Spencer Reid [Cm]
Immagina per lucy08novembre2001
Spero ti piaccia 💚
Lavorare alla BAU è... interessante.
O meglio, interessante è dire poco.
È una montagna russa di emozioni, con picchi di adrenalina e improvvisi abissi di paura e angoscia.
Ma tra tutto questo caos, c'è una cosa – o meglio, una persona – che cattura davvero la mia attenzione.
Spencer Reid.
Il genio del gruppo.
E quando dico "genio", non lo faccio alla leggera.
È quel tipo che probabilmente potrebbe risolvere il cubo di Rubik con una mano mentre legge Shakespeare in mandarino.
Lo so perché l'ho visto fare entrambe le cose (non contemporaneamente, ma ci siamo quasi).
A prima vista, è tutto nervi e camicie un po' troppo larghe, un taglio di capelli che sembra perennemente indeciso se vuole essere disciplinato o ribelle, e un sorriso timido che mi fa sentire come se fossi l'unica a vederlo.
E poi, c'è il suo modo di parlare.
Oh, quando parla...
Può andare avanti per ore, saltando da un argomento all'altro con una tale velocità che mi fa girare la testa.
Ma c'è qualcosa in quella passione – quel modo in cui gli brillano gli occhi mentre spiega concetti che nessuno ha chiesto, come la storia della sociologia criminale del XVII secolo – che mi intriga.
Mi intriga a tal punto che, dopo solo una settimana di lavoro qui, faccio quello che Spencer non avrebbe mai il coraggio di fare: lo invito a uscire.
-Spencer- dico, avvicinandomi alla sua scrivania, il che lo fa sobbalzare come se non mi avesse vista avvicinarmi (spoiler: non mi ha vista) -Cosa ne dici di uscire? Questa sera. Io, te, magari una cena? Niente di elaborato-
Lo vedo deglutire, e per un attimo sembra confuso, come se cercasse di tradurre le mie parole in una lingua che capisce.
-D-uscire?- balbetta, guardandomi con quegli occhioni spalancati, pieni di incertezza.
-Sì, uscire. Sai, quel concetto in cui due persone vanno in un posto, mangiano del cibo e magari parlano di cose non legate ai profili psicologici dei serial killer?-
Lo dico con un sorriso, cercando di alleggerire la tensione che sento scaturire da lui come una tempesta in arrivo.
-D'accordo- risponde infine, il che è una sorpresa anche per me.
Mi aspettavo almeno altri tre minuti di balbettii imbarazzati.
E così, usciamo.
Prima un ristorante carino, poi un cinema.
Nulla di particolarmente originale, ma c'è qualcosa di incredibilmente dolce nel modo in cui Spencer si comporta.
È goffo, eppure incredibilmente premuroso.
Non ci prova neanche a fare il brillante, perché semplicemente è brillante, anche se non sempre se ne rende conto.
Passano alcune settimane, e abbiamo un paio di appuntamenti.
È tutto perfetto, o quasi.
C'è solo un piccolo dettaglio che Spencer ha iniziato a notare.
Ogni volta che suggerisce di cucinare insieme o guardare un film a casa mia, trovo una scusa per andare da lui.
Forse ho esaurito le idee, perché l’ultima volta ho detto che la mia cucina è "allergica al basilico".
(No, non chiedermi come mi è venuta.)
Ovviamente, lui non è stupido.
Anzi, è esattamente il contrario.
Così, una sera, dopo aver ordinato pizza a casa sua (di nuovo), mi guarda con quell'espressione che conosco bene: concentrata, un po' preoccupata, come se stesse facendo un calcolo che non riesce a risolvere.
-T/n, posso chiederti una cosa?-
Mastico un pezzo di crosta di pizza e annuisco, sospettando già dove sta andando a parare.
-Perché non mi hai mai invitato a casa tua?- Lo dice piano, come se stesse cercando di non offendermi -Cioè, se c'è un motivo... io... io lo capisco. Non voglio metterti a disagio, ma... mi stavo solo chiedendo se c'è qualcosa che non mi hai detto-
Lì per lì, mi viene da ridere.
Il motivo è talmente lontano da quello che lui immagina, che non posso fare a meno di trovare la situazione un po' comica.
Ma quando vedo l’ombra di insicurezza passare nei suoi occhi, mi rendo conto che questo lo sta turbando più di quanto pensassi.
-Non sono sposata, se è questo che temi- gli dico subito, cercando di rassicurarlo.
Il sollievo nel suo sguardo è palese, ma c'è ancora qualcosa che non gli torna.
E adesso tocca a me.
Mi prendo un momento per respirare profondamente, perché so che questa è una di quelle conversazioni che cambiano tutto.
Potrei perderlo, potrei farlo scappare via.
Ma non posso continuare a evitare la verità.
-Non ti ho invitato a casa mia perché... ho un figlio, Spencer-
Le sue sopracciglia si alzano e vedo la sorpresa sul suo volto, ma non c'è alcun segno di giudizio.
Solo sorpresa, come se stesse riorganizzando le informazioni nella sua mente in tempo reale.
-Si chiama Tyler- continuo, mordendomi il labbro inferiore -Ha quattro anni... ed è autistico. Una forma abbastanza grave. Non parla molto, e avere estranei in casa lo agita. E... beh, io non volevo spaventarti-
Spencer rimane in silenzio per un momento, e per un attimo temo il peggio.
So quanto possa essere difficile per chiunque accettare una situazione del genere, figuriamoci per qualcuno che ha già le sue insicurezze.
-Perché avrei dovuto essere spaventato?- chiede infine, con quella sincerità disarmante che mi fa venir voglia di abbracciarlo lì e subito -Non è... non è una cosa che mi spaventa, T/n. In realtà, mi piacerebbe conoscerlo. Se... se tu pensi che sarebbe giusto-
Devo letteralmente mordermi la lingua per non rimanere a bocca aperta.
Non so cosa mi aspettassi, ma di certo non questo.
-Tu... tu vuoi conoscere Tyler?- chiedo, incerta, quasi incredula.
-Beh, sì- risponde, quasi con una timidezza imbarazzata -Cioè, se tu vuoi che io lo conosca. Non voglio forzare le cose, ma se fa parte della tua vita... allora mi piacerebbe conoscerlo-
Non so se ridere, piangere o fare entrambe le cose.
Così, mi limito a sorridere e annuire -Okay. D'accordo. Lo conoscerai-
---
La settimana successiva, Spencer viene a casa mia per la prima volta.
Sono più nervosa di quanto avrei mai voluto ammettere.
Ho spiegato a Tyler che una persona importante sarebbe venuta a trovarci, cercando di prepararlo per l’incontro, ma con lui non sai mai come andrà a finire.
Alcuni giorni è tranquillo, gioca, ride.
Altri, tutto lo stress del mondo sembra riversarsi su di lui, e ogni piccola cosa diventa una montagna insormontabile.
Quando Spencer entra, lo vedo irrigidirsi per un momento, ma poi mi sorride.
È nervoso, ma cerca di non farlo vedere, e questo mi fa piacere.
-Tyler è in soggiorno- gli dico, conducendolo dentro -Sta giocando con i suoi dinosauri-
Quando entriamo, Tyler non alza nemmeno lo sguardo.
È troppo concentrato sui suoi giocattoli, ma noto che ha smesso di muoverli.
Sta ascoltando.
Spencer si siede accanto a me sul divano, osservando il piccolo in silenzio.
Non c'è alcun tentativo di avvicinarsi o parlare subito, ed è proprio quello di cui Tyler ha bisogno: spazio.
-Quello è un... T-Rex?- chiede Spencer, inclinando la testa.
Tyler solleva lo sguardo per un attimo e poi lo abbassa di nuovo -No. È un... Spinosaurus-
Sia io che Spencer rimaniamo sorpresi.
Tyler non parla quasi mai con estranei, e il fatto che abbia risposto – correttamente, tra l'altro – è quasi miracoloso.
-Ah, certo. Spinosaurus- dice Spencer, con un sorriso sincero.
E in quel momento, so che andrà tutto bene.
Tyler gli ha parlato.
E Spencer...
Spencer non è spaventato.
Non si è tirato indietro.
Mentre guardo Tyler che, con una cautela tutta sua, comincia a interagire con Spencer, sento una strana sensazione di calore espandersi nel mio petto.
Non è una scena eclatante, non c'è un trionfo di gesti grandiosi o discorsi commoventi, ma la delicatezza di questo momento – la naturalezza con cui Spencer gli lascia spazio, la pazienza nel suo sguardo mentre osserva ogni piccolo movimento di Tyler – è tutto quello di cui avevo bisogno per sapere che ho fatto la scelta giusta.
In un impulso, allungo la mano e prendo quella di Spencer, intrecciando delicatamente le dita con le sue.
Per un secondo, lui si irrigidisce, forse sorpreso, ma poi rilassa la presa e stringe la mia mano con una tenerezza inaspettata.
Il suo pollice sfiora lentamente il dorso della mia mano, un gesto piccolo ma che mi riempie di sicurezza.
È come se quel semplice tocco dicesse: Sono qui.
Non vado da nessuna parte.
Tyler, che fino a quel momento sembrava concentrato solo sui suoi dinosauri, alza lo sguardo verso di noi.
I suoi occhi passano dal mio viso a quello di Spencer, e poi alle nostre mani intrecciate.
C’è un silenzio breve, quasi sospeso, come se stesse cercando di comprendere qualcosa di nuovo.
Poi, improvvisamente, ridacchia.
Un suono leggero, che mi sorprende ogni volta che lo sento, perché Tyler non ride spesso.
Spencer lo osserva, il viso illuminato da una piccola meraviglia, e poi sorride, un sorriso genuino che arriva dritto al cuore.
-Gli piace il fatto che siamo vicini- dice piano, guardandomi con un misto di affetto e sorpresa, come se anche lui stesse scoprendo qualcosa di nuovo in questo momento.
-Evidentemente sì... E anche a me- rispondo, stringendo un po' di più la sua mano, grata di questa tranquillità che sembra avvolgerci.
Tyler, come se fosse soddisfatto di questa sua osservazione, torna ai suoi dinosauri, lasciandoci con un piccolo sorriso ancora incollato sulle labbra.
Mi volto verso Spencer, trovando i suoi occhi già su di me.
C'è qualcosa di diverso, qualcosa di più intimo e sicuro.
Non servono parole in questo momento.
Basta la mano nella sua e la risata di Tyler che ancora aleggia nell'aria.
Per la prima volta da tanto, non mi sento più così sola.
E, guardando Spencer accanto a me, capisco che neanche lui lo è più.
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