27. Primo round
«Vieni anche tu? Sai, nel caso servisse il contributo del mio "ragazzo"». Elle, ora che è faccia a faccia con la parte del suo passato che non vuole affrontare, diventa titubante. E, giuro, mi fa strano vederla così, quasi male, perché in ogni situazione si è sempre dimostrata risoluta, ma Blaise sembra toglierle ogni sicurezza.
«S... sì» inciampo nelle parole, sorpreso da questo invito. «Mi vesto e arrivo».
Voglio vedere una merda simile dal vivo, giusto per capire se ne emana solo l'odore o se, invece, riesce a camuffarlo così come ha fatto con l'aspetto.
Devo osservare da vicino la persona che riesce a causare tanto male nella vita di una ragazza, per poi presentarsi alla sua porta come se nulla fosse accaduto. Anzi, con la pretesa di parlarle per risolvere una situazione che ha creato solo lui.
Fino a che punto si può spingere la cattiveria?
Elle scappa nel suo appartamento per cambiarsi e lavarsi i denti, ci diamo appuntamento dopo una decina di minuti davanti ai rispettivi ingressi.
Elle cerca di farsi forza, ma è pallida, così tanto da sembrare malata.
Mi guarda e annuisce, forse per cercare un po' di convinzione. «Facciamo così, tu rimani nascosto, magari dietro al portone del palazzo. Nel caso avessi bisogno del tuo intervento ti chiamo, ok?»
Annuisco, poco convinto. Ho sempre odiato fare ricorso alla violenza, soprattutto se per un mero sfoggio di mascolinità, una gara a chi si batte i pugni più forte sul petto, ma sapere di avere vicino Blaise cambia le mie priorità. Da bambino soccorrevo anche le formiche in una pozzanghera, ora vorrei soltanto scendere armato di una padella e dargliela in faccia finché non vedo saltargli via i denti come se fossero tasselli del domino colpiti per cadere. Uno. A. Uno.
Devo distrarmi dalla mia rabbia perché, come si è visto al Viper, quando ne sono sopraffatto non so molto bene come veicolarla. Quindi sì, torno ad annuire a Elle, per poi rivolgere una domanda. «Sai di essere verde, vero?»
«Colpa del nervosismo» risponde spenta, senza vita. Posso vederle il cuore in gola che le blocca il respiro. «A quanto pare non dona al mio incarnato».
Cerca di sdrammatizzare, ma la tensione che la pervade non mi permette di ridere alla sua battuta.
È l'ombra di se stessa e io vorrei fare di tutto, pur di vederla ancora spensierata e sorridente.
Ci muoviamo a rallentatore nel corridoio, quando le dico senza nemmeno pensarci: «Non dovresti incontrarlo».
Sono pentito? Nì. Lo sarei solo se Elle fosse in grado di leggere i miei veri pensieri, ma è talmente fuori fase da non badare ai miei sotto testi.
Si gira verso di me per regalarmi un'occhiata stupita. «Perché?»
Mi avvicino a lei di un passo, per ricordarle che io ci sono, anche nei momenti di difficoltà, e che non l'abbandono. «E se dovesse convincerti che è cambiato? Se ti facesse ancora del male? Lo dico per tutelarti, non è giusto che tu soffra di nuovo».
Non le posso confessare che lo faccio anche per me, perché il solo pensiero di perderla mi fa mancare l'aria, perché proprio non saprei come riempire il vuoto con i suoi contorni che lascerebbe dentro di me.
«Non mi farò incantare. Non più». Si morde il labbro, lei stessa è poco convinta delle sue parole.
Ora ci troviamo di fronte alle scale. Elle le fissa, ma non muove un passo.
Mi volto a guardarla per incitarla, ma la colgo concentrata a muovere le labbra velocemente mentre mormora: "Devo affrontarlo. Prima lo faccio prima se ne va". Poi trae respiri profondi.
Desisto dal mio intento, aspetto i suoi tempi perché questa è la sua battaglia e io posso solo essere lo scudiero che l'accompagna nell'impresa.
Annuisce tra sé, forse dopo aver trovato la forza di percorrere le rampe che ci dividono dalla strada, quando i suoi occhi si gonfiano di lacrime trattenute.
D'istinto le bacio lieve i capelli, poi le porgo la mia mano. «Andiamo?»
Sono con te. Sempre.
Sorride appena e annuisce. Mette la mano nella mia, la stringe e scendiamo. Insieme.
Arrivati al portone lo guarda con astio e insicurezza, ma non trova il coraggio di aprirlo e posso soltanto capirla.
«Maledizione, io non so affrontare queste situazioni!» Impreca sottovoce, per evitare di farsi sentire dall'ex, poco distante da noi, oltre la porta di legno.
«Respira. Se vuoi farlo, fallo, altrimenti torniamo su. Nessuno ti obbliga a parlargli, anche se ti dovesse far sentire meglio».
Mi fissa con una gratitudine velata da dolcezza, ma Elle deve essere convinta che Blaise non la lascerà in pace se non si chiariscono, perché schiaccia il tasto di apertura del portone e, dopo essere uscita, lascia aperto uno spiraglio alle sue spalle, di modo che io possa sentire se ha bisogno di me o no.
Così, soprattutto, posso ascoltare ogni cosa e vedere quello schifo d'uomo con cui deve avere a che fare.
«Ciao, tesoro». La accoglie lui non appena Elle si avvicina. E io, dopo un saluto simile, non posso fare altro che sbirciare dallo spiraglio che lei mi ha lasciato aperto.
Blaise la abbraccia, ma lei è rigida e non ricambia la stretta. Le braccia sono lungo i fianchi, i pugni serrati, indecisi se allontanarlo o colpirlo sulla mascella. Io opto per la seconda ipotesi, nel caso me lo dovesse chiedere qualcuno. Il volto dalla parte opposta rispetto a dove si trova quello del suo ex e una smorfia di dolore e odio che le attraversa l'espressione.
Trattiene il respiro, forse per frenare le lacrime, o forse per evitare di sentire anche l'odore del suo ex, perché le persone hanno un profumo ed è quello che fa più male ricordare quando se ne vanno.
«Ho smesso di essere il tuo tesoro quando hai deciso di trattarmi come una pezza da piedi». Lo allontana dopo aver ripreso il controllo di se stessa. «Cosa vuoi?»
E, dal tono che ha usato nei suoi confronti, le parole intrise d'odio che ha riversato su di me nelle ultime settimane non sono nulla in confronto a quelle che sta rovesciando su di lui. È un'onda anomala, uno tsunami, e se Blaise pensa di essere lo scoglio immune alla ferocia del mare, beh, si sbaglia di grosso.
Quello è l'odio che solo una persona importante può farti provare, il disprezzo che si prova dopo un'immensa delusione. La ferita che non si rimargina del tutto.
Elle ne è succube, Blaise è cosciente della cosa.
«Perché non ne parliamo davanti a un caffè, con calma?» Si incammina verso una caffetteria nei paraggi, ma Elle blocca la sua avanzata.
«No. Parliamo qui, in piedi, davanti al portone di casa mia». Gli toglie subito la mano dal braccio, quasi si fosse scottata al solo contatto. «Se non l'avessi ancora capito, le regole di questo incontro le detto io».
Vuole di mostrare di avere il controllo della situazione, ma la verità è che le sue parole suonano vuote, nemmeno lei è convinta di quello che ha detto.
Più osservo Blaise e più capisco perché Elle si fosse innamorata di lui. È una di quelle persone che emana sicurezza, che non ha bisogno di dire le cose, ma di farle e basta perché tanto tutti lo seguiranno. Almeno, questa è la sua facciata, scavando si scopre un ego fragile e tossico.
Blaise rimane spiazzato dalle parole di Elle, ma si riprende subito. Le sorride con un solo angolo della bocca, prima di tornare davanti a lei.
«Ok, allora non giriamo attorno alle cose, non ti è mai piaciuto». Elle incassa la frecciatina e sussulta quando le sfiora la guancia con il pollice.
«Ti voglio. Ti voglio con me, nella mia vita. Finiamo questa sceneggiata». È così impietrita da non riuscire a sottrarsi al tocco. Almeno, è quello che mi piace pensare, perché non posso prendere in considerazione che in fondo lo voglia, che senta il bisogno di quel contatto. «Torna a Parigi e riprendiamo da dove abbiamo interrotto tutto. Sposiamoci».
Porca merda. È davvero uno a cui non piace girare attorno alle cose. E punta in alto.
Vorrei avere metà della sua sicurezza, perché soltanto uno con una grande percezione di sé arriverebbe così, dal giorno alla notte, con una simile proposta, dopo tutto quello che ha fatto.
Ci vuole del fegato, o bisogna non avere pudore.
Elle ride. Ma è una risata amara, esausta. Di chi non ha nulla da perdere, di chi ha già perso tutto.
Risuona triste. La conferma che quelle parole la feriscono, anche se non vuole ammetterlo o dimostrarlo.
Il peso del senso di vuoto che prova riecheggia nella sua risata.
«Sono io a non volerti. Parli come se stessi facendo i capricci, e la cosa assurda è che nemmeno metti in discussione i tuoi comportamenti». Fa un passo verso di lui, nel tentativo di mostrare l'aggressività che Blaise le provoca. «Io con te non ci torno. Non sono tua. E, soprattutto, non sono una cosa che puoi venire a riprenderti quando ti pare e piace».
Questa è la mia ragazza! Palle quadrate e non arretra di una virgola.
«Vedi», Blaise la guarda soddisfatto, «non hai nemmeno detto di non amarmi più». Si appoggia all'auto, come se fosse più tranquillo.
Io, invece, mi reggo al portone perché lui è un pezzo di merda, ma ha anche ragione, cazzo.
Elle, al posto di negare, si agita. «Dio mio!» La voce non è più ferma, il pianto inizia a incrinarla. C'è frustrazione a dipingerne il tono, ma anche mille altre emozioni che io posso solo immaginare. «Non capisci! O, peggio, non vuoi capire. Non solo vieni qui e non mi chiedi nemmeno scusa per quello che hai fatto, per tutto il male che hai provocato – e, credimi, le scuse sarebbero il minimo – ma fai finta che nulla sia successo. E sai perché? Perché non capisci la gravità dei tuoi gesti».
Le parole le graffiano la gola, ma sono solo l'eco delle ferite che si porta sul cuore. «Non sei un uomo, sei una bestia». Conclude stanca e affranta.
Blaise si prende del tempo prima di rispondere, ma capisce di aver fatto un passo falso. «Hai ragione, sono stato uno stronzo e per questo ti chiedo scusa. Sono un cretino, ma ti giuro che non succederà più!»
Wow, nemmeno i discorsi di Trump sul cambiamento climatico sono così poco sentiti. Quelle di Bleah sono frasi messe in fila solo perché Elle gliel'ha chiesto, non perché pensa quello che ha appena detto, a conferma delle parole di Elle di prima.
«Oh, che discorso profondo e sentito!» Lo schernisce lei, ironica e rabbiosa.
«Andiamo, piccola!» Lui allarga le braccia, nel tentativo di mostrare la sua frustrazione. «Stavamo per sposarci e avere un figlio! Non puoi dirmi che è tutto finito così, nel giro di qualche mese».
Le si avvicina, ma lei indietreggia, disgustata.
Sono sì concentrato su ogni parola del discorso, ma sono anche pronto a intervenire in caso di necessità. Il mio stesso respirò mi dà fastidio, una distrazione che mi irrita e sembra togliere forza al loro dialogo.
«Oh sì, è tutto finito così». Elle gli punta un dito contro, nel tentativo di mettere ulteriore distanza tra loro. «E non azzardarti a parlare di nostro figlio, perché ogni parola che riguarda noi è una blasfemia».
Incurva le spalle, ma poi riesce ad aggiungere: «Mi hai fatto sentire sbagliata per non essere abbastanza. Per aver perso tuo figlio. Mi sono sentita un abominio per mesi. E ora che sto iniziando a perdonarmi, a capire che la colpa non è mia, ma tua, tu pensi di tornare e ricominciare da dove abbiamo interrotto?! Ma ce l'hai un cuore?»
«Ce l'ho, ma l'hai portato con te». Blaise si tocca il petto, disperato. «Sono qui per dimostrarti che voglio sistemare ogni cosa, ma non posso farlo senza di te. Torna con me a Parigi».
Hanno entrambi il fiato corto, sono coinvolti dal loro botta e risposta, ma quello che più mi spaventa è il silenzio indeciso che li separa e che inizia da Elle.
No, il silenzio, dopo una simile proposta, non è mai un bene. Significa pensare all'offerta e spero che Elle non lo stia facendo davvero, perché ho paura di una sua risposta, in questo momento.
Avanti Bleah, di' qualcosa di sbagliato che le ricordi che razza di uomo piccolo sei, quanto fai schifo. Dio, vorrei vederla mentre lo colpisce in piena faccia.
«Sono cambiato». Bingo. «E non vedo più nessun'altra».
Va beh, così esagera pure. Nemmeno mi piacesse vincere facile.
Grazie Bleah per non smentirti mai.
Elle ride in modo isterico. «Wow, sette mesi fanno miracoli, vero? Riescono là dove anni di relazione hanno fallito». E, sfinita, lascia andare le lacrime che ha collezionato agli angoli degli occhi. Le lascia rotolare, fiere e impetuose, senza vergogna di mostrare l'amarezza e il dolore che portano con sé. «Non sai cos'è il rispetto e non l'hai ancora capito. Non avresti dovuto smettere di scoparti mezza Parigi... non avresti mai dovuto farlo. Se tu avessi un po' di stima in me, o in quello che abbiamo avuto, l'avresti capito da solo».
Le spalle di Elle iniziano a essere scosse dai singhiozzi che intervallano le sue frasi. Non ho mai visto tanto coraggio in altrettanta fragilità, ma è quello che la contraddistingue dal resto del mondo. «Non avresti mai dovuto farlo, se avessi avuto un briciolo di riguardo nei miei confronti non ti sarebbe passato per la testa. Valgo così poco?»
Quella domanda fa male. È la stessa che ognuno si pone alla fine di ogni rapporto, quando non sei più la scelta della persona che ami, eppure non sei mai pronto per conoscere la risposta, forse perché la conosci già.
E anche per Elle è così. È un macigno. Essere nei panni di Elle, non sentirsi mai abbastanza dopo aver dato tutto a un'altra persona, ti annienta. E la distruzione che si è lasciato Blaise alle spalle io la sento tutta in quella domanda.
La sento scorrere come veleno nel sangue, intossicante al punto da farmi respirare a malapena, e vorrei soltanto che lui se ne andasse, per permetterle di continuare a risanare la sua anima, un pezzo rotto alla volta.
Ma Blaise non è dello stesso avviso, perché si avvicina per circondarle i bicipiti con le mani. «È meglio se torni a Parigi, così ne parliamo con calma».
Fa per spronarla a seguirlo, ma Elle è irremovibile. «No».
«Smettila di fare la bambina capricciosa».
Oh. Non vorrei essere nei suoi panni. Chissà come preferisce la lapide.
Elle si libera dalla sua presa, gli occhi fuori dalle orbite. «Ti sembrano capricci, questi?» È allibita. E non è l'unica. «Non hai nemmeno risposto a una semplice domanda, a dimostrazione di quanto io non valga nulla per te!»
Urla, attirando l'attenzione di qualche passante, cosa che costringe Blaise a guardarsi attorno e a cercare di non sembrare lo stronzo che è.
«Dai, andiamo!» La prende per un polso e non la lascia andare, incurante delle parole di lei ma, soprattutto, dei suoi desideri.
Le dita di Blaise si conficcano nella carne e nelle ossa di Elle, un ordine tacito e doloroso per costringerla a seguirlo. Una violenza silenziosa che non passa inosservata ai miei occhi. È come se stesse imprimendo il dolore a me e non riesco più a stare nascosto.
Prima che Elle provi anche a chiedere il mio aiuto, esco da dietro al portone scuro e mi precipito a separarli.
«Adesso basta» ringhio tra i denti, ogni parola che riecheggia rabbia fredda e smisurata. Non riconosco nemmeno la mia voce, né l'autorità con cui mi esprimo.
«E tu chi cazzo sei?» Blaise mi fulmina con lo sguardo, come se questo potesse rimettermi al mio posto.
«Il suo ragazzo». La calma glaciale con cui parlo è spaventosa, me ne rendo conto, ma sto cercando di mantenere un minimo di controllo, anche se non riesco a trovare un solo motivo che mi fermi dal mettergli le mani addosso. «E se non smetti di trattenerla ti giuro che non rispondo delle mie azioni».
Inspiro calma, espiro odio.
Inspiro, espiro.
Sono meglio di lui, anche se è davvero difficile non scendere al suo livello.
Le lascia andare il polso, ma alza un angolo delle labbra in una specie di mezzo sorriso di scherno. «Uh, che paura!»
Elle, ora libera dalla sua presa, viene da me e si appoggia al mio petto, sfinita.
«Vattene». Non riesco ad aggiungere altro, non senza dare forma all'odio che provo nei suoi confronti, e sto provando davvero a essere migliore di un tipo simile.
«Va bene, ma tornerò». Si rivolge a Elle, non a me. Fa di tutto per ignorarmi, per dirmi che per lui non esisto, non sono importante. «Piccola, in tutto questo non hai ancora detto di non amarmi. Lo so che provi ancora qualcosa per me. Ci vediamo presto per parlarne».
Sale in auto e se ne va, con una naturalezza imbarazzante, quasi non avessi interrotto il suo monologo.
Le sue parole sono una provocazione nei miei confronti in tutta la loro semplicità ed efficacia. Sinceramente? Del suo parere non me ne frega un cazzo, non devo essere importante per lui. Se ha voglia di perdere tempo, che faccia pure.
Elle aspetta che la macchina sparisca all'orizzonte, poi si accascia senza forze sul marciapiede, dando libero sfogo ai singhiozzi che ha trattenuto troppo davanti a Blaise, abbandona il dolore e la confusione che le sue parole fumose le hanno lasciato addosso, come se fossero un brivido di disagio.
La sollevo e un po' in braccio e un po' addossata a me, raggiungo casa mia. Durante il tragitto riesce solo a balbettare un grazie tra un singhiozzo e l'altro.
Appena arriviamo a destinazione gli altri accorrono per sincerarsi delle sue condizioni.
«Bevi un po' d'acqua, ti farà bene». È Rachel a parlare, ma Dan ad allungarle il bicchiere. Non l'ho mai visto così preoccupato e teso nemmeno per sua sorella.
Jane le si avvicina ed Elle la abbraccia come se fosse la sua ancora di salvezza.
«Era solo il primo round, vero?» Le mormora la sua coinquilina tra i capelli, mentre la culla in modo tenero, quasi materno.
Elle annuisce e si asciuga gli occhi. «E la cosa che più mi spaventa è che non so quanti round mi aspettano per vincere l'incontro».
Come darle torto. Blaise non sembra il tipo che si arrende facilmente, soprattutto se ha un obiettivo. Ed è chiaro quale sia il suo: Elle.
Mi butto sul pouf, spossato. Questa situazione è irreale.
Cosa può far demordere un tipo con una convinzione simile, che sfocia nell'arroganza?
Perché, ehi, lui è mister tenebroso e nessuna può resistergli, nemmeno l'ex che ha tradito mentre era in pieno raschiamento da aborto.
Coglione.
«Si ripresenterà oggi?» Rachel è preoccupata. È domenica, ma non sembra una persona in grado di concedere del riposo solo perché è un giorno festivo e gli uffici sono chiusi.
«Non lo so, non ne ho idea». Alla sola idea di rivederlo Elle entra in iperventilazione e cerca di calmarsi.
All'improvviso, però, mi accorgo che la soluzione per liberarsi dell'ingombrante presenza di Bleah è più semplice del previsto.
Mi giro a guardarla e, con uno sguardo mortalmente serio, la affronto. «Avresti dovuto dirgli quello che voleva sentire» comunico in modo asciutto.
Ogni campanello d'allarme della mia testa mi dà la sveglia. So di essermi inoltrato in un territorio minato, ma non posso evitare di darle l'unica risoluzione che lui sembra accettare. O, forse, ho soltanto bisogno di sentirle dire quello che anche Blaise le sta chiedendo: certezze.
Il ché, lo so benissimo, mi classifica come uno stronzo, quasi al pari del suo ex, ma non posso non pensare che un minimo di chiarezza farebbe bene a tutti, Elle in primis.
E sì, sto cercando di convincermi che non cerco la risposta solo per mero egoismo e per paura di perderla.
Elle ricambia il mio sguardo con confusione, non capisce.
«Non vuoi più vederlo?!» domando in modo retorico. La vedo annuire convinta, così continuo: «Allora digli di non amarlo più. In fondo è quello che lui ti ha chiesto». Appoggio i gomiti sulle ginocchia, per poi passare le mani tra i capelli e arrivare a coprirmi la bocca, in una sorta di tacita preghiera nei suoi confronti.
Sono le undici e mezza di mattina e questa giornata sembra durare da dieci anni, non so come posso arrivare a sera.
Lei cerca di calmare i singhiozzi, prima di parlare. «Non è così facile».
«Perché?» La incalzo senza pietà, tanto che tutti intorno a noi fingono di essere occupati in altro, ma è solo apparenza. «A me sembra facile. Lo ami ancora o no?»
Domanda cruciale, senza valore da quanto è preziosa, almeno per me.
Una riposta con mille sfumature, capaci tutte di uccidermi.
Non so descrivere lo sguardo che mi rivolge. Ci vedo disprezzo, rabbia, ma soprattutto delusione, paura e una richiesta d'aiuto, come se potessi replicare io al posto suo. «No. Cioè, non lo so. Non penso». Si morde il labbro, in difficoltà. «Come ho già detto, non è così facile».
Posso capirlo. Se una persona ti ferisce, i sentimenti non spariscono da un giorno all'altro, anche se le ferite sono così profonde da dissanguarti e lasciarti esanime. Non puoi smettere di amare qualcuno all'improvviso, anche se non se lo merita, se ti lacera l'ultimo brandello di anima rimasto intatto che ti ha lasciato.
«Oh, l'ho notato. Credimi» rispondo aspro, non so nemmeno arrabbiato più perché non sono nemmeno importante in quell'equazione, non sono l'altra persona da prendere in considerazione come metro di paragone, e questo mi ferisce più del dovuto.
Accusa il colpo in silenzio, anche se non capisce il perché di questo mio risentimento.
«Seb, il tuo cellulare sta squillando». Charles ha l'orecchio teso verso camera mia.
Questo interrompe il momento di tensione tra me ed Elle, cosa per cui i nostri amici sono grati. Ne approfitto per abbandonare la stanza e recuperare il fiato, che trattengo da quando sono sveglio. Ho bisogno di allontanarmi un po' dalla situazione per schiarirmi le idee e placarmi un po'.
La chiamata era di Francine, che non è riuscita a raggiungermi, così mi scrive un messaggio.
"Riunione d'emergenza. Alle due nel mio ufficio, ho dei progetti scottanti tra le mani"
Sorrido, grato di questa pausa.
Scusate il ritardo, ma è un periodo FOLLE.
Però ecco qui il capitolo, in tutta la sua rabbia.
Così abbiamo avuto modo – che culo! – di conoscere anche Blaise dal vivo, ben oltre la tamarrata della musica a canna sotto casa.
Qui lascio una diapositiva del soggetto ⬇️ Lo so, tanto bello quanto stronzo.
Ma questo è solo il primo round. La vera domanda è: quanti ce ne sono prima che si dichiari sconfitto? Ma, soprattutto, ne uscirà sconfitto?
Lo scoprirete poi, di sicuro qualche fastidio lo creerà!
Ci aggiorniamo l'anno prossimo,
Intanto colgo l'occasione per augurarvi un buon anno, sperando sia migliore di quello che ci lasciamo alle spalle!
Cris
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