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Amore immobile

Giulia e le stelle. Ecco che cosa vedeva Carlo, quando prima di dormire chiudeva gli occhi.
La vedeva ridere e parlare con quelle labbra rosa che parevano non aver incontrato mai l'amore, se l'immaginava sorridergli come a dire  vieni qui vicino, siediti con me.
Con gli occhi avvolti e stretti da quelle immagini meravigliose, Carlo sentiva il cuore esplodere quasi. Se è vero che il primo amore si porta con se sino alla morte, allora, lui per tutta la vita avrebbe tenuto Giulia da qualche parte dentro di se. L'avrebbe custodita intatta e bella com'era.

Era dolce Giulia, dolce come lo zucchero, Carlo le diceva sempre che gli altri avrebbero potuto approfittare di lei, che sarebbe stato meglio se, avesse in certi casi tirato fuori gli artigli.
Lei lo guardava fisso per un attimo senza parlare, poi sorrideva.
Nella breve durata di quei sorrisi, Carlo si perdeva negli occhi di Giulia, verdi ed eloquenti, pensava che mai avrebbe voluto vedervi delle lacrime; pensava anche pero', che essere una lacrima e poter scivolare su quelle meraviglie di giada, sarebbe equivalso a raggiungere l'estasi.

Ci mise un po' Carlo, per trovare il coraggio di chiedergli un appuntamento. Gli ci volle un estate intera per l'esattezza, guardandola una volta, poggiata ad un muro mentre parlava con le amiche, capì di non poter più aspettare.
A passo svelto si avvió verso di lei che, guardandolo da lontano, credette aver già capito le sue intenzioni.

Le disse solo che, avrebbe voluto l'indomani, passeggiare con lei da qualche parte. Giulia accettó subito, tanto velocemente che Carlo quasi ebbe il dubbio, questa volta, che lei non avesse capito davvero la natura di quell' invito.
Uscivano spesso, erano amici.
Questa volta era diverso, Carlo voleva più di ogni altra cosa che lei lo vedesse con occhi diversi, avrebbe voluto prenderle una mano e poggiargliela sopra il suo cuore. Ecco, quello forse le avrebbe fatto capire cosa provava, si sarebbe resa conto che batteva così forte solo per lei, poi magari, in un crescendo di imbarazzo ed emozione, sarebbe stato capace di trovare un argomento interessante, qualcosa da poter utilizzare per arrivare al punto, per dirle che senza ombra alcuna lui, si era perdutamente innamorato di lei.

Le ore passarono sin troppo velocemente quel giorno, i secondi, spietati,  rotolavano frenetici verso l'ora del suo appuntamento. Carlo sembrava vederli prendersi gioco di lui, era ansioso, di quell'ansia mista ad eccitazione che, solo in una certa stagione della vita si può sentir nascere nello stomaco; un miscuglio di prime volte, un gomitolo di desideri confusi, di cose mai dette, di parole leggere che pesano come macigni.

Senza che se ne accorgesse si ritrovò all'inizio dei giardini dove avevano appuntamento. Pochi secondi dopo, riconobbe Giulia. La vide su di una panchina, vide i lunghi capelli di lei svolazzare in preda a qualche folata di vento, la testa piegata di lato, sembrava dormisse, l'avrebbe riconosciuta ovunque; anche ad occhi chiusi, era certo che, il suo cuore l'avrebbe avvertito della presenza di lei. La sera era scesa dolcemente, quasi a non voler disturbare il loro momento, Carlo iniziò a passi lenti a camminare nella direzione di Giulia.

Poco prima di arrivarle vicino però, un attimo prima di allungare un braccio e toccarla, Carlo si fermò; si sentì assalire da una sensazione diversa da quelle sino ad allora provate, era quasi come un brivido, come un attimo di immobilità. Percepì la gola stringere e si sentì riempire come una brocca, sentì quel presentimento occludergli ogni poro, lo sentì come un orribile liquido insinuarsi in tutta la sua persona. Le tempie iniziarono a pulsargli nello stesso attimo in cui sentì salire un groppo alla gola, il bisogno negato di piangere, la costrizione della consapevolezza.

Lei era poggiata li su quella panchina, immobile. Intatta e bella com'era. A renderla diversa però, un taglio sotto al costato, dalla quale fuoriusciva ancora un rigagnolo di sangue. Era morta Giulia, se n'era andata via, come la brina nelle mattine d'inverno, che evapora sotto ai primi raggi di sole. A seguire sirene, voci, urla e dolore.

I giorni passarono stanchi, i secondi procedevano lentamente, si beffavano ancora di lui. A Carlo era stato spiegato tutto, che si era trattato di un tossico conosciuto nella zona, che il tutto era successo almeno mezz' ora prima del suo arrivo e che, infine, poteva alla necessità usufruire dello psicologo gratuitamente, avvalendosi di un certificato rilasciatogli dal medico curante.         

"Mezz' ora prima". Carlo continuava a sentire quelle tre parole torturagli le orecchie, un suono che nasceva ed implodeva mille volte al minuto. Giulia era arrivata prima all' appuntamento, voleva essere puntuale, indossava un vestito corto al ginocchio ed un lucidalabbra, era sicuro Carlo che lei avesse capito, che come lui anche lei avesse desiderato qualcosa di diverso da quelle ore.

Si sentiva in colpa, sentiva come il suo corpo altro non fosse in quel momento, che un involucro di disperazione e inquietudine. Aveva visto la sua voglia di vivere andare in pezzi ed era più che certo che, mai sarebbe stato capace ne avrebbe voluto rimetterli assieme. Lo stato pietoso in cui da giorni riversava era l'unica cosa che lo faceva sentire vicino a lei, sensazioni quelle, che parevano a Carlo la cosa più simile a Giulia che potesse mai sperare di provare. Un macabro dono d'addio, la giusta croce per non averla potuta salvare. 

Quelle labbra pensava, non avrebbero mai conosciuto l'amore. Pianse Carlo, per notti intere, per interi giorni. Conobbe la rabbia, il dolore ed infine la rassegnazione. Giulia sarebbe rimasta per sempre nel suo cuore, le sarebbe sempre appartenuta, con la stessa intensità con la quale si tengono stretti i sogni, l'avrebbe legata alla sua vita. Ai suoi figli un giorno avrebbe parlato di lei, dei suoi occhi e della sua bellezza; avrebbe spiegato loro, l'importanza dell'esprimere i sentimenti, avrebbe parlato della bellezza del condividerli.
Lo avrebbe fatto per se stesso e per Lei.
Per sempre.

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