Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

45. Fraintendimenti

Finire le riprese è stato strano, ma liberatorio. Concluderle prima del previsto, invece, è stato sfiancante, ma necessario per la mia sanità mentale.

Siamo riusciti a finire di girare tutto il necessario sedici giorni prima del previsto, perché sono un attore con i controcazzi. Mi sono spremuto fino all'ultimo per questo film, per questa parte, e ne sono felice. Il set è stata la mia oasi di pace, l'unico posto in cui mi sia sentito al sicuro.

Sono diventato un drogato di lavoro, mi sono focalizzato sul personaggio per renderlo al meglio, per dover girare la stessa scena il minor numero di volte possibile. Sono diventato tutt'uno con Hywell per non sbagliare una battuta, per dare vita a una mimica facciale che fosse sua, e ce l'ho fatta.

Lasciare il set che mi ha coccolato durante il periodo peggiore della mia vita non è stato facile, eravamo una bella squadra e abbiamo lavorato insieme al meglio. C'era chimica, eravamo affiatati e ci siamo voluti sinceramente bene.

Ma ho bisogno di tagliare con la saga. Legacy è giunto alla fine, ora deve essere lavorato in post-produzione e distribuito in due parti.

Devo lasciarmi il ruolo alle spalle.

Sono grato alla saga per avermi reso uno degli attori più famosi e richiesti del momento, ma necessito di voltare pagina. Di lasciarmi alle spalle tutto quello che di tossico ha portato nella mia vita, che inizia con Claire e finisce con una finta relazione che ci ha visti recitare anche fuori dal set.

Siamo tornati a essere amici, complici in quelle farse, un fronte comune che cercava di portare a casa la sufficienza con il minimo sforzo, ma basta. Ora è arrivato il momento di tagliare il cordone ombelicale.

L'ho salutata per sempre. Ci rivedremo a Hollywood, lavoreremo ancora insieme, ma non ci saranno più finte uscite, tempo speso insieme e gesti ambigui, così come dovrebbe essere tra due persone che si sono lasciate.

Ci vedremo alle premier durante i tour promozionali, ma saremo così impegnati che faremo fatica anche solo a salutarci e, sinceramente, mi sta più che bene.

Nessuno sa del mio ritorno anticipato, solo Fred, perché deve venire in aeroporto a prendermi.

Nemmeno Dan.

L'ho sentito prima di imbarcarmi, e per la prima volta in sei mesi, ho pronunciato il nome di Elle. Non l'ho scritto, né pensato, l'ho proprio detto ad alta voce.

Ha fatto male, ma è stato necessario per rendermi conto che è reale, che esiste ancora e non è solo un frutto della mia fantasia.

Il dolore nei mesi si è attutito, o forse sono io che mi ci sono abituato.

Ho salutato Dan con una scusa all'arrivo dell'auto, ma lui mi ha risposto con un "Ci vediamo presto" che prima mi ha fatto rischiare l'infarto, poi sorridere.

Così eccomi qui, intrappolato sul volo, a quattro ore dall'atterraggio, a trarre un bilancio degli ultimi sei mesi.

Al fatto che con lo staff del film mi sono divertito, ai festeggiamenti per la fine delle riprese che si sono protratti per più tempo del previsto.

Potrei aver passato più tempo ubriaco che sobrio, negli ultimi giorni, ma era tutto più semplice perché non mi faceva pensare. Me ne pento? No.

Però per un po' basta eccessi, perché questo volo è più difficile del previsto a causa della nausea.

O forse quella è dovuto al fatto che, dopotutto, Elle aveva ragione.

La sua scelta è stata guidata dalla paura, ma è risultata essere anche la più razionale. Di sicuro la meno facile da affrontare. Ma non aver nessuno a cui fare riferimento è stato un sollievo. Non ho avuto sensi di colpa, non nei confronti di Elle almeno, solo verso i miei sentimenti, che sentivo calpestati ogni volta.

Diciamo che una scelta simile mi ha alleggerito il carico emotivo, anche se mi ha incasinato non poco. Ma arrivare a fine di ogni serata e sapere di non dover tranquillizzare nessuno, di non convincere nessuno della mia buona fede, dedicarmi solo al lavoro, di cui le uscite facevano parte, beh, è stato un po' più facile del previsto.

Un pochino.

Ma sarà un segreto che mi porterò nella tomba.

Ripenso alle fasi che ho attraversato in questi mesi. Incazzatura, tristezza, rabbia, incertezza, e al fatto che sto per tornare a casa con un misto di tutte queste emozioni. L'incertezza, al momento, è quella che prevale sulle altre.

Non sapere cosa mi aspetta, se Elle mi sta aspettando, mi logora.

Io so che i miei sentimenti non sono cambiati. Non ho mai smesso di amarla, nonostante la distanza, la mancanza.

I momenti trascorsi insieme sono stati un appiglio potente durante i periodi più difficili. Ricordare come l'ho conquistata, come lei ha conquistato me, sembrava magico ogni volta.

Perché è il modo in cui ci apparteniamo che fa la differenza, e non ci sono mesi o miglia a renderlo meno reale.

Spero solo che sia pronta a darmi una nuova opportunità, e che sia definitiva.

Più l'aereo si avvicina alla meta e più sono ansioso. Ho voglia e paura di vedere se per lei è lo stesso o è cambiato tutto, di scoprirlo dai suoi occhi e dal modo in cui mi guarderà.

Mi sistemo meglio nella seduta e muovo il braccio, dove il braccialetto con la chiave si muove.

Quel promemoria che sembra vibrare di vita propria, nella speranza che sia la testimonianza di un amore che non è mai finito.

Cerco di dormire, di modo da non far vagare la mente in mille direzioni diverse, e soprattutto perché quando atterrerò a Heathrow saranno le due di pomeriggio, quindi per dormire dovrò resistere almeno altre otto ore.

Il jet-lag è il mio peggior nemico, perciò provo ad avvantaggiarmi e a settarmi sugli orari europei.

Chiudo gli occhi e non vedo l'ora di essere già a casa, di tornare dove il mio cuore è rimasto mesi fa.

*

Dormire mi ha schiarito le idee. Atterrare, invece, mi ha reso un tantino euforico, del tipo che quando ho visto Fred l'ho abbracciato. Più di essere felice di essere tornato a casa, sembro uno che ha fatto sparire con il naso la cocaina di mezza Colombia, ma i cani antidroga a cui sono passato accanto hanno dimostrato che sono innocente.

Mentre sistemo i vestiti nell'armadio, e con sistemare intendo buttarli alla rinfusa nello spazio libero a disposizione, sorrido per le facce sorprese e contente dei miei coinquilini quando mi sono fatto trovare sulla soglia dell'appartamento.

Pacche di spalle, battute a sfondo sessuale sul mio arrivare in anticipo, sorrisi e birra. Non potevo chiedere di meglio.

«Ciao brutti musi!» Dalla mia stanza sento la voce di Elle provenire dal salotto, dove dev'essere entrata senza bussare.

Il cuore manca un battito e mi gira la testa per l'emozione. È qui, vicino a me, e non lo sto sognando. Poso la felpa che sto per buttare nel mucchio di vestiti che devono essere lavati e origlio come il peggiore degli stalker.

«Ciao bestia!» La saluta Dan, per poi continuare: «E ciao anche a te, arrosto vivente».

Elle ha compagnia? Non me lo aspettavo.

Mi fa gelare il sangue nelle vene.

«Non ascoltarlo, piccolo». La sento mormorare appena. «Smettila, con che cuore ve lo posso lasciare, se continuate così?»

Lasciare? Di cosa stanno parlando?

D'istinto mi avvicino alla zona giorno, ma continuo a rimanere nascosto in corridoio, per capire dove la conversazione vada a parare.

«Perché parli al plurale, è Dan che lo vuole mettere al forno, noi lo trattiamo come se fosse nostro figlio». Charlie è risentito delle accuse di Elle rivolte a tutti, sembra tenere davvero a questo... figlio che deve essere arrostito?

Giuro, è la conversazione più delirante a cui io abbia mai assistito.

«Ed è per questo che lo affido a voi».

Spinto dalla curiosità, mi appoggio allo stipite che divide il soggiorno dalle camere, mentre vedo Elle di spalle che parla con i miei amici, spaparanzati sul divano.

«Certo, non è perché Jane e Rachel sono impegnate, vero?» Ed prende parola, divertito.

«È un'altra narrazione della storia» ribatte la mia ex, con ironia.

«Ciao». Mi ritrovo a dire senza un vero perché.

Avrei voluto continuare ad assistere al loro scambio all'infinito, ma ho anche bisogno che Elle sappia che sono qui, ho bisogno di vedere la sua reazione.

«Oh. C... ciao» balbetta, mentre lascia andare il batuffolo nero che ha tra le mani. Un batuffolo che ora noto essere un coniglio che, dopo essere atterrato addosso a Edward, è spaventato a causa della breve caduta libera a cui è stato sottoposto involontariamente.

Dopo sei mesi, ci fissiamo negli occhi. E soltanto ora il mondo prende forma, assume di nuovo un senso.

Non sento il minimo rumore nella stanza, anche se i ragazzi stanno parlando per lasciarci il nostro momento, ma io sento solo il battito del cuore che mi riempie le orecchie.

Ho aspettato per troppo tempo questo istante.

Provo l'insano desiderio di avvicinarmi, piegarmi su di lei e fare mie quelle labbra che mi sono mancate come l'aria. Le parole che dicono, i baci che mi hanno dato.

Le guance di Elle sono incandescenti e morbide, tutte da mordicchiare.

I suoi occhi, sorpresi e spalancati, mi scrutano come se fossi frutto delle sue allucinazioni.

È veramente davanti a me, nella mia vita. In che veste, però, devo ancora scoprirlo.

Vorrei chiederle se tra noi è cambiato tutto o se i suoi sentimenti sono ancora gli stessi, come i miei, ma so che, se lo facessi ora, si chiuderebbe a riccio.

Ha bisogno di adattarsi di nuovo alla situazione, a me, e ho intenzione di darle tutto il tempo necessario.

Ma sono qui e deve saperlo. Deve capire che, per lei, rimarrò sempre, anche quando sarò lontano per lavoro.

«Non sapevo dovessi tornare». Inciampa nelle parole ed è di una dolcezza infinita, la stessa che mi ha riservato quando siamo stati insieme.

«Non lo sapeva nessuno, è stata una sorpresa per tutti». Si intromette Daniel, felice, per evitare di rendere troppo imbarazzante questo incontro, dato che ci sono anche loro.

Forse ha paura che possa saltarle addosso e compiere atti osceni davanti a loro, e avrebbe ragione.

«E chi è lui?» domando, per cambiare argomento, mentre indico il roditore incriminato.

«È Ford. Suo figlio peloso». Charlie, che ora lo tiene tra le braccia per tranquillizzarlo, risponde al posto di Elle.

«Ford?» Alzo un sopracciglio. Perché Ford è sempre stata una cosa tra noi, di cui anche i nostri amici sono stati testimoni più e più volte. Un dettaglio che mi anima di speranza, mi fa sentire l'uomo più potente sulla faccia della terra.

«Harrison Ford, detto Ford». Precisa Elle, sempre più rossa in volto, mentre si nasconde dietro i capelli con la scusa di chinarsi sul coniglio. «Ma solo per comodità».

Bugia. La so riconosce da come evita il mio sguardo, dalla poca sicurezza con cui parla.

«Comunque, eccolo qui, ve lo affido». Torna su un argomento più neutro. «Vi ho lasciato la spazzolina per districare i nodi, un po' di fieno e il mangime».

«Sì, mamma». La prende in giro il mio migliore amico. «Giuro che lo ritrovi vivo al tuo ritorno».

E poi posa Ford in un recinto costruito in un angolo del salotto, una gabbia che non ho notato fino ad ora.

«Lo spero vivamente, altrimenti farai la sua stessa fine». Lo minaccia con fare angelico, poi viene interrotta dal cellulare. «Ciao! Dove sei?»

Attende risposta, poi replica: «Sì, scendo».

Chiude la chiamata e i ragazzi la salutano.

«Salutacelo tanto, digli che dobbiamo vederci quando tornate».

Dire a chi? Perché parlano al maschile? E andare dove?

Mi sento come se fossi appena entrato in una partita già iniziata a Cluedo e gli altri avessero più indizi di me. Non mi piace, mi fa sentire la vittima. È stata Elle, con un cellulare, nel salotto.

Voglio arrivare alla vecchiaia, e preferirei arrivarci con la mente sana e senza farmela addosso.

«E che ci deve offrire una cazzo di serata fighissima come quella che vi aspetta domani». Rincara Charlie, ammirato.

Elle alza gli occhi al cielo. «Scrivetegli, avete il suo numero e i pollici opponibili».

Ok, purtroppo qui non si sta parlando di un altro coniglio. E, visto il maschile usato, un po' ci ho sperato. Un po' tanto.

«Vado». Sulla soglia aperta si gira un'ultima volta per salutare con la mano Ford. «Ciao piccolino».

«Divertitevi» urlano i miei amici in coro.

«Ciao ragazzi». Batte appena la mano sullo stipite, un modo per prendere tempo e coraggio. «E... ciao, buon riposo».

E chi dorme, dopo tutta questa adrenalina? Potrei stare sveglio per almeno quattro giorni e non accusare conseguenze.

Una volta che si chiude la porta alle spalle è Edward a parlare. «Cazzo, se la invidio! Anche io avrei bisogno di un fine settimana rilassante. Dovremmo proprio farlo, Jane e io».

«Dove va?» Non riesco a tenere a bada la curiosità.

«A visitare la foresta proibita della Warner a Cheshire. C'è un evento benefico domani sera per un'associazione che aiuta la ricerca della prevenzione delle malattie rare nei bambini, e parteciperà».

«Progetto interessante». Sono colpito, è una bella iniziativa e sono contento che partecipi, ma devo capire una cosa... «Come ha ottenuto l'invito?»

«Va con Tobias. Elle è il suo più uno». Charles alza le spalle e sorseggia la sua birra, come se l'informazione che ha sganciato fosse la più normale del mondo.

«Ah». Cazzo.

«Penso si senta in debito per il regalo che lui le ha fatto». Rincara Ed.

«Tipo?» perché dovrebbero farsi i regali?

«Il coniglio».

«Ah». Doppio cazzo. Un saluto alla mia speranza di poco fa, la vedo volare via insieme alle gioie a cui aspiro da tempo.

«No, per me vuole solo fargli compagnia perché Toby è a pezzi per Caroline». Dan cerca di rimediare al disastro, sapendo quello che c'è tra me e lei. L'unico che sa come sono andate le cose. «Elle vuole solo stargli vicino».

«Wow, Toby sembra fantastico». E fantasticamente single. Almeno quanto io sono sfigato, giusto per rendere l'idea.

Rispondo a monosillabi, irritato, ma nessuno sembra farci caso, troppo intenti a ricostruire gli ultimi mesi in mia assenza con informazioni casuali.

«Già, l'ultima volta era distrutto». Conviene Edward.

«E voi come fate a saperlo?» Di sicuro non sono discreto, ma hanno solleticato la mia attenzione e devo scavare a fondo per sapere contro cosa combatto, sempre che io abbia una sola opportunità di giocarmela.

«Spesso esce con noi per una birra. È un tipo a posto. Oltre a essere stato convocato in nazionale. Sento che ci farà vincere il Sei Nazioni». Charlie è un grande tifoso di rugby. Penso sia il suo sogno più grande, da tifoso, vincere il torneo. Frequentare un giocatore della nazionale è solo un bonus che lo fa sognare ancora di più.

Bene, mi hanno sostituito.

Prima la mia ex, e ora i miei amici.

Con la mia copia più alta, più pompata e, a quanto pare, più fica.

Quello che regala week-end benefici in posti meravigliosi, mentre io il massimo che ho fatto è stato invitare i miei amici al pub.

Capisco che non è la stessa cosa, ma devono essere così impietosi?

Quello fico, tra i due, dovrei essere io. E che cazzo, sono un attore di Hollywood.

Con una vita alquanto ordinaria, mi ricorda la mia coscienza.

«A proposito, cosa ne dite di uscire per farcene un paio, stasera?» Propone Dan. «Festeggiamo il ritorno di Seb».

«No, grazie. Sono KO dal jet-lag, penso di andare a dormire subito dopo cena».

Uscire per sentir parlare di quanto sia meraviglioso Tobias Davies? Mai.

Sarei più propenso a un addestramento militare molto duro, suddiviso in sedute da sei ore ciascuna. E questo dice tutto.

Così, approfitto della mia scusa e chiudermi in camera per leccare le ferite che mi sono appena state inferte.

Traditori.

*

«Cos'hai? Dovresti essere felice». Dan si lascia andare accanto a me sul divano e recupera l'altro controller della playstation. «Sei a casa, hai Elle vicina, hai l'opportunità di riconquistarla, non capisco il tuo muso lungo. Sembri Camilla Parker Bowles!»

Questa è un'accusa molto pesante, potrebbe andarne della nostra amicizia.

«Talmente vicina che è pure stata tra Liverpool e Manchester, lo scorso fine settimana». Sono passati cinque giorni dal mio ritorno e posso dire una cosa con assoluta certezza: Elle fa di tutto per evitarmi.

Daniel mi guarda stranito, come se non capisse la mia allusione. «Ha anche chiamato il coniglio con il soprannome che ha dato a te».

«Vero. Peccato che ora, molto probabilmente, stia provando a ripopolare la terra con un altro» ammetto seccato.

«E chi?» Lo vedo colto da una confusione sincera, cosa che mi dà ancora di più ai nervi.

«Come chi? Tobias! Il magnifico Tobias Davies». Sbotto con tutta l'invidia che ho accumulato dal mio ritorno. «Quello che è arrivato nella sua vita al mio posto. E pure in quelle di tutte voi. Cazzo, ci uscite pure insieme».

Ecco, l'ho detto. Sembro un bambino delle elementari che fa i capricci dopo che i suoi amici hanno deciso di accogliere il nuovo arrivato. Poco ci manca che mi metta a pestare i piedi a terra.

Dan, invece, ride.

«Ti sembra divertente?» Sono scorbutico, lo so, ma non ho intenzione di cambiare umore.

«Molto. Perché sei geloso marcio».

Grazie, Sherlock, dimmi qualcosa che non so.

«E non dovrei secondo te? Le ha pure regalato un animale carino!» Un coniglio nero tanto carino, di cui mi ritrovo a fissare con astio la gabbia che teniamo in pianta stabile nel nostro appartamento. Questo mi fa capire quanto in basso sono caduto. «Mi sembra di essere stato rimpiazzato alla velocità della luce».

«Allora, vediamo di mettere un punto alla situazione. Il coniglio Elle lo desiderava da tanto, Toby ha approfittato del fatto che la ragazza di un suo compagno di squadra avesse una cucciolata disponibile. Contento?» Daniel riesce a farmi sentire un cretino, ma non sono pronto a dargli corda.

«Un po'». Fingo di fare il sostenuto, ma sono parecchio sollevato. «Ma se hai altre belle notizie, continua pure».

«Elle, dopo che me ne sono partito per New York, si è sentita sola. Certo, c'erano Ed e Charlie con le ragazze, ma ha perso i suoi punti di riferimento. Quando ha ripreso le lezioni Toby l'ha vista giù, e si è avvicinato a lei».

L'inizio di una love story con i fiocchi. Potrei citare almeno una decina di commedie romantiche con lo stesso incipit. «Dovrebbe essere un bene?»

«Sì. Perché le vuole bene davvero, ma come un amico». Annuisce, poi riprende il discorso: «Non ha sostituito né me, né te. È una persona che è riuscita a ridarle un po' di tranquillità. A volte le ha restituito il sorriso. Parole dei ragazzi, che hanno assistito al cambiamento».

Capisco cosa vuol dire. Ho continuato a soffrire per lei, ma sul set le cose sono migliorate. Mi sono svagato, e con certi colleghi che reputo quasi amici sono uscito e mi sono divertito, perché sono riusciti a regalarmi momenti di svago che non avrei mai immaginato di avere.

«Come fai a essere sicuro che non ci sia niente tra loro?»

«Perché Tobias è uscito con una certa Caroline, ma non ha funzionato. Ma era preso. E sai meglio di me che certi sentimenti non svaniscono da un giorno all'altro». Lo so eccome, e lo sa anche Dan, perché ha assistito a ogni mio sfogo a riguardo. «E poi sono stato un vero amico – sia tuo, che di Elle – e gli ho parlato in modo chiaro, per capire se ci fosse interesse. E lui mi ha confermato che la vede come un'amica. Ed è stato sincero, non l'ho mai visto invadere gli spazi di Elle, le porta un rispetto quasi fraterno».

Tobias Davies è un ragazzo d'oro, l'ho sempre saputo.

Non ho mai sospettato di lui nemmeno una volta.

Chissà se lo vedremo presto per quella famosa birra. In fondo non vedo l'ora di farci due chiacchiere.

«Stronzo! Non potevi dirlo subito?» Gli assesto un pugno sul bicipite, perché se lo merita. Mi ha fatto stare in pena dal momento in cui sono tornato, quando avrebbe potuto mettere fine al mio broncio molto prima.

«No, mi piaceva vederti fare il geloso melodrammatico». Ride, il coglione. «Ora però leva la testa dal culo e riprenditela».

«E se non volesse essere ripresa?» Gli rivolgo un sorriso accennato, arreso, mentre torno un po' più serio.

«C'è solo un modo per scoprirlo». Mi dà una pacca sulla spalla, con fare confidenziale.

«Quale?» Sa altre cose che io non so?

Se devo vestire il roditore da ballerina di danza classica, sono disposto a farlo.

«Fare un tentativo».

Speravo in un consiglio più illuminante.

«Ma se mi evita!» Non me lo sto inventando. Evita il contatto visivo, anche solo di guardare nella mia direzione, se siamo tutti insieme riduce all'osso la sua presenza col gruppo e, per ultimo, il mio espediente preferito: quando mi incontra fa di tutto per cambiare percorso. Se dobbiamo salire le scale insieme inventa mille telefonate pur di non parlarmi.

Lo so perché il cellulare ha iniziato a vibrarle in mano, mentre fingeva una conversazione con sua madre.

«Forse anche lei pensa che tu non abbia più voglia di riprendere le cose da dove sono state interrotte».

Interessante punto di vista a cui non avevo pensato, molto interessante.

«E da quando sei così saggio?» Alzo un sopracciglio, scettico.

«La popolarità mi ha cambiato». Sospira con fare melodrammatico.

«Quale popolarità?» Lo prendo in giro, perché le buone tradizioni vanno sempre rispettate. «Sei diventato lo stalker di ragazze numero uno di Manhattan?»

Cosa non così lontana dalla realtà, se solo si impegnasse un po'.

«Ehi, un po' di sensibilità! Ti ho appena dato informazioni importanti! Porta rispetto». Mi fulmina con lo sguardo. «E poi a New York ho affinato le mie doti amatorie».

Solleva le spalle con noncuranza, come se fosse ovvio.

«E come è andata?» Sono davvero curioso.

«Di merda». Non attende nemmeno un attimo a rispondere, cosa che rende la replica ancora più divertente, e mi ritrovo a ridere di pancia, in modo sguaiato.

«Sei il migliore».

«Se lo capissero anche le ragazze di Londra, sarei più felice». Scommetto, però, che non si arrenderà davanti alla loro ostinazione. «Tu, però, prova a riprenderti la tua».

«Ci tieni così tanto a vedermi felice?» Lo trovo davvero maturo, sotto certi aspetti. Non è facile essere felici per gli altri, a volte è più semplice essere invidiosi dei successi altrui, in qualunque ambito. «Ho sempre sospettato che in fondo fossi un romanticone».

«Nah. È che almeno la smetto di vederti con quella faccia depressa e la finisci di lamentarti». Scrolla le spalle, quasi volesse togliersi di dosso il modo in cui l'ho etichettato. Accompagna il tutto con un'espressione sdegnata. «Le mie orecchie hanno un limite per le cazzate».

È fortunato, perché le mie, di orecchie, non hanno questo limite nei suoi confronti, e nemmeno quelle dei nostri amici, ma a Daniel vogliamo bene proprio così com'è.

*

Charlie, l'informatico del gruppo, ha ben pensato di cambiare contratto per la linea wi-fi, tanto da lasciarci scoperti per alcuni giorni, ed è per questo che mi ritrovo a fare una conferenza tramite Zoom per un lavoro nella sua camera, dove riesco ad agganciarmi abusivamente alla rete libera di un negozio quasi sotto casa.

Sento dei rumori provenire dal salotto, ma non posso abbandonare la conversazione, non ora che l'attenzione è su di me e abbiamo quasi concluso.

Poi il fato mi assiste – e sì, ne sono stupito pure io – perché la connessione del regista cade, manda un messaggio dicendo che possiamo considerarci a posto così, che ci siamo detti tutto, e che la sua connessione è una merda, quindi anche se avesse voluto non avrebbe più potuto collegarsi.

Regista dal progetto top secret, ti capisco.

Mi consola sapere che tutte le persone di tutto il mondo sono accomunate da un qualcosa, in questo caso una rete wi-fi del cazzo.

Quindi: mai essere scortese con qualcuno, non sai mai quanto la sua connessione faccia schifo e lo renda nervoso.

Sento ancora dei rumori e inizio a preoccuparmi, perché so che i ragazzi sono occupati fuori casa. Mi armo della prima cosa che trovo sottomano e si tratta della tastiera wireless di Charlie, che se sapesse di questa emergenza preferirebbe vedermi morto, piuttosto che la sua preziosa attrezzatura ammaccata.

Apro la porta e vado in corridoio con l'arma alzata sopra la testa e, davanti alla porta chiusa di camera mia, trovo Elle, che si spaventa della mia presenza tanto quanto io mi spavento della sua.

Se c'è una certezza è che non eravamo per nulla convinti di incontrarci. Di sicuro non così.

«Seb, Dio, mi hai spaventato a morte!» Urla, terrorizzata, con una mano sul cuore.

«Anche tu! Ero convinto di essere qui da solo». Abbasso la tastiera, sentendomi un po' idiota, poi la riporto in camera di Charles. «Cosa ci fai davanti a camera mia?»

La fisso stranito, non capisco cosa ci faccia qui. Non intendo solo in casa, ma proprio nella zona notte.

«Ehm... sono venuta in bagno» mormora, dubbiosa, come se non sapesse bene cosa dire. Senza contare che il bagno è prima della stanza del sottoscritto, quindi la fisso accigliato. «E sono venuta a lasciare F... il coniglio. Dan ha detto che avrebbe badato a lui».

Alzo un angolo della bocca.

«Ford». Pronuncio compiaciuto, perché sembra faccia fatica a dirlo davanti a me. E il motivo può essere uno, ovvero che quel nome le ricorda il sottoscritto ed è strettamente collegato a me.

Livello autostima: non calcolabile. Se fossimo in un anime giapponese mi direbbero che ho un'aura potentissima, in questo momento.

«Esatto». Una frase di circostanza.

È la prima volta che ci troviamo faccia a faccia, e per lo più da soli, e non sappiamo come gestire la cosa. C'è dell'imbarazzo, ma non saprei dargli una sfumatura.

So che, per quanto mi riguarda, c'è anche tanta felicità.

«Come stai?» Chiedo, con tutta la dolcezza che questo incontro mi ha suscitato. Sembra che il destino continui a farci inciampare l'uno nell'altra, e mi piace parecchio.

«Bene». Annuisce convinta, con troppa enfasi. «Tu?»

«Meglio». Perché sono a casa. Perché mi sono liberato di un fardello come la mia vecchia storia e gran parte dei legami contrattuali che erano vincolati a essa. Ma, soprattutto, perché lei è vicino a me. È qui, ora, bellissima vestita della vergogna che prova.

È adorabile.

Si schiarisce la voce, nervosa. «Daniel non c'è?»

Sbircia dietro le mie spalle, nella speranza di vedere il mio amico spuntare dalla sua stanza.

«No, è stato chiamato dal suo agente per un'occasione capitata per caso e l'ha raggiunto di corsa».

E come capirlo, oltre al tour europeo dello spettacolo proposto a Broadway, ha avuto un'offerta impossibile da rifiutare.

Pagherò una cena a Dan, non soltanto per celebrare il suo successo, ma per avermi lasciato l'occasione di parlare per la prima volta da solo con Elle dal mio ritorno. Perché, e ne sono ben consapevole, è la prima volta che non può proprio evitarmi.

Mi sto godendo ogni attimo.

«Ah». Si tortura le mani, in difficoltà. «Mi aveva promesso di tenere Ford in mia assenza».

Alzo le spalle, indifferente. «Se vuoi ci penso io».

«Davvero?» Elle spalanca gli occhi, sorpresa.

«Davvero» confermo, sicuro. «Non penso che richieda molte cure».

Cosa ci vuole? È sopra il pesce rosso e le tartarughe nella scala degli animali domestici, non è impegnativo come lo possono essere cani e gatti.

«No, affatto». Elle è più tranquilla, tanto da rilassare le spalle e tirare un sospiro di sollievo. «Un po' di cibo, un po' di coccole e controllare che non scappi fuori dalla gabbia, e quindi fuori casa se si aprisse la porta».

Ok, sembra più difficile del previsto. Pensavo che solo i figli avessero bisogno di tutte queste attenzioni, motivo per cui al momento non sono pronto a diventare genitore.

«Penso di potercela fare». Mi sto sopravvalutando, lo so, ma devo dimostrarmi all'altezza del compito di padre temporaneo, se voglio far colpo sulla mammina in questione.

Quando tornerà a riprenderlo sarà il coniglio più coccolato, pulito, saziato e felice sulla faccia della terra.

«Ok, allora è di là, nel suo recinto». E indica la stanza alle sue spalle. «Io vado».

Sembra abbia fretta di lasciare l'appartamento e, soprattutto, di mettere fine alla conversazione con me, perché le costa fatica.

Però io non sono dello stesso avviso. «Possiamo parlare?»

La prendo in contropiede. Ora che è qui, a disposizione, non ho intenzione di farmi sfuggire l'opportunità.

«Adesso?» Sembra terrorizzata. «Arriverò in ritardo».

Si giustifica con il panico negli occhi.

«No, certo, quando sei libera». Non voglio che si senta braccata, ma ho bisogno di avere delle risposte. Sapere se la mia speranza può essere alimentata o se, invece, devo metterla a tacere per sempre.

Annuisce e deglutisce, quasi avesse un nodo in gola e facesse fatica a parlare.

«Certo, volentieri». Mi regala un sorriso di circostanza. Certo, le concederò tempo, ma ho la certezza che prima o poi avrò le mie risposte. È l'unica ragione per cui sono tornato a casa di corsa. «Ora però devo proprio andare al lavoro».

Non attende una mia risposta e si dirige verso il salotto, dove si ferma a salutare il coniglio. «Ciao piccolino, la mamma torna presto. Tu fai il bravo con... Seb».

Quell'esitazione. So cosa stava per dire. Me lo sento. Il tuo papà.

Sì, piccolo, vieni qui che formiamo la nostra famiglia pelosa felice.

Mi avvicino a Ford e lo prendo in braccio, devo iniziare a famigliarizzarci. Sono disposto anche a farmi mordere. Vuoi un pezzo di dito? Tieni, te lo offro. Poi corro al pronto soccorso per tutti gli esami del caso.

«Da quando parli con gli animali?» Le domando con un sopracciglio alzato, curioso e divertito, mentre accarezzo il pelo morbido del mio roditore preferito. Beh, più o meno.

«Beh, da un anno circa» risponde con un sorriso malefico. «Da quando ho conosciuto Dan ho sviluppato questo talento».

Per la prima volta rido di cuore in sua presenza, e quel velo di cortesia cade, qualcosa in me si scalda e si ricompone. «Come darti torto!»

Mi sorride di nuovo, più sicura e a suo agio, e mi riempie di gioia.

«Ok, ciao». Mi saluta anche con la mano, ormai sulla soglia. «Ci vediamo quando torno».

«Certo, buon lavoro». Muovo la zampa di Ford, che non sembra gradire la cosa.

Oh sì, presumo che diventeremo grandi amici in assenza di Elle e ci divertiremo un mondo. Perlomeno io.

Vedo già un profilo tik tok con il nome "Fordtherabbit" in cui posto video di lui che balla sulle canzoni più improbabili.

Scusa Ford, si chiama business. E ne può uscire anche la trama di un film campione d'incassi.

«Grazie, buona giornata a te». Ed Elle si chiude la porta alle spalle.

Sospiro, poi sollevo Harrison Ford davanti alla faccia, cosa che non sembra gradire, forse soffre di vertigini.

«Allora, cosa possiamo fare per socializzare?»

Lo guardo negli occhi e lui sembra rispondermi: "Ucciderti nel sonno", ma questo non avverrà.

Lo prendo tra le braccia per accarezzarlo e calmarlo e, colto da una folgorazione, decido di andare in camera mia, perché sono certo che Elle abbia fatto qualcosa lì, pensando che io non fossi a casa.

Apro la porta e scopro il mistero. Nell'angolo, dove l'ho sempre tenuta, trovo la chitarra che le avevo lasciato e, all'improvviso, perdo tutta la positività.

Giuro che questo coniglio lo cucino al forno e con il pelo faccio un pompon per una berretta che non indosserò mai.

Perché? Perché la vita è ingiusta, ed è meglio che anche Ford lo impari il prima possibile.

Hola!
Scusate il ritardo, l'idea era di postare oggi a pranzo (e non ieri, come ho scritto nel capitolo precedente), ma sono sfigata e ho dovuto coprire una collega a lavoro, rimanendo a oltranza. Dopo varie peripezie eccomi qui!
Allora, cosa ne dite?
I nostri eroi si sono ritrovati, anche se... beh, anche se è strano.
Devono riadattarsi un attimo alla situazione.
Però Elle evita Seb. Teorie a riguardo?
Il prossimo capitolo è l'ultimo, poi ci sarà l'epilogo.
Ma, e sottolineo MA, se riuscirò a finire di scrivere l'epilogo in tempi brevi (cosa probabile), il capitolo finale arriverà prima.
Per ora vi do appuntamento a lunedì 4 aprile, ma... MAI DIRE MAI!
Su Instagram vi terrò aggiornati!

Cris

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro