25. L'arte della guerra
Mi siedo a tavola ma non tocco cibo, che gli altri mi hanno messo nel piatto nel posto che hanno lasciato libero per me. Mi è passata la fame.
«Sul serio, ragazzi, dobbiamo trovare una soluzione alla questione "fidanzato di Elle"» bofonchia Dan, tra uno spaghetto masticato e l'altro. Quando si dice la classe e l'eleganza.
«Eh no». Insorgo, dopo aver sbattuto con troppa forza la forchetta sul tavolo, posata con cui mi ero deciso a fare un disegno astratto nel piatto. «Tu trovi una soluzione, dato che il problema l'hai creato tu».
Ho altro a cui pensare, al momento, tra la tregua con Elle e i miei progetti lavorativi tra cui devo destreggiarmi per far combaciare ogni set per evitare che le produzioni slittino o il mio ruolo salti.
«Ok» Alza le mani in segno di resa. In una regge la forchetta e nell'altra il tovagliolo, con cui poi si tampona la bocca piena di cibo. Penso sia il suo secondo giro. «Allora, facciamo il punto della situazione. Se la vita ti dà limoni...»
Non capisco dove voglia andare a parare, ma gli altri sembrano affascinati dal suo inizio e gli vanno dietro a ruota.
«Fai una limonata?» Rachel è la più ovvia e la più delicata.
«Un gin lemon?» Edward, invece, ci mette un po' più di creatività e la giusta quantità d'alcool, quella consentita per sopravvivere alle sfighe che riserva la vita.
«No. Pensate in grande». Dan agita le mani e cattura l'attenzione di tutti. Sembra un prete intento a fare il suo sermone e noi, come dei poveri cretini, siamo il suo pubblico imbambolato. «Se la vita vi dà limoni, spruzzateli negli occhi di chi vi sta sulle palle».
«Tratto da "L'arte della guerra", suppongo». Lo prendo per il culo, acido. «Cosa c'entra con il finto fidanzato di Elle?!»
«Già, dobbiamo spruzzargli limoni negli occhi? Non è crudele?» Rach si morde il labbro, preoccupata. «Cioè, è un pezzo di merda e siamo d'accordo, ma abbassarmi al suo stesso livello non mi farebbe dormire tranquilla».
Vorrei avere la sua stessa morale ferrea, perché io provo il desiderio mortale di usare la sua faccia come un bersaglio.
«No, Rach, non vogliamo scalfirlo a livello fisico, non c'è bisogno che ci becchiamo delle denunce, ma dobbiamo distruggerlo emotivamente». Daniel ha una luce negli occhi a metà tra la determinazione e la follia ma, conoscendolo, opto più per la seconda descrizione, di sicuro è più calzante.
«Come?» Jane dà voce alla nostra curiosità.
«Facciamo il punto della situazione, ok? Io non posso fare il suo fidanzato, ho detto chiaramente a Bleah...»
«Blaise». Lo interrompe Charles, convinto che Daniel abbia problemi con il francese, forse memore delle figuracce fatte nella loro gita di inizio giugno.
«Bleah. È il nome adatto per lui. È la reazione che ti suscita una merda quando te la trovi davanti». Ma Dan stupisce tutti con una frase tanto cruda quanto vera. Non c'è descrizione migliore per un omuncolo simile.
«Se fossi una donna ti amerei». Charlie è ammirato, e noi con lui, anche se non lo ammetteremmo nemmeno sotto tortura.
«Mi ami comunque». Dan, però, ha dalla sua una dose extra di sicurezza, che sfoggia alla minima occasione, tanto da accompagnare l'affermazione con una strizzata d'occhio capace di far imbarazzare anche la più disinibita delle persone. «Comunque, dicevo: io ho detto chiaramente a Bleah che il fidanzato di Elle era in casa con lei. Quindi, anche se sono un attore sublime, con una capacità di improvvisazione eccezionale e un'avvenenza fuori dal comune, io non posso ricoprire il ruolo. Rimanete voi tre». E, con la sua adorata forchetta e tutta l'umiltà che lo contraddistingue, indica Charlie, Ed e me.
Jane, però, irrigidisce la postura e schiarisce subito la voce. «So che forse non è il momento adatto per dire questo, ma Eddie è fuori dai giochi». Arrossisce mentre lui le si avvicina con la sedia, un nuovo fronte compatto davanti a eventuali polemiche.
«E perché?» Dan e Rach sono curiosi.
«Perché Jane e io stiamo insieme. All'inizio non l'abbiamo detto per non creare problemi nel gruppo nel caso non fosse andata...» Edward sgancia la verità con un'espressione che è un misto di imbarazzo e colpevolezza per avercelo tenuto nascosto, ma la verità è che siamo felici per lui.
«Ma siccome funziona alla grande è ora che lo sappiate». Continua Jane. «E che sia chiaro che non ho voglia di dividerlo con altre. Nemmeno per finta».
Come non capirla, io non sono mai stato pronto a dividere Elle con altri, anche se non ne ho mai avuto il diritto. Avrei voluto dire che non è mai stata mia, ma Elle – così come ogni altra persona – non è di nessuno, è soltanto di se stessa.
«Oh, finalmente avete smesso di girarci attorno. Ora non devo fingere di non aver compreso cosa ci fosse tra voi». Daniel liquida la questione con un gesto della mano, quasi fosse ovvia. «Ok, allora in gioco rimangono Seb e Charlie, giusto?»
Mi fissa e alza un sopracciglio per tentare di mandarmi altri messaggi subliminali ma, come prima in salotto, non riesco a coglierne nemmeno uno. La cosa che mi preoccupa, però, è che Daniel ha un piano e lo sta portando avanti con maestria. Non capisco dove voglia andare a parare, ma vedo con chiarezza che sta comandando tutti gli ingranaggi per ottenere il risultato che ha in mente.
«Charlie, tu cosa ne pensi?» Lo indica con il coltello e, al posto di apparire minaccioso, sembra soltanto l'idiota che è.
Il nostro amico ci pensa un po'. «Beh, io sono un programmatore. Seb è un attore. Inoltre lui ha passato molto più tempo di me con Elle, nell'ultimo periodo. Secondo me Seb è molto più indicato per un simile ruolo».
Cazzo.
Daniel è un fottuto stronzo. Uno di quelli fottutamente brillanti, glielo devo riconoscere.
«E perché?» Lo incalza il genio del male.
«Perché è più bravo a recitare e a interpretare una parte. In fondo è il suo lavoro». Charles alza le spalle e si gratta il collo, imbarazzato per aver giocato a scaricabarile con me.
«Già». Edward riflette ad alta voce sulle conseguenze che una scelta simile può avere. «E poi volete mettere la faccia di Bleah quando vede che il nuovo ragazzo di Elle è la star più desiderata del momento? Può aiutare Elle a sbarazzarsi di lui più velocemente del previsto».
Mi fa piacere che il criceto in prognosi riservata che Ed ha in testa si sia svegliato dal coma in questo momento, ne sono davvero contento.
Le ragazze sembrano entusiaste, dopo una simile osservazione non c'è dubbio che trovino la scelta elettrizzante, oltre che la più indicata.
«Certo, non è il sottoscritto, ma può essere un brutto colpo per l'autostima del mangiarane». Daniel è soddisfatto. Stronzo. Sono arrivati proprio dove lui li ha voluti condurre fin dall'inizio. Se Dan fosse a capo dell'esercito a quest'ora avremmo il controllo su tutto il mondo.
«Mettiamola ai voti». Propone il mio migliore amico, che a breve conquisterà il titolo di ex, mentre io alzo le spalle, conscio di avere le mani legate. «Chi vota per Seb?»
Tutte le mani si sollevano per me, tranne la mia. Mi sembra di vedere anche qualche piede. Sì, è quello di Charles, terrorizzato all'idea di dover fare una cosa per cui, effettivamente, non è portato.
«Te la senti?» Rachel è preoccupata, forse il mio silenzio rabbioso ha fatto abbassare la temperatura nella stanza di una decina di gradi. Ora che hanno già deciso il mio parere conta?
Apprezzo comunque che, almeno una persona, si sia posta il pensiero di chiedere il mio parere a riguardo, visto che – a quanto pare – sono coinvolto.
«Sembra di sì, dato che non ho molta scelta». Cerco di usare un tono rassegnato e non cattivo, anche se mi è difficile controllare la rabbia che provo in questo momento.
Vorrei prenderli a schiaffi tutti, perché non sanno quanto mi costa, quanta sanità mentale c'è in gioco, quanta sofferenza dovrò mettere in campo perché vorrei che fosse vero, invece devo fingere. Proprio con Elle, l'unica con cui non l'ho mai fatto. Ma loro non sanno cosa vuol dire per me. Non lo sanno, tranne Dan, l'artefice di questo teatrino.
«Scusate, ho perso l'appetito». Mi alzo di scatto. Non mi interessa che colleghino la mia collera alla loro scelta, non ho voglia né intenzione di preoccuparmi del loro senso di colpa, che si sentano anche loro uno schifo come mi sento io ora.
«Dove vai?» È Dan a farmi quella domanda, troppo su di giri perché il suo piano è andato a buon fine.
«A fumare». Agito appena la mano per mostrargli il pacchetto, senza nemmeno girarmi, mentre esco sul balconcino.
«Vengo anche io». E lo sento saltare in piedi e far stridere la sedia sul pavimento.
In risposta faccio spallucce, come se non mi importasse, ma è l'ultima persona con cui vorrei dividere quello spazio. Mi piacerebbe avere un attimo di solitudine per far pace con il nuovo piano ideato dai miei amici.
So che avrei potuto ribellarmi, ma sarei passato per lo stronzo senza cuore che – purtroppo – non sono, e inoltre ho promesso a Elle di starle vicino e, neanche a farlo apposta, i miei amici sembra abbiano trovato il modo migliore per farmi onorare quella promessa.
«Me ne offri una? Le ho finite». Un'altra piccola cosa che fa aumentare la mia stizza. Ancora un passo falso da parte di Dan e giuro che a domani non ci arriva. Ho l'animo giusto per commettere un omicidio e lui è in cima alla lista. Al momento se la gioca Blaise. Bleah. Beh, lui.
Con una calma che non mi appartiene affatto gli porgo il pacchetto.
«Grazie». Io, in risposta, accendo la sigaretta ed emetto il primo sbuffo di fumo.
«Lo so che sei incazzato». Di sicuro conferma di essere perspicace.
«Già» rispondo a mezza bocca, con le mani sul parapetto e la sigaretta tra le labbra. Cerco di godermi l'aria di pioggia che aleggia su Londra. Dato il caldo e l'afa, il vento fresco e l'odore elettrico nell'aria sono un toccasana. Mi aiuta a distendermi, a calmarmi, così come i lampi in lontananza sembra che scarichino al posto mio tensione.
Sì, sono proprio come il temporale che si sta per abbattere sulla città. A breve siamo pronti a scatenare le nostre ire.
Dan, per nulla turbato dal mio umore poco collaborativo, si appoggia alla balaustra con la schiena. «Sappi che l'ho fatto per te. Un giorno mi ringrazierai».
Alzo un sopracciglio nella speranza che colga tutta la mia ironia e i dubbi a riguardo. «E perché mai?»
«Perché così hai l'opportunità di dimostrarle di essere migliore di Baise. Le puoi dimostrare che le stai accanto, nonostante al momento non siate in buoni rapporti. Questo fa la differenza».
Odio quando ha ragione.
«Ci ho già provato, e non le interessa molto. E, se non l'hai notato, vuole essere lasciata in pace». Indico con il pollice la finestra della mia stanza, ma evito di dirgli che ci ha visto lungo e abbiamo stipulato una storta di tregua per fronteggiare Blaise, quello che si è rivelato essere un nemico comune.
Aspira, giusto per prendersi il tempo per creare aspettativa. «Quante volte hai fatto come Elle ti ha chiesto?»
«Quasi sempre» ammetto controvoglia, con una smorfia che coinvolge solo un angolo della bocca.
«E dove ti ha portato?»
A questa conversazione scomoda, ma sorvolo. «A niente. A dove sono ora».
«Esatto!» Dan batte le mani, con fare ovvio. «Ora che Blaise è qui e crea scompiglio, agisci come meglio credi, Elle non sarà lì pronta a bacchettarti, è presa da altro. L'importante è che le dimostri di essere diverso da lui, che sei un uomo migliore. E quale modo migliore per provarlo se non farle vedere che, al contrario di Bleah, tu per lei ci sarai sempre, nonostante tutto?»
Nonostante le incomprensioni. Nonostante i litigi. Nonostante i rifiuti.
Masochista e maturo allo stesso tempo.
Il ragionamento di Daniel è più che corretto, in effetti. «Mi scoccia dirlo ma... hai ragione. Dove le hai imparate tutte queste cose?»
«Beh, evitare i casini ma guardare quelli degli altri – e risolverli – aiuta». Solleva solo un angolo della bocca, divertito.
«Sei un vero amico». Gli metto una mano sulla spalle e ingoio il resto del malumore che ho alimentato per tutta la serata.
«Se fossi stato al mio posto avresti fatto lo stesso». Annuisce, convinto di ciò che ha appena detto. «Rientriamo?»
Gli faccio sì con la testa e mi precede in casa.
Nell'andare di nuovo verso il tavolo, dai nostri amici, recupera il tono scherzoso: «Signore e signori, vi presento il finto fidanzato di Elle». Fa un inchino teatrale dopo avermi esposto agli altri, che ora fissano l'attenzione su di me, che sono fermo e impacciato come un mago a cui non è riuscito il trucco di sparire.
Sorridono e, dopo aver ripreso i loro discorsi, riordiniamo il tavolo e la cucina per dedicarci poi a un film, ma prima di sedermi in compagnia vado a controllare Elle.
Mentre mi avvio verso la mia camera sento Charlie urlare: «Bravo, vai a fare il fidanzato? Vedi che sei quello adatto? Quando ti cali in una parte sei eccezionale, al di sopra di ogni sospetto!»
Gli sorrido appena, Charles non sa che tutto quello che faccio per Elle non è dettato da uno sforzo recitativo, ma è spinto dalla semplice volontà di farlo e di starle accanto.
Vorrei semplicemente che fosse la realtà e ogni gesto fosse parte della nostra quotidianità.
Busso anche se la porta e socchiusa, proprio come l'avevo lasciata. «Come stai?»
Mi arriva un gemito a metà tra un rantolo e un singhiozzo. Almeno è viva e respira.
«Vuoi guardare un film con noi?»
Fa no con l'indice.
«Vuoi che stia qui?»
Aspetta a rispondere. Ci pensa. Un'attesa che mi logora dentro, come se la mia vita dipendesse da questo momento. Poi arriva un altro no, ma mi ringrazia con una sincerità che non le è appartenuta per troppo tempo.
La lascio di nuovo alla tranquillità della mia camera senza l'amaro in bocca che contraddistingue ogni suo rifiuto, perché so che non è dovuto a me, ma a come Elle si sente.
Gli altri e io guardiamo un film e due ore e mezza passano alla svelta, intervallata da uno di noi che monitora lo stato di Elle.
A fine proiezione è il turno di Rachel di controllare di controllare come si sente l'amica, e torna da camera mia con un'espressione combattuta. «Si è addormentata. So che è ora di tornare al nostro appartamento, ma non ho cuore di svegliarla».
«Forse se uno dei ragazzi la porta in braccio...» propone incerta Jane.
«Equivarrebbe a svegliarla» conclude Dan, pratico.
«Tranquilli, lasciamola dov'è, io dormo sul divano». Una notte non proprio idilliaca, ma non mi ucciderebbe di certo.
«Sicuro? Potresti dormire nel suo letto» suggerisce Rachel, anche se non ne è convinta. Offerta che apprezzo, ma senza l'invito di Elle sembra una violazione dei suoi spazi personali alle orecchie di tutti i presenti. E poi mi sembrerebbe strano stare nel suo letto senza di lei, ma con Rach e Jane in casa.
«No, mi sentirei a disagio. Davvero, è comodo». E molleggio sul mio posto per sottolineare la cosa.
«Sei un tesoro». Rach mi abbraccia con riconoscenza, ma la cosa mi crea imbarazzo. Non ho mai capito se sia il suo modo di fare o un blando tentativo di farmi capire che non le sono indifferente. Fatto sta che per lei la mia zona pelvica è off limits.
«Ok, noi andiamo». Jane prende l'amica e si avvia verso la porta, forse per paura di svegliare Elle. «Ma se ci fossero problemi o altro venite a chiamarci a qualsiasi ora, non fatevi scrupoli».
Poi, prima di andare nel loro appartamento, bacia le labbra di Edward e ci dà la buonanotte.
I miei amici mi chiedono se mi serve qualcosa, ma dico che entrerò in camera mia con la dovuta cautela, prenderò le mie cose e dormirò sul divano senza problemi. Ci salutiamo prima della zona notte e io entro nella mia camera, la più vicina alla cucina.
L'intenzione è recuperare uno dei miei cuscini, una coperta e dell'abbigliamento comodo, dei pantaloni della tuta e una maglietta andranno più che bene.
Mi muovo in modo furtivo per la stanza, quando un rumore mi fa perdere dieci anni di vita.
«Ciao...» Lo voce di Elle è roca, graffia la gola provata dal pianto. È un sussurro, ma mi basta per trasalire al buio perché non me l'aspettavo.
Finisco di infilarmi la maglia che ho deciso di usare a dormire, poi mi giro verso di lei.
«Ehi, ti ho svegliata?» Mi avvicino al letto per continuare a mormorare, quasi ci stessimo confessando i nostri segreti più intimi. «Mi dispiace, ora me ne vado così continui a dormire».
Grazie alla luce dei lampioni che penetra dalla finestra vedo il suo volto corrugarsi, confuso. «Ma questa è camera tua. O sbaglio?»
«Sì, ma non c'è problema. Tu riposati». Le metto una mano sulla spalla come a trattenerla, dato che mi è sembrato volesse alzarsi. La verità è che averla sotto lo stesso tetto e poter controllare se sta bene o meno mi fa sentire più tranquillo.
«Le ragazze?» Domanda, prima di sbadigliare.
«Sono andate a dormire». Le mostro il cuscino d'emergenza che ho in mano e poi continuo: «Io mi sono offerto di passare la notte sul divano».
«È così tardi?» Sgrana appena gli occhi, sconvolta.
«La mezzanotte è passata da un po'» le dico soltanto.
Quello che vedo nei suoi occhi mi stupisce. È dispiacere. Per me. Per avermi indotto a pensare di sacrificare il mio letto per lei, ma non sembra molto intenzionata ad alzarsi e tornare nel suo appartamento, questo crea uno stallo strano, tra di noi.
Le rivolgo un sorriso accennato, di pura circostanza, ma quando faccio per andarmene mi ferma.
«Ti va di restare? Non riesco a stare da sola, appena chiudo gli occhi lo vedo e rivivo mille volte il momento in cui l'ho visto di nuovo. È orribile». Ha la voce spezzata.
E io, con tutta la sincerità che ho a disposizione, rimango in silenzio, perché per la prima volta non so sul serio cosa fare.
«Ti prego». Mi supplica, sull'orlo delle lacrime.
Così annuisco. È una cosa importante per me, perché si sta affidando a me per stare meglio o, comunque, per non stare male.
Le faccio segno di farmi spazio, tanto che Elle si sposta contro il muro, perché il mio letto a una piazza e mezza è confinato in un angolo della stanza, accanto alla porta e a una delle pareti.
Mi sdraio con movimenti lenti, con la paura che possa cambiare idea e che mi cacci dalla mia stessa stanza, ma Elle in risposta si accoccola contro di me. «Grazie».
La sua tempia è poggiata sulla mia spalla, la faccia è vicino al cuore e le sue braccia raccolte tra i nostri corpi. È una posizione così semplice da farmi accelerare il battito. Di quella semplicità che poco prima ho invidiato a Jane ed Eddie, quando con naturalezza si sono salutati con un bacio sulla bocca. Un gesto che prima mi sono ritrovato a invidiare, ma ora mi scopro a rivalutare le priorità della vita, perché in cima c'è questo momento, avvolto dall'oscurità e dal silenzio, così perfetto da sembrare infinito.
Sospiro, forse è il momento di dirle che, con gli altri, abbiamo risolto la storia del fidanzato. «Ascolta, approfitto di questo momento per dirti che per la storia del finto fidanzato, gli altri sono arr...»
«Ho sentito tutto». Sbadiglia. «E sono contenta che sia tu, mi conosci meglio di tutti e siamo in sintonia. Non abbiamo bisogno di sforzarci per quanto riguarda effusioni o gesti affettuosi. Sono sollevata da questa scelta». Lei chiude gli occhi mentre io perdo un pezzo di cuore.
Non solo non è la reazione che mi aspettavo, ma non sono affatto le parole a cui ero preparato.
«Sono sollevato anche io». Perché forse avrei sofferto ancora di più nel vedere Charles accanto a lei, anche se solo per finta.
Ma Elle non può sentire la risposta, perché il suo respiro è diventato pesante e regolare sotto il tocco leggero e ritmico delle mie dita sulla schiena.
Espiro, chiudo gli occhi anche io e lascio che il mio corpo si adatti al suo.
Poi tutto si fa buio.
Eccoci qui, con questo capitolo un po' più leggero.
Daniel è lo sceneggiatore di questa tragicommedia e ne va pure fiero! Vi dico solo che, se possibile, ne diventerebbe anche regista e sceneggiatore.
Però fa ridere, fa muovere i passi giusti e sistema il problema che ha creato. Cosa si vuole di più?
Poi, comunque, arriverà il confronto tra Elle e Blaise. O Bleah, che ormai è diventato il suo nome ufficiale.
Ma prima... beh. Prima c'è il temporale. E le conseguenze che porta con sé.
Comunque, penso che le cose non capitino per caso. Non è un caso, forse, che io sia arrivata a questo punto della storia nella giornata della violenza sulle donne, qualsiasi tipo essa sia.
Blaise, per quanto merda, è un espediente. È un mezzo – seppur negativo – che serve a spiegare il passato di Elle e a smuoverne il presente. Blaise è finzione.
Ma gli uomini come Blaise sono reali. E se Blaise è "solo" arrogante, uno con l'ego fragile che non accetta di essere lasciato e dimenticato, di Blaise che passano dalle parole ai fatti ce ne sono tanti, troppi. Di Blaise ne è pieno il mondo, purtroppo.
E ricordate che uno che vi tratta così non vi ama, mai. Uno che umilia, che fa girare i vostri video privati, fa violenza psicologica o passa a quella fisica non è mai da perdonare. È da denunciare, SEMPRE. E se siete vittime non vergognatevi, anche se vi fanno passare dalla parte del torto. Ricordatevi che la vittima ha sempre ragione, senza se e senza ma. Non permettete a nessuno di farvi chinare la testa.
Denunciate, chiedete aiuto. È difficile, ma fate sentire la vostra voce.
Nella speranza che in futuro non ci sia più bisogno di giornate simili perché hanno imparato a portarci il rispetto che meritiamo.
Ora vi saluto.
A presto,
Cris
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