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32. A cuore (mezzo) aperto

«La porto a casa?»

«Sì Fred, grazie». Sorrido gentile, per quel poco che mi è concesso. Sono passati tre giorni da quando mi hanno portato al pronto soccorso e, finalmente, sono stato dimesso. Mi hanno ricucito il labbro, controllato che non avessi una commozione cerebrale, coste incrinate e quant'altro.

Vorrei direi di essere come nuovo, ma sono ancora dolorante, però posso almeno essere fiero di essere tutto intero.

Il primo pensiero, una volta firmate le dimissioni, è stato quello di accendermi una sigaretta liberatoria, ma la verità è che ho buttato l'intero pacchetto nel primo cestino a disposizione.

La decisione che ho preso è la seguente: basta cose tossiche, che fanno male.

È così che ho detto addio alla nicotina.

Ed è così che farò con Elle.

So che da quando sono stato ricoverato è stata carina e dolce, ma non mi basta. Il muro contro cui sono andato a sbattere troppo volte è indistruttibile, sono stufo di combattere una causa persa.

Quindi, eccomi qui, è ufficiale: getto la spugna.

Voglio godermi il resto della mia permanenza a casa, prima di partire, a cuor leggero.

Non sarà facile rinunciare a Elle. Sarà doloroso, ci saranno giorni in cui il mio umore ne risentirà, ma è inutile cercare di cambiare la realtà. E la verità è che non mi ama e non lo farà mai.

Ho provato ad aprirle gli occhi, a farla aprire ai sentimenti, ma ho solo cercato di vivere in un'illusione che mi sono creato, alimentata dai comportamenti nei miei confronti.

È giunto il momento di dire basta.

Mi passo una mano tra i capelli e mi accorgo di avere ancora la chiave al polso.

Ecco, la prima cosa che farò quando la vedrò sarà restituirle il braccialetto, un modo per chiudere il cerchio.

Ora sono io che devo chiudere il mio cuore.

*

Arrivo davanti alla soglia del mio appartamento nel silenzio generale: non ho avvisato nessuno della dimissione, altrimenti avrebbero mobilitato anche i caschi blu delle Nazioni Unite per il comitato di benvenuto, nemmeno fossi reduce da qualcosa di grave.

Mi viene un brivido al solo pensiero di ritrovarli tutti attorno a me, preoccupati e iperattivi, nel tentativo di darmi più attenzioni possibili. Adoro il mio gruppo di amici, ma sono in grado di cavarmela da solo e non ho voglia di avere gente attorno, non sono dell'umore.

Giro le chiavi nella toppa e, con sollievo, appuro che la casa è vuota dopo essermi chiuso la porta alle spalle.

Inspiro la pace di cui avevo bisogno, grato che gli altri siano impegnati con i rispettivi lavori.

Poso il borsone sul pavimento e vado in cucina con il desiderio di una bottiglia d'acqua ghiacciata, ma qualcosa si mette fra me e ciò che voglio.

«Sei qui». Perdo dieci anni di vita. Se la giornata continua così, in ospedale ci torno per un attacco di cuore.

«Sì?!» rispondo incerto. È Elle, la riconoscerei dal modo di respirare, ma non la vedo.

«Sono qui». Alza un braccio per segnalarmi la sua posizione, mentre si mette a sedere sul divano.

La guardo stranito, è l'ultima persona che mi sarei aspettato di vedere, soprattutto nel mio appartamento.

«Come facevi a sapere che mi avresti trovato a casa?»

«Francine». Alza un sopracciglio, come se volesse sottolineare quanto l'impresa sia stata ardua.

Infatti trovo impossibile che Francine si sia lasciata sfuggire l'informazione con una ragazza che non conosce e di cui non ha mai sentito parlare.

E questo mi ricorda l'imminente – ma non troppo – ritorno sul set. E Claire. E tutto il circo mediatico che ci circonda.

«E come hai fatto ad avere il numero di Francine?»

«Secondo te mi metto a chiamare la tua agente dal nulla?» Sorride. «Ha fatto tutto Dan, ma le pressioni sono stata opera mia». E si indica, soddisfatta.

Sono impressionato, ma poi mi ricordo del mio proposito, quasi il mio soggiorno in ospedale fosse stato un nuovo inizio d'anno.

«Cosa vuoi?» Domando, neutro e curioso, perché se mi ha cercato c'è un motivo.

«Vorrei che mi dedicassi due minuti e ascoltassi quello che ho da dire». È seduta con i gomiti sulle ginocchia, lo sguardo fisso sulla parete di fronte a lei.

Mi sistemo sul pouf accanto al divano, di modo da poter velocizzare la cosa e mettere fine a questa farsa.

«Sai che c'è? C'è che ti ho dedicato ben più di due minuti e non è servito a nulla». Inizio a buttare fuori tutto, anche quello che non sapevo di pensare. «Ho ascoltato i tuoi silenzi, le tue paure, le lacrime, gli insulti e le non spiegazioni. Sinceramente? Mi sono stancato».

Non mi sono espresso con cattiveria – tanto che Elle non sembra ferita dalle mie parole – ma con un tono che ha un retrogusto di rinuncia che fa male e che, volendo, è peggiore di ogni spietatezza che poteva essersi aspettata da me.

È la resa di chi ha deposto le armi.

Sono pronto alle urla, al litigio, ma Elle espira. «Hai ragione. E mi dispiace di averti portato a questo punto. Ma sono qui proprio per rimediare, per quanto mi è possibile».

Sfoggia occhi dolci e colpevoli, una novità che mi destabilizza, ma il vero shock viene dalle sue parole.

Sgrano gli occhi, colpito. Se non fossi già stato seduto sarei caduto, poco ma sicuro.

La vedo ridacchiare e mettersi i capelli dietro l'orecchio. «Tutti possono cambiare».

Alza le spalle per discolparsi.

«Ne sei convinta?» La mente corre a Blaise, a come si è dimostrato nella sua visita recente.

«No, in effetti no». Perde il sorriso, forse anche lei ha pensato al suo ex. «Ma si può tornare a essere quello che siamo sempre stati, prima o poi...»

Sto in silenzio per farla crogiolare nell'insicurezza. Lo so, è da stronzi, ma lei non ha mai ceduto al mio denudarmi davanti a lei, alla mia sincerità, mi sembra giunto il momento di ricambiare la cortesia. Le restituisco un po' di quel senso d'inquietudine con cui mi ha fatto convivere per parecchio tempo.

«Allora?» Elle mi riporta al presente.

La fisso e prendo gli ultimi secondi a disposizione che mi rimangono per torturarla. Da una parte vorrei essere duro e non lasciarla nemmeno parlare, ma dall'altra sono curioso di sentire cos'ha da dire.

«Ok. Parla». Questa volta sarà il suo turno. Io mi trincero dietro un mutismo assordante.

La vedo sospirare, sollevata, ma il discorso non arriva.

«È più difficile del previsto!» Sbotta, spazientita, qualche secondo e innumerevoli pellicine torturate dopo. «Avevo anche preparato un discorso, ma è complicato aprirmi a riguardo. Sono un tale casino...»

Sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, sconfitta, ma non mi lascio intimidire.

«Ci puoi giurare!» Sorrido appena, l'unica concessione che posso fare per confermare ciò che ha appena detto.

«Non ti ci mettere pure tu, ti prego». Mi guarda con le lacrime agli occhi.

Vorrei essere empatico, ma io ho sanguinato per i suoi atteggiamenti per tanto, troppo tempo, è ora che comprenda come ci si sente dall'altra parte.

«Hai fatto tutto da sola». Le faccio notare. Poi espiro. «Parti dalla cosa più semplice, oppure quella a tuo parere fondamentale. Io farei così».

Io ho fatto così. E mi ritrovo con aria tra le mani, perché Elle è stata sabbia che è scivolata tra le dita, fino a lasciarmi qualche granello sui palmi. Mi sono sempre accontentato di ciò che è rimasto, come se fossero avanzi.

«Ok, ce la posso fare». Parla tra sé. Prima si passa le mani sulla faccia, poi sulle ginocchia, quasi volesse darsi forza da sola. «Sono qui per chiederti scusa».

Alzo le sopracciglia, impressionato. Arrivano inattese, ma sono comunque gradite, anche se non sono abbastanza. Merito di più. Più dettagli, più spiegazioni, più gratitudine, forse.

«Prego, vai avanti». Mi sto divertendo più del dovuto, soprattutto nel vederla in difficoltà. Da stronzi, me ne rendo conto, ma penso di meritarmi un po' della soddisfazione che deriva da questa situazione.

Elle non si aspetta un simile invito, forse si aspettava che accettassi le sue scuse ma, come dicevo prima, voglio i dettagli. Pretendo che si apra, che sia sincera almeno un quarto di quanto lo sono stato io nei suoi confronti. È giusto per me ma, soprattutto, è giusto per lei, anche se ancora non se ne rende conto.

«Ok», incespica, incerta, nelle parole da dire, «ci sono. Innanzitutto ti chiedo scusa per aver sottovalutato i tuoi sentimenti, non è stato giusto chiederti di metterli da parte, e non è stata giusta la mia reazione».

Vorrei fare qualche commento sarcastico, ma la verità è che Elle è partita a razzo e io sono tramortito dalla bomba che ha sganciato. Non mi aspettavo tanta schiettezza, lo ammetto.

«Ti chiedo scusa per essere stata così stronza ed egoista. Ho pensato soltanto a me stessa, e mi dispiace che sia passata quest'immagine, perché non sono stata così. Beh, non sempre. Mi dispiace di aver usato Tobias per ferirti, per punirti per provare dei sentimenti nei miei confronti. È stato infantile. Lo so che sono stata perfida e insopportabile, ma l'ho fatto per proteggermi. O, almeno, pensavo di farlo. Ho sbagliato ogni cosa».

Sono impressionato, davvero, ma ammetterlo mi renderebbe vulnerabile, e con lei lo sono stato troppe volte, tutte quelle in cui mi ha distrutto.

«Proteggerti... beh, l'hai fatto decisamente bene, soprattutto a discapito mio». Guardo l'ora, come se non si fosse messa a nudo – in senso figurato – davanti a me e io avessi di meglio da fare, tipo contare i tombini di tutta Londra.

Elle sgrana gli occhi, spazientita. «Sei ingiusto».

«Lo so, ma sono stanco di esser buono e comprensivo, per poi essere calpestato». Alzo le spalle per scrollarmi di dosso la spiacevole sensazione. «Perché lo sappiamo entrambi: le tue sono belle parole, eppure sembra ci sia un ma che aspetta di seguire il discorso commovente, pronto a rovinare tutto quello che hai appena detto».

«Pensi che sia giusto trattarmi così?» Elle ha le lacrime agli occhi e un nodo alla gola che le impedisce di parlare con la solita sicurezza, ma cerco di non farmi condizionare dal suo umore. «Sono stata la più grande stronza di questo mondo, me ne rendo conto, ma sto cercando di recuperare».

«Così forse ti aiuta a capire come ci si sente a essere trattato come una merda, anche quando uno non lo merita». Perché no, non l'ho mai meritato, eppure non si è mai fatta scrupoli nell'essere meschina nei miei confronti. Penso che non le faccia piacere trovarsi nella stessa situazione, ma a parti invertite. «Tu mi hai fatto sentire così per molto tempo».

«Ok, se le mie scuse non servono a nulla, finiamola qua. Almeno mi risparmio l'umiliazione». Si asciuga gli occhi con i pollici, fiera e arrabbiata.

«Non ho detto che siano inutili. Sto cercando di farti capire che il perdono non è così facile da conquistare». Sta per alzarsi, ma si ferma, colpita dalle mie parole. Non le sto dicendo che non la perdonerò mai, ma che ci vuole un po' più impegno. Un discorso, per quanto bello possa essere, non mi basta. Pretendo qualcosa di più.

«Ok, va bene». Continua a passarsi le mani sulle cosce, quasi per darsi forza, poi sospira. «Non ho molta confidenza con queste cose, sono pessima e non so come fare. So solo che ho sbagliato e sono stata infantile».

È un inizio, così alzo un solo angolo della bocca come concessione, così continua a parlare: «Mi sono chiusa al posto di raccontarti la verità, e la cosa mi ha allontanata da tutti, soprattutto da te. Non dovevo sfogare su di te la rabbia e la frustrazione che ho accumulato».

Questo era quello che volevo sentire. Mi ha trattato come capro espiatorio, sono stato la somma degli errori degli altri e non lo meritavo, cazzo.

Sapere che Elle si è accorta di quanto il suo trattamento sia stato ingiusto mi soddisfa.

«Già. Ma l'hai fatto. E l'hai fatto in maniera implacabile». Non è un'accusa la mia, ma una semplice constatazione.

Un'osservazione così vera che le fa perdere quel poco di speranza che le era comparsa in viso.

«E me ne pento». Abbassa la testa per prendersela tra le mani, come se volesse contenere il dispiacere che è riuscita a provocare a entrambi con i suoi atteggiamenti. «Ora che ho la lucidità emotiva per farlo, mi pento di ogni singola cattiveria. Di ogni errore che ho commesso nei tuoi confronti. Sappi solo che l'ho fatto per un motivo».

«E sarebbe?» Ora sono curioso. Entrare nella mente di Elle è difficile, ma almeno sta tentando di rendermi partecipe dei suoi pensieri.

«Proteggerti. E per proteggere me». Solleva un angolo della bocca, ma la smorfia che ne esce è la pallida imitazione di un sorriso. «So che può sembrare strano, ma quando ho visto che ti sei avvicinato a me ho avuto paura. Paura dei tuoi sentimenti, paura che scoprissi il mio passato e mi considerassi rotta, in un modo che non può essere aggiustato. Ho avuto il terrore che tu scappassi o, peggio, che ti trovassi coinvolto in una situazione per te scomoda. Non volevo nessuna delle due cose».

Allora è questo il sapore che ha la sincerità. Un retrogusto difficile da assimilare, meno buono di quanto ci si possa aspettare, ma comunque gradito per la sensazione che lascia al suo passaggio.

«Ma così non è successo».

«E la tua faccia ne è la triste prova, anche se non pensavo Blaise facesse parte del pacchetto».

Allunga una mano per avvicinarsi al livido che ho sotto l'occhio, ma si ferma prima di toccarmi, quasi la cosa potesse far male a lei e non a me.

Forse è così. Forse un tocco diventerebbe scintilla e scotterebbe tutti e due. Ho capito come si sente.

«Mi odio per quello che ti ho fatto e per quello che ti è successo». Gli occhi sono lo specchio delle sue parole, genuini fino ad arrivare a fondo, attecchire dove Elle desidera. «Vorrei trovare un modo per dimostrarti quanto mi dispiaccia, ma non esiste. Posso solo dirti che le mie scuse sono sincere».

È l'onesta di cui avevo bisogno da parte sua, tanto che decido di concederle un po' di pace.

«Ok, per oggi ti ho torturato abbastanza». Alzo gli occhi al cielo, ma non con fare scocciato, più con ironia malcelata. «Scuse accettate, ti perdono».

Nemmeno il tempo di pronunciare quelle parole e mi ritrovo Elle appesa al collo. «Grazie! Non sai quanto significhi per me».

Forse un minimo lo comprendo, perché per me è stato importante sentirle riconoscere il valore di quello che provo e le ho detto, quindi capisco la situazione.

Con la dovuta calma so che i rapporti tra noi potranno tornare a essere distesi, anche se non so in che termini.

Ma ammetto che saperla consapevole dei suoi sbagli mi riempie il cuore di gioia e di speranza, perché mi auguro che la nuova Elle, quella vera, a tuttotondo, possa essere più sincera con se stessa e accogliente verso i suoi sentimenti.

«A proposito di resa dei conti». Sfilo il braccialetto dal polso, dopo aver sciolto l'abbraccio, e glielo porgo. «Te lo devo restituire».

Elle sorride, ma lo sguardo è triste, desolato. «Sai, mi ero abituata al fatto che lo avessi tu».

Se lo rigira tra le mani mentre dice una frase simile. Lo studia, come se addosso a me potesse essere cambiato, quasi potesse trovarci un po' di me lì sopra.

«Ci stai provando?» La prendo in giro. «Una cosa alla volta, abbiamo appena fatto pace».

Ho bisogno di sdrammatizzare, ma Elle non sembra dello stesso avviso.

Alza un sopracciglio, mentre arrossisce e si morde un angolo del labbro inferiore. «A proposito, visto che siamo qui, cosa ne dici di mettere ogni cosa in chiaro?»

Nel rovinare situazioni già delicate sono un vero campione, non c'è che dire. La invito a continuare con un gesto della mano. «Prego, distruggi questo momento carino con la delicatezza che ti contraddistingue».

Il mio umore è altalenante, ma è Elle a confondermi con i cambi repentini che sta dando al nostro discorso.

«Che considerazione che hai di me!» Abbozza un po' di divertimento, assieme al suo sorriso, e mi destabilizza. Perché la vecchia Elle, quella sulla difensiva, pronta a proteggere i suoi segreti con le unghie e i denti, sarebbe partita al contrattacco dopo una simile provocazione.

Devo ancora abituarmi a questo cambiamento. «Puoi biasimarmi?»

«No, in effetti no». Espira, ma non è un verso di frustrazione, quanto più un lasciare andare una verità che sta premendo dall'interno per essere liberata. «Sono confusa».

«Non è una novità». La prendo in giro.

Ma Elle si schiarisce la gola e raddrizza la schiena, in imbarazzo. «Parlo di noi».

Sono saturo. Della situazione. Di tutte le nuove rivelazioni. Del pestaggio che ho subito. Eppure non riesco a non essere curioso, non dopo quello che ha detto.

«C'è un noi?» Alzo un sopracciglio, interessato alle sue parole.

«Penso ci sia sempre stato, anche se è nato nel peggiore dei modi». Sorride, timida. «Ci sarà? Non so».

Le mie sopracciglia, se potessero, finirebbero nella troposfera e la Nasa potrebbe studiarle per i lanci nello spazio. Huston, levati, arrivo io. Alla faccia del problema.

Prima mi parla di un ipotetico noi, e poi lo smonta subito così, senza il minimo dubbio.

«Quello confuso adesso sono io». E stanco. Ora più che mai.

«Sei una persona meravigliosa, Seb. Lo sei così tanto da meritare il meglio, e non penso di potertelo dare. Ma non so se sono così altruista da lasciarti andare». Studia con attenzione il braccialetto che ha tra le mani. I nodi che lo compongono sono diventati davvero interessanti, per lei, a questo punto. «Fai parte della mia vita e sei importante...»

«Ma...» La interrompo. Il suo discorso mi stupisce, è sbalorditivo. Forse sono le parole che avrei voluto sempre sentire da lei, però so che c'è la fregatura dietro l'angolo, altrimenti non si tratterebbe di Elle.

«Ma è un periodo incasinato. Ho appena chiuso col passato e, per quanto abbia fatto male, è stato anche liberatorio. Ho ritrovato me stessa, ma ho bisogno di fare pace con quel lato di me che pensavo di aver perso».

Lo capisco. Ha bisogno di equilibrio e per trovarlo deve partire da se stessa. Per quanto mi scocci, il suo ragionamento non fa una piega.

«E io come mi incastro in tutto questo?» La vera domanda è: c'è un posto per me?

Non ho nemmeno paura a chiederlo, dato che è stata lei a sollevare l'argomento. Anche se, giusto qualche ora prima, mi ero ripromesso di farla finita con lei.

Ma ora Elle mi sta dicendo che potrebbe esserci una possibilità, non ha senso che io tagli i ponti ora, dopo tutta la fatica fatta lungo un percorso accidentato.

Insomma, a quanto pare la venuta dello psicotico mangiarane ha portato qualche beneficio per me, dopotutto.

«Devo capire anche io come. Ho bisogno del tempo per me, per fare chiarezza su quello che provo in questo momento».

«Nei miei confronti?» Mai stato così diretto nemmeno su un volo Londra – Los Angeles senza scali.

«Anche. Ma nei confronti di tutto, al momento» Ammette a fatica. «Non ti sto chiedendo di aspettarmi, ma di aspettare. Darmi il tempo di capire cosa voglio davvero, perché se mi presento da te non posso ferirti ancora, non me lo perdonerei. Devo esserne convinta e consapevole».

Lo apprezzo. Per quanto mi possa logorare lo apprezzo davvero, perché ha senso, anche se una parte di me le vorrebbe dire che, se provasse qualcosa, non avrebbe bisogno di ragionarci sopra. Ma viene da un momento tutto, tranne che facile, e capisco che senta la necessità di un po' di pace, di stabilità. Al suo posto farei lo stesso, probabilmente.

«Magari, nel frattempo, potresti prenderti anche tu del tempo per riflettere su ciò che provi. Per capire se, dopo tutto quello che è successo, i tuoi sentimenti sono cambiati o se, invece, sei ancora certo di quello che vuoi».

Diventa rossa. Parla di lei. E diventerebbe ancora più rossa se conoscesse i miei pensieri ora.

«Tutta questa lucidità, da te, non me l'aspettavo. Non dopo i giorni burrascosi trascorsi da poco» ammetto. Vorrei accendermi una sigaretta, ma ho detto basta e voglio provarci davvero.

Alza un angolo della bocca, soddisfatta e divertita. «È merito di una chiacchierata a cuore aperto con una persona di cui mi fido. Ho promesso che avrei fatto le cose per bene e ci sto provando».

Alza le spalle, ma è chiaro il suo impegno nel cercare di districare la situazione che c'è tra noi, e di farlo nel modo più trasparente possibile, per evitare di arrivare alle bassezze accadute prima dell'arrivo di Blaise.

«Quindi ci stai? Ti sta bene come cosa?» Si mordicchia il labbro, nervosa. «Se non ti trovi d'accordo puoi proporre quello che ti va più a genio».

«Per me va bene. Non voglio che si ripeta il gioco al massacro in cui siamo caduti prima di questo casino con il tuo ex. E per farlo dobbiamo percorrere una via diversa». Il che, per me, vuol dire prendermi del tempo per pensare a come agire, ora che Elle si è mostrata per quella che, ora che non ha più filtri tra sé e il mondo.

Se non posso combatterla la assecondo, non ho molta altra scelta a disposizione, non in questo momento in cui mi ha dato una speranza concreta.

Mi abbraccia di slancio e io mi ritrovo a circondarle la vita con un braccio, mentre immagazzino il suo profumo, che già inizia a mancarmi a causa della distanza che ci imporremo d'ora in poi.

So che le ho promesso che avrei pensato ai miei sentimenti, ma so già cosa devo sapere. Sono cambiati? Sì. Ma sono soltanto diventati più profondi, perché Elle si è mostrata a tuttotondo e sono riuscito a innamorarmi di ogni sfaccettatura.

Però so anche che non è quello di cui ha bisogno adesso. Sente la necessità di pace e di stabilità e, dopo quello che è successo, non posso biasimarla. Liberarsi di un ex tossico non è facile come sembra.

«Ok, prima che tu possa cambiare idea me ne vado, anche perché tra poco arriva un peloso che necessita di essere portato a spasso». Mi bacia la guancia, in segno di gratitudine, e il tempo si dilata.

E così anche le sue pupille, dimostrando che non sono l'unico a sentire l'elettricità che riempie la distanza tra i nostri corpi.

Con un pollice mi accarezza la guancia, leggera. Riesco a sentire il desiderio che emana. Riesco a sentire lo stesso il bacio mancato, che vorremmo scambiarci, correre tra lo spazio delle nostre labbra.

Espira e sorride, poi si alza. Forse è meglio così, giusto per non vanificare ogni cosa che ci siamo detti fino a poco fa.

«Buona giornata». Posa di nuovo le labbra sulla mia guancia, lenta, assaporandone ogni secondo, in quel modo che distorce ogni percezione umana. Quello che fa accelerare il cuore e rallentare il respiro, in un misto di agonia e pace. Quello che uccide e dà vita al tempo stesso.

Mi regala uno sguardo enigmatico ma sereno, che mi lascia senza parole. Non mi dà il tempo di elaborare una frase di senso compiuto che la vedo chiudersi la porta alle spalle.

Ed è così che mi rendo conto che la mia attesa, dalla durata indefinita e l'esito incerto, ha inizio.

Cerco la sua essenza attorno a me, sulla mia maglia, ma sta già svanendo, perché un semplice odore non può colmare il bisogno che ho di Elle. Qui, a due minuti dalla sua scomparsa, mi rendo conto che è come se se ne fosse andata la costante della mia vita.

Mi sfrego il viso, frustrato, conscio che ora dovrò incrociare le braccia al petto e aspettare, e la cosa mi irrita da morire.

Mi sdraio sul divano, memore dei consigli del medico, che mi ha detto di stare a riposo, non sapendo che quello di cui ho bisogno non è soltanto quello fisico, ma anche mentale, così mi abbandono alla stanchezza e mi addormento.

Due ore più tardi, dopo essermi addormentato come il peggiore degli anziani – con tanto di rivolo di bava e bocca spalancata – le chiavi che girano nella serratura mi svegliano. Beh, vuol dire che almeno l'udito non è quello di un over 65, cosa che mi consola.

Dan si annuncia con un battito di mani, che immagino sia il mio bentornato a casa. «Eccomi, ora la festa può cominciare!»

«Bentornato. Anche io sono felice di vederti». Alzo un sopracciglio con sarcasmo.

«Lo so, ti stavi annoiando a morte senza di me». Poggia accanto alla porta d'ingresso uno zaino e si avvicina al divano sul quale sono spiaggiato.

«Vero. Ora almeno so chi stracciare a Call of Duty».

Fa una smorfia, come se non fosse vero. Poi appoggia le mani sullo schienale del divano per analizzarmi. «Come stai?»

«Meglio di come sono entrato in ospedale, poco ma sicuro». E, in effetti, è così. Il ritorno a casa e la chiacchierata a cuore aperto con Elle, seppur strana, e la dormita finale mi hanno rimesso in sesto, donandomi la serenità che mi mancava nell'ultimo periodo.

Si piega un po' di più verso di me. «Sembri soddisfatto. cos'è successo?» Poi alza di scatto le mani dal divano. «Ti prego, non dirmi che ti sei masturbato proprio qui. Sai che le parti in comune sono off-limits».

Alzo gli occhi al cielo dopo averlo mandato a fanculo, ma opto per rispondere alla sua domanda con sincerità, altrimenti non mi darebbe tregua.

«Ho parlato con Elle». Sollevo le spalle con fare disinteressato, come se fosse una cosa di poco conto, ma catturo la sua attenzione.

«È sicuro sedersi sul pouf o rischio di rimanere incinta a causa dei tuoi ricordini lasciati in giro per la stanza? Vi siete dati alla pazza gioia?» Dopo il mio dito medio alzato si accomoda più tranquillo. «Ti ama, dunque? Figo! Tutto è bene quel che finisce bene».

«Rallenta! Ti sei fatto più film mentali tu che il protagonista di Fight Club». Espiro per prendere tempo. «Mi ha chiesto scusa per tutto».

Si capisce, però, che il mio discorso ha un finale meno lieto del suo inizio.

«Ma c'è un ma, vero?»

Mi giro per fissarlo. Sembra curioso e serio, quasi capisse la delicatezza del momento. «Ma ha detto che le serve tempo per fare chiarezza su quello che prova nei miei confronti e in generale».

Faccio una smorfia contrariata, un po' per la situazione e un po' perché mi aspetto che Daniel dia il peggio di sé con battute di dubbio gusto. E, per questa volta, non mi sentirei di contraddirlo.

Invece lo vedo sorridere. «Beh, mi sembra una scelta assennata. Almeno non rischiate di farvi del male inutile. Di nuovo».

«Chi sei e che ne hai fatto del mio amico?» Scatto a sedere, allarmato. «Hai una malattia rara che consuma il cervello? Sei fatto? Senti, non c'è problema che non possiamo risolvere. Hai il mio appoggio incondizionato!»

«Mi sottovaluti, dico davvero». Si finge offeso. «Ora vado a mettermi comodo, poi torno e ti faccio il culo a COD».

Spero che con comodo intenda dei vestiti sportivi e che non scelga il naturismo, perché non so se riuscirei a reggere la situazione, anche se sarebbe molto da Dan.

Sta per raggiungere la zona notte, quando si gira. «Sai, non so proprio come farai senza la mia guida. Combinerai ancora più casini di quanto tu già non faccia».

«Cosa intendi?» Lo osservo, incuriosito.

«Ok, sgancio la bomba: mi hanno preso per la produzione a Broadway! Stai osservando il protagonista».

Salto in piedi. Questo fottuto stronzo!

«Ti sembra il modo di dare certe notizie? Altro che PlayStation, dobbiamo festeggiare!» Mi metto in piedi con troppo slancio, tanto da farmi male a qualche costola o che so io. Vedo Dan avvicinarsi dopo la mia smorfia di dolore, ma ignoro tutto per avvicinarmi e abbracciarlo. O forse tento solo di non svenire, non riesco a capirlo. «Sono felice per te! Te lo meriti! Te l'avevo detto che si sarebbero accorti del tuo talento».

Sono così soddisfatto che sia arrivata per lui la soddisfazione più grande. Se lo merita davvero, ha faticato tanto per emergere e questo è solo l'inizio della sua carriera da professionista ad altissimi livelli.

«Quando devi presentarti per le prove?»

«Fine settembre, ma parto all'inizio del mese per ambientarmi un po'». Ora sembra quasi timido e spaventato. Capisco come ci si sente ed è giusto che sia così, se non avesse paura della situazione e del fallimento sarebbe uno stupido. Ma so che Dan non lo è, soprattutto sul lavoro.

«Quindi saremo entrambi in America». Lo vedo annuire. «Allora farò di tutto per venirti a trovare. E quando ci sarà la prima sarò in prima fila, senza se e senza ma».

«So di poter contare su di te». Mi dà una pacca sulla schiena. «Grazie».

Si dirige verso camera sua, ma si ferma in corridoio per urlare: «Prendi un paio di birre, dobbiamo festeggiare!»

Rido, soddisfatto e felice, questa giornata sta portando più sorprese del previsto.

Che le cose stiano andando al loro posto?

Che ci sia speranza anche per me?

Scuoto la testa, ma il sorriso non se ne va. Mi avvio verso il frigo per brindare al mio migliore amico, ma anche alla mia rinnovata speranza.

Hello peeps!

Da quello che ho capito lo scorso capitolo è stato una sorpresa per voi. Beh, spero che lo sia altrettanto questo, con una faccia a faccia che magari non vi aspettavate.

O di cui magari non immaginavate simili risvolti.

Elle è confusa, o forse spaventata?

Diciamo che, però, fa passi avanti. Non nega, non conferma. Ma, almeno, dice che c'è una possibilità, anche se non sa quando e quale risposta potrà dare a Seb.

Come credete che potrà evolversi la vicenda?

Io spero di continuare a sorprendervi, soprattutto con i prossimi capitoli!

A presto,

Cris

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