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16. Caccia al tesoro

Ho scoperto che soffrire d'insonnia è brutto, ma se succede d'estate – dove sudi anche a respirare – lo è un po' di più.

La verità è che non riesco a spegnere il cervello durante la notte, e non ci riesco perché il giorno mi offre troppi spunti per pensare.

Siamo a inizio luglio e io ho tempo libero da perdere. Ora che Elle lavora meno – con le due squadre di pallavolo fa solo tornei estivi e un po' di preparazione atletica, niente allenamenti fino a settembre – deve dedicare il tempo allo studio, dato che gli esami finali dei suoi corsi si avvicinano. Ma, per sopperire alla mancanza di entrate dovute alla pallavolo, ha incrementato le ore da Selfridges.

Mentre io, per quanto stia lavorando ai miei progetti futuri ­– soprattutto a quelli dopo le riprese del penultimo film di Legacy, che inizieranno a settembre – ho tempo da perdere, e questo mi porta a riflettere e riflettere mi porta a non dormire la notte, o a farlo male.

Perché con la mente torno ai momenti che ho passato con Elle, i suoi momenti liberi che ha scelto di dedicare a me, non solo al sesso.

Ed è così che la speranza che lei possa vedermi in un modo diverso dallo scopamico che le offro è cresciuta. Ed è così che ho iniziato a pensare di avere una vera possibilità.

In fondo, con lei, non ho mai ricevuto un no, ho fatto solo qualche passo falso, ma ho ottenuto di più osando un po' che nell'aspettare. È questo a convincermi a togliermi i dubbi e a fare un salto nel vuoto per cui mi ci vuole coraggio, più di quello che possiedo.

Ma sto cercando di sopperire a questa mancanza, sto accumulando la forza per confessarle quello che provo, perché non ha senso che io stia zitto e continui ad arrovellarmi nei dubbi. E se le aprissi gli occhi? E se lei provasse altro oltre all'attrazione, ma ha paura a mostrarlo per il timore di un rifiuto? E se stessi perdendo solo tempo?

Non mi piace l'idea di sprecare momenti accanto a lei, non quando i miei mesi di permanenza diminuiscono a una velocità che non so spiegarmi.

Mi sento come un bambino perso tra la folla: fermo e spaesato, che gira su se stesso in cerca di qualcuno che lo aiuti. Ma io non sono un bambino e non posso aspettare che siano gli altri a darmi una mano. Sono un adulto e devo essere il primo a risolvere i miei problemi.

Sono abbastanza maturo dall'accettare i miei sentimenti e le loro conseguenze.

*

È mercoledì e sono l'unico a casa. Elle è in biblioteca a ultimare il suo progetto di fine anno di un corso che ha seguito nel secondo modulo, mentre gli altri sono a lavoro.

Io? Dopo un'infinita chiamata con i miei, a cui ho promesso che sarei andato a trovarli presto, ho deciso di vincere una medaglia olimpica, semplice.

È con fierezza che posso dire di essermi ridotto da schifo davanti alla Play e ho consumato i giochi che i ragazzi mi hanno regalato. Davvero, in quello degli sport sono diventato medaglia d'oro nel salto in alto. Non è da tutti.

Almeno virtualmente riesco a eccellere in quasi tutti gli sport, evento più unico che raro.

A seguito di questa intensa attività agonistica mi merito un premio: una sigaretta.

Mi avvicino al pacchetto per accorgermi con disappunto che è l'ultima. La accendo come se fosse l'ultima prodotta sulla terra e ragiono sul da farsi: uscire a comprare una nuova confezione o aspettare che torni qualcuno e che me le porti?

Assecondo il mio spirito guida – un bradipo in letargo – e opto per la seconda soluzione. In realtà la prima non è mai entrata davvero in gara. Mentre do fondo alla mia ultima dose di nicotina estraggo il cellulare dalla tasca dei jeans e scrivo un messaggio a Elle, perché so che è l'unica a tornare a casa verso pranzo, deve lasciare il proprio materiale e cambiarsi per andare da Selfridges.

Dovrei vergognarmi della mia pigrizia, ma il mio essere privo di energie mi impedisce di provare imbarazzo.

Mi risponde in modo affermativo, tanto che torno a sorridere e a dedicarmi ad altri tipi di cazzeggio, voglio affinare l'arte. Che non si dica che non mi applico in quello che faccio!

Tra la pagina di un copione, un paio di serie di addominali e la preparazione di un pranzo a dir poco disastroso, finalmente il campanello suona e apro con un sorriso.

Vedere Elle e avere un pacchetto nuovo di sigarette fa di me un uomo felice. So che è un vizio pessimo, e mi sono ripromesso che dopo la fine delle riprese di Legacy e della sua promozione smetterò, ma quel momento non è così vicino e nel frattempo ho bisogno di un qualcosa che agisca sull'ansia che la pressione dei media mi incollano addosso come se fosse una seconda pelle. Certo, avrei potuto investire il mio tempo nella meditazione, ma la nicotina è efficace allo stesso modo e in molto meno tempo, anche se sono consapevole delle controindicazioni.

Il fumo, Elle... insomma, di qualcosa di tossico si deve pure morire e io mi sono scelto le mie dipendenze.

Apro la porta con un sorriso, ma lo sostituisco alla svelta con un'espressione confusa. Le mie sopracciglia sono così corrucciate da farmi quasi male. Davanti a me non c'è anima viva.

Mi guardo in giro per il pianerottolo del palazzo, ma non c'è nessuno. Nemmeno dall'appartamento delle ragazze proviene il minimo rumore.

Scuoto la testa e mi viene naturale farlo con afflizione, tanto da abbassarla per la delusione, ed è lì che tutto cambia. Sullo zerbino – elemento in cui mi ritrovo subito dopo il bradipo di cui ho parlato prima – vedo il famoso pacchetto di sigarette, però è accompagnato da un biglietto infilato nell'involucro trasparente. Lo estraggo e lo apro. L'interno è tanto semplice quanto insolito: "Ti va di giocare?"

La prima risposta è no, perché sembra tanto l'inizio di Saw l'enigmista e, siccome ho già perso la dignità tempo addietro, almeno le parti del corpo vorrei tenermele tutte, ma so che è Elle a nascondersi dietro a questa trovata e non posso non sorridere al pensiero di assecondarla.

Chiudo la porta di casa, recupero il telefono e la chiamo, curioso di conoscere cosa le passa per la testa. Quando si apre la comunicazione non perdo tempo: «Ma dove sei?»

Sorrido. Mi viene naturale, perché quando ho a che fare con lei l'aria cambia, diventa più leggera. O forse sono io che divento sensibile a ogni cosa che fa.

«Grazie Elle per avermi comprato le sigarette e sì, voglio giocare» risponde divertita, in una palese presa in giro del sottoscritto, perché non mi sono perso in convenevoli.

«Ok». Le vado incontro. Assecondarla si rivela utile per scoprire di più sul bigliettino e io sono curioso, forse troppo, quando la riguarda. «Grazie mille. Non so come farei senza di te. E sì, forse voglio giocare con te».

La verità è che con lei mi piace quando i toni sono leggeri e tutto sembra divertente, ma mi sembra che l'unico a mettersi in gioco sono io. E posso dire tutto, tranne che con lei ho sempre fatto sul serio.

«Va meglio così?»

«Direi, di sì, anche se manca un vero consenso». Fa una pausa, da cui percepisco tutta la sua soddisfazione. «Il forse non è abbastanza. Sei dentro o no?»

La sento camminare e in sottofondo sento i rumori della metropolitana, ma non riesco a capire dove sia diretta, anche se immagino sia alla fermata più vicina a casa nostra, perché l'ha raggiunta in pochissimo tempo, troppo poco perché si sia allontanata dal quartiere.

«Sono dentro». Rido per il palese doppio senso, anche se non penso che lei l'abbia colto. «Gioco».

Per tutta risposta la sento ridere mentre mi riaggancia il telefono in faccia.

Mi aspettavo di tutto, ma non questo. Non faccio nemmeno in tempo a rimanerci male, che mi arriva un messaggio: "Ho pensato a quanto tu sia sedentario, stai saltando anche gli allenamenti in palestra con il tuo personal trainer. Non posso essere il tuo unico momento di fitness, non vorrei alzare troppo i tuoi standard per il futuro. Quindi alza le tue chiappe d'oro dal divano e trovami, gli indizi te li mando io".

Quel messaggio è un mix di tante cose, tutte esplosive per me. È attenta e mi ascolta, sa che ho saltato un paio di appuntamenti in palestra e se lo ricorda perché si preoccupa per me, sa che per Legacy devo mantenere un certo peso e un determinato fisico. È ironica, perché noi comunichiamo così. È letale, perché parla di un futuro in cui lei non è compresa.

Ed è in questo momento che capisco quanto desidero che lei, invece, faccia parte della mia vita, non voglio che sia esclusa e non ho intenzione che diventi il metro di paragone con altre ragazze, perché non riesco a immaginarmi con altre, il solo pensiero mi fa mancare il fiato.

Una decina di minuti dopo mi do un'occhiata nello specchio per controllare di essere presentabile e non fare una stronzata tipo uscire a piedi nudi o con due scarpe diverse per la fretta, poi le rispondo.

"Sono operativo, cosa devo fare?"

Mentre aspetto il suo messaggio mi incammino verso la metro, mi sembra un buon inizio per guadagnare tempo. Il cellulare mi vibra tra le mani, apro la nostra chat e vedo la foto di un cancello. "È realmente d'oro" è il testo che accompagna l'immagine.

Rifletti, Seb. Ma ci sono pochi dubbi a riguardo. È Buckingham Palace.

Scelgo la fermata della metro con la linea che può condurmi più vicino al palazzo, ma devo ammettere che è stata furba, perché non ci sono fermate nei pressi dell'abitazione della regina. Penso sia per una questione di sicurezza.

Scendo a Green Park e passo per il parco quasi correndo, grato di aver portato con me il cappellino e gli occhiali da sole, che mi permettono di passare abbastanza inosservato in mezzo a turisti troppo intenti a godersi la città che badare a chi la popola.

In effetti, vista la velocità con cui mi muovo, posso ritenermi già contento perché è come se stessi recuperando le sedute con il personal trainer. Eccolo qui tutto il tapis roulant che ho saltato e che mi si ripropone nella forma più stronza che il karma potesse scegliere: inseguendo la ragazza dei miei sogni.

Controllo la foto che mi ha mandato e posso dirmi soddisfatto, il palazzo è quello e posso dire con certezza che ho trovato l'angolazione da cui anche Elle ha scattato la foto. Mi guardo in giro ma non la vedo, così estraggo il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e le scrivo, dato che è online. "Chiappe d'oro è arrivato. Dove sei? Non ti vedo".

Approfitto del complimento, devo dire che mi ha lusingato parecchio. Il mio obiettivo: arrivare a gareggiare con il culo di Chris Evans. Battere Capitan America sotto quel punto di vista potrebbe essere la soddisfazione massima della mia vita, anche più di un Oscar.

"Non mi vedi perché non ci sono. Troppo tardi, chiappe d'oro!" Mi prende in giro, poi mi manda un'altra foto: "Vieni qui, dove celebriamo le vittorie nazionali passate e personali attuali".

Quindi si tratta di una caccia al tesoro. Inaspettato, ma interessante.

La foto riprende parte della colonna dedicata a Nelson e parte della National Gallery, non mi ci vuole niente per riconoscere il posto dove sono riuscito a mostrarle parte di quello che sento per lei, il posto dove Elle mi ha dimostrato che per lei non sono trasparente.

Corro verso la fermata della metro più vicina e spero di arrivare in tempo ma, per quanto poco ci abbia messo, raggiungo Trafalgar dopo venti minuti. Tempo che mi è servito per chiamare Fred e chiedergli di raggiungermi alla National Gallery nel minor tempo possibile. Penso sia il modo più veloce per raggiungerla. Non c'è bisogno che Elle conosca i retroscena di questa caccia al tesoro. In fondo l'importante è il risultato, in questo caso, e non il come lo si è raggiunto, anche se mi è venuta voglia di comprarmi uno di quegli orribili monopattini elettrici.

In piazza c'è molta gente, come sempre, tanto da impedirmi di vedere Elle. Eppure ho la sensazione che non dipenda dal mio non vederla, perché la noterei in mezzo a qualsiasi folla, è come se percepissi la sua assenza, quasi avesse lasciato la scia del suo passaggio e stesse scomparendo.

"Dimmi che sei qui, se no mi arrendo. Penso di aver perso un polmone per strada. Di sicuro la regina è in uno stato di salute migliore del mio".

Il karma deve essere seduto su qualche spiaggia caraibica a ridere di tutta la corsa che ho saltato in vita mia e recuperato in una sola giornata. Ma mandare una ragazza meno attiva nella mia vita, in cambio di un po' di sesso, era chiedere troppo?

Una gioia, non pretendo tanto.

"Vedi che hai bisogno di riprendere ad allenarti? Lo faccio per te. Ed è per questo che ho cambiato". Vorrei risponderle, ma vedo che sta continuando a scrivere. "Vuoi già arrenderti? Pensavo volessi il tesoro".

E, stranamente, non allega nessuna foto.

"Dipende dal premio. Di cosa si tratta?" Digito dopo aver individuato Fred ed essere salito nella berlina scura.

"Di me". Ok, il moto di stizza che ha iniziato a pervadermi se ne va, scacciato da una nuova convinzione da mettere nella sfida. No, non mi arrendo, mi gioco il tutto per tutto, se lei è la posta in palio. All in.

"Mandami il prossimo indizio". Posso sentirla sorridere anche se non è qui, anche se ci separa una città che pulsa di vita e scorre piena di gente. Io il suo sorriso lo sento nelle vene, sulla pelle e nelle orecchie, tanto la conosco bene.

"Bravo, Seb, risposta esatta". E vedo che sta scrivendo altro. "C'è un immenso occhio che ci spia. Prova a cercarmi nei dintorni. Mi raccomando: sii puntuale". Subito dopo arriva la foto delle lancette.

Facile. Big Ben e London Eye.

«Andiamo verso il London Eye» dico a Fred. Ho una fretta dannata di arrivare per trovarla, il sangue mi si infiamma dal desiderio di averla tra le braccia dopo quella che mi sembra una ricerca infinita.

Quando arrivo ai piedi della ruota panoramica non c'è traccia di Elle e, mentre le scrivo, per portarmi avanti torno verso la berlina in cui Fred mi sta aspettando.

"Non sei nemmeno qui, vero? Dammi il prossimo indizio". Non sono deluso, ma ho l'adrenalina che mi circola in corpo che non mi permette di ragionare razionalmente. Sto bruciando, ed Elle è l'unico modo che conosco per mettere a tacere l'incendio.

"Touché. Per il prossimo posto, che sto raggiungendo pure io, ho perso la testa. Letteralmente. E sono in buona compagnia".

Questa volta mi gira una foto presa da internet, cosa che mi stupisce, ma che mi fa accelerare i battiti. Forse questa volta riesco a raggiungerla e ad anticiparla. Lei pensa che io mi stia muovendo in metro, ma in realtà ho il vantaggio di non dipendere dagli orari dei mezzi pubblici, traffico permettendo.

«Alla Torre di Londra. Fred, te lo chiedo con il cuore in mano: prendi tutte le scorciatoie che conosci». Lo vedo annuire e mettersi in moto, come il sangue nelle mie vene.

Dopo un quarto d'ora riesco ad essere alla Torre di Londra. Chiedo a Fred di lasciarmi in un posto appartato, giusto per non svelarle il motivo della mia velocità. Non vorrei che avesse da ridire sul mio modo di partecipare alla caccia al tesoro e, per punirmi, continuasse a farmi fare il turista.

Amo Londra, ma ho bisogno di Elle.

Arrivo di corsa, con la paura che possa essermi sfuggita per pochi minuti, ma Elle è lì, appoggiata alla ringhiera che costeggia il Tamigi, pronta a sorridermi appena mi riconosce tra la folla.

Il mio cuore, in risposta, galoppa con più velocità nel petto e la cosa non è dovuta né alla corsa né all'adrenalina che ho provato durante questa caccia.

Ecco il mio tesoro, tutto quello che non sapevo di volere.

Le gambe sono deboli per il peso di quella verità che mi piomba addosso appena Elle posa i suoi occhi su di me. Dovrei sedermi per darmi il tempo di riprendere fiato, ma non lo faccio. La raggiungo, mi piego su di lei e la bacio, incurante della gente attorno a noi e del fatto che possano riconoscermi.

Devo tornare a reintegrare ossigeno e l'unico modo che conosco per farlo è baciandola. Lei è la mia aria.

«Ciao». Mi saluta con una carezza lungo la guancia, ma è rossa in viso ed è merito del bacio che le ho dato. Colorarla di vita mi piace, mi fa stare bene.

«Ciao». Sorrido come lo scemo che sono per essermi fatto abbindolare in questo modo. «Come mai questa caccia al tesoro?»

«E tu come mai sei arrivato così presto?» Alza un sopracciglio, un modo per sottolineare il suo scetticismo.

Rispondo con il sorriso strappamutande che so piacerle tanto, quello un po' arrogante, che mi fa sollevare solo un angolo delle labbra. «Ho i miei metodi».

«E mi piacciono?»

«Non penso». Rido appena, in modo da lasciarle il beneficio del dubbio. «Ma non hai risposto alla mia domanda. Come mai questo gioco?»

Ora sono io quello interessato alla risposta.

«Perché oggi è il nostro sessomesiversario e avevo voglia di celebrarlo». Alza le spalle e ridacchia divertita, come se fosse normale contare i giorni da quando abbiamo iniziato a vivere una relazione a metà.

«È da un mese che facciamo sesso?» Allora è vero che il tempo vola, quando ci si diverte!

Mi sembra ieri quando ho iniziato a scoprirla, non solo dei suoi vestiti, ma per quello che è Elle, senza maschere o aspettative. La persona che mi ha fatto innamorare.

«Sì».

«E dobbiamo festeggiare?» Questa è la parte del discorso che non riesco a cogliere. Perché, più che dare il via a festeggiamenti vari, io ringrazierei qualsiasi Dio esistente con delle preghiere per avermi dato un'opportunità simile.

«L'abbiamo appena fatto» replica Elle mentre si indica attorno per ricordarmi la caccia al tesoro, conclusasi poco fa. Poi torna a guardarmi e assottiglia lo sguardo: «E poi sì, io festeggio perché era da un po' che non lo facevo. Non so tu. E non lo voglio sapere».

Quella che sento è gelosia? Interessante.

«Va bene». Sorvolo con le mani alzate in segno di resa. Come se avessi avuto anche solo una possibilità di oppormi al suo volere. «Ora cosa facciamo?»

«Non lo so. Ho esaurito le idee... non posso pensare a tutto io!» Incrocia le braccia sotto al seno e finge di mettere il broncio.

Mi tocca inventarmi qualcosa, e alla svelta.

Mi guardo attorno e vicino a noi c'è lo stand dei tour in bus della città. L'idea non è male, ma non mi pare niente di eccezionale. Eppure, mentre osservo le affissioni che sponsorizzano gli sconti per i turisti riguardo le altre attrazioni comprese nel costo del biglietto, mi viene l'illuminazione.

Come prima, sono tentato di ringraziare tutte le divinità esistenti – e non – per l'assist che mi è stato fornito, ma rimando la cosa a un secondo momento, ora devo cogliere la palla al balzo.

«Ti va di fare una scommessa?» Ne elaboro i dettagli mentre parlo.

Elle è guardinga, ma decide di fidarsi perché in fondo io ho fatto lo stesso quando ho accettato di seguire lei in giro per Londra. «Perché no! Cosa mettiamo in palio?»

Hai voluto giocare, Elle? Bene, è giunta l'ora per me di scendere in campo, sono pronto a giocare sporco. Chissà come dev'essere per lei essere ripagata con la stessa moneta.

«Quello che vuoi. Se vinci tu». Preciso, giusto per farle percepire il pericolo nell'implicazione contraria, ovvero nel caso dovessi vincere io la scommessa.

Si agita sul posto, ma non lo vuole far vedere, preferisce mostrarsi padrona della situazione come sempre. Ma lo vedo, sta quasi rimpiangendo l'avermi dato lo stesso suo potere decisionale. «E se vinci tu?»

«Facciamo quello che voglio io». Non so se svelare subito le mie carte, vorrei lasciarla sulle spine, come lei ha fatto con me, ma sono curioso di conoscere la sua reazione a quello che ho in mente, forse per capire cosa può aspettarmi.

So solo una cosa: perdere non è un'opzione. Non esiste.

«Ok». Pensa a quello che vorrebbe ottenere in caso di vittoria, troppo distratta per pensare a quello che ho in mente. Poi, all'improvviso, si illumina: «Ce l'ho! Se vinco voglio un furetto».

Un furetto? Perché non un procione? Almeno mi offrirei volontario e finiremmo qui di camminare sulle uova.

La vedo annuire convinta davanti al mio sguardo scettico. «D'accordo, vada per il furetto».

Spero che Jane e Rachel non mi uccidano, ma non penso ce ne sarà bisogno.

Inizio ad avviarmi verso la fermata della metro più vicina per raggiungere il posto che mi è venuto in mente e intanto scrivo un messaggio a Fred in cui lo ringrazio per il servizio e gli dico che può considerarsi libero.

Ma, prima che io possa mettere in fila tre passi, Elle mi prende un braccio e frena la mia avanzata, tanto che rischio di inciampare e finire faccia a terra in mezzo a una folla nutrita di turisti.

Sembra essersi ripresa dall'estasi per il furetto e, di nuovo a contatto con la realtà, ha sentito odore di bruciato. «Ehi! Tu cosa vuoi se vinci? Non l'hai detto». Poi diventa rossa e si prende un po' di tempo prima di pronunciare parole che sembrano costarle uno sforzo immane. «Guarda che non ho molti soldi, quindi non aspettarti che so... una Ferrari».

Rido. Se dovessi mettermi alla guida di una simile auto mi stamperei contro il primo palo della luce a disposizione. «Un appuntamento. Vero». Le sorrido vittorioso e la metto a tacere prima che possa replicare. «Tranquilla, offro io».

Sgrana gli occhi, colpita dalle mie parole, ma non penso che a preoccuparla sia il fatto che a pagare possa essere io. Si irrigidisce e il suo tono è alterato, quando parla: «Non fa parte degli accordi».

Torno a sorridere in modo un po' arrogante, conscio di poter vincere a mani basse questa discussione. «Lo so. È proprio per questo che sto cercando di vincerlo».

Elle abbassa le spalle e sbuffa, arresa. «In effetti il tuo ragionamento non fa una piega. Ma non pensare di incantarmi».

Riprendiamo a camminare e soltanto davanti alla metro Elle sembra ricordarsi di aver tralasciato un altro dettaglio fondamentale, cosa che mi fa capire quanto, per la prima volta, io l'abbia presa in contropiede. «Dove andiamo?»

«Al Dungeon». Un posto turistico con attrazioni dedicate alle torture e agli eventi macabri avvenuti in passato a Londra. «Chi si spaventa di meno vince».

I suoi occhi si spalancano per la paura, proprio come speravo. Forse ho sfruttato l'avversione di Elle per tutto cioè che è vagamente horror a mio vantaggio.

Due ore più tardi, dopo aver raggiunto il London Eye e, di conseguenza, il Dungeon nella sua nuova locazione in luogo più turistico rispetto al precedente, posso dichiararmi soddisfatto.

Motivo per cui Elle esce furibonda dal museo interattivo dell'orrore. Ebbene sì, a quanto pare questa è la nostra prima discussione e mi piace perché, nonostante stiamo litigando, ha un retrogusto di normalità che non riesco a ignorare. C'è tanta intimità nel litigare proprio come nello stare insieme.

«Senti, mi sono spaventata di meno io, poche storie». È inviperita.

«Per favore», la schernisco a cuor leggero, «hai urlato come una disperata molte più volte di me».

«Solo perché tu sei saltato in aria senza urlare». Alza le spalle, ma è ancora scossa. «Cioè un tizio, lungo l'attrazione al buio e con gli attori, mi ha preso per la caviglia e mi ha mostrato una testa mozzata. Una testa mozzata molto veritiera».

Cerca di giustificarsi.

«Per non parlare di quando la nave ha iniziato a viaggiare all'indietro, il tuo urlo è stato agghiacciante». Continuo a sottolineare le sue figuri peggiori, che sono al contempo le mie migliori prove per decretare la mia vittoria. «Quindi ho vinto io».

Rimane in silenzio, immusonita, fino a quando, a denti stretti, ammette la verità: «Ok, hai vinto tu».

Esulto con entrambe le braccia in aria, ma Elle frena il mio entusiasmo. «Dove mi porti? Evita cene in ristoranti super eleganti o cose simili, le detesto».

Ormai è quasi il tramonto e osservo ciò che ci circonda, che riesce a darmi l'idea esatta di cosa fare.

«Vieni, non dobbiamo andare molto lontano».

La prendo per mano e mi dico che è solo per non perderla tra la folla, non perché mi piace la sensazione che mi dà essere in mezzo a tutta quella gente come due persone normali e passare per una coppia.

Quando comincia a seguirmi di malavoglia mi sembra di sentirle sussurrare "Odio perdere".

Buonasera!

So che il capitolo è più lungo del solito, ma dividere questa caccia al tesoro non avrebbe avuto senso.

Avviso già che anche il prossimo sarà bello lungo, così vi preparate!

Spero che l'idea vi sia piaciuta. Secondo voi cosa ha in mente Seb?

Avete visto che ha preso il coraggio a quattro mani, sfidando Elle?

Chissà cosa ne uscirà fuori!

PS: SE VI PUÒ INTERESSARE HO INIZIATO A PUBBLICARE LA FAMOSA STORIA AMBIENTATA IN ITALIA DURANTE IL LOCKDOWN, LA TROVATE SUL MIO PROFILO.

A mercoledì 24,

Cris

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