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Jesse Pinkman [Breaking Bad]

Entro in casa sbattendo la porta dietro di me.

Le chiavi tintinnano quando le getto sul tavolo accanto all'ingresso, il rumore riempie il silenzio asfissiante.

C'è odore di fumo, acre, penetrante, che mi avvolge appena faccio un passo avanti. Mi blocco.

-Jesse!- grido, la mia voce rimbomba nelle stanze.

Nessuna risposta.

Percorro il corridoio con passi pesanti, seguendo quella puzza che mi guida come un filo invisibile.

E lì, appoggiato contro il piano della cucina, c'è lui.

Indossa quella maglietta arancione sgualcita con la faccia di una zucca.

Sta fumando, anche se mi aveva giurato di aver smesso.

Qualcosa dentro di me si spezza. La delusione, mista alla rabbia, mi avvolge.

-Jesse- sbotto, la voce tagliente.

Lui alza gli occhi verso di me, ma non dice niente.

Fa un tiro profondo e poi butta fuori il fumo, come se fosse l'unico modo per trovare le parole.

-Non è quello che sembra...- mormora, senza convinzione.

Scoppio. Non riesco a trattenermi -Non è quello che sembra? Mi avevi promesso! Mi avevi giurato che avresti smesso, che ci avresti almeno provato. E invece eccoti qui, come al solito, fregandotene di tutto-

Lui si scosta dal bancone.

I suoi occhi sono spenti, come se stesse combattendo una battaglia invisibile dentro di sé.

Non mi risponde, si limita a scuotere la testa, una smorfia di frustrazione che gli si dipinge sul viso.

-Sai cosa? Fai quello che vuoi, Jesse. Se vuoi rovinarti, accomodati. Ma non trascinarmi giù con te- Le parole mi escono dalla bocca prima che possa fermarle.

Lui si irrigidisce. La roba finisce nel lavandino.

Poi si volta e lascia la cucina senza dire una parola, le sue spalle curve, come se portasse un peso troppo grande.

Lo sento chiudersi nella camera da letto. La porta che sbatte riecheggia per tutta la casa.

Rimango lì, nel silenzio, il respiro che mi esce a fatica.

La rabbia mi brucia ancora dentro, ma sotto di essa c'è qualcos'altro. Qualcosa che fa ancora più male.

Mi avvicino al lavandino, dove i piatti sporchi si sono accumulati. L'acqua calda scorre, riempiendo la vasca con la schiuma.

Inizio a lavarli, uno per uno, lasciando che il rumore dell'acqua copra i miei pensieri.

Devo lasciarlo. Forse sarebbe meglio per entrambi. Questo pensiero mi colpisce come un pugno allo stomaco.

Non posso continuare così, vivendo con qualcuno che non riesce a tenere fede alle sue promesse. Ma poi penso a lui, a tutto quello che ha passato, a quello che ancora sta passando.

So che sta cercando di fare del suo meglio, ma a volte non sembra abbastanza.

Metto su della musica per distrarmi.

Gli Smiths iniziano a suonare, la loro melodia malinconica riempie la stanza.

Non mi accorgo del tempo che passa.

Dopo tre canzoni, sono ancora lì, le mani immerse nell'acqua, giocherellando con la schiuma come una bambina.

All'improvviso, sento la musica abbassarsi. Mi giro di scatto.

Jesse è lì, in piedi sulla soglia della cucina. Non mi guarda, tiene lo sguardo fisso sul pavimento.

-Cazzo, scusa- dice, la voce bassa, quasi un sussurro -Ho sbagliato tutto-

Rimane lì, immobile, le mani infilate nelle tasche -Se vuoi andare, vai- aggiunge, con un filo di voce -Non ti biasimo- si volta di spalle e aspetta, che me ne vada, probabilmente.

Mi si stringe il cuore.

Vorrei urlargli contro, dirgli che è un idiota, che mi sta facendo impazzire.

Ma so che non servirebbe a niente. So quanto è difficile per lui, quanto è rotto dentro.

Mi asciugo le mani in fretta sulla maglia, poi mi avvicino a lui.

Le mie braccia lo circondano da dietro, stringendolo forte.

Sento il suo respiro fermarsi per un istante, come se non se lo aspettasse. Sto piangendo, ma cerco di non fare rumore.

Lui rimane immobile, poi lentamente posa le sue mani sulle mie.

Le sue dita sfiorano le mie con una delicatezza che mi spezza ancora di più. Mi fa passare davanti a lui, i suoi occhi finalmente nei miei.

Mi abbraccia, forte, il suo viso affondato nei miei capelli -Scusa, scusa- continua a mormorare, la voce rotta.

La canzone degli Smiths continua in sottofondo, il ritmo dolce che ci culla.

"Please, Please, Please, Let Me Get What I Want"

Rimaniamo così, ondeggiando a tempo, come se il mondo fuori non esistesse più.

Alzo il viso verso di lui e lo bacio.

Quando ci stacchiamo, appoggio la fronte sulla sua spalla, lasciando che le lacrime scorrano.

-Non voglio lasciarti- gli dico, la voce spezzata -Ma devi aiutarmi, Jesse. Devi aiutarmi ad aiutarti-

Lui annuisce, stringendomi ancora di più.

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