D'un Fauno e nessun altro,
vi scrivo questa notte,
di colui che mi lasciò scorticata,
con le ossa rotte.

Tra fresche frasche e verdi arbusti,
se ne stava la creatura a rimirar le zone palustri,

su di un lago, tra l'acqua fresca,
dodici donzelle e una catinella;
sciacquavan vesti, con nero sapone,
le spalle nude a mo' di Giunone.

La bestia stanca, dopo una lunga
caccia, le osservava attento nascondendo la faccia,
tutte ridevano sciocche ed ignare,
nessuna scorgeva l'insistente osservare.

Fu un ramo rotto, sotto a zoccoli pesanti, che poi destò l'attenzione delle bagnanti;
colte da spavento mossero in ritirata,
intravidero la bestia, sveglia ed eccitata!

Una però parve titubante e delle corna scorse l'aspetto perturbante;
prese tempo la poveretta, e sull'argine melmoso, rimase della bestia a contemplar lo sguardo bramoso.

Del Fauno, certo, era famosa l'insistenza e la ragazza prese ad attenderlo con impazienza;
si conosceva di lui la bravura a risvegliare, nelle donne prima su tutti un istinto ancestrale.

Lo guardava lei, estasiata, e la bestia iniziò la sua serenata;
parlava piano, con voce suadente, ad ogni parola un sussulto nel ventre.

Narrava di eroi e magnifiche gesta,
scioglieva le trecce che le adornavan la testa, poi fu la volta di dei e prodezze, pian pian aggiungeva baci e carezze!

Malefica bestia, sapeva circuire,
senza fatica ogni animo gentile;
nella calura del bosco intricato,
sedusse la donna con fare annoiato.

Quando la ragazza pallida e sfatta,
tirò su la gonna era ormai fatta;
Persa per sempre la sua virtù, quella bestia selvaggia non rivide mai più.

Tornò al villaggio con le gote arrossate, alle compagne curiose rivolse un -ma che guardate!-

Del Fauno mai più ella sentì parlare,
ma nel bosco ogni tanto continuò a tornare,
sognava distesa quelle braccia possenti, scartò del villaggio tutti i pretendenti.

Si sa, alle donzelle il brav'uomo piace, ma preferiscon di gran lunga non trovar pace, il Fauno per questo era perfetto! Mezz'uomo nell'animo e animale nel letto.