pietro si avvicina di nuovo, più lentamente stavolta, come se temesse di spaventarmi.
Quando è abbastanza vicino da toccarmi, alza una mano e sfiora una delle ciocche ribelli che mi incorniciano il viso.
-Mi piaci così- mormora, il suo tono così dolce che mi si stringe il cuore.
Non so cosa mi spinga a farlo, ma alzo una mano e lo afferro per il polso, fermandolo. Non per respingerlo, ma per tenerlo lì, vicino a me.
-Pietro…- Inizio, ma lui scuote la testa.
-Shh- E poi, prima che io possa dire o fare qualsiasi altra cosa, si china su di me e mi bacia.
Il bacio è dolce, lento, quasi timido.
Le sue labbra sono morbide contro le mie, il suo tocco leggero come se temesse di farmi male.
Mi sciolgo contro di lui, le mie mani che si aggrappano alla sua felpa, il mondo che si dissolve intorno a noi.
Quando ci separiamo, il suo sorriso è tornato.
-Ero serio, sai- dice, premendo un altro piccolo bacio sulla mia fronte, poi uno sulla guancia -Mi piaci così. Anche con il pigiama più ridicolo del mondo-
Rido, scuotendo la testa mentre lui continua a riempirmi di piccoli baci sul viso, uno dopo l’altro, fino a farmi dimenticare tutto il resto.
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