Alle sedici in punto [Young Sheldon]
Immagina per lucy08novembre2001
Spero ti piaccia 💚
**non ho mai visto la serie
Mi sento strano in questo momento.
Un po' come se fossi fuori dal mio corpo, osservando tutto da un angolo lontano.
Non è mai stato facile per me esprimere emozioni, o anche solo capire cosa provano gli altri, eppure adesso mi sembra che tutto stia accadendo in un qualche film triste, dove il tempo si muove lentamente e il dolore lo puoi toccare, come una coperta ruvida.
Siamo tutti nella stanza dell'ospedale.
C'è Missy, seduta accanto a me, con le mani strette sulle ginocchia e gli occhi che guardano il vuoto.
Poi c'è Georgie, che cerca di sembrare più grande di quello che è, ma gli tremano le mani mentre stringe la porta della stanza.
Connie, la nostra nonna, sta in piedi vicino al letto di mamma, con la testa china e il viso segnato dalla fatica di questi giorni, ma anche da qualcosa di più, come se stesse cercando di proteggere tutti noi, di tenerci uniti.
Mamma è distesa nel letto, pallida, con la testa poggiata su un cuscino che una volta era bianco, ma ora sembra più grigio.
Lì, in quel letto, sembra più piccola, come se non fosse mai stata quella donna forte che si alzava alle cinque del mattino, che cucinava per tutti noi, che riusciva a sorridere nonostante tutto.
Ora è solo... mamma.
Una donna che ha dato la vita a cinque figli, e che alla fine ha dovuto lasciarli andare troppo presto.
Con un filo di voce, Georgie rompe il silenzio: -Mamma, ti ricordi di papà? Ti ricordi quando ci dicevi che dovevamo fare le foto di famiglia alle 16 in punto?-
Io non parlo.
Non so nemmeno cosa dire.
Non mi sembra che ci siano parole giuste.
Se ci fossero, le avrei già trovate.
Ma non ci sono.
È solo silenzio, e il battito del cuore di mamma che lentamente si spegne.
Il monitor, che un attimo prima emetteva dei suoni regolari, ora è più silenzioso, come se stesse esitando.
Poi, qualcosa cambia.
Forse è solo un'impressione, ma sento che l'aria si fa più densa, più calda, come se il tempo stesso stesse sospendendo il suo corso.
E poi lo vedo, come se fosse una visione: mio padre, con il suo sorriso accennato, che mi guarda da lontano.
E accanto a lui, il mio quarto fratellino, quello che non è mai riuscito a nascere, ma che in qualche modo è sempre stato lì, in un angolo del nostro cuore.
E capisco.
Capisco che è quello che mamma stava aspettando.
È quell'ora, l'ora in cui George aveva detto "Ci vediamo più tardi", l'ora in cui lei avrebbe dovuto essere di nuovo con lui.
E lo è.
Ora, nel silenzio di questa stanza, mamma non ha più paura.
Non ha più dolore.
È arrivato il momento di riunirsi a lui, per sempre.
A un tratto, le luci della stanza sembrano farsi più tenui.
È come se la stanza stessa volesse cedere alla tranquillità, come se tutto stesse accadendo esattamente come doveva accadere, come una fotografia che finalmente ha trovato il suo posto.
La madre di Missy piange silenziosamente, ma io non sento nemmeno più il rumore.
Alle sedici in punto, mamma smette di respirare.
Georgie si alza in fretta, con gli occhi lucidi, ma si volta verso di noi e ci guarda, come se ci stesse dicendo che non possiamo più fare niente.
Missy è in piedi accanto a lui, con una mano appoggiata sulla sua spalla.
Connie mormora qualcosa, ma non riesco a sentire le parole.
Io, invece, rimango in piedi, fissando il volto di mamma, cercando di non credere a quello che è successo.
Ma la verità è lì.
È presente, ed è inconfutabile.
Mamma è andata via.
Alle sedici in punto.
Come aveva promesso a papà.
E io mi trovo di fronte alla verità della vita, una verità che non avrei mai voluto capire.
Ma che, adesso, è impossibile ignorare.
"Ci vediamo più tardi," aveva detto papà.
E ora, loro sono insieme, di nuovo.
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