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15. Sul tetto del (suo) mondo

Torno nel mio appartamento con appiccicata addosso la stessa affabilità di Voldemort dopo aver scoperto che Harry Potter non è morto per la seconda volta.

Sì, sono geloso, e lo sono perché non ho certezze. Elle non vuole legami, ma passiamo tutto il tempo insieme, non è innamorata, ma si apre con me in un modo che non riserva a nessun altro, mi dice di non essere geloso, ma è la prima a dire che è felice di stare in mia compagnia.

C'è un'indecisione di base che mi confonde ma, soprattutto, c'è un filo conduttore che mi dà speranza.

Per distrarmi dal mio malumore è giunto il momento di provare i giochi che mi hanno regalato i ragazzi. Siccome ho un po' di tensione da sfogare mi cimento con quello dedicato agli sport e scelgo il tennis.

Dopo quaranta minuti mi sono così immedesimato nella partita che sono in piedi davanti allo schermo con il fiato corto, il corpo in tensione mentre ondeggio da una gamba all'altra. Sono la versione senza talento di Rafa Nadal, in pratica, quando Elle entra senza tanti convenevoli nell'appartamento, allo stesso modo in cui mi sono presentato io un'ora prima nel suo.

«Se ne è andato!» Urla con le braccia alzate in un gesto trionfale. «Cosa vuoi fare?»

«Niente, sono impegnato». È la mia risposta secca, manco stessi giocando in prima persona la finale di Wimbledon. Sì, ho ancora l'umore guasto, anche se non so dire di preciso per cosa.

Ma Elle è tosta e non si lascia scoraggiare dal mio broncio o dalla concentrazione che ho dipinta in faccia. «Dai, vieni, devo farti vedere una cosa!»

Insiste con un tono infantile che vorrei mi irritasse, ma in realtà mi fa sorridere.

«Te l'ho detto: sono impegnato». E lo sono davvero, ma a fare il sostenuto con lei. Non mi piace che abbia il controllo sulle mie emozioni, non mi va di correre ogni volta che lo chiede, sempre e solo con i suoi tempi. Per una volta voglio assecondare i miei e riprendermi un po' di spazio.

Si avvicina alla play e la spegne senza pietà, un po' stizzita. «Ecco, ora sei libero. Più facile del previsto, non credi?»

Forse ero troppo concentrato sulla partita per pensare che la cosa potesse essere così importante da non poter essere interrotta.

Eccolo, il mio problema: sono troppo ottimista.

Lascio andare il joypad, metto le mani in tasca e faccio spallucce. Ora non ho davvero scuse per rifiutarmi di seguirla, né tantomeno penso di volerlo davvero. «Beh, ok».

Non ho il coraggio di farmi valere.

Elle non se lo fa ripetere due volte e mi trascina fuori casa con un sorriso smagliante, come se non l'avessi irritata con il mio comportamento infantile fino a trenta secondi fa.

Sono pronto a entrare nel suo appartamento, anche se non ne capisco il senso dato che casa mia è disponibile, ma mi guida verso le scale del palazzo. «Dove stiamo andando?»

Lei, al posto di scendere come pensavo, inizia a salire la rampa davanti a noi. «Dove mi porti?» Sono più confuso che mai.

Elle si gira verso di me, le dita di una mano intrecciate con le mie nel gesto più giusto che ci sia, mentre con l'indice libero – posato sulle labbra – mi invita a essere più discreto. «Non urlare, è un segreto».

Si guarda in giro, per essere sicura che nessuno dei condomini sia a portata d'orecchio, poi continua la salita.

Dopo essere arrivati in cima al palazzo – io in carenza di ossigeno – ci ritroviamo davanti una porta ed Elle estrae una chiave dalla tasca per poi aprirla. «Ecco».

È l'unica cosa che dice quando con un braccio mi presenta il panorama.

«La terrazza condominiale sarebbe un segreto?» In effetti sì, perché non ne conoscevo l'esistenza fino a poco fa e sono sicuro che anche i miei amici ignorino la cosa.

«Guarda meglio». Mi invita, per poi ridere, con la sua allegria ritrovata.

Faccio come mi dice e fisso quello che si presenta attorno a noi: altri tetti, lo skyline del resto di Londra in lontananza. Sul terrazzo, invece, posso ammirare dei fili e alcune lenzuola appese. Mi verrebbe da dire che qualcuno si è messo a stenderle da ubriaco, perché anche io – da casalingo mancato quale sono – so che la biancheria pulita non dovrebbe toccare terra.

«Devo ammirare le lenzuola di qualche vicino?» Domando scettico. Non ho questa forma di feticismo. O meglio, ce l'avrei se si trattassero di quelle di Elle ma, siccome ho avuto modo di conoscerle da vicino e personalmente, non ho sviluppato questa strana forma di adorazione. Fortunatamente, per una volta, non ho bisogno di ricorrere a certi rimedi.

«Oh, no». Mi sorride soddisfatta, quasi timida, mentre si avvicina a quelle che ora mi sembrano più tende e ci si nasconde dietro. «Non sono dei vicini. Sono mie».

La guardo confuso e lei alza gli occhi al cielo. «È uno spazio condominiale comune, ma non è usato da nessuno, a parte me. Lo so perché lo sfrutto spesso, mentre non ho mai visto altra gente quassù. Forse il nostro affittuario mi ha detto di essersi dimenticato di dirlo alle ragazze, e forse io mi sono dimenticata di ricordarglielo, come è successo a lui».

«Penso che nemmeno i ragazzi ne sappiano qualcosa». Mi avvicino, dato che Elle scosta i lembi delle tende per permettermi di vedere dentro.

«È il mio posto segreto. Quando voglio staccare vengo qui. È a mio personalissimo uso».

Ora che ho accesso all'oasi creata da Elle posso vedere quanto sia strabiliante. Le tende – ne ho la conferma – sono montate non su semplici fili per stendere, ma sulla struttura di un gazebo che, però, non ha nessuna copertura. Per terra c'è un tappeto e su un fianco c'è una cassapanca in teak, un legno usato spesso per i mobili da esterno, da dove è intenta a estrarre dei cuscini.

«Cosa ci fai con tutte queste cose?» Sono senza parole. In quest'angolo non molto grande c'è così tanto di Elle da stordirmi.

Alza le spalle. «Vengo qui e mi distraggo. Faccio parecchie cose». Si gira verso di me, indecisa se continuare o meno, ma poi aggiunge: «Mi piace guardare il cielo. Qui a Londra corre».

E, per sottolineare la cosa, si sdraia sul tappeto con un cuscino sotto la testa.

Il vento fa galoppare le nuvole, è vero, ma in questo momento anche il battito del mio cuore corre insieme a loro, perché entrare nel mondo di Elle non è da tutti, lo so, eppure mi sta dando modo di sbirciarlo.

«Vieni a vedere» dice mentre indica il manto azzurro e grigio sopra di noi.

Mi sta invitando a condividere con lei il suo posto, quello che la rispecchia senza maschere, e io non posso che accettare, grato che mi dia una simile opportunità.

Mi sdraio e cerco di focalizzarmi sulle nuvole che scorrono su di noi e non sulla vicinanza che c'è tra noi, non quella di due corpi che quasi si toccano, ma quella di due anime messe a nudo, o quasi. Quella che fa vibrare lo stomaco come se fossimo sul precipizio di una ripida discesa, ma che non ci impedisce di saltare.

«È incredibile». Ma non parlo del cielo, quanto più dell'opportunità che Elle mi dà nel poterla vedere per come è e non per come vuole apparire.

Alza le spalle. «Già. Solo che nessuno se ne accorge perché controllano solo il tempo, senza soffermarsi sul cielo».

È per questo che sono grato, perché in pochi fanno pensieri simili, così semplici ma affatto banali, ma sono ancora meno quelli che li condividono. Elle con me lo fa, mi mostra il mondo con i suoi occhi e i colori attraverso cui lo guarda. Un punto di vista che mi fa cambiare sempre prospettiva.

«Non ci avevo mai pensato». Metto un braccio dietro la testa, mentre con la mano libera cerco la sua.

Sorrido appena quando mi rendo conto che non la ritrae e lascia che gliela prenda.

La verità è che un simile gesto fa parte di quelli che uccidono lentamente, perché dà speranza.

E se c'è una cosa falsa nella vita, è che dicono che il verde è il colore che la rappresenta.

La speranza, in realtà, è la somma di due colori: il bianco, che è fatto dalle gradazioni che la aspettativa rifrange, e il nero, che assorbe tutte le sfumature riflesse dal bianco.

Le nostre dita incrociate mi rendono bianco e nero, riflettente e permeabile. Prendo ogni sfumatura di quel gesto, ogni emozione dei riflessi che rispecchia e le assorbo per alimentare la mia speranza.

Se Elle l'avesse scansata sarebbe stato brutto, ma incredibilmente più facile per me. Non avrei desiderato in modo disperato altro. Perché la verità è che ogni volta che non si sottrae, ogni volta che mi dà corda e che mi mostra una parte di sé, Elle alimenta le mie aspettative e la fiducia in quello che provo per lei si ingigantisce.

Vorrei non illudermi, ma non posso non farlo, non quando mi asseconda in queste piccolezze troppo intime per essere fini a loro stesse. Lei ha sempre avuto le idee chiare su di noi, all'inizio io no. Le mie erano più fluide e ora si sono trasformate in un sentimento che si è radicato in me. È iniziato come una crepa nel petto da cui poi, però, è germogliato mettendo radici stabili attorno al cuore. Ogni battito lo alimenta.

Ogni suo sorriso, o la disarmante sincerità con cui si pone, senza paura di essere giudicata. Il suo tocco, così naturale che sembra non essere casuale, rende le nostre pelli il richiamo della sirena dell'altro. I suoi occhi che, senza ricorrere a parole superflue, mi fanno sentire desiderato. Il suo respiro, che mi ricorda quanto sia viva e reale. Il suo battito, che è il motore anche del mio cuore, non solo del suo.

Poi, però, arriva il rintocco lacerante della realtà a ricordarmi che lei non sa tutto questo e non le interessa, perché io sono solo il suo scopamico. Il mio punto di fine e non di partenza.

Tutte le volte il dolore arriva piano e le radici attorno al cuore lo stringono per farlo sanguinare.

Vorrei dirle cosa provo quando mi guarda o quando non lo fa, ma la realtà è semplice: ho paura di perderla. So che finora seguire il mio istinto mi ha portato lontano più dei piani che ho elaborato, ma mettersi a nudo e dirle che mi sono innamorato, nonostante non fosse nei programmi, è una cosa grossa. Troppo, perché Elle non scappi.

Dopo aver giocato con la sua mano e viaggiato nelle mie fantasie più nascoste, mi accorgo che sta per piovere, così mi metto a sedere di scatto. «Forse è meglio andare».

Lasciare la mano di Elle è una delle cose più difficili da fare, ma è l'unica possibile, se voglio aiutarla ad alzarsi.

Però, prima che io possa muovermi, lei mi ferma con una mano sul braccio e un sorriso che mi rimarrà inciso sul cuore. «Hai paura della pioggia?»

Penso volesse essere ironica, in realtà risulta soltanto curiosa.

«No» rispondo confuso. Paura non è il termine corretto. È istinto di sopravvivenza, suppongo, come tacerle i miei sentimenti, perché piuttosto che perderla preferisco avere poco di lei.

Annuisce appena e poi, con la mano che ha sul mio braccio, mi aiuta a distendermi di nuovo ed Elle si sdraia accanto e su di me, la testa sulla mia spalla, la mano sul cuore.

«Allora restiamo», la sento sorridere sulla mia maglietta, nemmeno lo facesse da una vita, «è la parte più bella».

E il cielo, come se ci avesse ascoltato, si screzia di un grigio intenso per riversare su di noi ogni goccia di pioggia che è riuscito a racimolare.

Sono bagnato fradicio, eppure mi ritrovo a sorridere. Non ho paura della pioggia, non posso averne finché ho il sole con me. Perché Elle aveva ragione, è diventata il mio sole. Non poteva essere solo un raggio, sarebbe stato riduttivo.

Ha illuminato la mia vita e mi ha fatto riacquistare un calore nel petto che non ricordavo di avere.

Un suo bacio mi scalda, un suo sorriso accende le mie giornate.

La via di fuga da un mondo frenetico da cui a volte scappo. Lo stesso mondo che sembra bussi in modo costante alla mia porta, per essere sicuro che non mi scordi della sua esistenza.

Ed è su quei pensieri caotici e istintivi che, dopo un tempo indefinito, decidiamo che è ora di tornare nei nostri appartamenti. Siamo fradici, ma non siamo mai stati così ricettivi nei confronti dell'altro come in questo frangente silenzioso, carico di parole non dette.

Davanti alle porte di casa ci salutiamo. Elle si alza sulle punte, felice del momento appena trascorso insieme. Io, ancora ebbro delle emozioni che mi suscita, le vado incontro e le deposito un bacio sulla fronte. Sono appagato di essere la causa della sua felicità, contento di aver condiviso qualcosa con lei al di fuori del sesso. Felice che Elle l'abbia voluto condividere con me. Per quanto sia una cosa piccola, mi sembra di vitale importanza.

Un gesto che alimenta la mia speranza.

Rientro in casa con l'intenzione di farmi una doccia bollente ma, quando apro il getto dell'acqua calda, mi accorgo che esce ghiacciata, nemmeno arrivasse dal Polo Nord. Mancano solo i cubetti e Babbo Natale che mi saluta per capire con esattezza cosa si prova in Lapponia.

Ok che devo placare i bollenti spiriti che mi accompagnano ogni volta che sono con Elle, ma qui si esagera, sono già in uno stato di ipotermia avanzato, non ho intenzione di completare il processo.

Con tutta la virilità che mi contraddistingue urlo un'imprecazione e ringrazio di aver messo una mano soltanto e non essermi buttato sotto il getto con la solita irruenza.

Controllo l'impianto dell'acqua e – nonostante la poca familiarità con l'idraulica e tutti gli hobbies legati al fai da te – mi rendo conto che l'acqua calda non funziona.

Mi vesto in modo approssimativo, prendo un asciugamano e busso da Elle, di nuovo.

«Sì?» Apre con un sopracciglio alzato, mentre si tampona i capelli umidi, ed è evidente che nemmeno lei pensava di rivedermi così presto.

Sospiro, arreso al fatto che devo sembrare in tutto e per tutto uno stalker.

«L'acqua calda a casa mia è inesistente come le gioie nella mia vita». Esordisco con una battuta, nella speranza di farle capire che non sono ossessionato da lei. «Mi presti una doccia che abbia un getto che superi i tre gradi centigradi?»

Come se non sembrassi già abbastanza disperato, allego al pacchetto la mia faccia implorante e buffa, nella speranza di smuoverla a pietà. Ho veramente bisogno di scaldarmi dopo il nostro pomeriggio bagnato.

Elle ride divertita e mi fa cenno di entrare. «Certo, accomodati». Mi guida verso il bagno, anche se so bene dove si trova.

«Ecco il nostro regno segreto, a tua completa disposizione». Mi prende in giro. «Fa' come se fossi a casa tua».

E mi lascia da solo, proprio quando ho preso in considerazione l'idea di risparmiare l'acqua e fare la doccia in due.

Dopo essermi accertato che il getto ha la stessa temperatura del centro della terra, mi lascio andare al flusso caldo e finalmente smetto di tremare. Quando riesco ad acclimatarmi, vado in cerca dello shampoo e mi accorgo di una cosa agghiacciante: ogni singolo prodotto detergente contenuto nel box doccia profuma come se fosse stato defecato da dei My little pony.

Lo shampoo è al cocco, il balsamo è alla vaniglia e il bagnoschiuma alla fragola.

È il colpo finale per mandare al tappeto la mia virilità, ma non ho molta scelta.

Cerco su altri ripiani, ma trovo zucchero a velo, cioccolato e frutti di bosco. Nemmeno in un locale specializzato in smoothies hanno così tanti ingredienti.

Mi rassegno e uso i primi prodotti che mi ritrovo sotto mano.

A fine doccia, con una temperatura corporea decente e il profumo di un frutteto addosso, che mi rende sempre più Bridget Jones, metto il telo attorno alla vita e tampono i capelli per evitare di inzuppare il bagno delle ragazze.

Bussano e mi ghiaccio sul posto. Spero non siano Rachel o Jane perché, anche se sono accuratamente coperto, sarebbe imbarazzante. «Sì?»

«Tutto a posto?» Domanda Elle, mentre infila la testa.

Replico con una smorfia. «Sì, se non si considera il fatto che profumo più di una centrifuga di frutta».

Elle entra in bagno e per tutta risposta si prende gioco di me. «Avanti, non ti lamentare!»

La guardo in modo strano, con un sopracciglio alzato.

«Ti dovrebbe piacere, dato che passi metà del tuo tempo ad assaporarmi, quando facciamo sesso».

«Non mi pare ti dispiaccia». Mi fa sembrare un maniaco, tanto che le regalo una smorfia contrariata. La verità è che vorrei marchiarle il mio amore addosso con ogni bacio, per farlo arrivare nelle sue profondità e sperare che attecchisca in lei.

«Non ho mai detto questo». Si avvicina, divertita. «Fammi provare».

Senza aggiungere altro si alza sulle punte e mi bacia una spalla ma, mentre le sue labbra toccano la pelle, allunga la lingua per saggiarne il sapore.

L'aria in bagno cambia. Da scherzosa diventa intima, come se la stanza non potesse contenere tutta l'energia che produciamo quando siamo a contatto.

Chiudo gli occhi per cercare di mantenere un po' di autocontrollo, ma sono al limite, come ogni volta quando Elle e io ci stuzzichiamo.

Serra le labbra, poi le lecca e alla fine emette il suo decreto: «Vedi, sei buono».

Posso anche esserlo, ma non lo sono abbastanza per lei, non sono quel gusto nella sua vita a cui non può rinunciare, come lo è lei per me.

Fa per andarsene, poi ci ripensa e si avvicina di nuovo.

Mi poggia la mano sul petto e mi guarda con un'intensità che mi lascia più nudo di quanto io non sia già in realtà. È disarmante e io sono sempre troppo esposto con Elle, eppure nei suoi occhi c'è un qualcosa di caldo che alimenta la fiamma tiepida della mia speranza.

«Saziami». La sua richiesta mi spiazza, così come la sua mano che scende in una carezza delicata di polpastrelli lungo gli addominali. «Anche se ho la costante sensazione che la fame che ho di te non potrà mai essere soddisfatta».

Le sue parole mi colpiscono troppo, e la fiamma diventa un incendio poco per volta. Lo stesso con cui ho paura di scottarmi, prima o poi.

Mi prende il lembo del telo che forma una specie di nodo e, senza essersi fatta scoraggiare dalla mia mancanza di reazioni, lo tira per farlo cadere ai miei piedi.

Con le mani ripercorre il busto per arrivare al collo e allacciarmici le braccia attorno. «Fatti assaggiare».

E non riesco più a trattenermi, a contenere la voglia che ho di lei e che ho di far breccia nel suo cuore. La sollevo con fare possessivo, con un desiderio che mi corrode dentro, la aiuto a circondarmi i fianchi con le sue gambe e la porto in camera sua.

Appena entro spingo la porta. Sento il mondo che bussa, ma lo chiudo fuori, sapendo che può aspettare ancora un po'.

Eccomi qui!

Come state? 

Sono così felice di essere arrivata a questo capitolo. Un pezzo di Elle, un posto che a volte ritorna, come i peggiori ex.

Cosa mi dite di questo capitolo?

E non pensate subito alla doccia con Seb, non vale!

Ok, io ho finito il mio dovere qui, torno nel mio angolino a scrivere.

PS: A BREVE, MOLTO BREVE, ARRIVERÀ LA STORIA SULLA QUARANTENA, RIMANETE SINTONIZZATI SU "QUESTI CANALI"!

A lunedì 15,

Cris


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