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21. Roulette russa

Questa sarebbe dovuta essere la serata dei festeggiamenti, quella dove mi ubriaco al punto da non ricordare il mio nome, dove mi diverto con i miei amici, flirto con i ragazzi e ballo come una dannata, invece non è così.

È tutto più difficile. Il motivo? Seb.

Averlo qui rimescola tutte le carte in tavola.

Fin da quando ho scoperto che avrebbe partecipato anche lui, ho preso una decisione: avrei indossato il mio vestito migliore, avrei alimentato la sua rabbia e l'avrei usata a mio favore e avrei cancellato i suoi sentimenti. Tutto, pur di rendere la situazione più semplice, come lo era un tempo.

Senza il peso di deludere qualcuno, senza la consapevolezza che prima o poi si sarebbe accorto che non sarei stata abbastanza per lui. Solo risate, sesso e battute.

Ma la verità è ben diversa: per far scattare Seb devo usare Tobias. Tobias ci ha provato da subito con me, ma l'ho sempre respinto. Mi piace, ma non sono pronta per una relazione. Mi sono sempre detta che mi sarei fatta viva quando sarei stata pronta, perché è il partito ideale, quello che ogni donna sogna, ma stasera mi gioco questo futuro e non mi interessa poi molto.

La realtà dei fatti, però, è ben più stronza. Seb non solo non sembra disposto a sopportare i miei tiri mancini, ma risponde al fuoco e lo fa ricorrendo a colpi ben assestati. E, come se non bastasse, si è avvicinato a Kate. Ero convinta che l'avrebbe liquidata con eleganza, come fa con una qualsiasi fan che diventa troppo molesta, invece eccolo qui, sulla pista, avvinghiato a lei mentre ride e la accarezza. E balla!

È così sereno che non riesco a credere ai miei occhi. Sembra felice.

Quindi, dopotutto, ho ragione. Senza di me è felice, dovrebbe ringraziarmi, e dovrei essere contenta per questa svolta improvvisa ma, a quanto pare, questo avvicinamento non rende felice me.

Bevo un sorso del mio cocktail – il secondo – che ho preceduto con un paio di bicchieri di vino a casa, durante la preparazione. Per sciogliere i nervi, mi ero detta, ma a quanto pare sta sortendo solo l'effetto di sciogliermi i pensieri e incasinarmi la testa. E rendermi instabile come Bambi sul ghiaccio, tanto che inizio ad avere il bisogno costante di un appoggio.

Perché eccola lì la prova che l'amore non esiste, che i sentimenti sono effimeri e non fanno altro che complicare quello che di semplice ci può essere tra due persone. Seb era devastato per il mio rifiuto, eppure passano pochi giorni e PUFF! È magicamente rinsavito, talmente affranto e innamorato che si struscia su un'altra, mentre flirta e ride con lei. Perché non ci fa sesso in pista, dato che c'è? I movimenti dei loro corpi sembrano anticipare soltanto quello.

Non dico che Seb sia un monaco che ha votato la sua castità a me ma, diamine, almeno la decenza di portare un periodo di lutto la troverei sensata, vista l'enormità delle sue dichiarazioni.

La mia coscienza mi suggerisce che sono gelosa, ma non è vero, perché mi ricordo che io non lo voglio per me.

"Ma non lo vuoi vedere nemmeno con le altre".

Quella stronza. Ma la vera domanda è: da quando ho una coscienza?

La verità è che Seb è talmente ingenuo che non si accorge che Kate non è attratta da lui, ma da quello che rappresenta. Il suo è un modo per dire "Ehi, stronzette, guardatemi, lui ha scelto me. Il migliore ha scelto me. Non poteva essere altrimenti, dato che io sono il meglio".

Motivo per cui, prima di fiondarsi senza la minima remora tra le braccia di Sebastian, aveva puntato Tobias, il diamante grezzo del College, il sogno erotico e romantico di tutte la ragazze con un po' di voglia di sistemarsi a vita e anche di gran parte dei ragazzi.

Ed ecco perché Kate ha iniziato a odiarmi: perché ha sempre avuto interesse per Toby, ma Tobias l'ha sempre avuto per me. E io? Per me stessa, troppi pezzi rotti da rimettere insieme, senza avere la più pallida idea di come farlo. Prima di dedicarmi agli altri ho preferito pensare a me stessa, ma la via per tornare intera, seppur frammentata, è più lunga di quel che uno possa pensare.

Questo è il motivo per cui Kate mi fa la guerra. Questo, e il fatto che molti delle nostre classi mi abbiamo preso come punto di riferimento, scalzando lei dal piedistallo su cui si era messa da sola.

In conclusione, Kate è quella che vorrei tanto apostrofare con un sinonimo volgare di mucca. Senza contare che il suo modo di apparire è così esasperato da essere patetico. I capelli? Extension. Le unghie? Ricostruite. Le ciglia? Finte. Le tette? Una gentile concessione del padre. Non è invidia, lo so perché ho sentito che ne parlava con una sua amica come se fosse un vanto. Ok, ognuno può fare quello che vuole del suo corpo, ma sono cose che io non farei mai al mio e fatico a comprenderle, specialmente in giovane età.

Non mi stupirebbe scoprire sotto la pianta del suo piede la scritta "Made in China", e nemmeno scoprire che, al posto di dormire in un letto, fa la differenziata e si smista da sola nel sacchetto della plastica.

Sono cattiva? Sì, ma non me ne pento nemmeno un po'.

«Ehi, tutto ok? Ho visto che non riesci a staccare gli occhi da Kate». Toby è così carino che mi fa sentire una vera stronza a non prestargli la giusta attenzione. Devo essermi persa un po' troppo nei miei pensieri, ed è quello che una persona non dovrebbe fare in discoteca.

È che mi sento in colpa a illuderlo ma, pur di infastidire Seb, sono pronta anche a cedere alla corte di Tobias e a farci sesso, mettendo in gioco l'idea di un ipotetico futuro con lui.

«A dire il vero è lei che non riesce a staccare gli occhi da me». Gli sorrido maliziosa e circondo il suo collo con il braccio, per avvicinarlo un po' di più a me. Sa a cosa mi riferisco, dato che l'interesse di Kate per Tobias non è mai stato un mistero.

«Come darle torto» risponde con un complimento, mentre mi passa un braccio attorno alla vita, incatenandomi a lui.

«Mi piace darle un motivo per cui farmi odiare». Aggiungo, perché ho quasi voglia di sviscerare l'argomento, anche se non è il momento adatto.

«Potrei dare una mano». Mi piace vedere che anche lui è sulla stessa lunghezza d'onda. Kate è un problema per entrambi e non vediamo l'ora di archiviarlo. «Anche se non sembra che Kate dia molto peso a noi. Stasera è indaffarata con il suo nuovo giocattolino».

Ed ecco che la mia preoccupazione si ripresenta: Toby e io ci giriamo verso Kate e Sebastian. Lui pensa che io guardi lei, ma è da prima che sono concentrata su Sebastian e la sua disinvoltura, quella che con me non ha mai avuto. Quella che, probabilmente, io non gli ho mai concesso di avere.

«Un altro fallimento da collezionare». Gli sorrido divertita, ma Toby non sembra condividere.

«Beh, non mi sembra proprio». E indica nella loro direzione. «Hartford sembra interessato. Forse è la volta buona che Kate non va in bianco. Glielo auguro, sembra un tipo a posto e almeno così mi si scolla di dosso».

E, come Bambi appena nato, le mie gambe non mi reggono. Se già il mio equilibrio è precario, la sua frase, la loro vista e i cocktail formano una combo micidiale: sono instabile e le ginocchia sembrano non essere in grado di sorreggermi. Ringrazio di essere accanto a Tobias, di modo da poter appoggiarmi totalmente a lui, che non perde un attimo e inizia a muoversi a tempo.

Li guardiamo avanzare verso la pista e Seb – che non ci ha perso di vista un secondo da quando Toby e io abbiamo cominciato a osservarli senza alcun pudore – non perde tempo e inizia a ballare con lei, cosa che mi rende nervosa e mi fa imbestialire. Io al suo compleanno l'ho dovuto pregare perché ha ripetuto di essere scoordinato e di essere un pericolo per gli altri ma, a quanto pare, con Kate questo rischio non si pone.

Forse è preda della sindrome del Titanic: non per nulla, aggrappato a quel canotto gonfiabile vivente, sembra un superstite dello scontro del transatlantico con l'iceberg che cerca di salvarsi. Per la serie: la scialuppa è mia e me la tengo io.

Tienitela, per carità, ma poi non lamentiamoci se i mari sono pieni di plastica.

Mi concentro sul corpo alle mie spalle e ondeggio i fianchi, sinuosa, in risposta alla sua mossa. Toby, ignaro dello scambio che si sta svolgendo tra me e Seb, sembra essere contento di questo gesto, tanto da mettere le mani sui miei fianchi per accompagnare il movimento. Si sta impegnando tantissimo per rendere ogni momento sensuale e perfetto, e lo apprezzo, anche se la mia testa è altrove. È così impegnato che tutto il suo corpo è sull'attenti, tanto che il mio sedere inizia a sentire una forma di vita a sé stante nei suoi paraggi, pronto a dargli il benvenuto.

Povero Tobias, tutti questi strusciamenti lo stanno logorando. E io, che ho sfoderato la mia modalità combattiva e fredda di qualche mese fa, quella che mi ha permesso di sopravvivere, non riesco a dare il giusto valore a questi istanti. Non ne ho nemmeno voglia.

Eppure sono qui, che mi muovo sul suo corpo come se stessimo facendo sesso in mezzo alla pista.

Sesso con un guardone a debita distanza, che sembra fare lo stesso con quella che ha tutta l'aria di essere una bambola gonfiabile a grandezza naturale.

«Scusa, vado un attimo in bagno. Aspettami qui, arrivo subito». Tobias se ne esce così nel bel mezzo di uno dei miei round con Seb, dove ognuno di noi vede e rilancia la posta in gioco a ogni gesto dell'altro. Stiamo andando al rialzo e prima o poi arriverà il momento di rottura, quello che decreterà un vincitore tra noi.

Toby è un bravo ragazzo, probabilmente si allontana perché il suo amico lì sotto sta imbastendo un rave party nei boxer e vuole darsi una calmata, oppure gli scappa solo la pipì, ma mi lascia in pista, sola, come una scema e con una canzone di qualche anno fa nelle orecchie che è come una stilettata dritta al cuore.

Parla di amore della vita, di quanto sia facile dire "ti amo", di quanto quelle parole abbiano salvato la vita della cantante ma, ehi, ricordiamolo, è una canzone. E la canzoni tendono a rendere tutto semplice e perfetto. Poi dicono alle donne che è colpa dei romanzi rosa. Forse gli uomini non si sono mai soffermati ad ascoltare una canzone di Ed Sheeran, una di quelle dedicate a un amore totalizzante.

Cerco di non prestare ulteriore attenzione al testo, o alla scena che mi circonda, e mi muovo in mezzo alla pista, nervosa come se fossi capitata in mezzo a un alveare. Mi sento gli occhi di Seb addosso e non è divertente. Mi sento studiata e giudicata non adatta.

Gli do le spalle, ma non basta. Poco dopo sento una voce vicino al mio orecchio, la sua, che mi scalda appena con il suo respiro. «È così che si risponde quando qualcuno ti dice che ti ama».

Il tono è così cattivo da mozzarmi il fiato, il riferimento al ritornello ovvio. Grazie Cheryl Cole e Will.I.Am, grazie davvero per complicare una situazione già difficile di suo.

Sebastian è bravo, ha colto l'occasione di dirigersi verso l'altro bancone, quello dalla parte della pista dove ci sono io, per la sua frecciatina.

Non sembra poi così in sé, deve aver bevuto anche lui, ma la sua frase fa centro e mi infiamma. Mi fa imbestialire. Certo, potrei rispondere che lo amo, come suggeriscono le parole della canzone, ma a rispondere così sono le persone che lo pensano.

Non può cucirmi addosso le parole che vorrebbe sentirmi dire, che vorrebbe gli rivolgessi. I miei atteggiamenti possono essere stati confusionari, ma gliel'avevo detto chiaro e tondo: non innamorarsi.

È già al bancone a ordinare una birra, come se non mi avesse riversato tutto il suo odio e la sua aspettativa mancata nei miei confronti poco fa.

Quando torna nella mia direzione, però, non riesco a resistere e gli rispondo, sputando tra i denti: «Sì, lo dicono le persone che voglio prendere per il culo la gente, se non lo pensano».

Voglio dire, Ryan Atwood ha risposto con un "Grazie" a Marissa Cooper, e ne era pure innamorato, non vedo quali speranze ho io di poter ricambiare una simile dichiarazione.

Grazie Ryan per aver sdoganato questo tabù.

Seb vorrebbe incenerirmi con lo sguardo, sembra pronto a rovesciarmi la birra in testa, ma sembra che io non valga nemmeno il suo costo così, mentre Toby torna da me, lui si allontana per raggiungere di nuovo Kate.

Tobias, da vero cavaliere, torna con un cocktail tutto per me, uguale a quello che ho preso prima. Lo ringrazio ma, al posto di sorseggiarlo, lo ingollo quasi in un unico sorso, nemmeno fosse uno shot.

Lo so, cercare di annegare la rabbia e la disperazione nell'alcool non è la soluzione ideale, anche perché sembrano saper nuotare alla grande e, al posto di andare a fondo, paiono tornare in superficie con più carica rispetto a prima.

La canzone finisce e il drink fa il suo effetto. Ogni bicchiere di alcool che ho bevuto si è portato con sé un po' della mia lucidità e, anche se sapevo alla perfezione qual era il mio piano a inizio serata, ora l'ho dimenticato. So solo che non sono in me dalla rabbia e voglio che Sebastian lo sappia e che sia lui a pagarne le conseguenze.

Mi giro verso Toby e faccio quello che mai avrei immaginato di fare: lo bacio.

Se in un primo momento rimane sorpreso dalla mia intraprendenza, non lo dà a vedere. Si riprende subito e mi circonda la vita con le sue braccia immense. Non sa perché sia capitato proprio stasera, ma forse non gliene importa, magari è solo felice che sia successo.

In questo bacio, invece, io perdo me stessa. Capisco quanto Tobias, per quanto sia un ragazzo fantastico, non sia fondamentale nella mia vita. Capisco che mi piace come bacia, ma non è il modo in cui mi piace essere baciata, non lo fa come fa Seb, con quella devozione che sembra lo stia salvando da morte certa. Non lo sento importante e non mi coinvolge.

Ma mi dico che è un bene, così ho la concentrazione adatta per guardare Seb negli occhi, con lucida crudeltà, e sfidarlo.

Avanti, vediamo se arrivi a tanto, vediamo se sei bravo a distruggermi come lo sono io con me stessa e tutto quello che mi circonda. Tanto è la storia della mia vita.

È una roulette russa e a ogni giro non sappiamo chi ha il proiettile mortale puntato alla tempia. Io ho sparato, ora devo vedere se ho colpito nel segno o se, invece, sarà lui a piantarmi la pallottola in testa a darmi il colpo di grazia.

Nei suoi occhi c'è odio puro, un sentimento così feroce da riuscire a togliermi il fiato più del bacio di Tobias, ma non smetto di scontrarmi con la sua lingua mentre osservo Sebastian.

Lo vedo avvicinare il viso a quello di Kate, deciso ad alzare la posta in gioco e a baciarla. E, giuro che se lo fa, non importa se c'è di mezzo una pista e un ammasso di persone, mi fiondo su di loro e li separo prendendoli per i capelli, è la reazione istintiva a quello che vedo. Fosse l'ultima cosa che faccio.

No, non è gelosia, è qualcosa di più primordiale e ancora più spaventoso. È una punta di possessione che non pensavo di provare, ma che devo  calpestare sul nascere.

Sebastian accorcia sempre di più le distanze, sotto lo sguardo di una Kate che non aspetta altro, mentre il mio cuore è sempre più sul punto di incrinarsi e disintegrarsi come gli è già successo in passato, ma questo colpo ha un che di letale che non ho mai sperimentato.

Sta per farlo, ma all'improvviso si tira indietro, rivelandosi migliore di me, ancora una volta. Si allontana da Kate quel tanto che basta per farle capire che non succederà, poi mi fa un cenno con la testa per farmi capire che ho vinto.

Il sollievo mi pervade e mi sento sollevata.

Annuisco e mi separo da Tobias, continuando a ballare, mentre con lo sguardo non perdo nemmeno un passo di Seb.

Ho vinto la guerra, ma mi sento sconfitta.

Il sollievo per il loro bacio mancato mi dà alla testa, l'adrenalina scende e l'alcool prende il possesso del mio corpo ma, soprattutto, delle mie parole. Voglio far morire ogni briciolo di sentimento che provo o sospetto di sentire, così mi ritrovo a dire: «Andiamo a casa tua?»

La verità non è che voglio andarmene con lui, ma voglio uscire da qui e allontanarmi da Sebastian, perché il nuovo confine che abbiamo delineato stasera mi terrorizza più di quanto voglia ammettere.

Toby annuisce, sorpreso della mia proposta. «Vado a dire a Ian che me ne vado e torno, ci vediamo fuori».

Gli faccio cenno di sì con la testa, anche se la discoteca gira un po', ed esco. Approfitto del tempo che ci metterà a trovare Ian per fumare una sigaretta, anche se mi sono ripromessa di smettere il prima possibile.

Incespico nei tacchi per tutto l'alcool che ho in corpo e mi appoggio al muro una volta raggiunta l'uscita del club. Frugo in borsa alla ricerca della sigaretta e, dopo averla accesa, mando un messaggio nella chat di noi coinquiline per dire che non torno a casa.

Chiudo gli occhi, per non vedere il mondo oscillare attorno a me e per evitare di vederne i bordi così sfocati, quando alle mie orecchie arriva una voce. La voce di Seb. «Forse abbiamo esagerato con l'alcool».

È così per forza, perché al momento non mi parlerebbe, se fosse sobrio, nemmeno con questo tono accusatorio.

Mi manda in bestia. Prima mi evita per giorni, poi ci prova con la ragazza che più detesto del college, poi ingaggia una sfida a chi è più bravo a ferire l'altro, infine mi parla come se niente tra noi fosse successo. Io questo niente, però, non lo percepisco. Quello che c'è stato tra noi mi ha logorata, anche se non voglio ammetterlo.

Forse non l'ho ferito abbastanza, ha bisogno che vada fino in fondo.

Annuisco, ma non parlo. Se aprissi bocca gli vomiterei addosso la rabbia che ho accumulato nei suoi confronti, la confusione che lui ha alimentato stasera, le difese che ha abbattuto sfidandomi.

Chiudo di nuovo gli occhi, nella speranza che Seb svanisca, nell'augurio che il buio metta a tacere il caos che ho in testa, ma lui non capisce e sento il suo passo incerto avvicinarsi. «È meglio andare a casa. Chiamo un taxi».

Fa per allontanarsi, ma pretende quasi che io lo accompagni, come se fossi qui fuori per concludere la serata con lui, nemmeno l'avessi seguito.

Continuo a dire di sì con la testa, ma sto solo evitando di aprire bocca.

Poco dopo, quando un taxi si ferma al suo cenno, Seb si dirige verso l'auto, ma io rimango al mio posto, nel tentativo di riacquistare un po' di lucidità nel piccolo angolo di mondo dall'equilibrio precario che mi sono ritagliata davanti all'entrata della discoteca.

«C'è l'auto, non vieni?» La indica, quasi non fossi in grado di vederla.

Ed è qui che fallisco. Fallisco nel ritrovare la lucidità. Fallisco nel cercare di evitarlo. Fallisco nel tentare che Seb non abbia un effetto su di me e sul mio umore.

Sbotto, esasperata dal suo comportamento, più bipolare del mio. «Dunque, tu e io non ci parliamo da giorni, ma ora fai il cavaliere come se nulla fosse successo? Non è così semplice». Sono cattiva, ma voglio esserlo. «Oh, sì, me ne vado, ma con lui». E indico Toby, che sta uscendo ora dalla porta del club ma viene fermato da alcuni suoi amici e non nota quello che sta accadendo tra me e Seb.

Sebastian, invece, è ben cosciente di tutto quello che mi riguarda. È così focalizzato su di me da farmi mancare l'aria. Mi si para davanti e sputa tutto il suo odio, la disperazione e lo sfinimento tra i denti: «Sai una cosa? Qualunque cosa ci fosse tra noi... beh, è finita».

Si allontana sul marciapiede e poi, con rabbia, si volta verso il muro della discoteca e scaglia la bottiglia che ha in mano, ormai vuota, contro il muro. Un gesto che non passa inosservato ai paparazzi che sono appostati lì fuori e fanno scattare i flash.

«'fanculo» mormora Seb, prima di salire sul taxi che ha fermato. So che gli è costato mostrarsi vulnerabile agli occhi dei media, sa che gli faranno pagare l'errore, eppure era così fuori di sé da non curarsene.

Poco dopo arriva Tobias, richiamato dal rumore della bottiglia in frantumi, anche se mi sembra che provenga da dentro di me, perché mi sento andare in pezzi.

Non sono più presente.

Seb ha detto esattamente quello che volevo sentirmi dire da giorni, quello che mi ero prefissata di fargli confessare stasera. Quello che l'ho indotto a fare: arrivare al punto di non ritorno.

È finita.

E ora? Mi sento vuota. Come se mi mancasse un arto, una parte di me.

Toby, nel frattempo, mi trascina verso il taxi, convinto che sia spaventata dalla bottiglia lanciata da Seb, anche se gli ho detto che gli è sfuggita perché stava per cadere, ma a Toby non servono giustificazioni, non è concentrato su Sebastian, come me, è attento e focalizzato su di me.

Comunica il suo indirizzo al tassista e riprende a baciarmi, proprio come ha fatto prima. Le sue mani sulle mie cosce, ad accarezzarmi la pelle appena sotto l'orlo del vestito. Ricambio, ma sono un automa, la mia testa è da un'altra parte.

Non è lui a essere sbagliato, ma sono io. Ancora una volta. Ed ero convinta di non poter provare più questa sgradevole sensazione. Le sue dita sono estranee, non sono quello che il mio corpo chiede. Non vuole essere toccato da lui, perché non riesce a suscitarmi nemmeno un brivido.

Perché, ora che sono riuscita nel mio intento, non riesco a essere felice e soddisfatta?

Perché mi manca la terra sotto i piedi?

Perché ora la sensazione che mi scorre nelle vene è quella di aver perso Seb sul serio, una volta per tutte.

E la odio. E lo odio.

Odio il modo in cui ha fatto cadere il primo mattone del rassicurante muro dietro cui mi sono trincerata per difendermi, da lui in primis. Odio il fatto che, con quel primo mattone, abbia portato con sé gli altri e abbia lasciato soltanto crepe al suo passaggio, mentre io ero già spezzata, intenta a rimette insieme i frammenti.

Lo odio perché mi ha fatto rendere conto di avere questo muro e, di conseguenza, di avere un problema. E prima o poi i problemi vanno affrontati. Non sono brava in questo, dannazione.

Lo odio perché non ricordo il motivo per cui abbiamo litigato, ma so che continuo a essere arrabbiata. E lo sono con me, e non con lui.

Torno a Toby, che è perso nel momento, ma si ferma quando si accorge delle mie lacrime. Da quando sto piangendo?

Odierei anche lui, in questo momento, se fosse minimamente importante per me.

Alla fine vorrei ridere, di una risata amara, perché la situazione che si è creata è vomitevole e l'ho creata da sola, con le mie mani. Ancora una volta ho distrutto tutto quello che mi circonda, dimostrando di non essere abbastanza.

«Tutto ok?» Annuisco mentre mi asciugo una lacrima, ma Tobias non sembra impressionato dalla mia performance. «Andiamo, è ora di riposare. Ho una camera degli ospiti che è una bomba, puoi stare lì, se vuoi, e domani ti porto a casa».

Mi accarezza la schiena con fare protettivo, senza secondi fini, e scoppio a piangere ancora più forte. Vorrei che lui fosse quello giusto, ma non lo è.

Vorrei essere io quella giusta per me, smetterla di avere paura di quello che provo e liberarmi dalle ombre del passato, ma non posso farlo in questo stato, e nemmeno in questo momento.

Deve essere l'alcool. È per forza l'alcool, mi rende volubile.

Domani starò meglio e sarò tutto passato.

Intanto perdo una battito del cuore ogni volta che verso una lacrima pensando a Seb.

Eccoci qui con un altro POV Elle.

Alla fine ho pensato di spezzare la serata tra i due POV e non riproporla, come la peperonata, da due diversi punti di vista in modo completo.

Io spero vi sia piaciuto. Come vedete Elle è alla deriva, vicina a un punto di non ritorno, e le manca poco per spezzarsi. E questo "poco" arriverà presto 😈

Intanto, però, si rende conto di che qualcosa non va e questo la getta ancora più nel panico. Forse può non sembrare granché, ma ricordate che il primo passo per risolvere un problema è ammettere di avere un problema. Quindi sì, anche se ha distrutto tutto, qualche passetto in avanti l'ha fatto, a livello personale.

La canzone di riferimento di questo capitolo è: You deserve better di James Arthur

Ci troviamo qui, sui soliti schermi, tra due settimane.

Io, intanto lavoro per voi 😈

Cris

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