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La casa delle ossa [Cm]

Immagina per lucy08novembre2001
Spero ti piaccia 💚

Quando ho comprato questa casa ad aprile, qualcuno mi ha detto che ristrutturare immobili è una cosa che ti cambia.

"Troverai tesori," dicevano.

"Ogni mattone ha una storia."

Nessuno però mi aveva avvisato che quella storia potesse includere uno scheletro nel giardino.

Sono qui, nel mio giardino, una di quelle giornate che promettono di essere normali, con il sole timido e la brezza che sa di fiori e terra.

Ho già iniziato a scavare per piantare un acero giapponese—una trovata estetica per giustificare ai vicini l'inferno di rumori che ho creato con le ristrutturazioni.

Poi, il suono sordo della pala.

Qualcosa di duro.

Una radice?

No, troppo liscio.

Scavo ancora.

Ecco una tibia.

E poi un cranio.

Piccolo, bianco, perfetto nella sua inquietudine.

-Oh, perfetto- mormoro, con la pala ancora stretta tra le mani -Dove lo metto ora questo? Sul caminetto?-

Chiamo subito la polizia.

La giornata che doveva essere dedicata al giardinaggio si trasforma in un circo.

Detective, tecnici della scientifica, giornalisti curiosi.

A metà pomeriggio, mentre il tè si raffredda sul tavolo, il detective Morris mi informa che le ossa sono quelle di un bambino.

Circa sei anni, razza caucasica, sepolto lì da un tempo che possiamo solo immaginare.

Ma io non immagino: io indago.

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Sono passati tre giorni, e ora sto seduto nel mio ufficio con i miei colleghi, cercando di mettere insieme i pezzi.

-Quella casa è disabitata dal '59- dice Hotch, mentre consulta una pila di vecchi documenti -Nessuno ha mai più vissuto lì dopo i Peterson. Una famiglia di cinque persone-

-E il bambino?- chiedo, anche se già so la risposta.

-Daniel Peterson. Sei anni. Ultima registrazione scolastica: ottobre 1958-

-E nessuno si è accorto che fosse sparito?-

-Negli anni '50 era normale che i bambini studiassero a casa se non andavano bene a scuola. Nessuno ha fatto domande-

Io sì, però.

E ne faccio ancora di più quando Emily trova i contatti delle sorelle di Daniel: Helen e Audrey Peterson.

Una telefonata rapida, un appuntamento fissato per il giorno dopo.

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Helen Peterson ha settanunt'anni, ma si porta gli anni bene.

Capelli bianchi curati, occhi acuti come quelli di un falco.

Audrey, sessantaquattro anni, è più fragile.

Il suo sorriso è quello di chi ha visto troppo e preferisce non ricordare.

Ci sediamo in un caffè, io e le due sorelle.

Cerco di scegliere le parole giuste, ma il mio approccio diplomatico fallisce al primo sorso di caffè.

-Allora- dico, poggiando la tazza -Perché vostro fratello è sepolto nel mio giardino?-

Audrey rabbrividisce.

Helen, invece, mi guarda come se avessi appena detto che Elvis è vivo.

-Daniel?- chiede lentamente -È sicuro che sia lui?-

Spiego tutto: le ossa, l'età, il periodo in cui è morto.

Helen si appoggia allo schienale della sedia, scuotendo la testa.

-Era un bambino difficile- dice, come se stesse parlando di un mobile da montare -Dopo che nostra madre è morta nel 1957, è cambiato. Gridava, piangeva, faceva dispetti-

Audrey interviene: -Papà era disperato. Diceva sempre che Daniel ci avrebbe fatto impazzire tutti. Una sera di ottobre, nel '58, ci disse che avrebbe portato Daniel in un ospedale speciale.-

-E poi?-

Silenzio.

Helen stringe le labbra -E poi non l'abbiamo più visto. Papà disse che Daniel aveva bisogno di tempo per guarire. E dopo Natale, ci siamo trasferiti-

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L'indagine prende una piega ancora più assurda quando riusciamo a rintracciare John Peterson, il padre.

Ha novanta cinque anni e vive in una casa di riposo.

È affetto da Alzheimer, ma vale la pena tentare.

Io e Lauren andiamo a trovarlo.

John è un uomo minuto, con occhi appannati e mani tremanti.

Quando gli parliamo di Daniel, all'inizio non reagisce.

Poi, d'improvviso, comincia a piangere.

-Non volevo farlo- mormora, con la voce spezzata -Non volevo-

Lauren si china verso di lui, cercando di rassicurarlo -Cosa non voleva fare, signor Peterson?-

-Era mio amico- dice -Un medico. Mi aveva detto che c'era una terapia che poteva aiutare Daniel. Elettroshock, lo chiamavano. Ma non era ancora sicuro. Mio figlio... mio figlio non ce l'ha fatta-

Mi manca il fiato -E quindi lo ha seppellito nel giardino?-

John annuisce, coprendosi il volto con le mani -Non potevo far sapere a nessuno cosa era successo. Non volevo finire in prigione. Ho fatto un buco nel giardino e l'ho messo lì. Poi siamo andati via-

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L'arresto di John Peterson avviene pochi giorni dopo.

La notizia fa scalpore, ma per me il momento più significativo arriva qualche settimana più tardi, quando finalmente si tiene il funerale di Daniel.

È una giornata fredda e piovosa, ma sono lì, con Lauren, con Helen e Audrey.

Guardiamo la piccola bara bianca calarsi nella terra accanto a quella della madre di Daniel.

Helen piange in silenzio.

Audrey stringe il suo fazzoletto come se fosse un'ancora.

E io penso a quella casa, alla storia che nessuno voleva raccontare, sepolta sotto la terra.

Ma ora è venuta a galla.

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