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38. Tic toc

Mi sento invincibile. Anche se è il tardo pomeriggio di un venerdì di inizio agosto e dovrei essere in giro per locali, soprattutto dopo i fatti recenti, sono più che felice di correre a casa.

Giovane fuori, pensionata dentro. Poi dicono che la perfezione non esiste.

Dopo lavoro salgo le scale della metro con un'agilità che non sapevo di avere, e questo è un pensiero così da Seb che mi viene da ridere tra me e me, tanto che arrivo quasi a spiattellare il naso sugli ultimi gradini.

Ok, devo darmi una calmata, altrimenti a casa non ci arrivo viva.

Ma non sto in me dalla gioia!

Giusto per continuare il mio filone entusiasta ma distruttivo, una volta arrivata alla nostra palazzina salgo i gradini a due a due e, sugli ultimi rischio di lasciare il calco dell'arcata dentale superiore, per la gioia del mio dentista.

Inizio a pensare che l'imbranataggine di Sebastian sia diventata parte di me o che, pure peggio, l'entusiasmo non faccia per me, visto che ho passato tanto tempo a evitarlo.

Mi schiarisco la gola e, una volta arrivata al nostro piano, faccio per andare nel mio appartamento, ma il rumore che proviene da quello dei ragazzi mi fa intendere dove troverò anche le mie coinquiline, dato che sento le loro voci mischiate a quelle di Daniel e gli altri.

Apro la porta, ma nessuno si accorge della mia presenza a causa del caos che regna.

Seb e Charles imbracciano le chitarre e suonano una canzone che si presta all'acustico. Coconut Skin di Damien Rice. La adoro, è ritmata e irriverente, la vibrazione delle corde si estende a tutti i presenti e non posso che esserne coinvolta anche io.

Mi fermo a osservarli con un sorriso dipinto in faccia, perché mi rendo conto che la vera sensazione di casa me la danno loro. Me la dà Seb e tutto quello che lo circonda. È la prima volta che sento di avere un posto nel mondo definito e la cosa mi piace.

Vorrei avere la sabbia tra le dita dei piedi, un cocktail tra le mani e il mio sorriso migliore poggiato su quello di Seb per poter dire di aver provato la perfezione. Invece siamo incastrati tutti a Londra, nelle nostre vite caotiche.

Chiudo la porta alle mie spalle e, anche se sono stata attenta a non interrompere questa jam session, lo sguardo di Seb mi trova subito.

È appena un attimo, che però gli permette di alzare gli angoli della labbra nella mia direzione. Uno dei tanti momenti solo nostri.

«... you can lie between her legs and go looking for, tell her your searching for her soul...» Mentre canta questo pezzo mi sorride di nuovo, malizioso, e non posso far altro che rispondere allo stesso modo, con tante farfalle che mi vibrano nello stomaco a ritmo con le note.

Fosse per me mi piegherei su di lui per baciarlo, ma non abbiamo ancora detto agli altri di noi, anche se a me sembra palese come la bravura di Harry Styles, quindi mi limito a salutare tutti con una mano e un'espressione estasiata, mentre mi posiziono dietro di lui, oltre il divano, e Seb piega la testa all'indietro con uno sguardo felice e sereno. E io sento gli unicorni attorno a me. Ogni volta che mi rivolge un gesto simile ne deve nascere uno per forza, perché qualcosa di così bello non può non generare qualcosa di altrettanto meraviglioso.

Mi imprimo il ricordo nella memoria, catalogato in uno di quei momenti solo nostri, anche se siamo circondati da persone.

Vado oltre, prima di stampargli un bacio sulla fronte che mi tradirebbe, anche se mi formicolano le labbra dalla voglia che ho di accarezzarlo, e mi ritaglio un posto vicino a Dan, per poi unirmi alla canzone.

Sorrido agli amici, la mia nuova famiglia, perché immagino che dietro ci sia lo zampino di Seb. È il primo che, quando ha un po' di tempo libero, freme per mettere le dita sulla chitarra.

Una volta che la canzone finisce tutti mi salutano con entusiasmo.

Vorrei sganciare la notizia bomba, ma non mi sento ancora pronta.

«Come mai questa sessione acustica?» domando ai ragazzi, curiosa.

«Avevamo voglia di suonare un po'». Charles è su di giri. «Era da un po' che non prendevo in mano una chitarra, ma devo ammettere di non aver perso il tocco».

Pizzica le corde, soddisfatto.

«Almeno con qualcosa ci sai fare». Ed si diverte a prenderlo in giro.

«Che stronzo». Charlie gli rivolge il medio. «Facile per te parlare solo perché hai trovato una ragazza fantastica che ti sopporta». E manda un bacio a Jane.

Tutti ridiamo, in un'atmosfera allegra e contagiosa.

Il clima che regna nella stanza mi fa distendere ancora di più, mi sembra di camminare a un metro da terra per la felicità di questa giornata.

«Permesso, ho bisogno di un po' d'acqua». Scavalco Dan con la delicatezza che mi contraddistingue, ovvero con la classe di una detenuta di un carcere di massima sicurezza che gestisce i traffici loschi all'interno della prigione. Kate Middleton, sono pronta a farti le scarpe, non si noterebbe alcuna differenza.

«Vengo anche io». Seb mi segue e, nel tentare di evitare i piedi degli altri, inciampa nel tavolino davanti al divano, rischiando di fare una caduta che nel trampolino dei tre metri alle Olimpiadi gli varrebbe l'oro.

Rido sotto i baffi, ma cerco di non farmi vedere, non voglio minare la sua dignità, non più di quanto faccia già da solo.

Ci ritroviamo così in cucina, anche se non possiamo approfittare di un po' di privacy, dato che è separata dal salotto solo dall'isola che distingue i due ambienti con un mobile basso.

Continuiamo a sorriderci come due imbecilli alla prima cotta. Apriamo il frigo ed estraiamo le bottigliette d'acqua, mentre io recupero due bicchieri, anche se Seb mi fa un cenno con la testa per dire che non lo vuole.

Siamo più vicini del dovuto, ci sfioriamo in continuazione, ma non in modo plateale, giusto per non attirare l'attenzione su di noi.

«Oggi sei ancora più bella del solito, se possibile. Sei raggiante». Mi dà una spallata, divertito. «Per me è merito del tuo ragazzo, sembra uno bravo a soddisfarti».

Prendo una pesca e la sciacquo sotto il getto d'acqua. «È ancora più bravo a spararle grosse».

«Tutto bene?» Mi domanda, più attento alla domanda e, soprattutto, alla mia risposta, tanto da appoggiarsi al piano di lavoro con la schiena.

Ed è qui che non riesco più a contenermi, a frenare la felicità della giornata. «Sono usciti i nominativi per le borse di studio per l'ultimo anno».

Alza un sopracciglio, mentre gli occhi si accendono di speranza. Un invito a continuare.

«E l'ho vinta. Ho vinto ancora la borsa di studio!»

Non riesco a terminare la frase che mi solleva da terra mentre mi stringe in un abbraccio soffocante, di cui mi godo ogni istante. «Lo sapevo, sapevo che ce l'avresti fatta! Sono così fiero di te!»

Sembra la scena di un telefilm, una di quelle davanti a cui alzerei gli occhi al cielo, ma se sono la diretta interessata diventa stupenda. O forse è il fatto che riesca a sollevarmi con tanta facilità a rendermi euforica, quasi quei due o tre chili presi nell'ultimo periodo non si sentissero affatto.

È anche probabile che io mi sbagli e la bilancia abbia mentito, chi lo sa, preferisco non indagare.

Gli occhi di Seb dicono tutto quello che devo sapere. Vedere quanto è orgoglioso di me riesce a riempirmi di gioia. Gli avvolgo le braccia al collo, un po' per l'entusiasmo e un po' per paura che ci faccia cadere entrambi in un solo passo, e gli stampo il sorriso che ho cucito sulla bocca sul collo.

A quanto pare basta per fargli perdere ogni contegno, perché mi posa a terra, poi mi prende il viso tra le mani e mi bacia.

E a quanto pare anche io non capisco più nulla, perché desidero questo bacio e me lo prendo. Mi alzo sulle punte per andargli incontro e le nostre lingue si incontrano. Sono felice che sia successo nella riservatezza delle mura domestiche, altrimenti avremmo sfiorato la denuncia per atti osceni in luogo pubblico.

Ci lasciamo prendere la mano quando siamo su di giri, mi pare chiaro.

«Ragazzi?» Una voce dal salotto ci richiama e noi ci geliamo sul posto.

Ci siamo del tutto dimenticati di quello che ci circonda.

Chi glielo spiega che non stiamo facendo il remake della puntata di Friends in cui Chandler, pur di proteggere la sua storia con Monica, limona anche le altre ragazze del gruppo?

Ci giriamo verso gli altri e cinque paia di sguardi sconcertati attendono risposta.

Dan in realtà cerca di trattenere una risata, ma è un pessimo attore – in questo caso – e fatica a non farsi scoprire. Vorrei chiamare quelli della produzione di Broadway per far sapere quale errore hanno commesso nel selezionarlo, ma il danno lo abbiamo fatto Seb e io, al solito lui si sta solo godendo le disastrose conseguenze delle nostre azioni.

Spingo Seb sul petto per allontanarlo, anche se non serve, dato che pure lui d'istinto fa un passo indietro. Un gesto inutile, dato che le ci siamo scambiati la saliva e giocato con ad acchiapparello con le lingue fino a cinque secondi fa.

Io assumo cinquanta sfumature di vergogna che E.L. James non riuscirebbe a descrivere nemmeno in una trilogia

«Cosa state facendo? È un nuovo modo di salutare?» Se Edward non ha capito cosa è successo dopo che l'abbiamo reso esplicito, c'è ancora una speranza per me e Seb.

Il mio ragazzo, conosciuto ai più come "uno degli uomini più belli secondo GQ", mi indica con entrambe le mani e prende parola.

«Ha vinto la borsa di studio!» Usa un tono che sottolinea l'ovvietà della cosa, quasi fosse palese.

Tutti saltano in piedi per esultare e per venire ad abbracciarmi. È questo che intendo con famiglia, questo condividere i successi altrui come è accaduto anche con Daniel e a ogni buona notizia. Tipo quando Blaise se n'è tornato in Francia per non fare più ritorno.

«Ma che bisogno c'è di farle un'endoscopia con la lingua?» È Charles a continuare a insistere sull'argomento. Non capisco se voglia sapere la verità o se, invece, sia più interessato a capire se come metodo per approcciare sconosciute funziona. Una cosa del tipo "Le vie aeree sono ostruite, qualcuno sa cosa fare?" e Charlie arriva battendosi una mano sul petto "Non preoccupatevi, ci penso io. Ho la soluzione".

Seb si passa una mano tra i capelli, frustrato, sperava di uscirne indenne. «Stiamo insieme».

Lo guardo sbalordita per la facilità con cui ha ceduto. Non era nemmeno sottopressione!

Non più di tanto, almeno.

«Andiamo, non potevamo nasconderci in eterno. Almeno non dobbiamo inventarci scuse. Ho colto l'occasione». Con un braccio mi circonda il fianco, poi mi guarda come se fossi la sua fortuna più grande. «Insomma, è già un miracolo che non ci abbiano sorpreso mentre facciamo sesso. Sei rumorosa, sai?»

Con lo sguardo da cucciolo indifeso, quello illegale in gran parte degli stati di questo mondo, cerca la mia comprensione. E funziona, perché vorrei arrabbiarmi per aver rivelato agli altri la verità senza consultarmi, ma non ce la faccio.

Mi ha fatta diventare una persona dal cuore tenero. Chissà come ci è riuscito?

Sarà un effetto collaterale degli orgasmi?

Non lo scopriremo mai.

«Colto l'occasione?» ribadisco scioccata, con un sopracciglio alzato. «E poi parli tu, che appena ti sfioro una zona erogena ti sentono a due fusi orari di distanza».

Si piega verso di me per bisbigliarmi all'orecchio. «Solo perché sei tu a sfiorarmi con la bocca meravigliosa che hai e le mani magiche che ti ritrovi...»

«Too much information». Ci fa notare Dan, accanto a noi.

Ops, immagino che non abbia proprio sussurrato.

«Quindi state insieme?» È Rachel a prendere parola, incredula, mentre inizia a saltellare sul posto per l'entusiasmo.

Mi ritrovo ad annuire e scopro che aver rivelato la verità – anche se non in modo canonico – è una buona cosa, mi sento più leggera.

Charles, però, fa un cenno per richiamare l'attenzione di tutti e poi parlare. «Ma la vera domanda è: perché Dan non sta dando fuori di matto alla notizia?» Ci giriamo a guardare il diretto interessato, preoccupati. «Dovrebbe uscire di testa nel sapere che Seb, che di solito è quello che fa meno sesso tra tutti, ha una vita sessuale più attiva della sua. E invece niente, nemmeno una parolaccia».

«Non ci allarghiamo». Daniel cerca di minimizzare i fatti, ma è da quando Seb è tornato in città che lo tiene al sicuro nei pantaloni. È un record, per lui. Sarei felice della sua crescita personale, se fosse una scelta voluta e non un caso.

«E comunque non sto dando di matto perché lo sapevo». Continua la nostra futura star di Broadway, che sembra aver riacquistato sicurezza, ora che il focus è lontano dalle sue prodezze sessuali, quelle inesistenti. «Li ho beccati quasi subito mentre cercavano di ripopolare la terra, qui, sul divano. Ma mi hanno vietato di diffondere la lieta novella, adducendo alla privacy. Eppure eccoci qua: hanno ceduto prima di me!»

«Hanno... Ha ceduto». Sottolineo mentre indico quello che, a quanto pare, è diventato ufficialmente il mio ragazzo, anche agli occhi dei nostri amici.

Vorrei trattenere l'espressione compiaciuta che ho dipinta in faccia ma, ehi, dopo aver fatto sesso mi sveglio accanto a questa meraviglia dalle chiappe sode e il sorriso illegale, sarei ipocrita se agissi diversamente.

«Esagerata». Mi riprende divertito. «Come se non sapessi stare sottopressione».

Alzo un sopracciglio, scettica, e Dan mi segue a ruota.

«So stare sottopressione». Afferma Seb, più convinto di tutti noi nella stanza. «So stare abbastanza sottopressione, ma ho preferito smettere di nascondermi. Devo farlo già con la stampa, i fan e la produzione, non ho voglia di farlo anche con i miei amici».

Se lui sa stare sottopressione, io ho agito in modo coerente nei suoi confronti dall'inizio della nostra storia. Se fa a gara a chi la spara più grossa, tanto vale puntare al primo premio.

«E da quanto va avanti?» Jane è felice e mi fa piacere, perché avevo paura si potesse risentire per l'omissione di questo aggiornamento, anche se lei ed Eddie hanno fatto lo stesso.

«Un paio di settimane, qualche giorno di più».

Non vorrei esser presuntuosa, però questa relazione non la vivo a giorni, ma a orgasmi. Ero davvero in debito dalla mia storia con Blaise e a quanto pare sono una delle preferite del Signore, insieme a quelle che sanno farsi le trecce complicate da sole, per avermi fatto incontrare una persona in grado di soddisfarmi sotto ogni punto di vista.

I continui rimandi al sesso che mi girano per la testa mi fanno pensare che l'euforia del momento stia lavorando sulla mia libido. Meglio che Seb non lo sappia, però, perché ho intenzione di uscire a festeggiare la giornata positiva.

«Ma prima abbiamo avuto trascorsi fisici. MOLTO fisici». Fa su e giù con le sopracciglia per farsi capire, come se il significato delle sue parole non fosse già abbastanza chiaro.

Ho come l'impressione che anche la sua mente stia percorrendo i binari che portano alla stazione di Sessolandia, ma preferisco non indagare, ci sono altre persone nella stanza.

Così gli do un pugno sul bicipite.

«Aho». Si lamenta, virile come un My Little Pony, dopo essersi massaggiato il punto in cui l'ho colpito. «Beh, è la verità».

«Stai attento a quello che dici, altrimenti ti ritrovi in un colpo con la stessa vita sessuale di Dan!» Gli do una leggera spinta con una spalla, ma il contatto fisico mi fa sciogliere e alla fine mi ritrovo spalmata sul suo braccio come burro d'arachidi in un sandwich.

Ho la stessa forza di volontà di uno dei ragazzi di Jersey Shore davanti all'alcool, in pratica.

«Non c'è bisogno di infierire». È Daniel a usare un tono mesto. La sua vita sessuale quasi inesistente deve essere un tasto dolente.

«È un dovere morale farlo, invece». Edward, che non è a bocca asciutta da un po', si rifà di tutte le prese in giro che l'amico gli ha rivolto da quando li conosco.

«Abbiamo perso il punto focale della questione, però». Li richiamo all'ordine.

«E sarebbe?» Anche Seb aspetta la mia risposta, curioso, mentre mi circonda il fianco con le dita, incapace di starmi lontano.

«Ho vinto la borsa di studio per il mio ultimo anno, quindi preparatevi: usciamo a festeggiare».

I miei amici esultano e seguono il mio consiglio, ognuno va nelle rispettive stanza per togliersi i vestiti sportivi che usano in casa.

Sono così euforica che potrei addirittura aiutare Daniel a trovare qualcuna che metta fine alla sua astinenza.

*

Sono ebbra.

So che esordire in questo modo non è granché, soprattutto se penso allo stato in cui ero ridotta quando ho conosciuto Seb, ma è la verità, e l'alcool non c'entra nulla.

Siamo in un pub selezionato apposta dai ragazzi, il posto dove loro festeggiano i loro migliori traguardi, quello che porta fortuna. Ho detto che mi sarebbe andato bene perché non mi interessa dove si va, ma avere accanto a me le persone a cui voglio bene. Condividere con loro l'importanza di questo passo per essere felice.

Ho bevuto un paio di birre, ma sono lucida.

La mia euforia è dovuta a questo momento. A come la mia vita mi abbia portato qui.

A inizio anno non avrei mai immaginato di sentirmi così bene con me stessa, così soddisfatta, senza sensi di colpa.

Ero convinta che la storia con Blaise mi avesse rovinata, un giocattolo rotto da buttare. Mi ha cambiata, certo, ma il percorso che mi ha portata in compagnia di questi ragazzi incredibili mi ha resa più forte, quella che sono adesso.

Un po' più coraggiosa, anche se devo ancora prenderci la mano, un po' più grata ma, soprattutto, più felice.

Innamorata.

Osservo Sebastian parlare con i suoi coinquilini con gli occhi a cuore, tipo le pessime gif di Instagram che si trovano nelle stories. Brutte, certo, ma alquanto accurate.

Sì, lo sto fissando come gran parte delle donne presenti nel locale.

«Ti va di uscire a prendere un po' d'aria?» Mi domanda con una sigaretta già pronta in mano rubata a Daniel. Sebastian ha smesso di fumare, ma quando ha un po' di alcool in corpo gliene scappano un paio.

Non è ubriaco, ma è più sciolto. E no, non intendo nel ballare, quello non succederebbe nemmeno se fosse sbronzo fradicio, ma parlo di nervi, di spalle.

È a suo agio, rilassato, un ragazzo come tanti, lontano dalla vita Hollywoodiana in cui il suo staff e la casa di produzione, al cui al momento è vincolato, lo vorrebbero vedere immerso.

«Certo, fa caldo qui dentro». La fascia di Miss ovvietà non me la toglie nessuno quest'anno, garantito.

È agosto e siamo al chiuso, anche la persona più rilassata del mondo darebbe di matto dopo un po' di tempo in un pub umido.

Lo vedo alzarsi e gli faccio cenno di precedermi, meno stiamo insieme meglio è, ogni telefono in mano a una persona è potenzialmente dannoso, anche se non sembrano prestare particolare attenzione a noi. Forse la gente è molto più ubriaca del nostro tavolo, lo spero con tutto il cuore.

Scavo nella borsa e recupero il paio di occhiali da vista che Seb mi ha ficcato in borsa e prendo anche il cappellino da baseball che ha dimenticato appeso alla sedia. Il suo travestimento da supereroe, nel tentativo di passare inosservato. Non una maschera da procione, me ne rendo conto, ma non possiamo sempre puntare all'eccellenza.

Dan, che mi anticipa insieme a Rachel, ci fa strada fino al marciapiede. Inspiro a pieni polmoni l'aria di Londra, che stasera ha deciso di essere clemente, nonostante il caldo torrido di questi giorni, motivo per cui i pochi posti a sedere fuori sono andati a ruba.

Vedere Seb tranquillo mi riempie il cuore. So che le uscite per lui non sono facili, ma lo vedo rilassato, e questo rasserena anche me. È l'unico caso in cui l'osmosi funziona a meraviglia, perché con lo studio ci ho provato, ma non funziona.

Il mio ragazzo sorride e il cuore mi sale in gola, perché è quell'esatto sorriso che rivolge solo a me, lo stesso in cui si allineano bocca, occhi e anima, tre parti che mi sento scivolare addosso in una carezza.

Mi fermo davanti a lui, che mi osserva solare, illuminando la strada a giorno. È la tour Eiffel di Londra ai miei occhi, non ci posso far nulla. Il faro nella notte che mi guida nella giusta direzione.

Gli porgo il cappello poi, una volta che l'ha indossato, mi sporgo sulle punte per infilargli sul naso gli occhiali da vista.

«Poi non dire che non penso a te». Gli sorrido a mia volta. È il suo travestimento da Superman, in fondo un paio di occhiali hanno garantito a Clark Kent l'anonimato. Anche se, devo ammetterlo, Seb è più Sailor Moon, con la tendenza a lagnarsi e a piagnucolare perché non ha voglia di fare qualcosa.

Un vestito alla marinara può fare la differenza, così come una luna in fronte fa capire che Sailor Moon è la principessa della Luna. Sorpresa! Chi l'avrebbe mai detto, vero?

Ma è questo che amo del mio paladino alla marinara senza odango, i sentimenti che indossa in faccia come forza e non come se fossero una debolezza.

«Non l'ho mai detto». Mi fa notare, dopo aver sistemato al meglio la montatura.

«E non farlo mai, perché non sarebbe vero». Sospiro trasognata. Vorrei accoccolarmi al suo petto, ma non è il momento adatto.

È Seb ad avvicinarsi a me. Abbassa il viso verso il mio, lo sguardo che mi fa tremare le gambe, per poi sussurrare: «Vorrei baciarti».

Aria. Ho bisogno di aria. Chi l'ha portata via, dato che siamo all'aperto?

Qualcuno chiami Greta Thunberg per risolvere il problema.

«Vorrei che tu mi baciassi». Mi avvicino impercettibilmente a lui, siamo due calamite di poli opposti che si attraggono anche senza volerlo.

Il mio sorriso, però, si spezza.

«Cosa c'è?» Alza la mano per accarezzarmi la guancia, ma si ferma prima di attirare ancora di più l'attenzione di chi ci circonda.

Eppure io lo sento lo stesso, perché il suo tocco sulla pelle è come noi due: destinato a collidere fin dall'inizio.

Sospiro, mentre abbasso le spalle e faccio un passo indietro. «Mi sembra che il tempo stia giocando contro di noi, passa troppo velocemente. Tra qualche settimana parti».

Mi sono ripromessa di non pensarci, ma è più forte di me, è un countdown impietoso contro cui non ho alcuna speranza. Tic toc, i momenti ci scorrono tra le dita e lasciano solo briciole sui palmi che hanno cercato di trattenerli.

«Tra tante settimane». Cerca di sdrammatizzare, ma so che è anche il suo pensiero fisso, i suoi occhi lo tradiscono.

«Non è comunque abbastanza per fare tutto quello che ho in mente». Un'alternanza di eventi speciali e quotidianità fatta di piccoli gesti.

«E cos'hai in mente?» Solleva solo un angolo della bocca, divertito.

Alzo un sopracciglio, maliziosa, prima di rabbuiarmi di nuovo.

Perché vorrei passare ogni istante con lui. Attimi banali, stupidi, ma resi speciali dalla sua sola presenza. Giornate per musei, al cinema, a lavorare insieme sui rispettivi progetti, a litigare per poi fare pace, a rendere la vita dell'altro migliore. Nottate di confidenze, di sesso, di porto sicuro.

Voglio tutto questo e molto di più.

Mi pento di essermi persa gran parte di queste cose e di esserne l'unica colpevole.

«Ho il terrore di svegliarmi all'improvviso e scoprire che è il giorno della tua partenza. Non sono pronta». Mi si incrina la voce. «Ho paura».

Non so cosa ci aspetta, né che ne sarà di me. Se Seb avesse un lavoro normale sarebbe più facile, ma a causa della lontananza dovrò avere a che fare con la sua popolarità, con tutte le implicazioni che ne conseguono, e questo mi spaventa, molto più di quanto voglia ammettere ad alta voce.

«Ho paura anche io. Rimarrei per sempre solo per fare con te ogni cosa che ti passa per la testa... ma non è possibile». Sento scorrermi sulla pelle la carezza che sta trattenendo, così come percepisco il brivido che quel pensiero mi provoca. «Pensiamo che è un allontanamento momentaneo e a non rovinarci il tempo che ci rimane».

Annuisco, incapace di proferire altre parole.

So che ha ragione, ma non è facile scacciare il senso di irrequietezza e inquietudine che mi percorre come una scossa.

Faccio per allungare una mano, un modo per sentirlo reale sotto le dita, per tranquillizzarmi, ma Seb mi interrompe prima che possa compiere il gesto. «Ferma».

Piego la testa, confusa.

«Avvicinati a Dan». È circospetto e quasi non apre la bocca per parlare da quanto la mascella è tesa.

Faccio come dice, e cerco di farla sembrare una cosa normale.

Metto una mano sulla spalla del mio amico, poi appoggio anche il viso mentre rido di una battuta in realtà pessima, finché riesco a catalizzare il suo interesse su Sebastian.

«Cosa succede?» Ho stampata in faccia un'aria serena, ma la mia domanda è nervosa.

Il mio ragazzo si guarda attorno, preoccupato.

«Non lo so, mi sento osservato». Si passa una mano sulla nuca. «La birra deve avermi dato alla testa».

«Sarà qualche fan timido che non ha il coraggio di avvicinarsi». In effetti i passanti lo fissano un paio di volte per cercare di capire se effettivamente si tratta di Sebastian Hartford o meno.

Io stessa se gli passassi accanto mi soffermerei su di lui per capire se per una volta la botta di culo mi avesse assistita, poi entrerei al pub a chiedere un secchio per la bava.

«Per fortuna». Distende le spalle e saltella sul posto, più sereno. «Ma preferisco mantenere una distanza di sicurezza».

Già, perché è così che andrà ancora per un po'. Un bel po'. Fino alla premiere dell'ultimo film di Legacy, tra un anno e mezzo circa.

Passerò i miei anni migliori a dovermi nascondere. Poi dicono che essere giovani è una figata.

«Guarda che non ho intenzione di saltarti addosso...» Non in pubblico, almeno. Gli regalo una linguaccia nel tentativo di distrarlo dalla tensione di poco prima.

«Tu, ma chi ti dice che non lo faccia io?» Si piega verso di me per sorridermi, sfrontato, anche se so che non lo farebbe mai, soprattutto ora che si sente osservato. «Magari non riesco a contenermi!»

«Se volete che io faccia da parafulmine tra voi smettetela con i preliminari, altrimenti prendete un taxi e andate a casa». È Dan a ripristinare gli equilibri tra noi e, per quanto mi secchi che abbia interrotto il nostro flirt, sono anche felice che l'abbia fatto.

«Geloso». Lo prendo in giro prendendogli le guance.

«Segaiolo». Gli rinfaccia Seb.

«Non infierire!» Gli do un pugno sul bicipite, un gesto molto più cameratesco degli sguardi intimi di poco prima.

«Devo essere proprio messo male se mi faccio difendere da te e non ho la risposta pronta per lui». Daniel è rimasto senza munizioni ed è uno spasso, soprattutto perché non è abituato a simili situazioni.

Ora, però, posso svoltargli la serata e rimediare alla sua astinenza.

Lo faccio abbassare verso di me con un braccio attorno al collo, così posso parlargli all'orecchio.

«Cosa ne dici di farti consolare da quella ragazza laggiù? È tutta sera che mi sembra intenzionata a immolarsi, anche se non so dire perché».

Vedo la sua testa scattare alla ricerca della mora di cui ho parlato, finché non gli faccio capire di chi parlo.

Si allontana e nel frattempo alza il dito medio nella mia direzione. «Vado subito».

«Rientriamo?» Mi giro verso il mio ragazzo, che però agli occhi del mondo deve sembrare soltanto il vicino, un amico con cui passare una serata.

«Certo». E mi fa segno di lasciarmi spazio per fargli strada.

Un modo subdolo per guardarmi il sedere, agli occhi dei presenti un gesto galante.

Tic toc, il rumore che i miei tacchi producono contro l'asfalto, mentre ancheggio per dargli uno spettacolo da ammirare.

Tic toc, come il tempo che scorre e che sembra il mondo ci voglia rubare con ogni mezzo.

Il suo sorriso, però, mi ripaga di ogni preoccupazione: o io o il mio sedere siamo riusciti a cancellare le ombre che sembravano minacciare la nostra serata.

Ciao!

State bene?

Mi scuso per l'enorme ritardo – e per la conseguente attesa – con cui mi presento, ma l'estate è stata dura per me.

Ho lavorato tanto, pure troppo, le vacanze sono arrivate tardi (scelta mia. Sbagliata, ma pur sempre mia) e ho avuto tanti pensieri. Senza contare che l'editing di Lovescore (il nuovo titolo di Loverdose, con cui mi troverete in libreria tra qualche settimana... PAURA!) è durato più del previsto e mi sono trovata a sentirmi in sospeso per tanto, troppo tempo, cosa che si è ripercossa sulla scrittura.

Ora, però ho trovato il modo di sbloccarmi e spero di essere più celere con gli aggiornamenti e anche più costante.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Scusatemi davvero per l'assenza, ma mi ero persa e ci ho messo un po' a ritrovare la strada.

L'importante è che, un passo alla volta, tutto vada nel verso giusto.

A presto,

Cris

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