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Sogno


Vedo ritirarsi le acque, su terra bagnata ora si scopre, quel che porto a fior di labbra ma relegato in fondo al cuore. Svanite le nebbie tutte, vedo la stilla di veleno che, come linfa tossica e affascinante, dei miei giorni si fa padrona.

Scorgo, per un attimo solo, le silenziose e melliflue scie di immobili ricordi, come corvi accovacciati e nascosti al mondo; le seguo, come di un fiume la corrente. Raccolgo detriti, accumulo ombre e resti, mi riempio di loro e loro si cibano di me.

Distesa ai piedi della Luna, spietata, bellissima e indomabile creatura, resto a vagare poi, con la mente. Per quelle che so essere, dell'animo umano le più remote vie, mi addentro. Accarezzo le bestie affamate, di quegli angusti recessi.

Riflessa, mi vedo più volte chiudere gli occhi, schivare orrendi pensieri, cercarmi sotto cumuli di risentimento e rimorsi. Continuo. Lascio che la notte si riprenda quel che gli appartiene, una figlia pentita.

Ninfa in un mortale labirinto, la testa sbatto mille volte, contro figure che non riconosco mai a fondo e corro a perdifiato dietro a fili di avvenire, troppo sottili per essere maneggiati.
Dannata, infida curiosità.

Il ragionare sopito, sprezzante ed annoiato, vede i pensieri abbellirsi di gocce di brina, preziosa e sfuggente acqua purissima. A guardar meglio dell'acqua pura non v'è traccia, solo spine adesso scorgo.

Famelica e meschina, devota e blasfema, mi stendo su di un tappeto di noia; porto con me la donna che ero e quella che sono. Spogliata di ogni abito, lascio che la Luna posi i suoi languidi occhi su questa mia pelle viziosa.

L'usignolo che nelle ore tarde, canta deliziose melodie, in questa notte per me, intona un pauroso verso, degno dell'animo mio corroso, annoiato. Diabolico, inerme compagno.

Avvolta da piume lucide, di nero balsamo intrise, sorrido alla notte e sentirmi fedele discepolo, di vili e vergognosi umani vizi, non mi reca fastidio; accetto con grazia il sapermi corrotta, diversa, immutabile. Di acque ferme, padrona assoluta.

Che sia il vento a farmi trasalire, non i dubbi.
Che le parole mi trovino, prima che io mi esaurisca nel cercarle e grida! Grida a festa mi accolgano, quando di me stessa varcherò i confini esausta e pallida in volto.

Questa sera ti parlo di me, delle mie parole estirpate, delle risate insane. Di un qualcosa di vecchio che sa di nuovo. Di un viaggio pauroso che compio di rado. Questa sera ti parlo di me, di quel che vedo allo specchio, degli usignoli e delle notti curiose che mi vengono a cercare.

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