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26. Lampi di spontaneità

Mi sveglio con un sussulto a causa di un tuono. Alzo la testa dal cuscino per vedere dove mi trovo.

Ok. Sono nella mia stanza, nel mio letto, ma non sono solo, perché Elle è ancora accanto a me.

Ero convinto che si svegliasse durante la notte, che fuggisse dopo essersi resa conto di aver azzerato le distanze che aveva preso negli ultimi giorni, invece è ancora qui.

Un altro tuono, più forte del precedente, fa sobbalzare entrambi.

Il temporale che durante la cena sembrava indeciso, ora sta riversando su Londra la sua imperiosità.

Elle, che ha le mani serrate attorno alla mia maglia ­– all'altezza del petto – e la fronte poggiata sulla mia spalla, stringe di più la presa. So, per sua stessa confessione, che non ama molto i temporali.

Ho sentito la mancanza della sua vicinanza, del suo calore mischiato al mio, del suo cuore che batte contro il mio petto.

Mio, suo, aggettivi che ripeto spesso, ma che si mischiano indistinti nella stessa essenza, sfumando i confini labili che ci sono tra noi.

Mi piace pensare che questo essere vicini le è servito per calmarla, per essere serena e riuscire a dormire sonni tranquilli.

In fondo mi piace pensare che ha ancora bisogno di me come io ce l'ho di lei, che sono la persona vuole accanto quando pensa di essere in difficoltà, la prima da cui corre quando vuole sfogarsi e sentirsi al sicuro.

La stringo più a me e inizio a carezzarle la schiena, conscio che anche lei è stata svegliata dal fragore del tuono. La abbraccio per farle capire che ci sono, e la cosa più bella è scoprire che me lo lascia fare e che cerca riparo tra le mie braccia.

«Sei qui» sussurra, con la bocca ancora sulla mia maglietta.

«Dove dovrei essere?» dico con fare assonnato e perentorio, come se quella non fosse una domanda, ma l'affermazione più convinta che riesco a formulare. La cullo appena, nel tentativo di farle distendere i nervi e non pensare alle implicazioni della mia frase.

La pioggia che picchia sui vetri della finestra fa da sottofondo e, al contrario di Elle, la trovo confortevole come una ninna nanna.

«Scusa se ti ho svegliato, non volevo spaventarti». Ignora la mia domanda, quasi retorica, troppo difficile per entrambi. La sua arrendevolezza è qualcosa di sconosciuto.

Non voglio approfittarne, ma desidero imparare a conoscerla, perché da quando ci ha raccontato la verità sul suo passato ho capito che fa parte di lei.

«Tranquilla, sono sveglio da un po'. Colpa del temporale».

Il chiarore dell'ennesimo lampo illumina la stanza, dandomi la fugace diapositiva di noi, esposti alle intemperie, svestiti di ogni protezione, che ci facciamo forza con il sostegno dell'altro. Mi piace.

«Ho paura» emette a un livello impercettibile. Si stringe di più a me, come se fosse possibile.

So che non è il temporale a spaventarla, non solo.

«Sono qui». Sono dove voglio essere.

La sento appoggiare il mento sul mio petto, tanto che abbasso lo sguardo per incontrare il suo. È adesso, in questi sprazzi di fioca luminosità dovuti alle tende che lasciano entrare il chiarore dei lampioni, che mi accorgo di quanto sia la vecchia Elle, quella che non è arrabbiata con me e con la vita, quella che non è spaventata da Blaise e dal passato che porta con sé.

È la stessa Elle che mi ha fatto emozionare e innamorare. L'altra Elle, quella delicata e umana, è quella che l'amore l'ha alimentato.

«Assaggiami» bisbiglia a tradimento, a metà tra l'incertezza e la spavalderia che l'hanno sempre contraddistinta.

L'ultimo invito che mi sarei aspettato da lei.

Prigioniero del mio sentimento, accolgo la sua richiesta, ma lo faccio con cautela. Senza guardarla, per paura che possa cambiare idea, allungo due dita e le accarezzo la bocca. I polpastrelli del medio e dell'indice che accarezzano il contorno del labbro inferiore, che tante volte ho mordicchiato e che vorrei morsicare ancora.

È un tornare a essere in contatto che mi scuote e sconvolge, perché mi ero convinto di non poterla toccare di più, di non provare nemmeno ad avvicinarmi così.

Abbasso appena lo sguardo e scorgo Elle mordersi il labbro come avrei voluto farlo io. Lo incastra sotto i denti e chiude gli occhi. Un gemito sommesso nasce e muore nella sua gola al passaggio delle mie dita.

È la mia morte e la rinascita.

Mi guarda e nei suoi occhi vedo la determinazione e, soprattutto, il desiderio, quella scintilla che basta ad accendere tutto in me.

Prima che possa fare qualsiasi cosa aggiunge: «Respirami».

Faccio come dico, incantato ancora una volta dalla sua magia. La sollevo, fino a farle posare la faccia sul cuscino, e inspiro a pieni polmoni la sua essenza tra il collo e la spalla. Sento il suo profumo, quello di pelle calda, lacrime ed Elle. Quelle sensazioni che l'hanno caratterizzata e che riesco a ritrovare anche adesso, che mi portano a casa e mi fanno sentire al sicuro, come se non ci fossimo mai allontanati.

Elle fa lo stesso con me, con il naso mi sfiora il collo e mi respira. Sembra una tacita ammissione del suo desiderio, di quanto anche lei vuole tutto quello che sta succedendo qui, in questo letto.

Un altro tuono, più forte, occupa lo spazio dei nostri respiri spezzati.

«Sentimi». Una supplica.

E io vacillo. Perché la proposta mi alletta e terrorizza allo stesso tempo.

Ho paura di farmi male, di nuovo. È come se Elle fosse fuoco. Scalda, ma sai che se ti avvicini troppo al calore, ti brucia.

Legge l'indecisione nei miei occhi e mi accarezza lieve i capelli, in un modo così dolce da farmi credere di andare in mille pezzi. Ma sono le labbra e i denti a spezzarmi, con i quali disegna i contorni del collo e della mia volontà.

Una tortura e una coccola.

È il mio turno di provare a soffocare un gemito, con scarsi risultati. Quando Elle solleva il viso ha gli occhi chiusi, come si fa quando si cerca di godere al meglio di un senso e di una sensazione. Lei è tutti i miei sensi e i miei sentimenti.

«Vivimi» dice con più decisione, mentre apre lo sguardo e mi fissa. «Ti prego. So che puoi farlo. So che lo vuoi anche tu. Non frenare me, non frenare te stesso».

Sfrega il suo corpo sul mio, nella carezza che il suo calore riesce a imprimere su di me e con la quale mi toglie ogni briciolo di lucidità rimasta.

Prima che io possa pensare troppo e rimpiangere ogni scelta la mia bocca è sulla sua, impaziente di riprendere il posto che più le spetta, e tutto torna a essere incredibile.

Abbiamo litigato, non ci siamo più parlati, non abbiamo nemmeno chiarito e ci stiamo baciando, consci che stiamo per andare oltre, come se la salvezza del mondo dipendesse dalle nostre bocche incastrate.

La cosa che ha quasi dell'impossibile è che Elle lo vuole quanto me, desidera con ogni centimetro del suo corpo ogni cosa che sta succedendo.

Il temporale diventa l'unità di misura con cui ci scopriamo. Il suo cuore corre contro il mio petto ed è come se desse vita a me. È la sensazione che più mi mancava e di cui avevo un dannato bisogno per sentirmi completo.

Mentre la guardo in religioso silenzio le sue mani scivolano sotto la maglia che porto e mi accarezzano la schiena con inaspettata tenerezza.

Mi godo ogni momento, con la paura di scoprire quanto sia precario l'equilibrio su cui ci muoviamo ora. Ho il terrore di svegliarmi e di vederla scivolare di nuovo via, nascosta dietro i muri che si è costruita con fatica e dolore.

«Sei sicura?» domando, consapevole di poter spezzare la bolla che si è creata attorno a noi.

Elle però annuisce e fa scorrere le dita dalla schiena allo stomaco, cosa che mi provoca brividi che fatico a contenere, mentre con i denti cerca leggera il mio labbro inferiore per morderlo. «Dobbiamo solo fare piano per evitare che gli altri ci sentano». E diventa rossa al solo pensiero.

Già. Non è quel qualcosa che vorrei condividere con loro o, più precisamente, con qualcuno.

Prima che possa cambiare idea torno a baciarla e nel frattempo le sfilo la maglia con lentezza.

Un lampo illumina la stanza, rendendo Elle, stesa sotto di me, eterea, argentea e candida come la luna che la rischiara e delicata come il cristallo. E, in effetti, per me è così: fragile e preziosa.

La tocco con il timore di trovare la scritta "maneggiare con cura" da qualche parte sul suo corpo, ma non posso trattenermi dal delineare i suoi confini con le dita.

E, se di solito un artigiano plasma il cristallo con il fiato che soffia nel materiale incandescente, io lascio che il calore di Elle mi bruci, che siano le mie mani a modellare la vita che Elle mi deposita nei palmi. Sono io il suo creatore, mentre lei è ciò che mi definisce. L'uno senza l'altra non esistiamo.

Al fragore del tuono si stringe attorno alla maglia e appena il rumore passa me la toglie con la stessa indolenza che io ho riservato alla sua. Un gioco al massacro che ci vede entrambi vincitori.

Quando mi permetto di abbassare lo sguardo avido sul suo corpo scoperto, noto il seno alzarsi e abbassarsi con troppa frequenza per l'affanno, a dimostrazione di quanto la situazione la agiti, come se fosse la prima volta che ci troviamo così, pelle a pelle.

È in ansia e impaziente. O almeno è quello che la speranza che si è riaccesa in me vuole farmi credere, sono così fuori da me stesso in questo momento da non credere più a niente per la paura che la razionalità stia giocando brutti scherzi.

Tra un bacio e una carezza facciamo sparire i pantaloni di entrambi, per rimanere in intimo, anche se non sembra bastare.

Inizio a baciarla appena sotto il collo per arrivare alla clavicola e capire di non averne abbastanza. Ho bisogno del sapore, della sua essenza, quella sincera che emana e la contraddistingue. Quel gusto che manca alla mia bocca da troppo tempo.

Ogni tocco delle mie labbra le fa venire la pelle d'oca, come se il suo desiderio fosse talmente grande da non poter essere contenuto e questa reazione amplifica anche il mio.

Da sola si leva il reggiseno, forse per impazienza o forse conscia dei miei problemi di coordinazione con certi espedienti, poi fa scivolare le mani fino all'elastico dei boxer e mi aiuta a liberarmene.

Riservo lo stesso trattamento ai suoi slip, poi rimaniamo un momento a rimirare i nostri corpi nudi, illuminati dai lampi.

Ho un bisogno impellente di sentirla mia, di imprimerla in ogni respiro e gemito, per proteggerla e per salvarmi, e così faccio.

Dopo aver recuperato un preservativo dal cassetto del comodino qui accanto, entro in lei, che sembra attendermi da una vita e la vedo trattenere un gemito. Chiude gli occhi per godersi al meglio la sensazione. L'espressione estasiata che ha sul volto è per me la gioia più grande, perché sono io a renderla così. E, soprattutto, perché è lo specchio della mia felicità.

Solo in lei mi sento completo e appagato, perché in Elle ritrovo me stesso, quella parte che mi piace di me.

Ed è bello ritrovarla sempre di più a ogni affondo. Più rilassata. Più serena. Più libera. Più Elle, la stessa Elle che ho conosciuto e che non si faceva frenare da una situazione complicata.

Le poso una mano sul fianco per cambiare posizione e spingermi più in profondità, così lei ne approfitta per incastrarmi una mano tra i capelli. Mi fa girare la testa verso il suo viso per guardarmi dritto negli occhi. Accenna un sorriso e sulle sue labbra appena aperte muore l'orgasmo a cui ho dato vita. La brama che aveva di raggiungerlo, come se non avesse atteso altro dal momento in cui ci siamo separati, mi rende euforico, al punto da raggiungerla poco dopo per rincorrere il suo.

Ed è così che il suo piacere è diventato il mio. Ed è così che vorrei che un po' del mio amore divenisse il suo.

I suoi occhi sono caldi, sorridenti, e sapere di essere riuscito a riaccendere in lei una scintilla di vita mi riempie di gioia. Elle lascia piano la presa sulla mia nuca, di colpo esausta.

Faccio appello a tutta la delicatezza che mi appartiene per adagiarmi appena su di lei e al suo fianco, mentre i nostri respiri si regolano gli uni con gli altri.

La avvolgo con un braccio ed Elle, nello stesso momento, mi accarezza la schiena in un incastro di arti quasi perfetto.

È stupido, ma il mio gesto è atto a darle un minimo di protezione, da Blaise, da tutto ciò che di brutto c'è nel mondo, da ogni cosa che può provare a ferirla. Sento il bisogno di difenderla, di difendere la parte più fragile e bella di me.

Un brivido di freddo la scuote, così ci avvolgo nel lenzuolo leggero. Ci addormentiamo senza dirci una parola, ma con il ricordo delle sue labbra premute sulla tempia.

*

Mi sveglio col sorriso e mi sento idiota per l'ovvietà della cosa e per l'averlo notato. Potevo nascere ribelle, invece mi ritrovo a essere un portatore fiero di cliché. La cosa che mi preoccupa? È che non mi importa, perché se cerco di risalire all'ultima volta in cui è successo, forse lo collego alla notizia in cui mi hanno comunicato di essere stato scelto come protagonista di Legacy. E sono passati quattro anni, così, giusto per dire.

La sensazione di benessere, però, passa subito, schiacciata da una domanda che pesa sulle mie spalle come il mondo fa su quelle di Atlante: e ora? Come ci comporteremo?

Faremo finta che quello che è accaduto stanotte non sia mai successo, o ne parleremo per ritrovarci a due punti opposti, litigare, e allontanarci di nuovo?

Scosso, cerco di alzarmi dal letto e, per farlo, devo liberarmi del braccio di Elle avvolto attorno alla mia vita. Tento di fare tutto senza svegliarla ma, senza nemmeno dirlo, fallisco miseramente nell'intento.

Mi affido al mio istinto, quindi recupero i boxer, che trovo accanto al letto, poi mi piego su di lei, ancora assonnata.

«Buongiorno» bisbiglio tra i suoi capelli, dopo averle baciato la testa e inspirato il suo odore celestiale, con l'aggiunta di sesso della notte appena trascorsa.

Elle si mette a sedere e, dopo aver indossato la maglietta, si stira per riprendere possesso del corpo. «Buongiorno a te, finto fidanzato. Pronto per l'impresa? Conoscendo Blaise non si farà attendere poi molto». Il buonumore rovinato da una smorfia dovuta al pensiero di Blaise e al fatto che prima o poi si paleserà di nuovo nei paraggi.

Come inizio conversazione non è andato male. Mi aspettavo di peggio, però... mi irrigidisco. Perché mi rendo conto che il primo pensiero di Elle in mia compagnia è sempre rivolto a qualcun altro, e non so in che termini pensa al suo ex.

«Sono nato pronto». Sminuisco il fastidio che sento e mi giro verso la stanza, in cerca dei pantaloni della tuta. «Mi vesto e vado a fare colazione, sento le voci di Jane e Rachel in cucina».

Perché la domenica è consuetudine ritrovarsi davanti a un pasto invitante e farlo tutti insieme.

Dopo aver assunto un aspetto dignitoso – giusto per non uscire mezzo nudo davanti alle ragazze – mi giro verso la porta, ma Elle non sembra essere dello stesso avviso.

«Aspetta». Mi trattiene con una supplica. «Siediti un attimo qui, vorrei dirti una cosa». Si sposta accanto al muro, nel letto che è mio ma sembra diventato suo, e mi fa spazio. Si porta i capelli dietro l'orecchio e sembra in difficoltà.

La assecondo, controvoglia, perché quando iniziamo a dialogare in modo civile ed Elle poi fa un discorso, finisce sempre male. «Dimmi».

Cerco di esprimermi con un tono neutro, ma sono così teso che la mascella mi fa male da quanto è contratta. Fisso la chitarra davanti a me con tanta intensità che potrei abbattere il muro a cui è appoggiata con un solo sguardo.

Elle lascia andare un sospiro, quasi fosse troppo imbarazzata per continuare.

«Vorrei che sapessi, dato che sei il mio "ragazzo"», mima le virgolette con le mani, «che non ho fatto sesso con Toby. Mi ha visto scossa e mi ha ospitato per la notte, tutto qui».

Alza le spalle, forse nel tentativo di discolparsi da un possibile sguardo scettico.

La verità è che io, invece, sono sconvolto. Non solo per la rivelazione, ma per tutto quello che porta con sé. Il fatto che voglia essere onesta e chiara nei miei confronti è un enorme passo avanti. Sono stupito perché ero convinto che avesse voluto da lui quello che ha sempre ottenuto da me, e mi stupisce ancora di più che abbia ammesso invece non è andata così.

«Non c'è bisogno che tu me lo dica. Non sei tenuta a farlo, non siamo legati da alcun vincolo, in realtà». La vedo spalancare gli occhi, colpita sul vivo e non riesco a interpretare la sua reazione. «Però grazie per avermelo detto».

«Sentivo il bisogno di farlo. Sono stata pessima e ho riversato su di te la mia frustrazione». Avvicina in modo impercettibile le dita alle mie, con la scusa di rincorrere una piega del lenzuolo. «Non è giusto. E mi stai anche per aiutare con Blaise, fingendo di essere il mio ragazzo. Per partire al meglio mi sembra necessario mettere le cose in chiaro».

Tobias è solo la punta dell'iceberg, per mettere davvero le cose in chiaro dovremmo affrontare a mente fredda ogni discorso fatto con rabbia, ma non ne ho nemmeno la forza, quindi annuisco, grato per la confessione.

«Ora vai, ti ho trattenuto abbastanza. Vado in bagno a darmi un aspetto umano e poi vi raggiungo» dice con premura, con la paura di essere di troppo o dar fastidio, con un rispetto che di rado mi ha rivolto.

Dovrei essere felice, ma in realtà mi addolora vedere Elle camminare sulle uova per paura di disturbare, come se non fosse la benvenuta in una vita che ormai le appartiene. E non parlo di me, ma di quella quotidianità che si è costruita con i miei amici, delle piccole cose che sono sempre state sue, anche prima del mio arrivo.

Faccio la mia entrata in soggiorno con un glorioso sbadiglio. «Buongiorno. Mormoro, dopo essermi stirato.

Vedo tutti che mi osservano con occhiate indagatrici e appena mi vedo riflesso nel vetro della portafinestra capisco perché: dal mio aspetto sembro uno che ha fatto il miglior sesso sulla faccia della terra o ha avuto un incontro di wrestling. E, in effetti, sono il risultato di entrambe le cose.

«Buongiorno a te, Principe Azzurro. Hai soccorso la tua principessa?! Non dovevi dormire sul divano?» Daniel alza un sopracciglio mentre si porta alla bocca una tazza di the. È così compassato – solo in apparenza, perché so che lo stronzo si sta divertendo da matti a mettermi in difficoltà davanti agli altri – da sembrare la perfetta pubblicità della Twinings.

Rachel e Jane sono avide di particolari, non riescono nemmeno a fingere di non essere interessate a me o alla mia risposta, tanto che interrompono il loro brunch. Perché, in effetti, chiamarla colazione è una presa per il culo, dato che sono le undici passate.

Alzo le spalle per poi prendere posto al tavolo, rilassato, anche se è solo finzione. «Non voleva dormire da sola a causa del temporale, ha paura. Mi ha chiesto di restare per addormentarsi. E poi dovevamo confrontarci su alcuni dettagli della nostra farsa».

Le ragazze sono convinte, soprattutto dalla mia ultima aggiunta, ma l'espressione scettica e con una punta di malizia di Daniel dimostra che non sono riuscito a prenderlo in giro, soprattutto sul modo in cui la notte è trascorsa.

«Caffè, per favore». Indico a Marcus il brik in cui è contenuto nel tentativo di distogliere l'attenzione dalla faccenda. «Grazie».

«Ciao a tutti». Elle irrompe nella stanza intenta a sistemarsi lo chignon sopra la testa, cosa che sembra alimentare la confusione di tutti, dato che sembra che nei suoi capelli ci siano passate delle dita tutta la nottata, ed è stato così.

«Come stai, tesoro?» Le domanda Jane, premurosa e preoccupata.

«Meglio, credo». Ma ha perso un po' del colore che stanotte aveva ripreso.

«Sei pronta ad affrontarlo?» Rachel non gira attorno alla questione e la apprezzo, perché sono il primo che ha bisogno di simili risposte.

Elle fa una smorfia con il labbro superiore. «Non molto, ma devo. Prima chiudo la questione e prima se ne va». Si allunga per recuperare il caffè rimasto, mentre Charlie le passa un paio di biscotti, che lei accetta con riluttanza, ma il mio amico non è pronto a ricevere un no, soprattutto perché Elle ha saltato la cena. «Si è già fatto vivo?» domanda a Dan.

Il mio amico annuisce. «È già qua sotto, come ieri. Ma senza musica spaccatimpani al seguito, grazie a Dio. Ma l'aveva promesso che sarebbe tornato, no?» Replica la stessa espressione schifato di Elle, poi ritrova un'energia che la domenica mattina dovrebbe essere considerata illegale in ogni paese civile. «Bene! Ora che siete tutti svegli e pimpanti, iniziamo la recita!»

Lo dice come se lo riguardasse e ne fosse il regista. E, soprattutto, come se io fossi davvero pimpante.

Spoiler: ho un sonno che potrebbe uccidermi, ma sorvolo sulla faccenda.

«Seb, vai a fare il tossico sul balcone con le tue sigarette, so che riesci a fumare anche se ti sei appena svegliato». Che ipocrita. Parla come se il vizio fosse solo mio e lui l'immacolato di turno.

Non bada alla mia occhiata truce e si rivolge a Elle: «Tu, cara damigella in pericolo, aspetta qualche istante e poi raggiungilo fuori e bacialo. Sia chiaro: voglio vedere le lingue aggrovigliate come se stessero giocando a Twister».

È soddisfatto delle sue osservazioni, mentre io lo fisso, allucinato. La sua vocazione da sceneggiatore non mi piace, soprattutto se riguarda la mia vita sentimentale, seppur finta. L'ultima volta che ho controllato non mi sembrava che fosse scritta da Daniel Harrison.

Elle si gira scioccata nella mia direzione, rossa in volto e incapace di rispondergli con il dovuto sarcasmo.

Io, invece, ho la tazza sospesa a metà del suo percorso, indeciso se finire di bere il caffè o se spaccargliela in testa. «Stai scherzando, vero?»

«No. Volete mettere il fastidio che può provocare la scena idilliaca di due piccioncini appena svegli che, dopo aver dormito – o non dormito – insieme, si danno il buongiorno? In questi casi l'apparenza è tutto!» Alza l'indice a voler sottolineare il suo concetto, ma deve aver capito che Elle e io non siamo molto propensi a limonare per un pubblico, anche se ristretto, così riprende: «Se non lo fate giuro che prendo un paio di vostre foto, apro Photoshop e spedisco il risultato a tutti i siti di gossip. Così oltre a Blaise spezziamo i cuori di un intero fandom, pronto a non farvi dormire la notte. Intesi?»

Cazzo. Psicolabile com'è lo farebbe davvero. Anche perché vedo che si è calato fin troppo bene nel ruolo di sceneggiatore e regista. Non ci tengo a scoprire cosa potrebbe succedere se non dovessimo assecondarlo.

Non me lo faccio ripetere due volte, mi alzo e vado sul balcone con la mia tazza.

Mi appoggio al parapetto con la schiena e accendo la sigaretta, anche se non ho intenzione di fumarla, non voglio togliermi dalle labbra il sapore di Elle e del caffè. Con la scusa di riparare la fiamma dell'accendino mi giro appena e con la coda dell'occhio guardo in basso e lo vedo.

Non c'è Ian, non c'è Jason e nemmeno Tobias che tenga: con Blaise è un'altra storia. Lui è la vera sfida. È il tipo che vedrei perfettamente accanto a Elle. È una spanna sopra tutti i ragazzi che pensavo di dover affrontare per spiccare agli occhi di lei.

Ma Blaise non è un ragazzo, è un uomo. È stato l'uomo della vita di Elle e il confronto mi spaventa, so che non ne uscirò vincitore.

Sono perso nei pensieri con lo sguardo fisso sul caffè, la sigaretta stretta nelle dita dell'altra mano che brucia per conto suo, quando Elle mi raggiunge, mi sorride con le guance tinte di imbarazzo, bella come non mai, prende la mia tazza per bere un sorso della mia colazione. Poi si alza sulle punte e mi bacia.

Senza incertezza. Senza rancore. Senza la paura di esporsi.

Stiamo accontentando Dan e i nostri amici e, nel frattempo, Blaise starà assistendo allo spettacolo, attonito. Ma per me questo momento è solo nostro.

La sento cercare la mia lingua con la sua e perdo lucidità. Lascio andare la sigaretta per terra e le cingo la vita con un braccio, mentre con l'altra mano reggo insieme a lei il caffè. Le dita di Elle si posano sul mio petto, all'altezza del cuore, quasi le servisse per conoscere tutte le risposte alle sue domande silenziose. Accarezza quel cuore che ormai è suo.

Lo ammetto: sto approfittando della situazione, ma non sembra darle fastidio.

Per me è tornare a respirare, è liberatorio farlo alla luce del sole e con una nuova tregua come base. Mi inebria.

Arriva la realtà a rompere la bolla che ci ha isolati da tutto il resto, e lo fa sotto le sembianze di una voce fredda e arrabbiata che proviene dalla strada.

«Levale le mani di dosso!» Urla Blaise. «Elle, scendi, ti prego. Dobbiamo parlare».

La cosa che mi urta è che, involontariamente, lo assecondiamo e ci separiamo.

Elle rimette i piedi per terra e sospira mentre alza gli occhi al cielo. «Bingo».

Perché è proprio quello che Dan aveva pronosticato. Immagino si possa dire che avesse ragione, ma non c'è bisogno che lo sappia.

Elle si sporge oltre la mia spalla per parlargli, come se si fosse accorta solo ora della sua presenza. «Fatti gli affari tuoi!»

Poi, prima di rientrare, si gira di nuovo e urla di rimando: «Prima o poi arrivo». Anche se è palese che non vorrebbe scendere per confrontarsi con Blaise nemmeno sotto tortura.

Quando ci richiudiamo la portafinestra alle spalle, veniamo investiti da uno scroscio di applausi.

I nostri amici si sono goduti la scena, a quanto pare.

«Ottima interpretazione, me ne compiaccio» dice Dan con un sorriso diabolico, che vuole comunicare al mondo che lui sa benissimo cosa si è nascosto dietro quel gesto. «Ora non resta che affrontare Bleah, poi possiamo tornare tutti a vivere felici e contenti».

«Bleah?» Elle è confusa.

«È una storia lunga, te la spiego poi» rispondo sottovoce.

«Perché non hai intenzione di farti portare via da lui, vero?» Rachel, preoccupata, si riaggancia al discorso di Daniel, lasciando tutti in silenzio.

Elle sorride, ma non sa come ribattere.

La verità è che la risposta a questa domanda mi spaventa e so che arriverà sempre troppo tardi, almeno per me.

ECCCCCIAO!

Chi ha bisogno di essere rianimata? Chi di una doccia fredda? 

Comunque ve lo dico, il titolo doveva essere: il capitolo in cui tutti perdono la brocca, ma non mi sembrava in linea con gli altri, così ho lasciato perdere!

Però, però... vi ho regalato qualche gioia, giusto?

È un capitolo bello carico. Di eventi e di sensazioni. Spero vi sia piaciuto, perché ci ho lasciato parte della sanità mentale.

Ma la meritava, perché Elle e Seb dopo la tregua si stanno muovendo in un territorio rischioso e inesplorato, ma il nuovo comportamento di lei, forse meno aggressivo perché ormai non ha più nulla da nascondere, determina nuovi scenari.

Chissà se questa volta la direzione è quella giusta!

Io vi saluto perché ho già detto abbastanza.

Vi do appuntamento con Lost lunedì e con il nuovo capitolo di IPPM tra due settimane, anche se non so se riuscirò ad aggiornare con regolarità a causa del lavoro, ma farò del mio meglio!

Cris

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