Nel fitto del bosco mi addentro.

Ad occhi chiusi, nell'antica selva, tra larici e abeti mi abbandono. Stesa a terra volgo lo sguardo in alto, ove gli aghi dei pini, sembrano sottili dita intrecciate in un commovente abbraccio di mani.

Non sento più di questa vita il peso,
ne delle preoccupazioni l'incombere.
Tra felci e muschi osservo, le ombre antiche posate fra i rami, la luce che a stento riesce ad entrare.

Un' ampolla ove il tempo si ferma.

Laddove i rami intricati si uniscono, dove le foglie e gli aghi paiono aver un colore più scuro, vedo lingue di buio profonde, avvolgere umide felci.

E camminare tra gli alti fusti mi è impossibile,
sento il tempo fermarsi quasi, come a ricordarmi di essere null'altro, che un pugno di polvere.

Sento l'acqua scorrere, come lacrime di chi conosce bene la sua pena; dall'alta sorgente la vedo cadere a valle e morire. Uno schianto assordante, che scuote l'animo.

Persa nell' immenso, poggio i palmi delle mani sull' umida terra. Vorrei mi parlasse, di come del tempo ha visto l'incedere, di come contenga, austera madre, le radici del mondo.

Un luogo che mi innamora, ma che guardo con timore, una realtà che esiste ma a cui non appartengo.

In lontananza l'eco di un verso mi riporta alla realtà, il corvo muto osservatore, dei pensieri infiniti mi libera. Saluto il bosco e dagli occhi cancello il suo buio.

Non è giunto il tempo, tornerò ancora.