28. Secondo round
Mi ritrovo così a bussare alla porta della mia agente con venti minuti di anticipo, cosa che la stupisce non poco, ma avevo bisogno di scappare da quel caos e lo faccio a cuor leggero, perché so di aver lasciato Elle in mano a cinque persone che faranno di tutto per risollevarle il morale e non permetterle di pensare a Blaise. Io, probabilmente, sarei d'intralcio al suo buon umore.
Dopo quasi tre ore – passate rapide quanto un'era geologica – esco dall'ufficio di Francine con ottime notizie per quanto riguarda il mio lavoro, soprattutto perché quello che mi accingo a girare a settembre è l'ultimo capitolo di Legacy e devo decidere che svolta dare alla mia carriera. E a riguardo ho le idee chiare: Leonardo di Caprio docet, punto. Non voglio fare altro. Film di qualità, blockbuster ma non solo. Voglio ruoli iconici, che possano rimanere impressi nell'immaginario comune. Voglio un Oscar. Ed è il momento perfetto per pensare al futuro e iniziare a costruirlo.
Salgo in auto e lascio che la mente vaghi libera, senza le incombenze del lavoro e così ripenso agli ultimi avvenimenti: l'arrivo di Blaise, il passato di Elle, la storia del finto fidanzato, la discussione di stamattina.
Ed è qui, nel silenzio che avvolge l'abitacolo, che mi si para in mente l'ultimo scambio di Elle e Blaise, ovvero lui che le stringe il polso con forza, troppa, ma non abbastanza da essere notato da tutti.
È un tipo di maltrattamento meno vistoso di uno schiaffo, ma è pur sempre una violenza. È stato un richiamo, tanto silenzioso quanto assordante, di quello che è in grado di fare, su di lei o altre, se non lo si accontenta. A volte la violenza è fisica, alle volte è psicologica, altre – invece – è un confine sottile tra le due che agisce lì dove fa più male, proprio come è successo a Elle.
Non riesco a immaginare come un uomo possa rifarsi su una donna con la violenza per accontentare il suo egoismo. È da bestie.
È in base a questo ragionamento che non riesco a capire come Elle possa perderci ancora tempo, come possa pensare di amare qualcuno che le usa violenza di qualsiasi tipo e non ha un briciolo di rispetto per lei. Uno che le ha fatto capire che per lui non vale, che la sminuisce.
E ridicolizza anche le sue relazioni. Elle gli ha detto che ha un nuovo ragazzo e lui, in pratica, mi ride in faccia e mi scavalca come se non esistessi, perché questo tizio non sa cosa sia il rispetto.
Dio, se potessi gli ficcherei la Tour Eiffel su per il colon. Di traverso. E preferisco tacere il punto di entrata.
Fred mi richiama alla realtà per dirmi che siamo arrivati a destinazione. Lo ringrazio e gli auguro buona giornata, pronto per tornare nel mio caotico appartamento, ma qualcosa interrompe i miei piani.
«Proprio te cercavo...» È un tono scocciato. Quello che di solito ha qualche fidanzato trascurato dalla compagna quando passa troppo tempo a fare ricerche su di me. Purtroppo è successo anche questo.. Espiro e mi giro per affrontare il suddetto ragazzo, ma mi ghiaccio sul posto.
È Blaise e, a quanto pare, è qui per me.
E poi mi dicono che non sono fortunato. O sarcastico.
«Me?» Alzo un sopracciglio, all'apparenza calmo, cosa che non sembra fargli piacere, forse si diverte a pensare di potermi mettere in soggezione, ma così non è, perché mi provoca solo un immenso fastidio, quasi fosse una zanzara da debellare. Una cimice.
«Sì, proprio tu, Mister provo–a–fare–l'attore–Hartford. Avevi una faccia familiare, è stato facile trovare informazioni su di te». Oh, noto con piacere che il sorriso gli è scomparso dalla faccia, rispetto a stamattina.
All'improvviso ai suoi occhi sono diventato una minaccia concreta.
«Oh, mi riesce anche parecchio bene». Mi concedo un sorriso sarcastico, quello che manca a lui. «Un po' come a te viene bene fare il pezzo di merda».
L'adrenalina mi scorre a mille nelle vene. So che non dovrei provocarlo, ma non riesco a non rinfacciargli ogni comportamento orribile che ha compiuto e che lui sembra minimizzare o aver dimenticato.
Non sono mai stato un tipo da risse o da violenza, forse perché ero incapace a darle e anche a difendermi, ma mi vibra il corpo dal bisogno che provo di mettergli le mani in faccia.
Si avvicina con fare sicuro, che dovrebbe incutere timore, ma che in realtà alimenta solo la mia rabbia. «Non provocarmi, pivello».
Stiamo giocando a chi provoca meglio l'altro e, a quanto pare, al momento sono in vantaggio.
«L'atteggiamento da maschio alpha è un po' sorpassato. Sai che ora a scopare parecchio sono i tipi normali? Tipo me». Mi indico, un po' per rimarcare il mio essere normale rispetto a lui, che ama battersi i pugni sul petto, un po' per ricordargli che – in teoria, ma anche in pratica – faccio sesso con Elle. «Ma lo sai meglio di me, altrimenti non saresti qui a elemosinare attenzioni alla tua ex».
Si fa sotto, così tanto da continuare a pungolarmi il petto con l'indice, nel tentativo di irritarmi. «Non costringermi a rovinarti questo bel faccino, se no poi come trovi il lavoro, mezzasega Hollywoodiana?»
È furbo. Cerca di provocare in me una reazione, così non è lui ad attaccare briga e, siccome sono famoso, può denunciarmi, farmi una pessima pubblicità e, perché no, spillarmi un bel po' di sterline. Beh, sono un attore, fingere è il mio mestiere e ho tutta l'intenzione di mostrare quanto sono bravo a recitare una calma e una sicurezza che in questo momento non ho.
«Col talento» rispondo asciutto. «E, da mezzasega quale sono, potrei comprarmi anche la tua anima, con i soldi che ho guadagnato con il mio lavoro, ma preferisco rimanere umile».
Blaise è furioso e, al contrario mio, fatica a tenere le emozioni sotto controllo. Non riesce a credere che le sue sterili provocazioni non abbiano effetto su di me.
Solo ora, però, mi accorgo che i nostri nasi sono così vicini quasi da sfiorarsi e non va bene, perché la cosa può evolversi in un modo soltanto.
È nel momento in cui entrambi giungiamo alla stessa conclusione, con mani così tremanti che sembrano essere felici di poter essere accontentate, che sentiamo vibrare l'elettricità nel portone. Sia Blaise che io ci distraiamo quel tanto che basta per vedere Elle avvicinarsi e infilarsi tra di noi per spingerci all'altezza dello sterno.
«Basta così!» Tuona, anche se ha il fiatone. «Fermi».
«Tesoro, lascia che sistemi la faccenda con questo pivello».
Elle lo fulmina con uno sguardo di odio puro. «Non lo toccare». Mi difende nemmeno fossi un ragazzino.
«Non ti basta averle rovinato la vita? Ti dà così fastidio che non si strugga più per te?» Lo guardo con biasimo, per farlo sentire la nullità che è. «Cosa vuoi? Cresci un po'».
Negli occhi ha tutta la rabbia consentita all'essere umano, ma un'altra spinta di Elle al petto lo convince ad allontanarsi e a dirigersi verso l'auto, poco distante dal palazzo.
«Vieni, pivello, te lo dico subito cosa voglio». Nota la titubanza che provo e si crogiola nella mia indecisione. «Non ti rovino il faccino, voglio solo parlare».
Sembra più padrone di sé, così mi avvicino.
«Voglio la verità» esordisce imperioso. «Perché ho come l'impressione che tu e quella stronza mi stiate prendendo per il culo. E non mi piace».
Eh, già, perché invece Elle si è divertita a stare con un simile pezzo di merda per anni, per poi scoprire lo schifo di persona che è.
Alzo gli occhi, quasi le sue parole fossero noiose. «È la mia ragazza. La amo. Cosa devo fare per dimostrartelo? Sposarla? Come hai cercato di fare tu?»
Un guizzo nella sua mascella mi fa capire che non ha gradito la frecciatina, ma incassa il colpo con più eleganza rispetto a prima, forse perché Elle ci tiene d'occhio e non vuol fare lo stronzo totale.
«Appunto» dice con un sorriso soddisfatto. «Tu la ami. Ma lei? Ti ama?»
Cazzo. È tanto sveglio quanto coglione. E questo è un grosso problema, perché è parecchio sveglio.
«Lei ama me». Mi indico, preda di una calma apparente che spero possa coprire il dolore di una simile affermazione. «Se non ti fosse chiaro sei storia vecchia, e stai dove ogni cosa vecchia deve stare: nel passato».
Ride in modo sguaiato, soddisfatto di aver trovato il mio punto debole. Non la fama, o il lavoro, ma Elle.
«Facciamo così. Ora me ne vado, mi hai stancato. Ma domani pomeriggio torno, e mi devi dimostrare che quello che hai appena detto non è un mucchio di stronzate come sembra». Incrocia le braccia, arrogante, prima di continuare: «Dimostrami che è vero che ti ama e me ne vado. Se scopro che sono solo cazzate, beh... peggio per te, ti ritroverai a fare solo le parti dello sfregiato».
«Vattene». Mi avvicino di un passo. «E non dimenticarti di preparare i bagagli, il biglietto aereo te lo prenoto io».
Mi giro senza aspettare la sua risposta, recupero Elle, tesa vicino al portone, e torno a casa.
Nel mio appartamento veniamo subissati dalla curiosità dei nostri amici, che vogliono sapere cosa è successo, ma io, come uno degli Avengers che ancora non ha completato la sua missione, trascino Elle in camera mia.
Dopo i pensieri che ho avuto in auto dobbiamo proprio parlare.
Una volta arrivati a destinazione chiudo la porta e giro a chiave, gesto che la incuriosisce, ora che sembra aver riacquistato un briciolo di serenità.
Si avvicina al letto e mi rivolge un sorriso incerto, ma sincero. «Ho sempre pensato che il ruolo dell'eroe fosse adatto a te. Nei film lo interpreti a meraviglia, ma nella realtà sei anche meglio. Ti si addice proprio».
E, incredibile ma vero, arrossisce.
Marvel arrivo. Sono tuo. Sapevo che il mio sedere avrebbe scalzato quello di Chris Evans, un giorno.
Mi ricompongo, anche se è difficile, dato che conoscere questo nuovo lato di Elle, così mansueto, mi destabilizza. Perché ho capito che in fondo la conosco, che quello che ha mostrato di sé nei mesi in cui ci ho avuto a che fare è genuino, ma era solo un lato del suo carattere, quello che ha usato come difesa. In Elle c'è di più, e lo sto scoprendo ora, nel momento in cui lascia trasparire anche le sue fragilità.
E, beh, mi piace anche di più. Mi piace da morire vederla in ogni sfaccettatura, in tutta la sua integrità, anche se è composta da frammenti rimessi insieme con ogni briciolo di fatica e coraggio che ha in corpo.
«Dobbiamo parlare». Cerco di ricambiare il suo sorriso, ma le mie parole la spaventano. «Siediti sul letto, per favore».
Non obietta e asseconda il mio invito.
La sua collaborazione ha ancora dell'incredibile.
«Cosa succede?» domanda con occhi curiosi e spaventati, gonfi delle troppe lacrime versate fino a ora.
Mi siedo sul letto, accanto a lei, con le gambe incrociate. «È tutto il giorno che rifletto su una cosa successa stamattina». Annuisce, permettendomi di continuare. «Quando sono intervenuto... cosa stava succedendo?»
«Stavamo litigando?!» risponde con ironia, come se fossi diventato di colpo scemo. Beh, più di quanto io non lo sia già.
«Ok, fin qui ci siamo. Ma... mi sembra che nei suoi gesti ci fosse troppa forza. Violenza. Stava per perdere il controllo?» Cerco di moderare la rabbia perché non è giusto che io mi accanisca su di lei, ma ho bisogno di sapere con chi ho a che fare, se Blaise può essere peggiore di quello che è.
«Ah, quello». Il suo sguardo si spegne e le spalle cadono. «Speravo non te ne fossi accorto». Abbassa gli occhi, all'improvviso il mio lenzuolo è diventato interessante.
E questo mi fa capire che no, non mi immagino le cose.
«Dio! È un cazzo di mostro» dico con tutto il veleno che ho in corpo. «Non è la prima volta, vero? Ti ha picchiata?» Perché se così fosse ho intenzione di restituirgli ogni singolo colpo, per quanto la violenza non si sistemi con altra violenza.
«No, mai. Non mi ha mai picchiata, ma è capitato – negli ultimi tempi – che durante alcuni litigi stringesse troppo la presa, e magari che mi facesse sentire una nullità».
Alza le spalle per minimizzare, ma sappiamo entrambi quanto sia grande l'entità della questione.
«Solo un essere insignificante si rifarebbe su una donna, sia a livello fisico che mentale».
Elle piange, negli occhi leggo gratitudine e sollievo, quasi avesse temuto che potessi giudicarla o, peggio, farla sentire inadatta, come Blaise ha fatto.
E io, quando mi regala le sue lacrime, divento burro lasciato al sole.
Il cuore pompa prepotente il sangue nel resto del corpo, tanto da farmi sentire il rumore del suo corso nelle orecchie. È sempre doloroso vederla così, esposta e sanguinante senza niente che possa arginare la ferita.
Scaccio le mie insicurezze, metto da parte tutti i dubbi e faccio quello che l'istinto mi consiglia: la abbraccio.
«Grazie» mormora con la faccia affondata nel collo, quel posto che per lei sembra tanto sicuro, per poi ricambiare la stretta.
Non ho più intenzione di contenermi, non permetterò che le sue paure mi limitino. Preferisco sbagliare, ma preferisco farlo dimostrandole qualcosa. Non voglio frenarmi per dubbi che non ho, che appartengono solo a Elle. Non ora che sembra che si stia affidando a me, e che sembra stia iniziando a seguire il consiglio che le ho dato quando ho le ho confessato i miei sentimenti, quello di lasciarsi amare.
«Sei testarda» le mormoro tra i capelli. «Ma sei la mia testarda».
«E tu sei il mio eroe. Un giorno ti spiegherò anche il perché». Accenna un sorriso mentre si asciuga gli occhi. Le do una mano, perché una delle poche certezze che ho è che se l'ho incontrata è per cancellare il suo dolore.
Scuote la testa e all'improvviso corruga la fronte.
«Cosa voleva da te Blaise?» Quello che mi fa ridere è la stessa espressione schifata con cui pronuncia il nome del suo ex, la stessa smorfia di disgusto con cui Daniel accompagna il soprannome che gli ha affibbiato.
In fondo, nonostante non sia facile, sembra che affrontare il passato le stia facendo bene.
«Vuole che gli dimostriamo che la nostra relazione è reale». Gesticolo, come se la sua pretesa fosse assurda. «Ho come l'impressione che un bacio – per quanto mi piaccia la tua lingua nella mia bocca – non sia sufficiente. Ed è per questo che mi domandavo...»
Lascio in sospeso, Elle abbocca e mi invita a continuare.
«Ti disturba l'idea di fare sesso in pubblico?»
Elle scoppia a ridere, con un senso di libertà che in questi ultimi giorni le è mancato. E io sono felice, perché farei di tutto per la sua risata, per la sua felicità.
«Sei pessimo!» Mi dà un pugno sul braccio. «Comunque sì, immagino anche io che voglia qualcosa di più significativo. Quindi dobbiamo trovare la soluzione ideale».
«Entro domani» preciso.
«Do... domani?» Mi fissa con gli occhi sgranati, sconvolta.
Annuisco.
«Che il Signore ci aiuti!»
*
Qualche volta, la domenica sera, ci concediamo un'uscita di gruppo in un pub. Niente di che, un modo per godersi le serate estive fuori dai nostri appartamenti. Ma l'idea che Bleah possa essere sotto casa, pronto ad aspettarci come farebbe una malattia venerea con le parti intime, ci fa passare ogni voglia di uscire, così, per la seconda sera di fila, ci troviamo a casa nostra.
Il programma è semplice: guardare The Avengers, scelto da Elle.
È ovvio che è un tributo al suo nuovo eroe preferito, Captain Sebastian, le chiappe più belle del Regno Unito, ma immagino che non l'abbia detto per non far sfigurare i miei amici. In fondo una sensibilità ce l'hanno pure loro, anche se non si direbbe.
La verità è che, nonostante io ami il film, la mia testa è altrove. Penso e ripenso a una soluzione decente che porti a una definitiva rimozione di Blaise dalla Gran Bretagna, perché dire dalla faccia della terra, per quanto sia bello, so che è poco realizzabile.
Le idee che mi sono venute, però, non sono molti brillanti. Che è un modo carino per dire che fanno schifo. Ho pensato a una gravidanza lampo, ma Elle non è un cane, un cuscino sotto la maglietta non ingannerebbe nessuno e poi ho pensato che, visti i precedenti, sarebbe una scelta di pessimo gusto.
Ho pensato ai boxer di Wolverine, ma potrebbero essere di chiunque, o potrebbe esserseli comprati da sola. Se invece io portassi l'intimo di Elle, beh, finirei sulle pagine di ogni giornale scandalistico grazie alla mia perversione, e sarebbero in grado di mettere in dubbio la mia sessualità, che rientra ampiamente nella categoria "cazzi miei". E poi non penso che starei bene con degli slip in pizzo, nemmeno con il perizoma, passerei più tempo a cercare di estrarre quel corpo estraneo tra le mie chiappe che altro.
Depenniamo anche questa.
Un tatuaggio? Esistono società che stampano quelli trasferibili, potremmo farceli con i rispettivi nomi, o con un disegno complementare, ma la verità è che se avessimo avuto i tatuaggi, al momento della richiesta li avrei sfoderati per rispedirlo subito nella terra della baguette aromatizzata all'eau d'ascelle.
Quindi siamo punto e a capo. Solo che a rimetterci sono solo io. E sinceramente non ho voglia di veder saltare i miei denti come se fossero i fuochi d'artificio di Capodanno.
La preoccupazione cresce, e più penso a una soluzione meno arriva, così ho deciso di dormirci su e sperare che l'idea giusta arrivi all'improvviso, prima che Blaise si palesi qui sotto, come se già i lunedì non fossero abbastanza brutti.
Elle, al contrario mio, il film se l'è goduto e sembra più rilassata rispetto a ieri o a oggi pomeriggio, cosa che mi rende sereno e mi alleggerisce il cuore, almeno un po'.
Durante i titoli di coda, nel momento in cui ognuno riprende possesso dei propri arti intorpiditi, Elle salta in piedi con entusiasmo. «Seb! Ho la soluzione!»
Mi prende per mano prima che io riesca a replicare. «Seguimi» dice, mentre mi porta nell'appartamento delle ragazze.
«Come ho fatto a non pensarci prima?!» mormora tra sé quando apre la porta.
Batte le mani tra di loro in modo compulsivo e, con la testa, mi indica camera sua.
Sospiro e la seguo, spero solo che la sua idea si più valida delle mie, altrimenti devo prenotare dei denti nuovi.
Hola!
E così siamo giunti alla fine del secondo round, leggermente più teso del primo. Si nota?
Seb, che riuscirebbe a essere preso a schiaffi anche da una mosca, vuole menare male Blaise. Ti capiamo Seb, ma non scommettiamo su di te manco i 7 euro falsi del monopoly.
Sorry, ma tvb lo stesso.
E ora Bleah chiede la resa dei conti. Secondo voi basterà per toglierselo di mezzo in modo definitivo (e no, non intendo l'omicidio)?
Ma, soprattutto, cosa avrà in mente Elle?
Al prossimo capitolo per scoprirlo,
Cris
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