40. Argomento caldo
H(e)artford.
Questo è il titolo che il sito di gossip ha scelto per le mie foto con Elle della sera precedente.
"Con Clare è davvero finita? E chi è la misteriosa ragazza con cui è in atteggiamento così intimo?"
Dentro di me rispondo che ho un atteggiamento così intimo con questa misteriosa ragazza perché ci faccio sesso e, soprattutto, ne sono innamorato, ma so che non sarebbe la risposta adatta da dare in una dichiarazione ufficiale, né Francine né la casa di produzione non sarebbero contenti di questo sviluppo.
Cazzo.
Mi passo una mano sul viso, nella speranza di cancellare quello che ho appena visto, che sia solo frutto di una mia allucinazione dovuta al troppo cibo di mia mamma, ma no, quando riapro gli occhi l'articolo è lì, corredato di foto che ci immortalano mentre parliamo, mentre ci stuzzichiamo senza toccarci, mentre ci confidiamo che vorremmo baciarci lì e ora.
Lascio vagare lo sguardo sulle parole.
"A quanto pare Sebastian Hartford, dopo la presunta rottura con Claire Martin (mai confermata), ha trovato un nuovo amore. Non c'è niente di certo, ma a giudicare dall'intesa che si nota in questi scatti rubati restano pochi dubbi a riguardo. Avremmo potuto pensare a una fan con cui si è fermato a parlare, ma la ragazza misteriosa ha confidenza anche con gli amici di lui, come si vede dalla foto" e sotto c'è la foto di Elle che confabula con Dan. Ricordo il momento, è quando gli ha suggerito di provarci con una tipa che sembrava l'avesse puntato. "Senza contare la vicinanza tra i due, o il fatto che il nostro Hartford sembrava pronto a toccarla, incurante della gente attorno a lui."
In allegato c'è lo scatto che mi ritrae con la mano alzata verso la guancia di Elle, senza però esserci il contatto vero e proprio, perché mi sono fermato prima. È chiaro che ci fosse un paparazzo appostato da qualche parte, vista la qualità delle immagini.
"Ma ora veniamo alle domande scottanti: è per lei che Seb e Claire si sono lasciati? Seb ha tradito la sua compagna di set (e non solo)? La sconosciuta è una sfasciacoppie o è solo una nuova conoscenza dell'attore? E, soprattutto, è una relazione seria o è soltanto un'avventura? Purtroppo a questi quesiti non abbiamo risposta, ma stiamo a vedere come – e se – risponderà la nostra coppia/non coppia preferita di Hollywood! Attendiamo ulteriori sviluppi."
Merda.
Mi aspettavo un finale disastroso, ma questo mette la sconfitta di Napoleone a Waterloo in tutta un'altra ottica. La minimizza a una semplice svista di manovre militari non proprio azzeccate.
Questo è il vero massacro.
Ora tutti i miei fan, e i fan della coppia formata da me e Claire, vedono Elle come la terza incomoda in una relazione, e me come un traditore, come ha suggerito in modo indiretto l'articolo.
È questo e male. È merda coperta d'oro che questo sito farà sulla nostra pelle.
«Quale parte ti piace di più?» Mi domanda Elle, sarcastica. «Quella in cui veniamo scoperti, quella dove insinuano che hai tradito Claire, o quella in cui passo per la puttana sfasciafamiglie di turno?»
Penso sia la prima a immaginare i commenti a cui la sottoporrà senza pietà gran parte del fandom.
«Quella dove si beccano una denuncia». Sbotto, incazzato. È la parte del mio lavoro che odio. Questi effetti collaterali non richiesti.
Mi siedo accanto a lei, che è visibilmente scossa. Apprezzo che non finga nemmeno di nasconderlo. «Io... mi dispiace».
Non avrei mai voluto che succedesse una cosa simile. Puntarle i riflettori addosso, regalarle un giro gratuito sulla gogna pubblica, permettere al mondo di giudicarla senza sapere cosa c'è davvero dietro tutta la faccenda. Tra noi.
È più semplice di quello che la gente creda. Ma è proprio questo il punto: non ci crederà mai. Un dramma è sempre più succoso e divertente della realtà. Ed è più bello avere un capro espiatorio se le cose non vanno come i fan vogliono.
«Non è colpa tua». Le sue dita mi accarezzano la guancia per distendere l'espressione tesa che mi sento addosso. «E nemmeno mia. Non è una nostra colpa essere innamorati».
Le bacio il palmo. Per fortuna c'è Elle a riportare le cose nella giusta prospettiva.
«Dovresti chiamare Francine». Mi ricorda.
Amo che sappia meglio di me cosa fare, perché in questo momento sono così furioso che sarei in grado di cercare la sede del sito di gossip e metterla a fuoco e fiamme.
Annuisco e compongo il numero.
«Ho visto» Esordisco, appena risponde alla chiamata.
«Sto per parlare con i produttori, nel tentativo di calmarli». Le sue parole sono lame di ghiaccio. Roba che anche Elsa di Frozen potrebbe invidiarle un simile potere. «Hai combinato un casino. Non ti ho mai impedito di avere una storia, sono contenta di saperti felice, ma ora basta».
Ora sono io quello che si ghiaccia sul posto. Le sue parole non mi piacciono.
«In privato fate quello che vi pare, ma in pubblico stop. Dateci un taglio». E so che non c'è margine di negoziazione sulla questione. «Non uscite insieme. Non uscite in compagnia, nemmeno ci fossero venti persone con voi. Non azzardarti a camminare sullo stesso marciapiede dove c'è Elle. Non azzardarti a respirare nella sua direzione. Non avvicinarti a lei in pubblico nel raggio di cinque chilometri».
Beh, poteva andarmi peggio. Poteva chiederci di stare in due città diverse.
«Ok, ricevuto. Giuro, farò tutto il necessario per agevolare il tuo lavoro e perché la faccenda si sgonfi il prima possibile». Voglio davvero aiutarla, ma aiutare anche me stesso ed Elle. Non voglio che questo ci rovini le ultime settimane insieme. «Cosa possiamo fare a riguardo? Una denuncia per diffamazione?»
«Dando così l'indiretta conferma che il sito non ha scritto merda? Non penso proprio». Sospira, mentre sento la sua mente lavorare fino a qui. «Ho pensato di dire che è semplicemente un'amica, una che fa parte delle tue amicizie ristrette».
Annuisco, anche se non può vedermi.
«Certo». Aggiungo. «E dire che è la mia vicina di casa?»
«Non esiste». Francine è in modalità macchina da guerra. «Se dicessimo una cosa simile la rintraccerebbero con ancora più gusto per scoprire dove abiti».
Non ci avevo pensato.
«Portiamo avanti la storia del gruppo di amici. Non diciamo da quanto frequenta te o gli altri, non spieghiamo il perché. Tranquillizziamo tutti dicendo che è solo un''amica. Dichiareremo il necessario. Smentiremo le voci di una storia, questo è ovvio. Nel mentre, terrò a bada i pezzi grossi della casa di produzione, che sono sul piede di guerra».
«Ok, mi sembra perf...» mi interrompe e nel frattempo guardo Elle, nella speranza che non si senta offesa da questo declassamento, ma annuisce convinta. So che per lei la nostra riservatezza è la priorità in questo momento. Sono convinto che dichiarerebbe di essere una mia lontana parente, se servisse a riportare la calma il più velocemente possibile.
«Ti avverto, stanno già pensando a contenere il danno, prenderanno provvedimenti».
«Non hanno intenzione di sostituirmi, vero?!» Domando con sincero panico. Non posso giocarmi la carriera, non ora che Legacy mi ha donato una visibilità smisurata e mi sta aprendo le porte a progetti più importanti e seri.
«Non essere idiota», mi rassicura, credo, «la saga ne risentirebbe. È l'ultimo film, non commetterebbero un suicidio simile, ma ti assicuro che la vita sul set sarà un inferno, per non parlare dei mesi di promozione».
Tiro un sospiro di sollievo. Lo posso sopportare. La cosa importante è che tutto ricada su di me e non su Elle, non voglio che sia coinvolta in alcun modo.
«Farò tutto quello che devo».
«Prepariamoci al peggio». Mi piace questo della mia agente: se c'è un problema parla al plurale perché è coinvolta quanto me. Non mi lascerà mai solo a gestire il casino che si è creato. «Ora ti saluto, devo parlare con la casa di produzione di persona. Per ora limitati a uscire da solo e fate i fidanzatini tra le mura di casa, senza creare altro gossip, grazie».
«È il minimo. Grazie di tutto, tienimi aggiornato».
Mi congeda assicurandomi che mi sveglierà anche in piena notte, se serve, poi riaggancia.
«E questa è andata». Passo le mani tra i capelli, devo sembrare un pazzo. «Ora, però, devo fare un'altra chiamata».
Elle solleva un sopracciglio.
«Claire».
«Oh». Sgrana gli occhi, sorpresa. «Mi sembra giusto. Sarà meglio che vada, allora. Vieni a cercarmi quando hai finito».
Fa per alzarsi, ma la afferro per un braccio, non ho niente da nasconderle.
«No, voglio che tu senta». Il telefono sta già squillando in vivavoce.
«Non devi, davvero».
«Voglio».
Mi bacia appena le labbra prima di imprimerci sopra un "Ti amo" sussurrato. Intreccia le dita alle mie, ed è tutto quello che mi serve.
«Ehi!» Esclama Claire solare. «Come va in mezzo alla tempesta di merda?»
«Vedo che la notizia è arrivata fino a lì». E non è un buon segno.
«È arrivata anche su Plutone, avevi dubbi?» Sorride, ma la conosco bene, so che dietro quel gesto c'è tutta l'amarezza per quei meccanismi che sfuggono alla nostra comprensione.
«No».
«È da un po' che non vedevo il mio ufficio di comunicazione in fermento», il suo sarcasmo non ha perso smalto, «è quasi divertente».
«Già, quasi». È tutto racchiuso in quella piccola, stupida parola.
«Cosa vuoi sapere?» Taglia corto. È tipico suo, ed è uno dei motivi per cui mi è piaciuta, anche se non è bastato per farci stare insieme.
«Come gestire la cosa. Io non ho idee, tu?» Perché giuro che in questo momento la mia mente è una tabula rasa. So che Francine sta facendo del suo meglio per contenere i danni, ma mi sembra giusto non lasciarle che si occupi di tutto, il problema è che non so cosa fare.
«Il mio entourage ha già pensato di dire che ho conosciuto la tua amica in un viaggio fatto a Londra qualche anno fa». Claire è pratica. «Perché di amica si tratta, no?»
Rispondo con un silenzio che le dice tutto quello che deve sapere.
«Almeno agli occhi degli altri, ovvio». La posso immaginare mentre alza gli occhi al cielo. «Sei felice? Con lei, intendo».
Ha perso il suo tono ilare, ora è seria. Ha la capacità di capire quando mettere da parte l'ironia, ma anche quando essere poco opportuna. Non che le interessi qualcosa. Se vuole qualcosa se la prende, e ora vuole informazioni che non sono disposto a condividere con lei.
Claire sembra tutto tranne che contenta, dopo questa domanda, ma non voglio pensare a quello che prova lei, non è più affare mio.
«Da morire». E, nel dirlo, lascio un bacio tra i capelli di Elle. Uno soffice, senza schiocco, permeato dalla dolcezza che vederla accanto a me in questo momento mi fa provare. E non voglio che Claire capisca di essere ascoltata, non so come potrebbe influenzare la chiamata.
«Ti invidio». La mia ex sospira dall'altra parte del mondo, e io lo percepisco come se fosse nella stanza. Perché pensavamo di aver trovato l'amore l'uno nell'altra, ma non è stato così.
Forse sapere che io sono riuscito ad andare oltre la ferisce, ma non è niente rispetto a quello che mi ha fatto lei.
«Troverai anche tu una persona simile». La rassicuro. Glielo auguro, so solo che quella persona non sono io. Non lo sono mai stato.
«E se l'avessi già persa?»
La verità è che in pochi sanno perché Claire e io ci siamo lasciati. È vero, ho sempre detto che la nostra storia si è esaurita, ma prima di consumarsi, la miccia deve essere accesa. È stato un botto a mettere fine alla relazione tra di noi, ed è stata lei ad appiccare la fiamma.
«Claire, non penso...» la interrompo, non voglio affrontare il discorso davanti a Elle.
A dire il vero non voglio proprio affrontare una simile discussione. È un capitolo chiuso che non ho intenzione di riaprire.
«Tranquillo, mi sto divertendo a renderti le cose difficili e a prenderti in giro. Forse». Ridacchia, ma in modo nervoso, come se si fosse esposta troppo, quasi per lei la nostra fosse una pausa e non una storia con la parola fine posta all'ultima riga. «Comunque sappi che stasera sono a cena con David».
David è uno dei suoi più cari amici. Non capisco come possa essermi utile una simile informazione.
«Beh, mi sembra perfetto, così puoi evitare di pensare a questo casino». Rimango sul vago, mentre vorrei rifugiarmi in una sigaretta per il nervosismo, anche se ho deciso di chiudere col fumo. «Non ho mai voluto farti sembrare la vittima, quella tradita. Non ti ho mai tradita».
Ho bisogno che lo sappia, non voglio che pensi che Elle sia venuta prima della nostra chiusura, non sono quel tipo di persona.
«Lo so. Sono io la stupida che ti ha lasciato. E mi dispiace aver fatto un simile errore. Anzi, ci terrei a parlartene di persona quando tornerai». Non sono pronto per un simile discorso. Non ora, al telefono e con Elle accanto. Né mai. Non faccia a faccia, non quando ci ritroveremo a dividere lo stesso tempo. Non è un argomento che voglio affrontare. Ci sono stato male, ma ora che sono felice di nuovo e che ho superato la cosa, per me non ha senso parlarne. Il momento per farlo è finito, e lei mi ha negato questo confronto quando andava fatto. «Comunque ti ho informato perché ho fatto chiamare alcuni paparazzi e li ho avvisati della cena, così ci saranno degli articoli anche su questo, per controbilanciare il gossip».
La gente ama lei e David, e ciclicamente escono dei rumors sulla loro presunta relazione.
«Oh, wow, grazie. È inaspettato».
È premuroso anche per Claire, non mi aspettavo arrivasse a tanto. È il suo modo di dimostrarmi che ancora ci tiene a me, in qualche modo, o forse è la sua redenzione per quello che mi ha fatto.
«Lo faccio per salvare il culo a te, ma soprattutto a me, e per placare i pezzi grossi. Non mi piace sembrare quella tradita, e non ci tengo che il lavoro sia compromesso sul finale. Almeno le voci sulla nostra storia saranno al sicuro, più o meno».
Non confermate, ma nemmeno negate. Capisco alla perfezione cosa vuol dire.
«L'importante è mantenere le apparenze». Convengo, mentre stringo la mano a Elle, la mia ancora alla realtà.
«Proprio così». È lapidaria. «Ora devo andare, ma ci vediamo presto».
Ho come l'impressione che, esauriti gli argomenti, non abbia più voglia di stare al telefono, soprattutto dopo che la chiamata non ha preso la direzione che si augurava.
«A presto».
Non è l'unica ad aver voglia di mettere fine alla conversazione, anche se ricordarmi che tra poco la vedrò e mi allontanerò da Elle non è il modo migliore per tirarmi sul il morale.
Riattacco e mi appoggio allo schienale del divano, solo ora mi accorgo di essere rimasto in tensione, adesso che riesco a rilassare le spalle e i muscoli.
Elle appoggia il viso vicino al mio collo, mentre mi accarezza il busto sopra la maglietta, e sospira.
«Non è andata così male, no?» Cerca di smorzare la tensione.
«Beh, sì». Le do ragione e nel mentre faccio scorrere l'indice sul suo braccio, in modo svogliato. «Poteva andare peggio».
Avrei potuto perderla.
*
Fino a pochi giorni prima l'estate è stata clemente.
Ha fatto caldo, certo, ma è stato sopportabile, per quanto possa essere sopportabile un clima che ti si appiccica addosso e ti rende difficile anche respirare, soprattutto se ti trovi sulla metro e senti una vasta gamma di odori umani di cui faresti tranquillamente a meno.
Ma da quando Francine ci ha costretto a fare i reclusi in casa, almeno come coppia, l'afa è diventata insostenibile. Di solito è colpa di anticicloni che provengono dall'Africa, ma questo sembra essere arrivato dritto dall'inferno.
Se provo ad aprire le finestre la mattina presto sembra di mettere la faccia in un forno, la temperatura percepita è le stessa del centro della terra e fa troppo caldo anche per pensare.
Londra è famosa per i suoi cambi di clima repentini, in cui si alternano momenti soffocanti a temporali che abbassano la temperatura, ma anche il tempo sembra prendermi per il culo e ha deciso di dimenticarsi della pioggia per tutta la prossima settimana. Non si vede all'orizzonte nemmeno una nuvola bianca pronta a donare cinque minuti di tregua.
E noi nel nostro appartamento abbiamo il condizionatore rotto e non si trova un tecnico nemmeno a pagarlo a peso d'oro, sono tutti occupati a montare nuovi impianti, motivo per cui sudo anche a respirare.
Se non si fosse capito, detesto l'estate. È bella solo se ho a disposizione una spiaggia sotto alle chiappe e il mare davanti.
Invece eccomi qui, costretto nelle quattro pareti domestiche per passare il tempo che mi rimane con la mia ragazza.
A peggiorare il tutto è la chiamata della mia agente, che mi sta tenendo al telefono da dieci minuti buoni e, per aggiornarmi sulle ultime novità, è partita dalla genesi. No, non è un buon segno, è chiaro che deve addolcire la pillola.
«Fran, stringi. Dimmi quello che devi senza girarci attorno». La cattività, mista all'afa, mi rende irritabile.
Sospira. «Ok, va bene». Prende un respiro prima di continuare la frase. «Mi dispiace dirtelo, ma la casa di produzione ha deciso di anticipare l'inizio delle riprese. Ha pensato fosse il modo migliore per allontanarti dal caos di Londra...»
«Cosa? No!» Alzo la voce, nel panico. Un evento raro, non mi succede quasi mai di farlo, soprattutto nei confronti del mio staff.
«...e dalle distrazioni che ci sono qui», continua imperterrita, «e per riavvicinarti il prima possibile a Claire, almeno fisicamente».
«Non esiste». Mi rifiuto. Sarei dovuto partire il dieci settembre. Avrebbe voluto dire avere tre settimane circa da trascorrere con Elle.
«Esiste eccome, invece». È categorica. «Hai detto che avresti fatto di tutto per risolvere il casino che hai combinato. Beh, questo è l'unico modo».
Avrei fatto di tutto, ma non questo.
Non sono pronto.
«E quando dovrei partire?» Non ho il coraggio di ascoltare la risposta.
«Non questo fine settimana, ma il prossimo».
«Ma sono dieci giorni!» Urlo, di nuovo. Un brivido freddo si fa strada lungo il mio corpo, in questa giornata afosa sarebbe una benedizione, se non fosse dovuto al panico che mi si annida nello stomaco e lo fa contorcere.
«Undici».
«Mi prendi per il culo?»
«No. Ho voluto solo fare una precisazione e darti un giorno in più con Elle».
Inspiro ed espiro, non è giusto che me la prenda con lei, non è una sua decisione.
«Ho fatto quello che dovevo per evitare di far saltare qualche testa. La tua nel film in primis. Questo è il compromesso a cui siamo giunti. Considera che loro ti avrebbero voluto negli States già questo week-end». Francine è seria e percepisco solo adesso la stanchezza con cui parla, deve aver lavorato giorno e notte per arrivare a questo risultato.
«Se l'alternativa era questa hai fatto un ottimo lavoro». Ammetto con l'umore sottoterra.
«Come sempre».
«Già». Non ho più parole da aggiungere. Mi sento svuotato.
«Ora ti lascio, immagino vorrai passare più tempo possibile con Elle. Fallo, prima che della partenza. Goditi questi giorni, ma, ti prego, sii attento». È preoccupata che possa uscire altro, e io lo sono con lei.
«Grazie Fran».
«Prego. È il massimo che ho potuto fare». Dal suo tono posso percepire che non è contenta, ma non lo è nemmeno la metà di quanto posso essere insoddisfatto io. «E ti ho prenotato un volo per LAX la mattina presto, con un'entrata secondaria apposita per la prima classe. L'aeroporto sarà più tranquillo e avrai la privacy che ti serve».
Capisco cosa intende. E apprezzo che abbia pensato al fatto che vorrò avere con me Elle fino all'ultimo minuto possibile.
«Sei un angelo».
«Bene, allora ti lascio, vado a conquistarmi il paradiso».
«Proporrò la tua beatificazione». La saluto così, sollevato per aver del tempo a disposizione, ma arrabbiato per non averne abbastanza.
Quando Elle arriva a casa mia un'ora dopo, alla fine del suo turno mattutino da Selfridges, fingo una serenità che non mi appartiene.
«Allora, che si dice?» Mi bacia mentre si libera della giacca della divisa che indossa per lavoro. «Cosa facciamo oggi?»
Fa per raccogliersi i capelli e sbottona un po' la camicia. Il fatto che sia corsa qui subito dopo lavoro, senza nemmeno cambiarsi, mi fa capire l'urgenza che prova nel voler passare insieme ogni minuto che ci resta, un bisogno che condivido.
La invito a seguirmi in camera per darle una mia canotta che non uso più e un paio di pantaloncini leggeri che tiene qui in caso di necessità, almeno ho tempo per nasconderle la mia faccia scura, ficcata all'interno dell'armadio.
«Niente, ho letto qualche script interessante e ho sognato una piscina». Non per il caldo, non solo, ma per schiarirmi le idee, quasi l'acqua potesse cancellare dalla mente le ultime notizie.
Non ho il coraggio di aggiornarla in questo momento.
Dopo lo scandalo creato dalle foto ha ritrovato tranquillità, quella che da stamattina ho perso io, non voglio gettarla nel panico di nuovo, dato che la mia partenza è il suo pensiero fisso, quasi fosse la nostra data di scadenza.
«Non c'è alcun modo per andarci?» Mi ringrazia e poi inizia a cambiarsi. «In piscina, intendo».
«Certo, dovrei presentarmi da solo». Senza considerare il bagno di folla che subirei in una piscina all'aperto, affollata di gente. «O prendere una suite in un hotel superior».
«Potremmo farlo?» Si ferma, gli occhi sgranati, allettati da questa opzione.
«In realtà no, perché se anche facessi firmare al personale un contratto di non divulgazione di informazioni strettamente private, la notizia che mi sono presentato in compagnia farebbe il giro del mondo prima ancora di mettere piede in acqua».
«Giusto, non ci avevo pensato». Abbassa le spalle, sconsolata. Sa che se non ci fosse lei potrei farmi un bagno in tranquillità – beh, quasi –, ma sa anche che senza di lei non vado da nessuna parte. Il problema non è lei, il problema è il mondo in cui vivo per lavoro e tutte le conseguenze che porta con sé.
«Ci toccherà subire il caldo». E aspettare che si esaurisca come il tempo a nostra disposizione. «Guardiamo un film?»
Domando per cambiare discorso. E perché in salotto c'è un ventilatore che non fa poi così schifo.
«Anche due, se sono in tua compagnia». Poggia la divisa sul mio letto e mi bacia, prima di precedermi.
«Però prima... aspetta». Lascio il telecomando a mezz'aria, mentre la vedo recuperare il cellulare, intenta a battersi l'indice sul mento, gli occhi verso il soffitto. «Lasciami fare una cosa».
«Cosa?» Alzo un sopracciglio davanti alla sua espressione concentrata. Manca poco prima che le si palesino davanti alla faccia i calcoli che stanno avvenendo nella sua mente.
«Shopping». E inizia a digitare qualcosa «Online». Precisa.
«Posso sapere cosa hai in mente? Mi hai detto di fermarti dal fare acquisti compulsivi per il bene del tuo conto in banca». Mi avvicino per sbirciare lo schermo, ma Elle mi blocca con la mano libera.
«Fermo. Niente acquisti compulsivi. Soltanto uno... mirato».
Non stacca gli occhi dallo schermo mentre fa scorrere le pagine alla ricerca di non so che cosa.
«Questa forse... mh, no». Mormora, assorta nella sua missione come se io non fossi presente.
È buffa e per un momento mi fa dimenticare che ho il cuore pesante.
Mi fa ridere ed è tutto quello di cui ho bisogno ora.
«Sì, questa!» Esulta con un pugno in aria, prima di rivolgersi a me. «Controllo le recensioni e i dettagli, poi ci sono».
«Ecco, ho concluso lo shopping».
Prima ancora che io possa provare a indagare oltre, si avvicina a me per appoggiare il viso sulla mia spalla, ma prima mi sorride soddisfatta. «Allora, che film guardiamo? Decidi tu».
*
Dopo la giornata di ieri, trascorsa nel mio appartamento, ho scritto un messaggio a Elle per sapere quando ci saremmo visti dopo i suoi impegni e sono in attesa di risposta.
Di ritorno dalla seduta di palestra con il mio personal trainer, dato che per Legacy devo mantenere un certo peso e un certo fisico, ricevo la risposta e mi fermo nel bel mezzo della rampa di scale per leggerla, un sorriso pronto ad accoglierla e io a fare i dovuti programmi.
"Mi dispiace, sono occupata con alcune compagne di università, oggi non riesco. Domani?"
Il sorriso si spegne. Non è la risposta che mi aspettavo.
Senza contare che ancora non le ho detto della mia partenza anticipata, quindi sono l'unico a capire la gravità della situazione, un giorno perso a ridosso del volo che mi sembra davvero sprecato, ma non posso dirglielo così, ora.
"Nemmeno stasera? Facciamo un giro sul tetto. Oggi mi sento un bad boy" Perché è l'unica trasgressione che ci possiamo permettere. Uscire dalle quattro mura domestiche senza uscire davvero di casa. La fortuna è che siamo circondati da palazzine più bassa della nostra, mentre quelle più alte sono abbastanza distanti da non permettere a chi ci può vedere chi siamo.
Insisto, perché per me è importante.
"Sono con loro a cena. Ma tu dovresti uscire con Dan e gli altri. Approfitta di questa libertà per goderti l'aria aperta, non è giusto che tu trascorra ogni minuto chiuso in casa :("
Mi fa piacere che pensi alla mia sanità mentale, ma sento il bisogno fisico di trascorrere ogni minuto con lei, perché il panico mi attanaglia lo stomaco. Appena ci vedremo dovrò dirle che i miei piani sono cambiati, e so che non sarà una conversazione piacevole.
"Davvero mi scarichi così? Mi sembra di essere tornato ai tempi in cui ti rincorrevo e tu continuavi a rifiutarmi" Ovvero sfigato come pochi, anche se ammetto che rifarei tutto, anche farmi prendere a pugni da Bleah, visto il risultato finale. "Devi dirmi qualcosa? Non fare scherzi!"
La prendo in giro, ma è un modo per tirare su il morale a me per primo.
"No, niente da dichiarare, se non che mi mancherai tantissimo e vorrei essere con te in ogni istante" Sto per rispondere, ma vedo che sta continuando a scrivere. "Giuro che mi farò perdonare. Forse addirittura domani"
"Meglio così". La mia multisala mentale ringrazia per i film appena offerti. Forse passerò la notte da solo, ma avrò le mie fantasie a farmi compagnia.
"LY"
"LY2" digito e me ne torno a casa con la coda tra le gambe, per poi aprire la porta e proporre ai miei amici un'uscita tra uomini, che loro accettano al volo.
Il giorno dopo sono intenzionato a vedere la mia ragazza, anche a costo di giocarmi il rapporto, ma quando mi sveglio è lei a sorprendermi. Trovo un messaggio in cui mi dice di prendere il sacchetto fuori dalla porta di casa, e dentro trovo un costume della mia taglia. Un modello e un colore che mi piacciono, oltretutto.
Sono sorpreso, di sicuro confuso.
"Cosa devo farne di un costume? Mettermi davanti al ventilatore e fingere di essere in spiaggia?!" Mi servirebbe anche una Piña Colada, giusto per calarmi meglio nella parte. Sono un attore serio, io.
"No, ma dovresti indossarlo, questo poco ma sicuro. Giusto per realizzare una mia fantasia. Poi dovresti raggiungermi". La situazione si fa interessante. Quale fantasia?!
Ne voglio sapere di più. "Dove?"
"Sul tetto".
Faccio come dice e a tempo record mi cambio. È già un traguardo che io non esca di casa con lo spazzolino da denti ancora in bocca.
Una volta arrivato alla porta che dà sul tetto la apro, ma Elle mi piomba addosso come un tornado.
«Chiudi gli occhi!» E, nel dirlo, mi mette le mani sul viso.
«Ok». Alzo le mani in segno di resa, ma non sembra bastarle. Mi gira di spalle, per evitare che io spii, va a recuperare qualcosa e me lo mette in testa. La tocco e sembra una salvietta. Poi mi prende per le mani e mi guida.
«Avanti». Mi incalza con un entusiasmo che mi incuriosisce e terrorizza al tempo stesso. «Ci siamo quasi. Vai tranquillo, non ci sono ostacoli. Ecco, proprio qui».
Le sue dita lasciano le mie e mi sento solo.
«Posso togliermi questa cosa dalla testa?» Mi sento un tantino stupido. Più del solito, intendo.
«Va bene».
Mentre levo un telo da bagno dalla faccia, Elle mi indica le tende bianche lasciate libere alle sue spalle, quelle che di solito sono legate ai pali del gazebo.
«Wow?!» Esulto poco convinto, con i pugni in aria ancora meno entusiasti.
La mia ragazza alza un solo angolo della bocca, soddisfatta, quasi si aspettasse una simile reazione da me. «Benvenuto nella tua piscina privata, Mister Hartford».
Apre un lembo della tenda e, con quella frase a effetto da hotel di lusso, mi mostra la piscina che deve aver montato ieri, intuisco.
Ha spostato il tappeto e ha messo la piscina al centro della struttura di ferro. È una di quelle gonfiabili, alta al massimo cinquanta centimetri, ma grande abbastanza per farci entrare anche gli adulti, non è quella per bambini, dove potremmo solo rinfrescarci i piedi.
E poi colgo anche il dettaglio: accanto alla cassapanca con il vano porta oggetti ha steso un telo bagno, e accanto sta sistemando quello che ha usato per coprirmi la visuale, e poi ha preso un ombrello – uno da pioggia – e l'ha attaccato con lo scotch a un lato dell'unico mobile che c'è lì, per concederci un po' di ombra.
«Vedi? Ci possiamo anche sedere». Perché la pozzanghera di plastica che con cura ha sistemato non è tonda, ha posto per sedersi e un piccolo schienale. Giuro, è così ridicolo da essere perfetto.
«È per questo che ieri non ti sei fatta viva?» Inizio a collegare i punti riguardo all'assenza misteriosa di ieri.
«Già». Annuisce, per poi avvicinarsi a me. «Mi è arrivato il pacco con Prime e ho passato il pomeriggio a gonfiarla e riempirla. Non potevo rovinarti la sorpresa! Ti piace?»
È fiera del lavoro svolto e io amo lo sforzo che ha fatto per regalarci un pomeriggio diverso, come lo desideravo.
«Se mi piace? La adoro!» Mi bagno la mano, immergendola. «È meglio dei Caraibi!»
«Mh, non saprei, ai Caraibi c'è il rhum». Mi fa notare.
«Giusto, non si può competere». L'alcool ha sempre un posto speciale nel nostro cuore, ma penso sia così per tutte le persone che devono allentare lo stress.
«E c'è anche Johnny Depp». Continua Elle, sadica.
«Limitiamoci al rhum, per favore». Le regalo una smorfia, poi mi levo la maglietta e la appoggio su uno dei due teli. «Perché?»
E, nel fare la domanda, le indico l'acqua.
«Per te. Perché volevi rinfrescarti un po' e volevi farlo insieme a me. Ho trovato una soluzione per soddisfare tutti. Perché non voglio che tu abbia caldo. Perché mi sarebbe piaciuto andare in piscina con te. Perché voglio che la tua vita sia il più normale possibile. Perché voglio che tu sia felice». Mi posa le mani sul petto e poi si sporge sulle punte, prima di depositarmi un bacio a fior di labbra. «Perché ti amo».
«Impossibile».
«Cosa?» Si gira con un'espressione scettica dipinta sul volto, dopo aver abbandonato i vestiti accanto ai miei. Indossa un costume rosa e striminzito. Penso che il rosa sia diventato all'improvviso il mio colore preferito. «Guarda che è da un po' che sono stata chiara riguardo ai miei sentimenti... devi esserti perso la mia incredibile dichia...»
«Avere una vita normale». La interrompo, per poi circondarla in un abbraccio anche se sono alle sue palle, pelle contro pelle. «Nella mia vita ci sei tu, e tu la rendi straordinaria».
Appoggia la testa sulla mia spalla e mi regala un sorriso al contrario, che scombussola l'ordine del mio mondo.
«Vieni qui, ti metto un po' di crema solare». Mi gira e inizia a prendersi cura di me, che ho il fototipo di pelle "color muro", nuovo pantone dell'anno.
Apprezzo come si preoccupi per me e di tutto ciò che mi riguarda, perché io non ci avrei minimamente pensato e poi, a fine giornata, sarei finito al pronto soccorso nel reparto grandi ustionati.
«Carina, molto». Dico dopo che la crema si è assorbita ed essermi buttato in piscina. «Una bara in versione estiva».
Siccome ha una forma strana, non del tutto tonda, provo a sdraiarmi dove non c'è il rigonfiamento della seduta, ma con scarsi risultati. La plastica si contorce un po' e mi si spalma addosso come una seconda pelle. Ok, forse non era proprio progettata per tipi alti più di uno e ottanta e non proprio smilzi, ma dovevo pur fare un tentativo.
«Ma non era meglio dei Caraibi?» Alza un sopracciglio.
«Mi diverte prenderti in giro». Mi metto a sedere, immerso fino alla vita, ma di sicuro in una posa più dignitosa. «Vieni qui, a dividere questo loculo con me».
«Come sei melodrammatico!» Alza gli occhi al cielo, ma fa come le dico e si siede sulla panca di plastica che ha diligentemente gonfiato. Mi stupisce vedere come la struttura regga, sembra fatta per bambini troppo cresciuti, non per due adulti che cercano ristoro in modo abusivo.
«È il mio lavoro, tesoro». Le faccio notare, con un sorriso sbruffone e divertito.
«E abbiamo anche da bere». Si allunga verso la cassapanca, immancabile accessorio del nostro luogo segreto, e ne tira fuori una borsa frigo, che a sua volta contiene birra ghiacciata.
Mi metto sull'attenti, all'improvviso ricettivo. «È decisamente meglio di un hotel di lusso!»
Prendo una bottiglia e ne bevo un sorso. Questa sì che è vita. Bevo birra direttamente in ammollo durante una giornata afosa. Sono rilassato e rinfrescato, non vorrei di più.
Elle mi copia e, in un silenzio rilassato, ci gustiamo la pace del momento. Sarà anche l'equivalente di una pozzanghera, ma la giornata è una delle migliori di questo periodo. Semplice, ma curativa. Meglio di tutti i climatizzatori che avrei potuto desiderare.
«Chi l'avrebbe mai detto che ce l'avremmo fatta». Elle spezza la quiete così, tra un sorso di birra e un'occhiata al cielo.
«A fare cosa?» Con il braccio con cui le circondo le spalle la tiro a me per baciarle la testa. Vorrei poter stare così per sempre.
«A fregare Francine». Mi sorride, soddisfatta.
Mi irrigidisco e lei lo percepisce.
«Cosa c'è?»
«Devo dirti una cosa...» sospiro, arreso alla confessione che devo farle. So che prima o poi avrei dovuto affrontare l'argomento, ma non ero pronto a farlo in questo momento di quiete e relax. «Avremo anche aggirato il punto "non uscire di casa insieme per fare i piccioncini", ma... c'è una nuova condizione che mi ha imposto la casa di produzione».
Ho il terrore a sganciare la bomba, non sono pronto ad affrontare le conseguenze.
«E sarebbe?» La mano che mi accarezzava il petto è ferma, in attesa, come Elle, che sembra diventata di ghiaccio in attesa della mia risposta.
«Devo anticipare la mia partenza per il set». Una pugnalata avrebbe fatto meno male, sento le viscere tremare perché, ora che ho detto la verità, so che non posso più rimangiarmela ed è diventata reale.
«A quando?» Alza il viso di scatto verso il mio, e vedo la paura nei suoi occhi.
«Tra nove giorni. Sabato prossimo ho il volo». Mi odio, come se fosse colpa mia, ma detesto di più la situazione proprio perché non ha nulla a che vedere con un mio comportamento sbagliato, anche se agli occhi del mondo è sembrato così.
«Avresti dovuto dirmelo». Espira sulla mia pelle, provocandomi brividi. Forse si aspettava di peggio o, forse, sta aspettando di assimilare le parole che ha appena sentito. «Ieri abbiamo sprecato un giorno. Non voglio perdermi altri momenti, non posso».
Mi sorride nel tentativo di darmi forza, ma è triste. Capisco alla perfezione come si sente. Il tempo gioca contro di noi e sentiamo scivolare ogni secondo al nostro controllo, quasi ci stessimo già allontanando. La paura di separarci manipola ogni percezione e rischia di rovinare i giorni che ci rimangono.
«Nah, ne è valsa la pena, mi piace il risultato finale. Soprattutto se tu sei compresa nel pacchetto». La abbraccio e sdrammatizzo, nella speranza di alleggerire l'atmosfera e non darle tempo per pensare troppo a cosa significa un simile cambio di programma, e lei sembra seguirmi.
«Ford, pare che le tue intenzioni siano poco nobili». Sorride appoggiata al mio cuore, un gesto che spazza via le nuvole che si sono annidate lì attorno poco fa.
«Allora vuol dire che sono stato chiaro abbastanza, perché è proprio come sembra». Le solletico la pelle sui fianchi, vicino all'elastico dello slip che indossa ma, prima che possa continuare la mia avanzata, Elle si alza per chiudere le uniche tende che aveva aperto, poi torna in acqua.
Anzi, meglio, si siede a cavalcioni su di me.
Colgo il suo invito e avvicino le labbra alla sua spalla mentre mi circonda il collo con le braccia, e faccio scorrere le dita dalla schiena ai lacci del pezzo sopra del costume.
Con gli occhi fissi nei suoi avvicino la bocca alla sua, ma non la bacio. Cerco un contatto leggero fatto di elettricità pura mentre, con una lentezza quasi snervante, allento i nodi e le levo il reggiseno.
Scendo piano, in quella carezza che il mio sorriso pigro le disegna addosso insieme a un brivido, e mi soffermo nell'incavo tra i seni. Elle piega la testa all'indietro e inarca la schiena per offrirsi a me, ma, con una pigra tortura, risalgo al collo lasciando una scia di piccoli baci sulla pelle bagnata. Le sfugge un gemito di assenso e continuo imperterrito verso il lobo, che catturo tra i denti.
È indescrivibile l'urgenza che ho del nostro contatto, come se fossi un alcoolizzato e lei il mio liquore preferito, il più ambito e desiderabile.
La mia ragazza intreccia le dita tra i miei capelli e stringe la presa, quasi mi leggesse nel pensiero e mi chiedesse con disperazione di assecondare il suo bisogno. Si accomoda meglio sulle ginocchia e l'attrito tra di noi si fa insostenibile, tanto che la mia mano si intrufola tra i corpi che si chiamano, dall'ombelico scende oltre l'elastico degli slip.
Vedo le sue pupille dilatarsi per l'eccitazione. Un invito silenzioso a continuare la mia opera. Una preghiera muta a cui do risposta.
Mentre muovo le dita, la vedo cedere a me e al ritmo che detto al nostro desiderio.
«Mi fai morire» sussurra senza fiato.
Sono morto mille volte, con lei, ma mi ha sempre riportato in vita. Ogni orgasmo è stato una rinascita. Posa la faccia nell'incavo del mio collo e inizia a mordere un lembo di pelle, quasi volesse impossessarsi del mio sapore. Morde e succhia per contenere i gemiti che le sfuggono incontrollati.
Prima che finisca troppo presto, e senza di me, la aiuto a liberarsi dall'ultimo pezzo di costume che ci separa, poi Elle ricambia il favore.
Si adagia su di me e, mentre entro in lei, trova le mie labbra. Un bacio bagnato e ruvido.
I sospiri mancati si allineano. I battiti dei nostri cuori si sintonizzano e il silenzio si fa colmo di parole non dette, rimpiazzate dai sorrisi che ci rivolgiamo.
Il mio ritmo è il suo, il suo piacere è il mio.
I nostri corpi seguono i movimenti dell'altro e non c'è niente a dividerci, nemmeno l'acqua.
Ogni spinta mi porta più a fondo dentro di lei, perché le appartengo.
Poi lo sento. Un respiro mancato, la stretta attorno ai miei capelli che si fa ancora più salda, il labbro morsicato. Elle ha raggiunto l'orgasmo nel momento in cui l'ho fatto anch'io.
Ci siamo rincorsi fino all'ultimo e ci siamo buttati altro il precipizio, insieme.
Quando la frenesia si placa e ci abbandona, si lascia andare su di me, mentre con le dita mi accarezza il braccio. Il le passo la mano sulla schiena in una carezza delicata.
La giornata si è fatta calda, e non è certo colpa del tempo.
Leggera, come solo lei sa essere, appoggia il viso sulla mia spalla. Sento il respiro indolente solleticarmi il collo.
Poi, però, sento qualcosa di caldo mischiarsi all'acqua fresca che ci coccola. Una lacrima lascia la scia sulla pelle, seguita a ruota da un'altra. Anche se non le vedo le percepisco, mi scavano solchi sul cuore che, anche se non si possono osservare, feriscono più di una lama.
La stringo, ed Elle risponde all'abbraccio.
«Quando me ne andrai, semplicemente, non ce la farò» sussurra con voce rotta, così simile e diversa al tempo stesso a quella con cui poco fa chiamava il mio nome.
«Quando me ne andrò, semplicemente, morirò». Perché ho già iniziato a morire un po' ogni minuto in meno che mi separa dalla partenza, e quando sarò lontano da Elle non sono sicuro di riuscire a vivere.
Il silenzio ci avvolge come l'acqua, e da entrambi continuiamo a farci cullare, finche la luce cerca riparo oltre le tende, tra i palazzi più altri.
Un altro giorno ci viene portato via nella quiete del tramonto.
Hello!
Riemergo dal mio antro triste, fatto di lavoro, ore in più, lavoro, lavoro e casa.
E, tra un giorno di straordinari e l'altro, ci ho ficcato la stesura di questo capitolo che, vista la lunghezza, ha richiesto più tempo del previsto.
Allora, cosa ne dite? Direi che c'è parecchia carne al fuoco!
Il rientro anticipato negli Stati Uniti è una bella botta per entrambi, vediamo come andrà.
Ma intanto vi lascio lei, la regina di questo capitolo:
Scherzi a parte, siccome non ho molto da dire vi saluto.
Non vi do appuntamento a presto, viste le sfighe che mi perseguitano, ma di sicuro vi prometto che appena posso torno da loro, perché voglio vedere la fine nero su bianco e anche passare ad altri progetti, che scalpitano per essere scritti!
Cris
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