19. Effetto domino
Sono passati due giorni da quando Elle e io ci siamo vomitati addosso tutte le parole d'odio che, a quanto pare, nutrivamo nei confronti dell'altro senza però esprimerci, e siamo ancora in alto mare. Rispetto all'episodio sul London Eye, quello a casa è stato onesto nella sua crudeltà e altrettanto inaspettato, ma ha portato con sé una nota definitiva che sulla ruota panoramica non abbiamo avuto.
Le conseguenze di ogni parola che ci siamo sputati addosso le avverto sul cuore e mi sento pesante.
Siamo ancora troppo arrabbiati e orgogliosi per tornare sui nostri passi e rivedere le rispettive posizioni, ma sono quasi sicuro che entrambi abbiamo la convinzione che ognuno sia nel giusto. Io di sicuro, e so che è così.
Ho ragione, punto. Non c'è altra prospettiva. Elle ha paura, ma è così spaventata da avere il terrore di ammetterlo e di parlare del motivo che l'ha ferita. I suoi cocci sono taglienti e li usa come arma per difendersi, ma sono stufo di rimanere impassibile e farmi colpire, non devo immolarmi per farla stare meglio.
Se vorrà darmi una spiegazione sarò pronto ad ascoltarla, altrimenti le nostre strade si dividono qui. È stato bello, breve ma intenso, e conserverò un bel ricordo di quello che è stato e avrebbe potuto essere, ma niente più.
Arrivo alla conclusione che potrei scusarmi per averle dato della stronza che, per quanto sia vero, è sempre una mancanza di rispetto da parte mia, ma i miei passi verso di lei questa volta saranno limitati, se non assenti.
È venerdì pomeriggio e casa nostra sembra un campo di battaglia: la ragazze sono da noi, manca solo Elle, ma il clima è disteso e mi piace così com'è. Si percepisce che la settimana è finita e siamo alle porte del weekend, siamo tutti rilassati e parliamo uno con l'altro con una spensieratezza che il lunedì sembra impensabile.
Sono intento a parlare con Jane, che nelle ultime settimane è stata una piacevole scoperta, quando guarda l'ora al polso e, allarmata, si volta verso Rachel: «Dobbiamo andare a prepararci!» Le fa notare con una certa premura. «Sei pronta a fare follie?»
Jane, che tra le due è la più tranquilla, è su di giri e strizza l'occhio all'amica con fare complice.
«Certo che sono pronta!» Rachel è carica tanto quanto Jane. «È dal compleanno di Seb che non usciamo a divertirci come si deve, ho proprio voglia che arrivi stasera».
Quindi, se si riferiscono al mio compleanno, immagino che abbiano in ballo una serata che comprende una quantità indicibile d'alcool e tanta gente attorno. Non il mio tipo di serata, soprattutto se devo valutarla con l'umore terreo di questi giorni.
«Dove andate?» Domanda Charles, incuriosito dal loro entusiasmo.
«Alla festa dei compagni di corso di Elle, al Venom club». Precisa Jane.
«Siccome hanno concluso gli esami vogliono festeggiare insieme. L'hanno fatto anche l'anno scorso ed è uscita una figata!» Rachel è entusiasta.
Ma certo, il Venom: locale grande, chiassoso e in voga.
«Come mai andate anche voi?» Chiede Daniel, con fare provocatorio, nemmeno dovesse marcare il territorio.
«Perché più siamo e meglio è». È Jane a prendere la parola per prima. «E poi la figlia della cugina di mio papà studia con lei, quindi siamo più che autorizzate ad andare».
A Rachel, a quella frase, si illuminano gli occhi: «Perché non venite pure voi?»
Certo, è risaputo quanto io sia bravo a ballare e ami le discoteche. Più o meno al pari di quanto io possa amare gli allenamenti con il personal trainer.
Questa è la domanda che temevo sarebbe arrivata, ed è stata più puntuale di me al cospetto della sfiga.
Io non capisco come possano piacere posti simili: la gente non sa ballare (benvenuti, miei simili), il volume è così alto che non riesci né a sentire i tuoi amici né le ragazze con cui ci provi, i cocktail sono spesso scadenti e la musica tendenzialmente orribile.
E si suda. Uno addosso all'altro.
No, grazie, passo. E so che lo faranno pure i miei amici, anche loro non sono amanti del genere.
Edward si azzarda a rispondere, ma Elle entra e raggiunge le sue amiche, salvandoci da questa spinosa attenzione. Non avrei mai pensato di dirlo, ma sono grato del suo provvidenziale arrivo, spero che distolga l'attenzione dalla proposta pericolosa.
«Ciao a tutti!» Saluta giuliva fissando i presenti nella stanza, tranne il sottoscritto, a sottolineare l'ilarità del "tutti" appena pronunciato. Come se ci fosse bisogno di evidenziare la cosa. Lo so già di mio, grazie.
Tutti, tranne me, rispondono al saluto, poi Jane e Rachel si dedicano all'amica. «Siediti, dobbiamo aggiornarti per stasera. Vuoi prima la notizia bella o la brutta?»
«Prima la brutta, almeno dopo mi riprendo». Elle alza gli occhi al cielo. Al contrario di Rachel e Jane, che sono entusiaste, non sembra avere grandi aspettative per la serata.
Ne sono felice, perché non mi sembra giusto essere l'unico con l'umore guasto qui dentro. Sono per le pari opportunità tra sessi, quindi trovo equo che stia di merda come me, magari proprio per quello che è successo tra noi. Grazie, karma, allora esisti.
«Ok, confermo il tuo sospetto: Emma ha confermato che Kate sarà presente alla festa». Jane è pratica, lo dice come se volesse levarsi la patata bollente dalle mani. E, da quello che mi ha sussurrato Rachel, Emma è la parente di cui ha parlato poco fa.
«Figurati se mancava». Elle è scontrosa. Ho già sentito parlare di questa Kate, ma non mi sembra che i toni fossero lusinghieri. A quanto pare c'è competizione tra loro. Un'informazione che può tornarmi utile, anche se non so come. «È praticamente la coordinatrice dell'evento, anche se non l'ha organizzato lei, stavolta».
«Volevamo fossi preparata». Si giustifica Rachel, davanti all'ovvietà della presenza di questa Kate.
«Ma!» urla Jane, di nuovo entusiasta. «La buona notizia è che c'è pure Tobias. E so che ha chiesto di te in giro». Le strizza l'occhio con fare complice. «Ma se la presenza di Kate ti disturba troppo e non vuoi venire dimmelo pure, Toby lo consolo io».
E, nel finire il discorso, regala all'amica la sua espressione più maliziosa.
Io, invece, muoio dentro. Non solo per me, perché se parla di questo Tobias con una simile disinvoltura davanti a me è perché siamo stati bravi a nasconderci, Elle e io, così tanto da non suscitare nemmeno un dubbio negli altri. La cosa mi fa male, perché pensavo che il trasporto che abbiamo avuto nei confronti dell'altro fosse palese a chiunque. Evidentemente, ancora una volta, mi sbagliavo. Ma la mia preoccupazione più grande è per Ed, tanto che mi volto a guardarlo e lo vedo con gli occhi sgranati e un'espressione terrea in volto che non riesce a nascondere. L'ho visto così sconvolto solo dopo un horror. O un porno.
Edward, amico, mi dispiace per te, so cosa si prova. Ma non tutto è perduto, se ti fai valere magari per te c'è speranza.
Ed è in quel momento che lo vedo aprire bocca, con aria spiritata: «Veniamo anche noi!» Ma, più che una risposta arrivata con il fuso orario di Singapore alla domanda precedente di Jane, sembra l'esclamazione disperata di chi è in mare e sta per essere travolto da un'onda di sei metri. Un'onda con all'interno uno sharknado.
Jane, colta alla sprovvista – come tutti noi – dall'intervento del mio amico, lo guarda sorpresa, ma anche compiaciuta. E, visto che lei è donna e noi siamo solo dei poveri illusi di avere la situazione in pugno, ho come l'impressione che Ed abbia soltanto avverato i suoi desideri.
In bocca al lupo, Edward, se è lei che vuoi ne hai bisogno.
Queste tre sono le figlie di Satana in gonnella e noi non ce ne siamo ancora accorti.
«Beh, perché no, una serata diversa non ci può uccidere». È Charlie a sostenere la presa di posizione di Edward, e sono sicuro che l'abbia fatto un po' per non farlo passare come un pazzo e un po' perché sospetta qualcosa, soprattutto perché l'interesse di Eddy inizia a essere ovvio.
Solo che... cazzo. Questo vuol dire che, se il gruppo decide di passare la serata in discoteca, non ho scuse per tirarmi indietro. Anche perché se non mi presento, Elle potrebbe pensare che ho la coda di paglia, ma non è così, e in più è un'occasione per metterle i bastoni tra le ruote con questo Tobias – che, visti i precedenti, ho come l'impressione non sia il nerd del gruppo – e poter controllare ogni sua mossa.
Daniel, però, arriccia il naso. Sospiro di sollievo, se c'è uno che odia i club più di me è lui, so di poter contare sul suo sostegno per opporci a questa serata. «No, è escluso. Io in discoteca non ci metto piede». E finge un brivido al solo pensiero per far capire quanto l'idea non lo alletti.
Edward, però, non sembra intenzionato a lasciar cadere il discorso. «Andiamo, Dan!» Lo incita. Un po' tremo, ci conosciamo così bene che sappiamo come fare presa l'uno sull'altro. «Ci saranno alcool e ragazze a profusione. C'è speranza anche per te!»
«E il caldo le porta sempre a mostrare un sacco di pelle». Charles rincara la dose, estasiato all'idea di tutto quel ben di Dio.
E lo vedo negli occhi del mio migliore amico, vedo il film a luci rosse che la sua testa ha già iniziato a proiettare. E so che l'hanno preso all'amo e Dan c'è cascato come un pesce lesso.
«Ok, mi avete convinto» dice galvanizzato dalla prospettiva che i nostri amici gli hanno dipinto. Traditori. «Daniel sta arrivando! Povere ragazze, non sanno ancora quello che le aspetta».
E, per mostrare il suo entusiasmo, improvvisa un ballo che sembra più l'agonia di uno scimpanzé sotto l'effetto di stupefacenti.
L'abbiamo perso. E io vorrei avere un po' della sua sicurezza.
Ora tutti si girano verso di me, aspettando la mia conferma o un motivo valido per saltare la serata, del tipo: "Non posso esserci, devo uscire con Margot Robbie. Non preoccupatevi, niente di serio, solo una cena in un ristorante stellato e poi sesso selvaggio tutta la notte nella sua stanza d'albergo", ma non riesco a dirlo.
Quindi l'alternativa è stare a casa o andare a vedere cosa fa Elle e magari impedire che si butti tra le braccia – se non peggio, tipo il letto – di Tobias? Stare a casa a rodermi il fegato perché non so cosa succede o andare in discoteca e avere un travaso di bile per vedere in diretta cosa accade?
Questo è il problema.
Diciamo che mi vengono in mente mille cose diverse, piuttosto che partecipare a questa serata, e la prima che mi viene in mente è perdere sangue davanti a uno squalo bianco. La seconda è andare a pettinare delle tigri a digiuno. La terza è attraversare l'autostrada bendato.
L'ultima, ma non meno divertente, è ficcarmi degli spilli negli occhi. O nelle palle.
«Certo, sono dei vostri». E cerco di fingere entusiasmo. «Chi sono io per tirarmi indietro davanti a una serata divertente?!»
Nessuno sembra notare il sarcasmo dietro le mie parole, e nemmeno la risposta nascosta in esse, perché vorrei dire: "Io sono lo stronzo innamorato di una che è assolutamente sbagliata per me e sì, preferirei stare a casa a farmi la maratona di tutta la saga di Twilight, piuttosto che guardarla mentre flirta con un altro povero stronzo".
E questo – la visione ininterrotta e completa di Twilight – la dice lunga sulla mia voglia di andare in discoteca. Che poi certo, Pattinson è anche caruccio, ma non è proprio il mio tipo.
«Ragazze», Elle le richiama all'ordine, come se la mia risposta le avesse messo fretta, «se vogliamo essere presentabili dobbiamo correre a prepararci, abbiamo un sacco di cose da fare».
Lo dice come se fosse una minaccia nei miei confronti. E non ho dubbi che sia così.
«A dopo!» Ci saluta con urgenza, mentre Rachel e Jane le vanno dietro, concordando sulle mille cose da fare, e se si mettono a ridere nel vedere Elle già dentro al loro appartamento.
«Cosa c'è da ridere?» Dan è così curioso da non farsi problemi a porre le domande che noi ci faremmo scrupoli a porre.
«Elle». Rachel indica il loro appartamento. «Quando dice che ha un sacco di cose da fare sappiamo che sfodera l'artiglieria pesante. Povero Tobias, stasera non avrà possibilità di scelta».
«Già». Jane rincara la dose, come se le parole di Rachel non fossero bastate a schiacciare il mio già precario umore. «Non vorrei essere nei suoi panni. Se lo mangerà in un boccone».
Signori, ecco l'esatto momento in cui mi sono pentito della mia decisione.
«E invece perché ce l'ha con questa Kate?» Approfitto del fatto che non sospettino niente del mio interesse per fare l'invadente al pari di Daniel, sono troppo distratte per badare alla mia curiosità sull'argomento.
Si guardano a vicenda, ma è Rachel a prendere parola: «Tra Kate ed Elle non scorre buon sangue. Kate si è risentita per una stupidata all'inizio del college e ha scatenato una guerra nei confronti di Elle».
Prende una pausa per tentare di spiegarsi meglio: «Elle è benvoluta da tutti, per i compagni di corso è normale volerle bene e affidarle il ruolo di leader del gruppo. A Kate, che pensa di essere in una commedia americana e fa della popolarità la sua ragione di vita, questo non va giù, quindi cerca di renderle la vita impossibile».
Wow, quindi abbiamo un'adolescente troppo cresciuta che si atteggia a reginetta del college, e questo perché Elle è semplicemente se stessa e, soprattutto, perché Kate non è come Elle.
Mi fa piacere sapere che le dinamiche che ho trovato io nella scuola di teatro sono le stesse che si possono trovare ovunque, mi fa sentire normale.
Annuisco e le ragazze ci salutano, dandoci appuntamento a più tardi.
Io, nel frattempo, penso a come comportarmi, non posso presentarmi a questa serata senza munizioni nel mio arsenale.
E c'è solo una persona che può darmi suggerimenti a riguardo: Marcus.
Ho bisogno di una contromossa per stasera, una qualche difesa nei confronti di Elle che, sono sicuro, non mi risparmierà colpi bassi.
Marcus è veramente abile con le donne, ho bisogno di tutto l'aiuto che mio fratello può darmi.
«Scusate, devo fare una chiamata».
Mi dirigo in camera e cerco quel maledetto aggeggio che risponde al nome di cellulare. Lo cerco sotto il cuscino, tra le coperte e infine sulla scrivania, dove regna il caos, tanto che mi ritrovo con il telefono nella tasca dei jeans e dei fogli tra le mani che sembrano scottare, infatti li lascio di getto.
Sono gli accordi per la chitarra della canzone preferita di Elle, She's di Ryan Cabrera. Me l'ha fatta sentire un giorno sul terrazzo condominiale, in una delle tante volte in cui abbiamo fatto sesso e poi siamo saliti per rilassarci un po'.
Avrei voluto impararla, ma poi ci siamo distrutti e i piccoli gesti sono i primi a essersene andati in fumo. Mi ritrovo così a fissare quei fogli con particolare odio, perché sono pronti a ricordarmi quanto tutto prima sembrasse perfetto e quanto ora, invece, ho la certezza di quanto faccia schifo la situazione.
"She looks into my eyes and I'm alive again, and when she says goodbye I just die again"*. Leggo le parole che accompagnano le note e non mi sfugge l'ironia della cosa, ovvero che Elle si sente cucita addosso una canzone perfetta per lei, per come almeno io l'ho sempre vista. Continuo a scorrere il testo, che sembra prendersi gioco di me. "She walked into my life and my world was still, she reached into my soul and all my doubts were killed"**.
Sì, fa male leggere certe parole per quanto le sento vere. È arrivata nella mia vita come un uragano, ma quando è riuscita a raggiungere una parte di me così profonda che non ho mai concesso a molti, è riuscita a uccidere ogni dubbio sull'amore che avevo paura di provare per lei. Oltre questo amore, ora, non mi è rimasto nulla, ma rifarei tutto dall'inizio.
Accartoccio le pagine per impedirmi di farmi altro male, ma me ne pento subito e stendo di nuovo il foglio come meglio posso. In fondo è una bella canzone e rappresenta ciò che provo, buttare questo spartito significherebbe ammettere che c'è qualcosa di cui devo vergognarmi, ma non è così, perché se c'è una cosa che so, una soltanto, è che il mio amore non è uno sbaglio.
Dopo essere venuto a patti con i miei sentimenti, recupero anche le sigarette e schizzo fuori di casa diretto verso il tetto, con la certezza che Elle non occuperà la terrazza perché troppo intenta a prepararsi. Non voglio orecchie indiscrete attorno per la conversazione che devo fare.
Faccio partire la chiamata e attendo che Marcus risponda.
«Ciao, fratellino! Come stai? A cosa devo questo evento più unico che raro?» C'è il rumore della città in sottofondo, segno che è già uscito da lavoro, meglio così, avevo paura di disturbarlo, ma so che per lui il venerdì è sacro e non rimarrebbe in ufficio un minuto di più del necessario.
«Ciao, Marcus». Se c'è una persona che può aiutarmi, questa è mio fratello. È un guru con le donne. Se vuole una relazione trova la persona adatta a lui, se invece predilige storie di una notte e via è bravissimo a trovare ragazze disposte a soddisfarlo. Se non si fosse capito, la vera star in famiglia è lui. «Io sto bene, tu? Non ti vedo dal mio compleanno».
«Io sto sempre bene. Quando torni in patria il numero di messaggi privati sui social aumentano e diventa fin troppo facile andare a segno». Capite cosa intendo? Non si dà mai per vinto, trova sempre modi nuovi per mietere vittime e, sì, usa anche la mia fama. «Ma sei sicuro di stare bene? Ti sento un po' giù».
Non gli si può nascondere nulla, è bravo a leggere la gente. O forse lo è solo con me.
«Ehm, circa. È proprio per questo che ti chiamo» ammetto senza tanti giri di parole, sarebbero inutili.
«Hai la mia attenzione. Qualche problema?» È attento, ha un tono allarmato.
«Diciamo così». Non so nemmeno da dove partire, perché so che arriverà il punto in cui mi prenderà per il culo ed è l'unica cosa che mi ha fatto aspettare tanto a chiamarlo. La prerogativa di essere i più piccoli, suppongo.
«Soldi? Lavoro? Salute mentale?» Snocciola con apprensione. «Sai che non è un problema non stare bene. Senti il tuo psicoterapeuta, anche da qui? Se vuoi ci troviamo e ne parliamo. O ci troviamo e non ne parliamo».
Marcus vuole apparire uno leggero, senza problemi, quasi fosse la persona da volere sempre accanto perché non ha alcuna preoccupazione, ma in realtà è sempre attento verso gli altri, soprattutto se riguarda chi ama e apprezzo le parole sulla salute mentale, non tutti sono disposti ad ammettere e accettare certe cose.
Tutti a Hollywood hanno uno psicoterapeuta, è più importante di avere un Oscar in salotto, un matrimonio o un migliore amico. È il modo per gestire e allentare la pressione che ci gravita attorno. Per chi è dell'ambiente è normale averne uno, un po' come prendere un caffè da Starbucks. Una cosa lecita e quasi obbligatoria.
«Lo sento regolarmente, va tutto bene. Sto bene. Ho un altro tipo di problema». Sorrido e passo una mano sulla nuca, in imbarazzo.
«Problemi di erezione?» Perché sì, il sesso è la seconda cosa più importante per lui, oltre gli affetti.
«NO!» Mi affretto a ribattere con foga. «Tutt'altro!»
«Bene, allora hai scoperto le gioie di essere penemunito e di come si utilizza». Mi prende in giro. «Non so quale buco ti piaccia ma, ehi, sei mio fratello, ti voglio bene comunque, in qualsiasi caso».
«Smettila, Marcus, ho sempre saputo che il sesso è una delle poche gioie della vita, solo che sono sempre stato tendenzialmente monogamo e in una relazione». La prima cosa a cui Marcus ha pensato quando sono diventato famoso a livello mondiale è stata: "Ora potrai fartene quante desideri", ma io non sono come lui, infatti ha capito che il mio "talento" sarebbe andato sprecato.
«Mi dispiace per te». Mi stuzzica, perché altrimenti non sarebbe Marcus, il fratello dalla risposta sempre pronta tra noi tre.
Alzo gli occhi al cielo. «Beh, le cose sono cambiate. Radicalmente. E non so come gestire la cosa».
«Spiegati meglio». Ha le orecchie ritte, so che l'ho incuriosito parecchio.
«Scopo come un riccio» confesso tutto d'un fiato, pronto alle sue prese per il culo.
«Smettila. Non ti credo nemmeno se trovo il video amatoriale su Youporn». E poi lo sento ingoiare una parolaccia, quasi avesse avuto un'epifania. «Oddio, si tratta di questo, vero? Non saprei come giustificarlo a mamma e papà, e forse è meglio se ti rivolgi al tuo entourage».
«Perché ho un fratello coglione?» domando più a me che a lui.
«Ricordati che i coglioni vanno sempre in coppia». Mi fa notare, soddisfatto.
«Con Victor formi sempre un bel duo, infatti». Beh, con lui e Victor a vessarmi bonariamente – ma anche no – per anni, ho imparato a incassare, ma pure a difendermi e a tornare loro qualche cattiveria.
«Solo perché ti hanno scambiato nella culla». Niente, con lui non riuscirò mai ad averla vinta.
«Vuoi conoscere la storia o no?» chiedo spazientito, ma solo perché non so come replicare.
«Certo».
«Allora taci». Sorrido, contento di averlo zittito.
«Ok, ma tu sputa il rospo». È incredibile come niente sembri scalfirlo. Vorrei essere come lui, a volte.
«Ho conosciuto questa ragazza. Ci siamo girati un po' attorno, stuzzicati il giusto e poi abbiamo fatto sesso».
«Sono fiero di te».
«A me lei piace un sacco, e pensavo che, una volta arrivati a quel passaggio, frequentarsi fosse una cosa normale, ma lei mi ha detto che non vuole storie e mi ha chiesto di essere scopamici». Cerco di farla breve, per evitare di fargli capire quanto io abbia perso la dignità lungo questo percorso.
«Se non hai accettato ti disconosco come fratello». Frena il mio monologo per darmi il suo umile parere.
«Le ho detto di sì, mica sono scemo! Non fino a questo punto, almeno». Mi correggo. «Ma mi sono innamorato e gliel'ho confessato. Abbiamo litigato e tutto è andato a puttane».
Per evitare che la sua attenzione si disperda ho cercato di fargliela molto breve, ma sono soddisfatto del racconto accurato che ne è venuto fuori.
«Wow. Sono sconvolto. Non è da te una cosa simile. Hai una vita sessuale più attiva della mia». Mi omaggia con un lungo fischio. «La conosco?»
«Sì» rispondo senza nemmeno pensare alle conseguenze.
«Se mi hai raccontato la storia di Claire e te la vuoi riprendere dopo la stronza che è stata, io vengo lì e ti prendo a pugni». Ecco, è questo che voglio dire di Marcus, che farebbe di tutto per le persone che ama. Sa quanto Claire mi abbia fatto dannare e non vuole nemmeno sentirla nominare.
«Non è Claire, è la vicina».
Lo sento espirare. «Quale delle tante? Hai più vicine carine tu che modelle Victoria's Secret».
Non mi sento di dargli torto.
«Elle, quella bionda scura con i capelli lunghissimi». Quella bella e letale. Quella fantastica e arroccata dietro un muro di solitudine. Quella allegra e spaventata a morte.
«Porca puttana, che colpo!» dice ammirato. «E bravo Seb!»
«Bene, ora che abbiamo assodato che non ho gusti di merda, mi puoi dire come posso riaverla? Attirare la sua attenzione o qualcosa di anche vagamente simile? Il tutto senza bisogno che io mi giochi la poca dignità rimasta».
Ok, forse non la riavrò mai, anche perché non l'ho mai avuta, ma vorrei almeno avere una reazione da parte sua. So che è terrorizzata da qualcosa che le è successo, un qualcosa che le ha tolto fiducia negli uomini o nell'amore, ma vorrei almeno che lo ammettesse e che avesse una reazione. Mi piacerebbe scoprire che è umana, dopotutto.
O, più semplicemente, non so se la rivoglio o mi sento in vena di essere vendicativo, abbassarmi al suo livello e fargliela pagare per farle capire come ci si sente a essere ripagati con la stessa moneta.
«Hai qualche dettaglio in più da darmi?» Sta lavorando a qualcosa, posso sentire gli ingranaggi del suo cervello lavorare anche a distanza.
«Stasera saremo entrambi a una festa in discoteca». Il solo ricordarlo mi costa una smorfia schifata.
«Un buon punto da cui partire» dice, meditabondo. «Iniziamo dal vestiario: valorizzati, non conciarti al tuo solito come uno scappato dalla centrifuga della lavatrice, Victor non ne sarebbe contento, ma trova un abbigliamento che ti faccia sentire a tuo agio e che faccia risaltare quella cosa piatta che ti ritrovi al posto del culo».
Beh, non mi aspettavo che riprendesse la questione dalle basi.
«È tutta invidia la tua». Il mio culo è tutt'altro che piatto. È bene ricordare che devo competere con Chris Evans, quindi Marcus mente sapendo di mentire.
«Cazzo, sì, sono io quello con il culo piatto in famiglia. E sappiamo che non lo merito» confessa contrariato. Nessuno è perfetto, fratello, non puoi avere tutto dalla vita.
«Ok, quindi vestito in modo decente e con il culo in bella vista. Poi?» Cerco di passare alla parte della questione che più mi preme.
«Ignorala. Le donne amano avere qualcuno che dia loro attenzioni e muoia per loro e, se viene a mancare, lo reclamano come se fosse un loro diritto».
«Tutto qui?» chiedo, come se fosse facile. La verità è che sono settato su di lei ed è difficile fingere che non esista, o che vorrei dare le mie attenzioni a lei e non a un'altra, ma posso simulare dell'interesse per una sera. È il mio lavoro, dopotutto. Mi scoccia dover rinunciare alla mia spontaneità, cosa di cui faccio sempre un vanto, ma si tratta di una situazione particolare. Vorrei poter dare il via a un effetto domino che faccia svegliare Elle dal suo torpore.
«Certo che no. Punta un'altra ragazza e stai tutto il tempo con lei» aggiunge, come se fosse ovvio.
«So che stasera c'è una ragazza che lei non sopporta». Gli do quest'informazione, magari può tornargli utile.
«Hai già il tuo obiettivo» continua, pratico. «Vedrai che Elle si ingelosirà e si incazzerà. Se beve un po' il gioco è fatto. La riporti a casa, diventi il cavaliere dall'armatura scintillante, lei si sentirà in colpa per averti trattato da schifo, ti confesserà ogni suo piccolo segreto e farete pace. Solo due cose: non ti approfittare di lei, anche se proverà a saltarti addosso, ma se ti bacia non tirarti indietro. Per nessun motivo».
«È così facile?» Marcus ragiona per schemi, ed è una cosa che mi rincuora, perché so che li ha sperimentati su di sé, ma la parte che mi spaventa, in tutto il quadro, è Elle. Lei è la variabile impazzita che fa saltare qualsiasi modello prestabilito.
«Se vuoi ottenere una reazione, sì». Lo dice come se l'avesse fatto mille volte. Probabilmente è così.
«Mi fido?»
«Fidati. Se vuoi ottenere qualcosa è il metodo giusto. Difatti io, di solito, evito questo abbordaggio come la peste».
A me sembra di aizzare un cobra contro un topo, ma mi fido di chi ha più esperienza di me nel settore. Altrimenti non avrei chiamato lui.
«Grazie, Marcus». E che Dio me la mandi buona.
«Figurati. Spero vada bene. E se non va bene ricorda: non è colpa mia». Si discolpa subito. Il classico stronzo che se ne lava le mani.
«E di chi, scusa?» Sono davvero curioso di conoscere la risposta.
«Tua. Sicuramente se va male è perché non hai attuato la strategia nel modo corretto». E, nonostante tutto, mi fa ridere, anche perché è probabile che abbia ragione. «Ora ti saluto, devo andare a un appuntamento galante e odio arrivare in ritardo. Ci vediamo presto da mamma e papà».
«Ok, grazie, buona serata». L'ho già trattenuto abbastanza.
«Oh, lo sarà. Ti farò sapere se il metodo funziona». E mi riaggancia il telefono in faccia, prima ancora che possa chiedergli cosa intendeva con questa frase. Se l'ho intesa nel modo corretto, a quanto pare ha intenzione di mettere la testa a posto.
Spero per lui sia così. Spero che, almeno a Marcus, possa andare bene.
Io, intanto, ritorno di sotto, con nuove aspettative per la serata. Voglio essere il primo tassello del domino che farà crollare Elle.
* Mi guarda negli occhi e sono vivo di nuovo, e quando mi dice addio muoio ancora
** Cammina nella mia vita e il mondo si ferma, lei ha raggiunto la mia anima e tutti i miei dubbi sono stati uccisi (sono morti).
Ho messo qui la traduzione del testo della canzone per chi avesse difficoltà con l'inglese.
E così eccoci di nuovo qui.
Un capitolo un po' più allegro che, di contro, ci ha dato modo di conoscere meglio Marcus, il vero "scrocchiapassere"di famiglia 😂
Un po' sopra le righe, ma almeno è riuscito ad alleggerire l'animo a Seb e a fargli vedere la serata in discoteca sotto una luce diversa.
Ma, soprattutto, conosceremo due nuovi personaggi, nei prossimi capitoli: Tobias e Kate? Uno dei due sarà anche ricorrente, in futuro ;)
E su questo preambolo MI FERMO. Vi avevo annunciato che ci sarebbero stati altri due capitoli ma, come ho detto negli avvisi, avevo fatto male i calcoli e saremmo arrivati a metà agosto, ma voglio evitare.
Ergo mi fermo qui e riprendo il 31 agosto con la pubblicazione, se tutto va bene, al massimo slitta alla settimana dopo... vediamo come va!
Io torno in questi giorni per la pubblicazione del capitolo finale di Chiamami dal balcone e poi mi zittisco per un mese. Colgo l'occasione per augurarvi buone vacanze, riposate e divertitevi!
Ci si sente su questi schermi,
A fine agosto,
Cris
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