6. Break(fast)
Sono sdraiata nel mio letto con un sorriso in faccia. Non pensavo fosse possibile svegliarsi di buonumore – ero convinta fosse una prerogativa delle pubblicità delle merendine – soprattutto dopo aver dovuto rinunciare alla gita e averci rimesso gran parte dei soldi spesi. Soldi che, per inciso, mi faccio il culo per guadagnare.
Eppure essere rimasta a casa non è stato male, anzi. Il merito è di Sebastian, che è meglio di come mi aspettavo. Certo, avevo già avuto modo di interagire con lui, ma questo fine settimana in sua compagnia mi ha aperto gli occhi e mi ha permesso di conoscerlo meglio, sotto una luce diversa.
L'ho sempre seguito come attore. Non in quel modo fanatico con cui lo adora il fandom dei libri, ma con la curiosità di una persona che ne ha subito il fascino, che però non ha troppo tempo di stare dietro a queste cose. Si tratta di guardare un'intervista mentre, in metro, raggiungo l'università o di leggere un articolo quando aspetto che il cambio allenamento da una squadra all'altra arrivi a compimento.
Però, in questo modo, ho scoperto Seb il ragazzo. O, meglio, l'uomo.
Non è noioso, anzi, è così logorroico da intrattenere anche senza forzare un dialogo e, soprattutto, per essere l'attore del momento non se la tira.
E questa cosa mi piace più del dovuto, cosa che mi preoccupa, perché non voglio farmi coinvolgere, non quando ho i sentimenti ancora ammaccati e il cuore in convalescenza.
Fisicamente mi piace da morire e mi attrae come un magnete, non posso negarlo, ma devo frenare la mia emotività, non posso permettere che mi prenda di testa, sarebbe la fine della mia già esigua sanità mentale.
Inoltre non penso nemmeno di piacergli. È vero, lo scopro spesso mentre mi fissa come se fossi una creatura unica nel suo genere, e pensavo fosse un buon segno del suo interesse, ma ieri sera mi sono appoggiata a lui e si è fatto rigido come un cadavere, sottraendosi subito al contatto, nemmeno avessi una malattia altamente trasmissibile.
È stato normale per me avvicinarmi a lui, era come se non riuscissi a controllarmi: più lo guardo e lo conosco, più mi viene naturale toccarlo e fare entrare in contatto i nostri corpi, come se la sua pelle fosse fatta per essere accarezzata dalle mie dita.
La cosa che mi preoccupa, però, è che mi attrae sotto tutti i punti di vista, perché è genuino. Ha le emozioni impresse in faccia e, per quanto siano palesi, sono anche di difficile interpretazione, come se fossero scritte in una lingua che non conosco.
È cosa c'è di più accattivante di un qualcosa che non si sa, ma si vuole scoprire?
È per questo che è una storia destinata a finire, ancora prima di cominciare: è come un mobile IKEA con le istruzioni solo in svedese; anche se ci sono i disegni, alla fine, non risulterà come dovrebbe essere perché non sei stato in grado di seguire dei semplici passi.
Le relazioni che intesso sono così, poi mi ritrovo a pezzi e sono l'unica a sapere come rimetterli insieme, ma non sono in grado di farlo.
L'ultima storia è stata devastante e sto portando ancora i segni che la sua fine ha lasciato dentro di me. Dire che ne sono uscita distrutta è un eufemismo, non ho voglia di ripetere l'esperienza.
La cosa divertente è che mi sto fasciando la testa per qualche occhiata di troppo, come se Sebastian Hartford – un attore bello e famoso – dopo essere stato con una dea come Claire Martin e altre donne bellissime, volesse me. Una ragazza comune che tende a essere un po' troppo esuberante.
Mi sento anche presuntuosa, ma è quel briciolo di speranza in me a creare questi castelli in aria per cui mi meriterei una laurea ad honorem in ingegneria.
Il problema con Sebastian, però, ho paura sia un po' più complicato, almeno per me.
È una questione di attrazione fisica, al momento, guidata dai miei ormoni e dal sesso. O, meglio, dalla sua mancanza da parecchio tempo. Dopo la fine della mia relazione non mi sono più avvicinata a un uomo.
Ma il mio corpo – quel traditore! – ne ha oggettivamente bisogno.
Provo il desiderio bruciante di fare sesso e, se accadesse, starei decisamente meglio, e magari la smetterei di sublimare Seb e il suo aspetto, quasi sentissi le scintille tra noi.
Il punto è che se è un ragazzo a proporre del sesso senza coinvolgimenti è un eroe, se invece lo fa una ragazza è una facile, uno sgualdrina. E, nel ventunesimo secolo, mi irrita da morire.
Siamo tutti umani e con gli stessi bisogni, se si è adulti e consenzienti c'è davvero bisogno di etichettare una ragazza come una facile?
Vorremmo goderci il sesso come fanno gli uomini: apertamente e senza paura di essere giudicate. Ma no, noi donne abbiamo l'onore di avere un insulto per ogni situazione a sfondo sessuale, però l'importante per il genere maschile – la maggior parte, almeno – è avere una donna devota accanto, che a letto sia disinibita al pari di una pornostar.
La contraddizione cardine di tutta la faccenda.
Poi si domandano perché noi donne siamo perennemente incazzate e si lamentano se come risposta generalizziamo con un laconico "uomini", senza aggiungere altro.
E guai se dici di non credere più nell'amore, è come se fossi una donna a metà. È veramente così sbagliato?
Io reputo che lo sia di più giudicare senza sapere. E, soprattutto, perché sono convinta di quello che dico, perché sono le esperienze che ho vissuto che mi hanno portata a essere così, a voler chiudere fuori i sentimenti per restare a galla ed essere il più simile possibile a me stessa.
Però ammetto che davanti a Sebastian e alla sua attrattiva fatico a non cedere.
È un insieme di incoerenze che mi mandano in tilt i sensi e la ragione.
Nonostante sia un animale da Hollywood è autentico. È sì oggettivamente bello, ma non lo è in modo sfacciato come lo possono essere Chris Hemsworth o Scott Eastwood, per esempio. Sono personaggi strappamutande, penso che il genere femminile sia unanime a riguardo, però hanno quella sicurezza di chi sa di esserlo e, anche se non te lo fanno pesare, hanno quella patina d'impossibilità attorno che li rende distanti, per quanto desiderabili.
Seb, invece, ha la bellezza di chi mette tutta la passione che ha in quello che fa. È la bellezza che il talento ti conferisce e non tutti vedono quanto questa lasci senza fiato.
Non si preoccupa di sembrare imperfetto, ma ucciderebbe per essere riconosciuto come bravo ed è se stesso fino alla fine e questo, per me, è la cosa più seducente che in un uomo possa esserci.
Ancora non capisco come Dio possa essersi impegnato tanto con certi esseri umani e non con me, ma lo perdono perché persone come Sebastian gli sono uscite davvero bene, anche se è ingiusto.
Ed è per questo che odio il fatto di averlo baciato e non ricordarlo, perché mi piace per la sua semplicità. E io, nella mia stessa semplicità, sono una cretina perché ero ubriaca.
Pagherei tutto l'oro del mondo per avere una seconda possibilità, il lusso di cedere una volta al mio desiderio, a discapito della paura che provo quando lui mi guarda. Quando mi viene spontaneo rispondere ai suoi occhi su di me. Poi, per non smentirmi, vorrei anche aggiungere: "Ti prego, prendimi qui e ora".
Ma non lo faccio. Non sembra, ma ho una dignità anche io.
Però la soglia della mia pazienza è molto bassa. Sento che prima o poi darò ascolto alla mia istintività per dare il via a una catastrofe, perché è quello che mi rappresenta meglio, altrimenti non sarei a questo punto della mia vita.
Soddisfatta, indipendente, ma rotta.
Se questi sono i primi pensieri che caratterizzano la domenica mattina è meglio alzarmi e dare un senso alla giornata, perché stare stesa in un letto vuoto, senza l'odore del sesso ma con riflessioni tutt'altro che pudiche, non mi aiuta affatto.
Vado in bagno e vedo ciò che lo specchio mi offre come riflesso e noto, con mia grande tristezza, che per sistemare i capelli non ho bisogno di una spazzola, ma di una delegazione del WWF a difesa dei nidi per rapaci in via d'estinzione, in caso contrario non mi spiego l'ammasso informe e annodato che ho in testa. Li sistemo al meglio in una coda per rendermi almeno guardabile, ma non fa certo i miracoli. Si chiama elastico, non Gesù Cristo.
Mentre mi lavo la faccia bussano alla porta.
Nel panico mi asciugo il viso e corro in salotto per sentire meglio, poi urlo: «Sì?»
Non aspetto nessuno o, almeno, è quello di cui sono convinta.
Ho dimenticato di avere qualche cane da portare a spasso?
«Sono Seb».
Bastano queste due parole a mettermi l'adrenalina in circolo, come se avesse potuto sentire ogni mio pensiero fino a poco fa. Mi controllo davanti allo specchio posizionato vicino alla porta d'ingresso per vedere se sono presentabile, infine apro.
Cerco di essere il più naturale possibile, come se le colpe dei pensieri di prima non fossero scritte sulla faccia. «Ehi, ciao! A cosa devo questa visita?»
Sebastian è addossato allo stipite con fare rilassato e indossa una semplice maglia chiara con dei pantaloni della tuta blu. Mi soffermo più del dovuto a osservare la faccia ancora assonnata, i capelli castani arruffati e gli occhi di quel blu che riesce a farmi dimenticare anche le mie generalità.
Potrebbe risultare un insieme banale, se non facesse risaltare il suo lato selvaggio.
È questo che attrae tanto le donne, e che attrae me: è un giovane uomo che fa venire voglia di mettere su famiglia e una squadra di figli anche se non se ne aveva l'intenzione.
Ed è tutto quello che conferma la mia tesi che Dio si è impegnato troppo con lui.
Sta dicendo qualcosa, penso di aver sentito la parola caffè, ma sono presa dai miei pensieri per farci caso. O, forse, la mia attrazione nei suoi confronti è troppo forte perché riesca a metterla a tacere.
Giuro che ha una voce questa attrazione, una vocina che mi dice di fare la più grande cazzata della mia vita. Il problema è che la ascolto, che ho voglia di assecondarla.
Mi sento travolta dal mio desiderio nei suoi confronti, quasi fosse troppo per essere contenuto, e questa forza – che mi colpisce come uno schiaffo in pieno viso – mi fa capire che il momento di cedere è arrivato prima del previsto. Lui parla, ma io vedo soltanto la mia seconda possibilità per avere quello che voglio. Non riesco a spiegare la cosa, ma è più forte di me.
Inclino la testa, cerco di seguire il suo discorso, ma la verità è che il mio sguardo è assorbito dalle sue labbra e dal loro movimento e mi distraggono da quello che dice, riesco a seguire solo la mia istintività.
Sebastian si accorge della mia distrazione, tanto che aggrotta le sopracciglia prima di domandarmi: «Mi stai ascoltando?»
No, sto ascoltando solo me stessa e i miei bisogni. E lui li incarna tutti.
Non ci penso due volte e, dato che è troppo alto, con una mano afferro il colletto di quella maglia che al momento mi sembra così inutile e lo avvicino a me con forza, mi protendo sulle punte e premo la mia bocca sulla sua.
Egoista? Sì, parecchio, me ne rendo conto. Ma non sono mai stata così bene.
Un bacio leggero, come quello che presumo di avergli dato mentre stavo dormendo, solo che ora sono sveglia, anche se il corpo è così inconsistente da farmi credere di sognare.
Sento la sua sorpresa in reazione al mio gesto. Seb è lì, fermo nel suo stupore, eppure quel semplice contatto mi fa vibrare di vita.
Come se lui fosse il collante adatto a rimettere insieme i miei mille pezzi.
Il suo sapore inizia a invadere delicatamente la bocca, ma non ho il coraggio di approfondire il bacio, ho già fatto troppi danni.
Eppure, per quanto lui sia rigido nella sua posizione iniziale, il suo respiro caldo sulle labbra mi fa sciogliere, però devo separarmi perché sto desiderando con troppo trasporto che Sebastian mi stringa, ma è chiaro che non succederà. Devo mettere fine alla cosa prima che vada oltre, anche se siamo già arrivati al punto di non ritorno. Al solito ho fatto succedere l'irreparabile.
«Hai detto di volere del caffè, giusto?» Mi allontano e riprendo il discorso come se nulla fosse, mentre mi dirigo in cucina. Fingo di essere disinvolta, ma ho le gambe molli e il cuore mi martella nel petto.
Mi aspettavo più collaborazione da parte sua, ma sono anche egoista, dato che l'ho baciato senza il suo consenso per la seconda volta, quindi apprezzo questo suo tacito modo di farmi capire le cose, senza sbattermele in faccia con crudeltà.
Non valgo niente. Non sono bella come Claire, o fantastica come Jennifer Lawrence. Sono solo Elle e, a quanto pare, Elle non è abbastanza. Ricevuto.
Prendo e archivio per le prossime figuracce.
«Ehm, sì». Mi risponde poco convinto, con la testa tra le nuvole. Per fortuna sono girata di spalle rispetto a lui, almeno non devo assistere al suo imbarazzo. «Scusa, ma devo chiedertelo: cosa voleva dire quel bacio?»
Ridacchio divertita, ma mi sembro scema, e faccio quello che mi riesce meglio: fingo indifferenza. «Niente. Ma l'ho fatto da ubriaca e non me lo ricordo. Volevo ricordare cosa significa baciarti, baciare una persona all'apparenza del mondo inarrivabile. E, ovviamente, volevo farlo da sobria, ma non c'è un vero motivo». Cerco di giustificarmi, eppure sono la prima a capire quanto questo discorso risulti patetico. «È un bacio è basta. In fondo è già successo una volta, però non lo ricordo. E ci tengo a ricordare di aver baciato Sebastian Hartford, è una di quelle cose che voglio raccontare ai miei nipoti!»
Mi giro verso di lui dopo aver ingoiato una smorfia disgustata, perché quando mi agito sparo solo stupidate e fatico a mentire, e Sebastian è una delle poche cause della mia agitazione perenne.
«Cioè, tu mi hai dato un bacio solo per ricordartelo?» Alza un sopracciglio, sorpreso e scettico, ma non sembra irritato dal mio gesto.
Annuisco, perché se apro bocca ancora una volta ho paura ne escano solo stronzate.
Lui, invece, ride.
Sono così stupita che non riesco a frenare la lingua. «Cosa c'è da ridere?»
Io non lo capisco davvero, ma almeno Sebastian si diverte.
«Tu vorresti davvero ricordarti un bacio simile?» E, sempre con un sopracciglio alzato, indica con il pollice la porta di ingresso alle sue spalle, dove l'ho assaltato come se fossi una pirata e lui il tesoro. O una bottiglia di rhum. «Scusa, ma neanche alla meno importante delle ragazze che ho avuto ho lasciato un ricordo così misero». E continua la sua risata, sempre più strascicata.
Si avvicina a me con velocità, mi posiziona con poca grazia sul bancone della cucina, poi mi guarda negli occhi con rinnovata sorpresa, come se quel gesto fosse una novità anche per lui. «Questo è un bacio».
La sue mani sono decise quando mi circondano il viso e la lingua non è delicata quando invade la mia bocca con una punta di prepotenza, ma quando trova la mia – che non oppone resistenza – iniziano a rincorrersi in modo febbrile.
Il suo bacio, così carico di eccitazione, mi spiazza. Non mi aspettavo una simile risposta al mio gesto, ma se questo è l'effetto che fa una provocazione su Sebastian, beh, sono pronta a stuzzicarlo fino a quando la vecchiaia me lo permetterà.
Mi riprendo subito, mi lascio travolgere dal suo gesto e inizio a ricambiarlo. Lo attiro più vicino a me, mentre io mi spingo sul bordo del piano di lavoro, per averlo tra le gambe e gli metto una mano sulla nuca per approfondire il nostro contatto.
È come se io fossi il giocattolo rotto e lui la persona creata per riaggiustarmi, perché è da tempo che non mi sento così giusta, intera, quasi mi compensasse e si incastrasse tra un pezzo frantumato e l'altro per tenerli insieme.
I polpastrelli mi accarezzano la pelle delle spalle, portando con loro brividi di piacere, la lingua esplora ogni movimento della mia con voracità e la sua barba mi solletica le labbra, lasciando segni del suo passaggio anche per chi verrà dopo, come a rimarcare il territorio.
Ogni cosa mi fa cedere sempre di più, perché adoro quello che fa e come la fa. Ogni secondo mi porta a volerlo sempre più.
Mi piace entrare in confidenza con il suo sapore e il suo odore, creano dipendenza.
Siamo così vicini che è impossibile staccarsi, tanto che riusciamo solo a esplorare i nostri contorni e a dedicarci a quel bacio che cancella tutto ciò che non siamo noi.
Sebastian mi passa una mano sulla guancia in un lieve carezza, mentre l'altra finisce sulla maniglia dello sportello del mobile dietro la mia testa, come se per lui fosse un'ancora. La stringe talmente forte da fare rumore con il legno, ma questo non ci impedisce di continuare.
Ha le nocche bianche per lo sforzo, me ne accorgo quando ci separiamo per riprendere fiato e noto la mano tra di noi, posata sulla mia coscia.
Un bacio che ti lascia senza aria è un signor bacio, quelli per cui si aspetta una vita e appena finisce si è già in attesa del prossimo, come me in questo momento.
Una volta separati, il rumore dei nostri respiri affannati copre la distanza che ci divide. Il silenzio è composto dall'elettricità che emaniamo noi. È strano, ma anche confortante, quasi ritrovassimo in quell'energia la conferma che è stato unico per entrambi.
Sebastian, la star più impacciata e nerd sulla faccia di questa terra, si è rivelato più rude e selvaggio di quanto pensassi e la cosa mi piace, anche più del dovuto.
È una piacevole scoperta che, però, mi terrorizza.
«Direi che questo è decisamente meglio da ricordare!» Sorrido, perché il silenzio inizia a diventare imbarazzante e io certe situazioni non le sostengo, non sono affatto brava.
«Decisamente». Anche Seb sorride, rosso in volto. Butta fuori un po' d'aria e si scompiglia i capelli, forse per prendere un po' di lucidità.
È indescrivibile quanto sia allettante così, tutto arruffato a causa mia.
«Ecco il caffè». Il mio è un misero tentativo di smuovere la situazione, dato che il suo sguardo troppo intenso mi fa sentire in difetto, ora che il momento di passione è passato.
«Oh, grazie». Incespica nelle sue stesse parole. Lo capisco, ma sono più brava di lui a fingere e, purtroppo per me, non è un merito. «Te lo ricompro».
«Ma figurati, per così poco!» Minimizzo, più a mio agio con questo cambio di discorso. «Pronto per il pranzo in famiglia?»
Fa una smorfia e alza solo parte del labbro superiore mentre rotea gli occhi. «Quasi non me lo ricordavo. Ho voglia di vedere la mia famiglia, ma non sono entusiasta di sentire le domande inopportune di mia madre riguardo la mia relazione fallita. O mio fratello che mi prende per il culo». Scuote la testa, come se potesse già sentire tutte le frasi dei suoi famigliari, poi continua: «Però sarà un bel pranzo».
Il sorriso che gli scalda il volto mi fa saltare un battito del cuore. È la descrizione di amore puro che una persona prova solo per pochi individui, quello per cui tutti sarebbero disposti a vendere l'anima al mio miglior offerente. È quel tipo di amore che pensavo di avere e che mi ha uccisa dentro. Quello che evito ma che, segretamente, vorrei avere cucito addosso. Un gesto simile ti fa sentire protetta e benvoluta, cose che pensavo di avere e che sono cadute come un castello di carte alla prima raffica di vento.
«Meglio così». Annuisco tra me per scacciare quei pensieri e dedicarmi al presente. «Pensi di finire tardi?»
Spero che la risposta sia negativa, perché sento il disperato bisogno di passare altro tempo da sola con lui e il fine settimana sembra sia già fuggito.
«No, per le quattro penso di liberarmi». Si acciglia, come se solo in un secondo momento avesse trovato la domanda bizzarra. «Perché?»
«Ti va di fare qualcosa nel pomeriggio? Qualsiasi cosa». E la mia mente vaga lontano, verso pensieri vietati ai minori. Sto sperando che colga l'allusione, che mi dica che vuole fare sesso e che lo vuole fare con me. Sarebbe bello, così non dovrei essere io quella che si deve sbilanciare.
Avanti Sebastian, coglila!
«Volentieri!» Sembra davvero interessato, cosa che mi fa schizzare il cuore in gola, riportando a galla la sensazione che l'elettricità tra noi mi ha suscitato. «In effetti c'è qualcosa che ho bisogno di fare...» E si interrompe, in imbarazzo.
Quel silenzio mi uccide, tanto che con voce stridula domando: «Cosa?»
«Devo comprare un materasso nuovo» sussurra, quasi fosse una cosa intima come comprare dei preservativi o fare insieme le analisi per le malattie sessualmente trasmissibili. «Ti va di accompagnarmi da IKEA?»
I miei sogni a luci rosse crollano. Non è esattamente quello che mi aspettavo, ma è pur sempre un inizio. In fondo il materasso è un richiamo ambiguo e indiretto al sesso. E poi dovrà essere inaugurato, no?!
«Certo, sarà divertente!» Sorrido, perché farò di tutto perché sia così. «Chiamami quando ti manca poco alla fine del pranzo, così poi mi faccio trovare pronta, va bene?»
«È perfetto». Prende il caffè e se lo rigira tra le mani, sembra sia accomodato su un letto di spine. Come se ora avesse fretta di andarsene e, in effetti, si avvicina alla porta.
«Ok, a dopo, allora!» Gli urlo mentre esce dalla porta, fingendo una noncuranza che non possiedo.
Sento il rumore della serratura scattare e soltanto dopo essere sicura di essere rimasta sola mi aggrappo al banco, mentre con la mano libera mi faccio aria alla faccia.
Ora posso ricordarmi di respirare e controllare le palpitazioni.
Che diavolo mi fa Sebastian?
Mi scuso per il ritardo, ma oggi è una giornata così brutta, ma così brutta, che sono riuscita a prendere il computer soltanto ora.
Ragazz* delle zone del coronavirus (come me), come va? La quarantena?
Spero di darvi un momento di spensieratezza con questo capitolo!
Avete visto, arrivo anche con un POV di Elle ed è pure bello carico di eventi (o, forse, è meglio dire ormoni)!
Nel prossimo capitolo, dunque, avremo questa gita da IKEA. Sempre di gita si tratta, anche se non è Parigi!
Io vi ringrazio per l'affetto che state riservando a questa storia, mi fa sempre emozionare!
PS: se vi siete perse l'annuncio, vi dico con immensa gioia che l'anno prossimo una mia storia (che era online sulla piattaforma) verrà pubblicata in eBook da una casa editrice! Non vedo l'ora di farvela leggere!
A presto,
Cris
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro