14. Il punto G(elosia)
È chiaro che non potrei mai seguire le orme di Lupin o Pablo Escobar, se con la recitazione mi andasse male, perché sarei un pessimo criminale.
Continuo a dire ai miei amici che i giochi che mi hanno regalato sono fighissimi, ma la verità è che giacciono accanto alla playstation ancora intonsi e hanno tre dita di polvere sulle confezioni.
Un pessimo criminale, lo ribadisco. Mi scoprirebbero in poco.
Per fortuna non mi sono dato al narcotraffico, quando ho dovuto scegliere del mio futuro.
La verità è che passo tutto il mio tempo libero a fare sesso, nemmeno – sempre parlando di un futuro ipotetico – avessi deciso di cambiare direzione e fare l'attore porno. Già, ormai occupo il mio tempo a inventare posti in cui fare sesso con Elle. Pavimenti, tavoli, docce, vasche, divani; tutto torna utile, ma ormai i posti da battezzare scarseggiano, inversamente proporzionali alle possibilità di essere scoperti da uno dei nostri coinquilini.
A proposito, oggi ancora non l'ho vista, ma conto di rimediare non appena torno a casa. Ho avuto un'intervista in un hotel di lusso con una giornalista simpatica, che mi ha lasciato il suo numero dopo aver raccolto il materiale. Sono lusingato e probabilmente, se non avessi per la testa Elle, penserei anche di contattarla, ma la verità è che non mi ha provocato nulla, perché non è stata in grado di reggere il confronto.
Fred mi scarica sotto casa e non manco di ringraziarlo per la sua gentilezza, anche se è il suo lavoro. Mi piace essere cortese, penso sia una scelta e sono convinto che basti poco per migliorare la giornata di una persona con una semplice frase.
Così mi ritrovo a salire le scale di corsa, come se ne fossi davvero in grado, per farle una sorpresa. La verità è che facciamo tanto sesso, ma non solo, la cosa bella è che passiamo tanti momenti a ridere e altri a parlare. Pensavo che essere amici di sesso riguardasse molto di più il sesso, appunto, invece noi abbiamo una spiccata componente legata all'amicizia.
Ed è questo punto la mia croce e la mia delizia: questo rapporto mi porta a sperare e, di conseguenza, a logorarmi i nervi, perché non so quanto Elle colga le sfumature di ogni gesto. Immagino che diamo due valori diversi a ogni cosa che facciamo insieme.
Arrivo davanti all'appartamento delle ragazze e spalanco la porta senza annunciarmi né bussare, so benissimo che da quando abbiamo intrapreso questa cosa degli scopamici posso sempre trovarla aperta.
Sono lì per portarle un po' di buonumore, lo stesso che il suo pensiero mi provoca: «Buongiorno!»
Entro a passo deciso nella stanza, convinto di andare a baciarla e poi prenderla lì e subito, ma devo rivedere i miei piani, frenare la mi voglia di conquista e bloccarmi sul posto dopo due miseri passi. È stato bello sentirsi Giulio Cesare in tutta la sua gloria per due secondi, ma ora è giusto che io torni nei panni dello schiavo, per ricordarmi che posto occupo nel mondo di Elle.
La vedo piegata sul tavolo del soggiorno mentre monta il plastico di una stanza. Non si sarebbe nulla di male fin qui, dato che deve essere un progetto per la sua università. Il vero problema è il tizio che la sta sormontando con il suo braccio grosso come una palla da rugby e la aiuta a sistemare il pezzo. Ora io dico, ok, non siete ingegneri, ma ci vuole tanto a girarle attorno per non starle addosso come un'ombra?
A quanto pare, per il biondo, è un problema. E già mi fa capire tre cose: la prima è che non deve essere una cima, la seconda è che il tipo lo fa apposta, la terza è che la situazione non mi sta bene, ma proprio per niente.
«Ciao Seb». Elle, richiamata dal mio gesto plateale, finisce di incastrare le due pareti sul pavimento, poi si scrolla di dosso il tipo, che ancora non ho avuto modo di studiare a dovere, e si avvicina per sorridermi in quel modo che sa fare solo a me. «Tutto bene?»
«Certo». Fingo, dopo essermi schiarito la voce. Quando è a una distanza di sicurezza, in modo che il Paris Hilton al maschile non possa sentirmi, le chiedo: «Chi è?»
«Oh» mormora Elle con fare sbadato, mentre si gira per fissare il tipo alle sue spalle, quasi se ne fosse ricordata soltanto ora. «Lui è Ian, il mio compagno di corso e collaboratore in questo progetto». E indica il tavolo. «Ian, lui è Seb, il mio vicino di casa».
Mi avvicino al tizio per avere un vantaggio e mostrargli quanto io sia a mio agio in quella casa, per poi stringergli la mano con fare cortese, perché un cenno da lontano sembra più amichevole di quanto non voglio apparire; così ho l'occasione per studiarlo.
E sono irritato. È mai possibile che Elle sia circondata da bellocci?! Mai una cliente di lavoro donna, una compagna di corso, o uno brutto. Uno di quei vecchietti che fanno l'università durante la pensione per ammazzare il tempo, è chiedere troppo?
No, Ian è la copia di Draco Malfoy. La brutta copia se mi è permesso, io lo so, dato che per me il set di Harry Potter è stato determinante per la mia carriera cinematografica. Ok, sono stato uno sfigato, ero Anthony Goldstein, uno studente di Corvonero che avrà avuto sì e no cinque minuti sul grande schermo divisi tra le otto pellicole, ma siccome serviva gente per gli studenti delle case per le scene collettive e quelle scolastiche, sono stato chiamato per ogni film.
Quindi sì, ho conosciuto Tom Felton, e posso garantire che Ian è la sua brutta copia, ma con più muscoli. Quindi, da bravo, abbassa le arie da quello che si crede troppo, che sei un qualcosa di già visto.
«Wow, Sebastian Hartford!» Rimarca impressionato.
«In persona». Per fortuna mi ha ricordato chi sono, altrimenti penso che avrei avuto crisi di identità fino a una nuova era giurassica.
Inserire il sarcasmo qui, per favore.
Ian, sei il mio salvatore, d'ora in poi per me sarai Sherlock.
«Se lo sapessero le ragazze del college...» Si rivolge esaltato a Elle, come se l'idea di dire che mi ha conosciuto e che è amico di una mia amica, sia diventata all'improvviso la cosa più lungimirante che ha pensato per fare colpo sul sesso femminile. Non mi ci vuole molto per credere che, purtroppo, sia davvero la pensata più illuminante che Ian abbia avuto nella sua vita.
«Ecco, a tal proposito...» Elle gli si avvicina con fare timido ma, appena si avvicina a lui, la sua espressione cambia. «Tu prova a farne una sola parola con qualcuno e ti stacco le gambe. O peggio».
Ian, ignaro della vera minaccia in quelle parole, ride divertito.
«Guarda che non sta scherzando», lo avverto dopo aver rubato una banana dal portafrutta nella vicina cucina, «l'ho vista vendicarsi per molto meno».
Sorrido al solo pensiero di cosa possa fare a Ian, anche se lui – ne sono convinto – spera che Elle possa solo provare a staccare a morsi la parte a cui lui tiene di più, quella a cui si augura che Elle possa avvicinare le sue labbra in un futuro non molto lontano.
Illuso, mettiti in coda e guarda come me la prendo.
Il mio sorriso strafottente si allarga. Fosse per me l'avrei già incollato al muro – una mano a tenergli ferma la faccia per permettergli di vedere al meglio le minacce che uscirebbero dalla mia bocca – per fare un pezzo d'arredamento, al posto di fare l'interior designer, ma mi toglie dai miei pensieri.
«Ma che ci fai qui?» Ian, ora che ci siamo ripresi dai convenevoli della conoscenza, si focalizza su una questione ben più spinosa.
Sesso. La risposta è semplice. Ma, a quanto pare, non è quello che Elle vorrebbe sentirmi dire davanti a lui.
Passo in rassegna la seconda risposta che mi viene in mente ed è: "Potrei farti la stessa domanda. Almeno io con Elle ho una relazione fisica. Tu, invece, cosa speri di ottenere da questo pomeriggio?"
Anche Elle indirizza lo sguardo su di me e noto che è tesa, in allerta.
Non penso che le mie siano le soluzioni corrette a quella domanda, quindi mi limito ad alzare le spalle per minimizzare e a improvvisare: «Beh, sono venuto per vedere come sta Elle, dato che non la vedo da un po', e a cercare il DVD che ho lasciato qui».
Poi, come se fosse la normale evoluzione della mia visita, mi giro verso Elle. «Sai dov'è?»
Non so dire se sia soltanto una ragazza tremendamente sveglia o se – come piace pensare a me – sia la nostra sintonia a farci capire senza doverci parlare, ma comprende al volo il mio gioco e mi tiene la parte.
«L'abbiamo guardato di recente, penso sia in camera di Rachel». Cerca di liquidare così la faccenda, ma io non sono pronto a mollare l'osso così facilmente con Ian, sono pronto a marcare il mio territorio a qualsiasi costo.
So che Elle non è una proprietà, ma vorrei che tutti sapessero che ci apparteniamo, anche se al momento è un concetto che dovremmo rivedere, perché è chiaro che per lei non è così. Siamo coinvolti, ma in due modi diversi.
«Puoi aiutarmi a cercarlo? Non mi piace mettere le mani nella stanza di una persona quando non è presente». Anche perché so a malapena qual è la camera di Elle, figurarsi se so distinguere quella di Jane da quella di Rachel.
Mi dirigo in corridoio prima che possa rispondermi, in modo da costringerla a seguirmi.
La sento dietro di me e, non appena arriviamo nel corridoio davanti alle camere da letto, lontano da quell'impiccione di Ian, Elle mi ferma: «Cosa ci fai qui!» bisbiglia per non farsi sentire, ma non è una domanda, è un'esclamazione quasi stizzita.
Per tutta risposta la spingo contro il muro e metto fine al suo malumore con un bacio. La mia lingua si fa spazio nella bocca di Elle con irruenza ma lei, al posto di opporre resistenza per l'incursione poco delicata, si lascia coinvolgere e risponde con passione.
Mi tira a sé con un braccio, mentre l'altra mano è posata sulla mia pancia. Le dita fredde che si posano sotto la maglietta mi provocano un brivido e mi fanno sentire in paradiso.
Più intensifico il bacio e più Elle mi asseconda, e forse questa è la cosa che mi confonde e mi fa sperare, siamo come due agenti chimici, quando c'è uno l'altro reagisce spontaneamente, è l'ordine naturale delle cose.
La sua mano scivola dagli addominali alla cintura, che sorpassa con una naturalezza che mi leverebbe il fiato, se già non lo stesse facendo con questo bacio, e inizia ad accarezzare l'elastico dei boxer.
Mi vuole come io voglio lei, questo mi fa capire dove vorrebbe essere in questo momento, e non invischiata in quel progetto con il noiosissimo Ian.
Continuo a stuzzicarla, premo il bacino contro il suo per farle sentire quanto la desidero. Necessito che conosca il bisogno costante che ho di lei, che non si limita solo al sesso, e provo feroce la necessità di sapere che anche lei vuole essere qui in questo momento, che lo vuole con me e nessun altro. Quando la sento gemere per la frustrazione di non poter andare oltre, il mio cuore si fa leggero.
Ian, aspetta e spera!
Sia ora, che per le tue speranze malriposte.
Elle si separa a fatica e sorride sulla mia bocca, ancora con il fiato spezzato, prima di parlare a fatica. «Pazzo!»
Sì, di lei. E il fatto che non vede quello che mi provoca mi uccide. «Dio, quanto sei bella quando ridi». Le accarezzo la fossetta che le si forma quando è completamente libera e divertita. Quando, forse, è davvero felice. Quella fossetta che compare sempre più spesso in mia presenza, per qualcosa che dico o faccio.
Torna a baciarmi con un tocco rapido. «Povero Ian! Mi sta aspettando per finire il progetto mentre io mi nascondo con una scusa per baciare te».
Non è un insulto, ne sono ben consapevole, ma il fatto che sia così radicata alla realtà da ricordarsi dell'esistenza di Ian, anche dopo un momento del genere, mi ferisce.
«Vuoi portartelo a letto?» Mi pento di averle posto la domanda non appena lascia le mie labbra, è come se le parole avessero lavato via il sapore di Elle per lasciare posto a un qualcosa di più acido.
Ci sono troppi significati impliciti, ancora di più se tiene conto del mio tono passivo aggressivo. Ma il nostro rapporto non è definito ed Elle ha fatto di tutto per lasciarlo in questo modo, dove le frequentazioni con gli altri sono legittime.
D'un tratto ho bisogno di sapere come può essere conoscere la verità, capire quanto i confini che non abbiamo delineato possono in realtà farmi mancare il respiro e lacerarmi dentro, in una morsa che è un controsenso da quanto fa male.
«No». I capelli di Elle svolazzano attorno a lei per l'impeto che mette nel negare anche con la testa, schifata. «Non è nemmeno il mio tipo».
E qual è il suo tipo? Di sicuro non io.
Mi passo una mano tra i capelli nel tentativo di darmi un contegno. Espiro per dare lucidità ai miei pensieri e alle parole che ne conseguono, che possono diventare pesanti come macigni e non ritrattabili, quasi li avessi lanciati, questi macigni.
«Seb!» Elle mi dà una pacca sul petto. Un richiamo e un avvertimento. Mi sento come se mi ci avesse apposto una lettera scarlatta sopra. La G, più precisamente.
«Cosa?» Domando allarmato, scosso da quello schiaffo appena accennato quasi avessi le mie colpe scritte sul viso ed Elle le stesse leggendo per rinfacciarmele una a una.
«Non sarai geloso, vero?» Alza un sopracciglio a rimarcare quanto la cosa sia inopportuna e improbabile.
«Chi, io? Nah». Solo perché odio ogni uomo che si avvicina a lei e reagisco in modo spropositato? «Ti sbagli».
La verità è che sì, sono geloso e vorrei fare un vanto della mia gelosia, anche se sbagliata, perché è il modo di dirle che ci tengo, che vorrei poterla proteggere, che vorrei guarire qualunque cosa le abbia fatto così male da renderla così diffidente nei confronti dell'amore, vorrei poterle dire che chiunque le abbia fatto un torto dovrà vedersela con me. Voglio essere per lei il cavaliere che sconfigge i suoi draghi, anche se so che è benissimo in grado di salvarsi da sola.
Vorrei essere di tutto, tranne che solo il suo scopamico. Voglio essere di più, tutto quello di cui ha bisogno.
«Perfetto, perché non rientra negli accordi» dice, con il dito piantato al centro del mio petto, dove c'è il mio cuore che, a causa del suo tocco e delle parole, si sta crepando per essere rifiutato. Ma non è colpa di Elle, lei è sempre stata chiara a riguardo, sono io l'illuso. Più di Ian, a quanto pare.
Elle sorride – nel tentativo di rincuorarmi – mentre io mi spezzo, trovo che sia l'immagine più crudele e adatta per rappresentarci in questo momento. «Comunque, se tu te ne andassi, noi continueremmo il lavoro. E prima Ian se ne va, prima tu torni. Chiaro?»
Messaggio recepito, devo solo arrendermi all'evidenza.
«Io ti...» amo, e vorrei dirglielo senza la paura di mandare tutto a puttane.
«Ti, cosa?» Mi guarda in modo interrogativo, con la testa piegata, nel tentativo di potermi leggere dentro, ma come si fa a interpretare uno specchio rotto? Come si può avere l'esatta immagine di ritorno, quando i frammenti riportano solo una parte del dolore che provo?
«Ti chiedo scusa per avervi interrotto, ma non sapevo fosse qui».
«Non preoccuparti». Mi accarezza una guancia e sento i frammenti rinsaldarsi, nemmeno ci volesse così poco. «In realtà mi ha fatto piacere prendermi una pausa per vedere te».
annuisco e mi ricompongo mentre, con la poca sanità mentale che mi è rimasta, torniamo in salotto. Ho bisogno di uscire da questo appartamento per tornare a respirare di nuovo. «Ciao Ian, scusa per l'interruzione. Buon lavoro».
Diplomatico e sintetico, sono fiero di me. Lui non sa quanto in realtà vorrei staccargli la testa.
«Trovato il DVD?» Va beh, io ho provato a dargli un'occasione, ma è una di quelle persone che non meritano nemmeno di votare e, a quanto pare, ci tiene a farlo capire a tutti.
Alzo le spalle. «Un buco nell'acqua». Anche per te, è inutile che guardi Elle come uno a dieta guarda una pizza nel suo giorno libero.
«Mi dispiace. Beh, ci si vede presto».
Certo, il trenta febbraio del duemilacredici. Vai convinto.
Annuisco, incapace di aggiungere una battuta sarcastica che smaschererebbe il mio sangue freddo solo apparente.
Li saluto con la mano e finalmente mi chiudo la porta alle spalle.
Non ti odio Ian, voglio solo cancellarti dalla faccia della terra.
Hola!
Elle e la sua vita costellata di manzi, che esistenza dura 😂
Ma Ian non rientra nei suoi radar, purtroppo per lui, che ci spera.
Un momento un po' leggero per introdurre un nuovo sentimento: la gelosia.
Come farà Seb a gestirla?
Qui gli è andata bene, è stato bravo a reprimere tutto il suo sarcasmo.
Ok, dopo avervi dato questo capitolo non vedo l'ora di farvi leggere l'altro, perché c'è un pezzo nuovo da aggiungere al puzzle.
A mercoledì 3,
Cris
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro