Patrick Jane [The Mentalist]
Apro la porta di casa con l’intenzione di lanciare un’altra maledizione contro il mondo, la sorte e, soprattutto, chiunque abbia fatto sparire il mio gatto da tre giorni.
Ma appena vedo Patrick, con un completo impeccabile, in piedi di fronte a me con il mio gatto tra le braccia, resto senza parole.
-Ti ho portato qualcosa- dice con quella voce calma, come se stesse parlando di un pacco qualsiasi e non della mia adorata palla di pelo arancione.
-Quello è… è il mio gatto!- esclamo, indicandolo come se avessi bisogno di confermare la scena assurda che si sta svolgendo davanti ai miei occhi.
Patrick mi guarda con quel sorriso furbo e appena accennato, mentre il gatto, che sembra assolutamente non preoccuparsi della situazione, mi fissa annoia
-Davvero? Io pensavo fosse il mio nuovo assistente personale-
-Patrick- sospiro esasperata, incrociando le braccia -Lo cercavo da giorni. Dove l’hai trovato?-
-Tecnicamente? Non l’ho trovato, l’ho preso in prestito- risponde con nonchalance, varcando la soglia senza essere invitato -Avevo bisogno di un alleato per risolvere una questione. E lui si è dimostrato all’altezza-
-Tu… hai rapito il mio gatto- ribatto, fissandolo incredula mentre chiudo la porta -Sei consapevole che questo è il punto più basso della tua carriera investigativa, vero?-
-Non mi sembra troppo arrabbiato- replica lui, accarezzando il gatto con una mano e guardandomi con l’innocenza di un cherubino.
È incredibile come Patrick Jane riesca a farmi perdere il filo dei pensieri.
Mentre lo seguo fino al divano, vedo come si sistema, comodamente spaparanzato, con il gatto che ora ronfa placido tra le sue braccia.
Io mi siedo accanto a lui, ancora incredula.
-Dovrei denunciarti- mormoro mentre allungo una mano per accarezzare il mio traditore a quattro zampe.
-Lo faresti davvero? Dopo che ho riportato il tuo amico sano e salvo?- La sua voce è morbida, ironica, ma anche incredibilmente dolce.
-E perché l’hai preso, di preciso?- chiedo, lanciandogli un’occhiata sospettosa.
-Beh…- esita, giocando con un ciuffo di pelo del gatto -Avevo bisogno di distrarre qualcuno durante un interrogatorio. Pensavo che un gatto rubato avrebbe aggiunto un tocco creativo-
-Sei...- Scuoto la testa, ma non posso fare a meno di sorridere.
È il problema con Patrick: anche quando ti esaspera, riesce sempre a incantarti con quel suo modo di fare.
-E tu sei adorabile quando sei arrabbiata- ribatte lui, inclinando la testa per guardarmi meglio.
C’è un bagliore nei suoi occhi, uno di quelli che mi fa sentire un po’ troppo vulnerabile.
Lo ignoro.
O almeno ci provo.
Mi sporgo di più verso di lui, prendendo finalmente in braccio il mio gatto che sembra aver deciso di risvegliarsi solo per dare testate affettuose al mio mento.
Patrick mi osserva con quello sguardo silenzioso e penetrante, e tutto a un tratto l’aria nella stanza sembra diventare più densa.
-Sono felice che tu sia tornato, traditore- mormoro al mio gatto, cercando di ignorare quanto mi sento piccola accanto alla presenza di Patrick.
-Anche io sono felice- dice lui piano.
Lo guardo, un sopracciglio alzato -Felice di cosa? Di avermi fatto prendere un infarto pensando che il mio gatto fosse morto?-
-No- risponde semplicemente -Felice di essere qui-
C’è qualcosa nel modo in cui lo dice che mi fa venire voglia di distogliere lo sguardo.
Ma non lo faccio.
Lo fisso, come se stessi cercando di leggere qualcosa nei suoi occhi chiari, ma tutto quello che trovo è una sincerità che mi disarma.
-Perché mi guardi così?- domanda, la voce bassa, quasi sussurrata.
-Perché cerco di capire se stai per dire un’altra delle tue battute o se fai sul serio,- rispondo.
-Faccio sul serio- dice.
Resto in silenzio per un momento, stringendo il gatto come se fosse un’ancora, mentre il battito del mio cuore accelera.
Non so chi si sposta per primo – se io verso di lui o se lui verso di me – ma all’improvviso la distanza tra noi non c’è più.
Le sue labbra sfiorano le mie, esitanti all’inizio, come se mi stesse dando il tempo di tirarmi indietro.
Non lo faccio.
Invece, chiudo gli occhi e mi lascio andare.
Il bacio è dolce, lento, quasi reverenziale.
Una delle sue mani risale lungo la mia schiena, mentre l’altra resta ferma accanto a noi, come se non volesse rompere l’equilibrio del momento.
Quando ci stacchiamo, ho il fiato corto e il cuore che mi batte in gola.
Apro gli occhi e trovo Patrick che mi guarda con un sorriso leggero, uno di quelli che mi fanno capire che sta ridendo di me e di sé stesso insieme.
-Sei un ladro di gatti e di baci- sussurro, fingendo di rimproverarlo.
-E tu sei pessima a fare la dura- ribatte lui, accarezzandomi la guancia con le dita.
Il mio gatto, probabilmente stufo di essere ignorato, salta giù dal mio grembo e trotterella via.
Rimaniamo soli, io e Patrick, il silenzio nella stanza che sembra carico di parole non dette.
-Grazie per avermelo riportato- dico infine, quasi sottovoce.
-Grazie a te per avermi lasciato restare- risponde, con quel sorriso che so già sarà la mia rovina.
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