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11. Bridget Jones vs Mike Tyson

Un film diceva: il genio è fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione.

E io, è chiaro, non ho nessuna di queste capacità.

Cerco di pensare velocemente per cercare di nascondere la delusione, anche se Elle sembra più concentrata sulle parole che ha da dire, piuttosto che prestare attenzione alla mia reazione, quasi il sesso avesse dovuto soddisfarmi appieno per non farmi ragionare su altro.

«Certo, prego». Con una mano le cedo la parola, nel mentre tento di capire come reagire a quello che dirà.

La verità è che per me è difficile mettere insieme un pensiero coerente, non ora che ho ancora sulle labbra il sapore di un desiderio che so che non si realizzerà.

È come avere una mano proiettata sul nastro del traguardo, un segno tangibile di essere arrivato alla meta, aspettarsi la sensazione della seta sotto le dita e, invece, raggiungere un qualcosa che si rivela essere ricoperto di spine che ti bucano i polpastrelli e ti feriscono quando hai le difese abbassate, cioè quando sei convinto di avercela fatta.

E, cazzo, è in questo momento che fa più male.

Non so ancora cosa voglia dire Elle, ma so che se dopo del sesso ci sono da mettere in chiaro le cose, non è niente di buono.

«Perfetto». Comincia incerta, dopo essersi coperta il seno con il lenzuolo leggero ed essersi messa a sedere. «Siamo giovani e dobbiamo goderci la vita. E per farlo non ci servono complicazioni. E il sesso può esserlo, ma non deve esserlo per noi...»

Mi fa piacere per una volta non essere l'unico in difficoltà, perché Elle sembra sempre così padrona di se stessa da far risultare gli altri in difetto. Ma, ahimè, questa mancanza di chiarezza mi irrita come poche altre cose nella vita e non riesco a mascherare la mia irritazione.

«Dio, Elle! Devo prendere appunti?» Le mostro uno sguardo tagliente che sembra sortire l'effetto desiderato.

La vedo sgranare gli occhi e alzare una mano in segno di scuse.

«Ok, volevo fare un discorso sensato, ma non deve essermi andata bene». Minimizza, non sapendo quanto la cosa mi stia uccidendo, una parola alla volta. Tamburella l'indice e il medio sul mento, alla ricerca dell'illuminazione. «Vediamo se così fila meglio: non credo nell'amore, non voglio una relazione seria e non ho intenzione di innamorarmi di te. Quindi potremmo essere amici con benefici. Cosa ne pensi?»

Cosa ne penso? Penso che il mio interesse nei suoi confronti è sincero, cresce in modo esponenziale, come la temperatura ai Poli. È un processo irreversibile.

Ma, da quello che posso intuire da questa proposta, come ai Poli, è un processo che porterà alla distruzione di una specie: la mia.

Un venticinquenne qualunque farebbe i salti di gioia davanti a una proposta simile, farebbe una scorta annuale di preservativi su Amazon davanti alla prospettiva di sesso senza coinvolgimenti.

E allora perché per me non è così?

Io, a quanto pare, non sono un venticinquenne qualunque, perché quel cazzo di traguardo mi è stato strappato dalle mani e mi sento derubato.

Mi piace, eppure ha appena messo in chiaro – senza nemmeno essere al corrente di ciò che provo – che questo interesse dovrà morire tra atroci sofferenze, tra un orgasmo e l'altro.

Cosa penso, dunque?

Che tra i due lei è il vero uomo e io sono la donzella in pericolo che deve essere salvata da se stessa. Mi sento come Bridget Jones con i suoi alsaziani, soltanto che quello è l'inizio della sua storia, mentre per me è il punto d'arrivo.

«Amici con benefici?!» La domanda è posta in modo tattico: sembra che io ci stia riflettendo ma, a dire il vero, sto prendendo tempo. «Posso pensarci due minuti?»

«Fai pure». Alza le spalle, ma non è rilassata come vuole dare a vedere.

Incrocio le braccia dietro la testa, ma la mia domanda è un'arma a doppio taglio, perché Elle mi studia con un interesse che mi perfora il petto, tanto è intenso, e sembra contare i secondi con solenne fiscalità.

Così, a quanto pare, è una decisione che devo prendere qui e ora.

Fanculo Elle.

Fanculo che mi ha incasinato la vita. Fanculo che sa quello che vuole, e non è quello che voglio io. Fanculo a quando è venuta qui, quella notte. Fanculo a quando ho avuto l'idea di farci sesso, prima. Fanculo che non mi ha rifiutato. Fanculo che mi ha fatto sperare. Fanculo che ha calpestato le mie speranze nel momento di un battito di ciglia. Fanculo a quel qualcosa che mi ha catturato in lei. Fanculo al modo fantastico che abbiamo di fare sesso, come se lo facessimo da sempre. Fanculo al modo in cui mi manda in estasi.

Fanculo me.

Fanculo alla mia sfiga. Fanculo alle mie illusioni. Fanculo al mettermi sempre in queste situazioni del cazzo. Fanculo al mio essere arrendevole e accomodante. Fanculo per non essere riuscito a rendermi interessante ai suoi occhi. Fanculo a quello che è. Fanculo a quello che in realtà vorrei che fosse. Fanculo perché so già cosa risponderò.

Fanculo, fanculo, fanculo.

«Ok, vada per una cosa senza impegno, solo sesso. Amici con benefici, scopamici o quel che è». Mi arrendo alla realtà dei fatti. Non potrò averla come vorrei, ma almeno posso avere un po' di lei.

Un accontentarsi delle briciole, ma sempre meglio che rovinare tutto ancora prima che inizi e non averla affatto.

Posso sempre provare a farle cambiare idea, farle rendere conto che con me può stare bene oltre il sesso.

«Seb, è fantastico!» È di nuovo rilassata, con gli occhi luminosi. In men che non si dica è a cavalcioni su di me, ancora nuda, senza l'imbarazzo che il discorso aveva portato nella stanza, tanto che ora non sente il bisogno di coprirsi con me.

Sono io che mi sento troppo esposto, in questo momento.

E arreso. Eppure sono l'unico, perché il mio inquilino del piano di sotto no, sente il richiamo dei benefici citati fino a poco fa e si fa trovare pronto.

«Solo sesso e noi due. Nessuno sa, nessuno fa domande» dice, prima di piegarsi per trovare di nuovo la mia bocca.

Do un colpo di reni e mi sollevo per andarle incontro e ribaltare le posizioni. La lingua che la cerca, la mia speranza che si rianima a ogni contatto tra noi. Non sono delicato, ho adrenalina e rabbia repressa da sfogare.

Devo solo frenare questo interesse, in fondo è nato da poco e, per quanto sincero, posso ritenere di essere stato avventato. Tenere le cose a un livello puramente fisico, forse, è la cosa migliore per entrambi. Il mio coinvolgimento può essere tenuto a freno, può essere contenuto sul nascere, ce la posso fare.

Ce la posso fare ma, conoscendomi, fallirò miseramente.

«Secondo round?» Domanda, divertita e sorpresa.

«Secondo round». Confermo, grato che la mia età mi consenta una ripresa così repentina e che il mio sangue possa alimentare solo una parte del mio corpo al cento per cento, e che questa non sia il cervello.

*

Il giovedì è arrivato con una velocità inaspettata. Ho passato la domenica a cazzeggiare e a riposarmi, perché l'attività fisica di sabato pomeriggio mi ha distrutto. Fare sesso due volte mi mette fuori gioco, questa è la prova schiacciante che non sono nato per fare sport.

Sono prestante, quello che mi frega è la durata, devo lavorarci su. E qui si parla davvero di sport e non di sesso. Anche se, lo confesso, potrebbero essere correlati.

Gli altri giorni li ho trascorsi tra un appuntamento di lavoro e l'altro e, nel tempo libero, mi sono trovato con Elle.

Devo ammetterlo: questo accordo ha i suoi lati positivi. Ci ho dato dentro più volte in questi giorni che in una vita intera. L'intesa è innegabile, ma stiamo iniziando a capire i bisogni dell'altro e, soprattutto, cosa ci piace e cosa no. E, devo essere sincero, il percorso verso la verità è davvero divertente. E interessante.

Abbiamo sfruttato le superfici più disparate, i momenti più impensabili e ogni secondo è diventato vitale, ma abbiamo spremuto al meglio questo tempo. Io, perlomeno, ho capito tante cose di Elle. La sua faccia quando faccio qualcosa che la manda su di giri, il verso strozzato che fa quando sta per venire e come il suo corpo non partecipa quando qualcosa non le piace.

Anche lei ha imparato molte cose su di me, cose che non può trovare in nessuna intervista o film. Tipo il verso gutturale che mi esce quando la sua bocca è intorno a me, il brivido di piacere che mi provoca quando mi bacia sotto l'orecchio e il solletico che soffro se mi tocca il ginocchio.

È tutto fantastico.

Il vero problema si pone quando non facciamo sesso: il punto è che sembra tutto un lungo preliminare e non facciamo nulla per evitarlo. Ci cerchiamo anche fuori dal letto, parliamo, ridiamo e instauriamo un rapporto più pericoloso di quello che siamo pronti ad ammettere. Ed è questo, forse, a farci funzionare così bene sotto le coperte, questa nostra sintonia che è in grado di uscire dal letto. O andare oltre il divano. O il tappeto. O il tavolo. O la lavatrice.

Insomma, non serve l'elenco, ma posso dire che IKEA sarebbe fiera della mia rinnovata conoscenza di molti complementi d'arredo.

Ora, però, non è il momento per il ripasso di ogni superficie inaugurata in casa, perché mi sto preparando per vedere Francine, la mia agente. La stessa persona che mi chiede di essere presentabile e mi impone un dress code, nemmeno fossimo a un matrimonio.

"Devi dare sempre il meglio di te, e i vestiti parlano al posto tuo. Una camicia può fare metà del lavoro". Continua a ripetermelo per ricordarmi di indossarne una.

Così eccomi qui, a cercare in questo posto a me così sconosciuto – il mio armadio – una fottutissima camicia.

Ne ho a migliaia, dato che gli stilisti fanno a gara per farmi da sponsor agli eventi, ma sono rimaste quasi tutte nella casa a Los Angeles, qui mi sono portato solo lo stretto necessario, se si parla di vestiti. Sono un tipo più casual, ho più felpe io che miliardi Jeff Bezos, il fondatore di Amazon.

So che nel mondo di Francine tutto questo ha una logica, che con la camicia divento il mio miglior biglietto da visita ed esprimo la serietà che non ho, ma il fatto che lei imponga il suo ideale di mondo perfetto anche a me, mi fa alzare gli occhi al cielo. E mi sento un ingrato, perché è una tipa a posto, fa il suo lavoro senza starmi troppo addosso e mi procura anche i lavori più impossibili da ottenere.

Ok, ho recuperato una camicia bianca che mi sembra perfetta.

La abbottono, la infilo nei jeans ed esco di casa per accendere una sigaretta prima del giudizio universale.

Ritorno dopo tre ore, strapazzato per bene ma soddisfatto di come è andata, perché in ballo ci sono progetti ambiziosi e altrettanto validi e ucciderei per avere almeno uno di quei ruoli.

Francine, poi, ha concluso l'incontro nel modo che preferisce: "Sta' attento Seb, ogni cosa che fai è controllata e fotografata e, soprattutto, travisata. Quindi non sputtanarti la reputazione. Vola basso per evitare di sputtanare il futuro di entrambi".

Di solito annuisco e le do ragione, ma oggi è andata diversamente. Ho alzato un solo angolo della bocca, in un assenso silenzioso. La testa è corsa a Elle, perché è una di quelle cose che non devono essere fotografate per poi essere travisate.

È una cosa così personale che deve restare unica e mia. Questo segreto mi rende felice, mi sembra di essere tornato padrone della mia vita, una sensazione più unica che rara.

Apro la porta di casa, ma i miei amici sono tutti a lavoro, così busso a Elle, perché dovrebbe essere a casa, ho voglia di condividere il mio ottimo umore con qualcuno.

«Ehi, ciao, entra!» Mi accoglie così, solare come sempre, pronta a scaldare un pezzo di me alla volta. Le sorrido, incapace di proferire parola.

Sono contento che sia quasi estate, perché mi permette di veder molta pelle scoperta. Oggi è magnifica, con quella camicia bianca un po' trasparente e una gonna attillata e corta che subito risveglia pensieri meno casti e puri.

Ho voglia di baciare il suo sorriso per sentirlo su di me mentre mi contagia.

«Wow, con la camicia?! A cosa devo questo onore! Stai benissimo».

Alzo gli occhi al cielo, in imbarazzo. «È colpa della mia agente. Ha delle manie sul dress code e su come io debba rendermi presentabile. Ha una strana morale». E quando si parla di morale io dovrei tacere, vista la situazione in cui mi sono cacciato.

«Beh, sia lode alla morale strana della tua agente. Gli uomini in camicia sono un patrimonio dell'umanità!» Sorride di nuovo, divertita.

Interessante. Entrare in possesso di questa informazione mi può tornare utile. Di sicuro mi faccio spedire al volo le camicie che ho nell'armadio di Los Angeles. Meglio qui che là a prendere polvere, no?

Mi avvicino e la bacio, conscio di poterlo fare senza rischiare una figuraccia colossale. Ora sì che sto bene, che mi sento rinato.

Vorrei poter dire lo stesso di Elle, ma sento un ringhio, indice che, a quanto pare, qualcosa non va.

«Perché ringhi?» Le domando confuso. Non penso sia una domanda che rientri nel perfetto galateo del gentiluomo, ma devo sapere dove sbaglio, non posso permettermi di perderla.

Ride di gusto, facendomi sentire scemo. «Non sono io, è lui. Ed è geloso, a quanto pare».

Elle indica un punto dietro le sue spalle e solo ora mi rendo conto che non siamo soli. Quel lui che ha indicato è un immenso Rottweiler che mi sta mostrando i denti in un modo che non apprezzo molto, preferirei rimanere nell'ignoranza e vederlo più rilassato.

«Cristo!» Esclamo sorpreso mentre, per sicurezza, mi allontano di un passo da lei, cosa che quel cucciolo di grizzly sembra apprezzare.

«Oggi mi sono dovuta portare il lavoro a casa, il padrone passa tra mezz'ora circa» dice dopo aver guardato l'orologio. Il cane, nel dubbio, non ha smesso di ringhiare. «A cuccia, Ty!»

È ferma nel suo ordine e, per evitare di sbagliare, mi fermo pure io.

In realtà sto pregando che Ty non stia per Tyson.

«Ty?» Domando curioso, per invitarla a parlare. «Come si chiama?»

«Tyson». Ecco, appunto. «Da piccolo amava staccare le orecchie ai peluche».

Certo, come Mike Tyson. Perfetto. Era proprio quello che volevo sentirle dire, soprattutto dopo aver notato come Tyson osserva con interesse i pezzi di carne del mio corpo, da cui non vorrei assolutamente separarmi. E ho anche capito cosa pare abbia puntato. Anche se sono convinto che non mi staccherà le orecchie se dovessi avvicinarmi a Elle, ma qualcos'altro più a portata delle sue fauci.

Anche no, grazie.

Nel dubbio mi ghiaccio sul posto, lui ha decisamente il coltello dalla parte del manico.

«Posso provare una cosa?» Chiedo a Elle per fugare ogni dubbio riguardo la situazione. Lei annuisce, incuriosita dalla mia domanda.

Voglio provare ad accarezzarla per vedere la reazione di questa bestia di Satana e, come temevo, appena la mia mano si avvicina alla guancia di lei, Tyson ringhia e si accuccia in posizione di difesa.

«Ma che palle!» dico, esasperato. «Non posso nemmeno baciarti!» Alzo gli occhi al cielo, stizzito. Se non posso avvicinarmi i baci saranno l'ultimo dei mei problemi, perché il contatto fisico è proibito.

«Vorresti baciarmi, Seb?» Chiede soddisfatta e maliziosa, mente fa un passo verso di me.

«Beh, sì, mi piacerebbe». Tanto per iniziare, giusto per entrare nel mood.

«Siediti sul divano». Mi invita anche con la mano, ma con gli occhi rimane fissa su Tyson.

Ho paura a contraddirla, vista l'autorità con cui mi si è rivolta, così mi limito ad annuire a fare come dice, prima che mi sguinzagli contro il cane tutto denti e bava.

Una volta che mi vede seduto, continua: «Ora provo a fare un esperimento».

La vedo avvicinarsi piano in punta di piedi. Arrivata davanti a me si gira a controllare la reazione di Tyson, ma lui piega la testa di lato e scodinzola, in attesa di ordini da parte di Elle.

Che stronzo.

Però posso capirlo, sono il primo a pendere dalle sue labbra. Forse scodinzolo pure più di Ty.

«Non muoverti». Elle si piega su di me, ma Tyson non si muove.

Quando appoggia le sue labbra sulle mie la prendo con fermezza e la trascino su di me, di modo che sia seduta a cavallo delle mie gambe. Il bacio diventa meno delicato, lei mi vuole come io voglio lei.

E, Dio, potrei non averne mai abbastanza di momenti così, in cui mi prendo quello che più desidero e, per farlo, mi basta solo Elle. È come scegliere consapevolmente di morire, ma lo fai lo stesso, perché non puoi farne a meno.

Elle è intossicante, quel tipo di nocività che da sotto pelle si radica sempre più a fondo per renderti dipendente e io, al posto di esserne spaventato, ne chiedo sempre di più.

Tyson sembra aver capito che direzione ha preso la situazione e imbocca il corridoio che conduce alle camere, spero per lui che si sia nascosto bene, perché non ho intenzione di trattenermi. Se non vuole sentire i gemiti e il rumore dei nostri corpi che collidono, dovrà impegnarsi per stare a cuccia.

Bridget Jones e gli alsaziani 1 – Tyson 0.

Le mani di Elle si appigliano con prepotenza ai miei capelli, mentre con avidità mi riempie il collo di baci, e io sono in un tale stato di beatitudine da non riuscire a muovere un dito. Anzi, sono così estasiato che ho le braccia larghe sul divano, i palmi rivolti verso l'alto in segno di preghiera e sfida.

Voglio lasciarle il totale controllo del momento per vedere dove arriva e cosa fa, è il modo migliore per capire cosa più le può piacere.

Alzo un angolo della bocca con soddisfazione nel pensare al cane. Tyson, sarai anche grosso e minaccioso, ma non capisci un cazzo. Lei è mia ed è come se avessi vinto il Jackpot.

Elle mi sfila la camicia dai jeans e con lentezza la sbottona, dal basso verso l'alto, la pigra salita che precede poi la discesa. Verso la zip dei pantaloni, verso il baratro, sul cui fondo c'è la perdita della mia sanità mentale.

Mi piace come si prende il suo tempo per fare le cose, perché è una cosa che amo anche io; ti fa assaporare ogni piccolo istante, proprio come sta succedendo ora.

La vedo sorridere, divertita e maliziosa, mentre apre il primo bottone dei jeans e inizia a baciarmi la pancia mentre abbassa la zip. Ero così preso dal momento da non essermi nemmeno accorto che si è inginocchiata davanti a me.

Ma, al posto di scendere, i suoi baci risalgono lungo il torace e passano dal collo per arrivare alla mia bocca, che la aspetta trepidante.

La stringo per evitare che si allontani e mi avventuro sul suo collo per tempestarlo di baci poi, in un impeto di impazienza e desiderio che non riesco a controllare, la aiuto a sfilarsi gli slip e prendo un preservativo dalla tasca.

Se c'è una cosa che ho imparato in questi giorni è che non devo mai girare senza la scorta, con Elle nei paraggi. MAI.

Così entro in Elle, mentre lei mi sovrasta, ancora vestita, e trovo la cosa così eccitante da gemere senza pudore. Mentre ci adattiamo l'uno all'altra il mondo si ferma, e con lui il tempo.

A ogni colpo posso dire di amare come si lascia andare con me, come sembra non essere successo con gli altri, e amo il modo come mi sento con lei e come mi fa sentire.

Anche il sesso diventa questione di sintonia, di tempismo e noi siamo allineati, come pianeti in una perfetta congiunzione astrale.

Quando finiamo siamo sconvolti e storditi, ma trovo la forza di baciarla un'altra volta perché non ne ho mai abbastanza, ed Elle non si tira indietro. Nonostante siamo scopamici non mi nega mai la tenerezza dei gesti intimi dopo il sesso, cosa che non mi aspettavo.

«Mi piace come riesci a soddisfarmi» dice con il fiato corto e la pelle accaldata.

Stop, stop, stop. O in casa ha un manuale della "perfetta adulatrice di uomini", oppure io e lei siamo due pezzi di uno stesso puzzle, e quindi potrei prendere in considerazione quella vocina che mi dice che potrei soddisfarla davvero.

Vorrei poter rispondere allo stesso modo, ma mi sentirei troppo esposto, cosa che faccio ogni volta che faccio sesso con Elle. È come se lei avesse sempre il controllo della situazione, mente io fossi in balìa di ciò che provo e, diamine, a volte è veramente troppo. «Ehi, sei tutta irritata, anche sul collo». E, per sottolineare la cosa, faccio scorrere il pollice sulla sua pelle arrossata. «È colpa della barba, scusa».

Mi piace accarezzarla così, come se ci fosse altro oltre al semplice sesso.

«Non ti scusare». Alza le spalle, serena. «Mi piace la tua barba. Mi fa solletico e mi eccita».

Non c'è malizia in quello che dice, quindi la cosa è ancora più erotica di quanto non sia già.

Rido divertito. «Certo che non hai peli sulla lingua».

«E tu dovresti saperlo, l'hai conosciuta bene ultimamente». Mi strizza l'occhio, poi si alza. Questo distacco fa male, ma so che è temporaneo perché, a quanto pare, fare sesso ci riesce molto bene.

Iniziamo a sistemarci quando suonano alla porta. Elle è intenta a infilarsi gli slip e si inceppa, tanto che rischia di stamparsi a terra. Sembra incastrata nella sua stessa biancheria intima, che non ha intenzione di tornare al proprio posto.

Sono parecchio divertito, soprattutto perché ho notato che le mutande sono attorcigliate, motivo per cui non riesce a sollevarle per metterle a posto.

Elle, dunque, decide per la soluzione più veloce ed efficace: se le leva e le nasconde dietro un cuscino del divano, poi si sistema la gonna per evitare di mostrare la cosa al suo cliente e mi intima di nascondermi, quasi fossi l'amante e alla porta ci fosse il marito.

Non obietto e mi nascondo nel corridoio. Non vado in camera sua perché ancora non so qual è, anche se immagino che potrei cercare Tyson per scoprirlo, ma sono curioso di vederla all'opera sul lavoro e con i clienti, quindi rimango dove posso ascoltare ogni conversazione.

Non sono curioso, lo faccio per fini scientifici.

«Ciao, Jason!» La sento salutare quello che immagino sia un uomo. Ha la voce squillante e la confidenza di chi ha a che fare spesso con la persona che ha davanti, un po' come quando vai nel tuo bar di fiducia e il barista sa cosa prendi di solito.

«Ciao Elle. Ty?» Ok, non ci voleva un genio per capirlo, ma è il proprietario del cavallo sotto mentite spoglie canine.

«Ty, vieni qui, bello!» Elle lo chiama e il cane accorre, non prima di avermi rivolto una sniffata un po' schifata al cavallo dei pantaloni. Ehi, si chiama odore di sesso, non giudicare solo perché tu, Ty, a quanto pare non ne fai abbastanza.

Ok, sto dialogando mentalmente con un cane, questo dovrebbe farmi capire quanto in basso sono arrivato.

«È stato buonissimo oggi, mi ha obbedito sempre». La frase mi riporta alla conversazione che si svolge poco lontano da me.

«Ma a te chi non ubbidirebbe?!» La domanda contiene un doppio senso grosso come l'iceberg che ha affondato il Titanic, cosa che mi fa concentrare sul tono di voce di questo Jason. Oltre che spudorato mi fa capire che è anche giovane. Deve avere la nostra età o qualche anno in più.

Sarà un cesso, poco ma sicuro.

«Allora», incalza Mister Arroganza, dato che Elle non risponde alla sua battuta, «quando ci beviamo qualcosa insieme?» Decisamente troppo spudorato.

E la risposta corretta è: "quando rimarranno solo le pozzanghere da cui abbeverarci", oppure "quando la razza umana starà per estinguersi e tu sarai l'ultimo esemplare maschile rimasto".

Elle – colta alla sprovvista ­­– non è così sagace, infatti si ritrova a balbettare incerta una risposta. «Te l'ho già detto, non esco con i clienti. E poi... io...»

Ok, è giunto il momento di palesarsi a Jason e far capire che Elle non è disponibile.

Sbuco dal corridoio e vado verso il divano, dove faccio finta di cercare il cellulare e intanto – in modo casuale – mostro a Jason le mutandine che prima ho sfilato a Elle e me le ficco in tasca, in modo che penzolino un po', il tutto mentre Elle mi dà le spalle, senza accorgersi che sto marcando il mio territorio come fanno i cani, ma senza fare pipì.

Poteva mai essere brutto Jason? Ovvio che no, come ho fatto anche solo a sperarci?

So che il tizio ha visto tutto, infatti lo vedo irrigidirsi per poi dire: «Vado, sono in ritardo. Forse è meglio parlarne un'altra volta». E, nel pronunciare la frase, mi indica.

Elle si gira per capire a cosa si riferisca Jason, che saluto con la mano e con la mia espressione più innocente, e vedo sul volto di lei sollievo e gratitudine. «Già, meglio rimandare il discorso al duemila mai. Alla prossima settimana».

Senza aspettare risposta si chiude la porta alle spalle e, per sicurezza, la chiude con tre mandate.

Aspetta di sentire Jason allontanarsi, per poi rivolgersi a me.

«Grazie Seb, sei stato provvidenziale, mi hai salvata!» Saltella sul posto, eccitata dal mio salvataggio. L'ho detto di essere un supereroe. «Non è cattivo, ma è così insistente, non riesce ad accettare un no come risposta, pensa sia un gioco per rendermi più desiderabile. Forse adesso capirà che invece non ho mai scherzato a riguardo».

Le scintillano gli occhi per la gratitudine e mi sento come se fossi un attivista di Greenpeace che è riuscito a fermare una baleniera giapponese.

«Figurati». Alzo le spalle per cercare di minimizzare la cosa. «Ho immaginato che fossi in difficoltà e sono corso in aiuto. Mi sento particolarmente altruista, oggi».

Pessimo bugiardo, ottimo attore.

Elle alza un angolo della bocca e un sopracciglio, a sottolineare che ha scoperto il mio bluff. Con il mento indica la tasca dei miei jeans. «Posso riavere i miei slip?»

Sorrido furbo a mia volta. «Certo».

Tanto io, da lei, ho qualcosa di meglio degli slip.

Buon pomeriggio, gente!

E così eccoci qui, ad assistere al "Mai una gioia show" scritto da Elle e diretto da Seb.

Beh, diciamo che, comunque, non gli è andata così male, anche se non è proprio quello che lui desidera per loro due.

Ma può sempre cercare di spegnere l'interesse o tentare di farle cambiare idea riguardo alla storia dell'innamorarsi. In fondo se Elle è arrivata a questo punto, un minimo di interesse c'è, no?

Non ho altro da dichiarare, quindi direi che ci si vede sempre qui a fine quarantena per un nuovo capitolo!

Vi ringrazio per l'affetto che dimostrate a Elle, Seb e alla storia in generale, non pensavo venissero accolti in questo modo, ne sono felicissima!


Cris


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