10. Coordinate
Dopo il flash mob ci prendiamo il tempo per qualche chiacchiera e per i saluti: è probabile che ci si veda tutti stasera, almeno vale per chi non ha altri impegni.
Elle e io pranziamo al volo in un fast food e ritorniamo a casa e, una volta arrivati, lei fa un salto veloce nel suo appartamento, per togliersi il trucco dalla faccia e qualche piuma dall'intimo, per cui mi sono offerto come aiutante, ma ha declinato l'invito.
Seguo il suo esempio prima che i dipendenti di IKEA arrivino con il mio nuovo materasso. Mi levo la maglia sudata, rimuovo le piume appiccicate al corpo e mi doccio per levare le ultime tracce del procione che mi sono rimaste addosso anche se, devo ammetterlo, dopo l'exploit in piazza mi sento davvero un leone. Un re.
Poi Elle si presenta nel mio appartamento con un paio di shorts che metterebbero alla prova anche l'immortalità di un Dio, ma apprezzo la scelta. Non so se l'ha fatto per colpire me, ma mi piace pensare che abbia voluto tutelarmi e metterli per distrarre gli operai che verranno a portare il materasso da me e la mia fama.
I montatori arrivano puntuali ed Elle e io ci facciamo trovare preparati, lei sulla soglia da buona padrona di casa e io dietro di lei – a rappresentare una metà di una coppia che non esiste – come ogni buon partner che si rispetti, ovvero quello che lascia decidere tutto alla donna, perché lei ha sempre ragione.
I due lavoratori portano all'interno il materasso nuovo e ci chiedono indicazioni su dove sia la camera in cui collocarlo. In una manciata di minuti hanno portato via quello vecchio e sistemato quello nuovo. Li ringrazio e lascio loro una lauta mancia, un grazie per essere stati efficienti e, soprattutto, un bonus per non avermi riconosciuto.
Ora il mio letto ha una parvenza sana, non è più portatore di malattie sessualmente trasmissibili, ma è nudo, scarno.
Ha bisogno di uno dei set di lenzuola che ho comprato in precedenza, quindi è arrivato il turno di Elle di sbizzarrirsi. Una promessa è una promessa e mentalmente mi trovo a ringraziarla perché io ho seri problemi nel sistemare le coperte da solo.
Grande, grosso e deficiente.
Lo so.
Ma non è colpa mia se l'ultima volta che ci ho provato ho lasciato sotto il coprimaterasso il cellulare e il portafoglio.
Sono traumi da cui uno, poi, non si riprende.
Elle si affaccenda attorno ai lati del letto con efficienza. Ho provato a chiederle se le serve una mano, ma la sua risposta è stata uno sguardo in grado di rivoltarmi la flora intestinale e farmi passare il resto della giornata in bagno, così mi sono semplicemente appoggiato allo stipite della porta per osservarla affaccendarsi con le lenzuola.
Poi, dal nulla, sembra ripensarci e decide di darmi una possibilità: «C'è una cosa che puoi fare, per renderti utile...»
Lascia la frase in sospeso e io vado in fibrillazione. Un po' perché ho una smania di farmi vedere in grado di affrontare la situazione, ma soprattutto perché da quando siamo rientrati dal flash-mob, da quel bacio dal sapore di rinascita e di riscoperta, c'è una tensione tra noi che è difficile da evitare. Ucciderei per levare l'opprimente sensazione che ogni respiro ci lascia sulla pelle, perché ho la certezza che pure Elle si senta così. È troppo ricettiva, è guardinga e tesa. Il contrario dell'atteggiamento rilassato con cui ho avuto a che fare da quando l'ho conosciuta.
«Davvero?! Come?» Domando con un tono di voce più alto di un'ottava rispetto al mio solito. Spero che mi chieda di aprirle tutti i barattoli di casa sua, di solito me la cavo in questo. O posso mettere i cuscini sul letto, giusto per dire anche io di aver contribuito.
«Mi porteresti una bottiglietta d'acqua, per favore?»
Mi sgonfio davanti a questo indispensabile contributo.
Mi fa capire la considerazione che Elle ha di me e, per quanto sia accurata, un po' mi ferisce.
Alzo gli occhi al cielo, sbuffo ma la assecondo e mi dirigo in cucina, dove recupero la bottiglia dal frigorifero. Prendo un paio di minuti per bere anche io e per pensare a come allentare la situazione, perché ogni volta che la vedo muoversi nella mia camera, attorno al letto, a me manca il fiato. Il desiderio che ho di lei mi mozza il respiro e non posso andare avanti in eterno.
Torno in camera da letto sovrappensiero ma, quando arrivo sull'uscio, quello che vedo mi fa imbambolare.
Elle è piegata sul mio letto per sistemare e tirare il lenzuolo e ho letteralmente un primo piano del suo sedere perfetto, fasciato da quegli shorts da infarto, e in me scatta qualcosa.
Le difese dei miei desideri, già esigue, si rompono e la mia mente elabora una serie di pensieri ancora prima che io possa fermarla.
Senza fare rumore poso la bottiglietta sulla cassettiera lì vicino e la raggiungo per metterle le mani sui fianchi, sotto la maglia, come ha fatto lei qualche ora prima con me. «Ehi». Non riesco ad aggiungere altro.
Già questo mi sembra troppo e troppo stupido.
Elle non sembra notare alcun cambiamento in me, tanto che si gira per sorridermi. «Ho finito». Mi rassicura ora che è davanti a me.
Eppure io sono diverso. Sono stufo di aspettare l'occasione perfetta, il segnale giusto, la certezza di essere ricambiato.
Voglio prendermi quello che desidero. E io desidero Elle.
Incurante dell'impegno che ci ha messo per rendere il mio letto la perfezione di ogni rivista di interior design, la spingo con delicatezza all'indietro, su quel materasso tanto agognato.
Elle non se lo aspetta e, sbilanciata, ci si sdraia sopra, seguendo il movimento nel modo più fluido possibile.
«Cosa stai facendo?» La sorpresa nei suoi occhi e nelle parole che dice è fondamentale per me, perché mi asseconda con i movimenti del corpo e la sua è tutto, tranne che una negazione.
«Mi creo la mia opportunità e prendo ciò che voglio». Le accarezzo una guancia per farle capire a chi mi riferisco mentre, con delicatezza, mi piego su di lei. Voglio lasciarle il tempo di capire la situazione e, soprattutto, di sottrarsi se non vuole andare fino in fondo. «Forse voglio inaugurare il nuovo materasso. O forse entrambe le cose».
Devo sembrare un cretino arrogante, me ne rendo conto, ma mi piace essere così diretto, mi piace poterle dire quello che penso senza la paura che possa vedermi rosso in viso per l'imbarazzo o possa sentire i battiti troppo frenetici del cuore. Mi piace stupirla tanto da lasciarla senza parole perché, come me, non si aspetta un simile atteggiamento.
Mi accarezza a sua volta una guancia e poi scende con le mani sui bicipiti. Spero di non fraintendere il suo gesto, perché ho le mani sull'orlo della sua maglietta e gliela sto per sfilare.
Elle si alza per aiutarmi e io sono perso.
So che sarà la mia rovina, ma non posso desiderare di autodistruggermi in modo più dolce e giusto di questo.
La mia maschera di autocontrollo è crollata nel momento esatto in cui il suo assenso mi ha permesso di spogliarla e, colto dall'urgenza, afferro la mia maglia dal colletto dietro la nuca e la tolgo, con un bisogno che mi spaventa, quasi dimostrasse la paura che provo che lei possa cambiare idea, quasi le mie insicurezze fossero scritte sulla pelle su cui ora Elle passa le mani, nel tentativo di interpretarle.
Le sue dita accarezzano piano il mio petto mentre torna a sdraiarsi e mi chiama a seguirla.
Mi adagio su di lei per poter cogliere l'invito che le sue labbra mi pongono e lo accolgo.
Mentre le nostre lingue giocano come noi abbiamo fatto in queste settimane, armeggio con il suo reggiseno che non riesco a slacciare ed Elle ride. Un gesto che, inaspettatamente, mi mette a mio agio, perché non riusciamo a prenderci sul serio nemmeno in un momento simile, perché siamo così affiatati da ridere entrambi senza vergognarcene. Perché è bello vedere che la risata di uno finisce sulla bocca dell'altro.
Elle si slaccia il reggiseno in mezzo alle coppe, motivo per cui non riuscivo a sganciarlo dietro la schiena, ma non ho tempo per sotterrarmi dall'imbarazzo perché i suoi seni sono davanti ai miei occhi in tutta la loro gloriosa maestosità e io penso di essermi appena strozzato con la saliva.
Li bacio con la devozione che meritano e con lentezza scendo verso la pancia, mentre le abbasso i pantaloncini e gli slip allo stesso tempo. Voglio godermi la sensazione di conoscere il suo corpo, ma ancora di più desidero ogni brivido che i miei baci riescono a farle scivolare sulla pelle.
Accompagno gli shorts e le mutandine fino al pavimento e a Elle scappa un gemito, cosa che mi fa alzare un solo angolo della bocca per la soddisfazione di non essere l'unico a essere succube dell'effetto dell'altro, in questa stanza.
L'idea di non essere il solo coinvolto mi rassicura e mi distende.
Nel ritornare verso di lei lascio che il mio indice le carezzi tutto il corpo con studiata lentezza: dal piede alla caviglia, dal ginocchio alla coscia e arrivo di nuovo al seno. Mi piace studiare il tremore di piacere che la attraversa e contagia me come una scossa elettrica.
Elle, con un gesto brusco della mano, dettato dall'impazienza che campeggia con noi sul letto, mi infila una mano tra i capelli e li stringe per avvicinare il mio viso al suo per vestire di nuovo la sua bocca con le mie labbra, mentre con l'altra gioca con l'elastico della tuta.
E io sono disorientato, mentre lei sembra avere l'esatta mappa dei miei punti deboli, che non manca di accarezzare con atroce tenerezza, tanto da spezzarmi.
Sono eccitato e, per la prima volta davanti a lei, non faccio nulla per mascherare le mie sensazioni, ed Elle si diverte a stuzzicarmi.
Mi guarda negli occhi con i suoi per invitarmi a perdermici dentro, mentre mi stampa un sorriso con un bacio, e le mani giocano con l'elastico dei boxer.
Lo sente, mi sente e sente che sto trattenendo il respiro.
È la prima volta in cui vengo sentito e sono spiazzato. Sono perso.
Elle, nel frattempo, sembra essere il mio mezzo e il mio fine. Lei è il mio Nord, ma è anche la bussola che può condurmi nel punto esatto per ritrovare me stesso.
Quando anche i boxer smettono di separarci mi allungo tempestivamente verso il cassetto del comodino per recuperare un preservativo e arriva il momento.
La guardo, dandole la possibilità di tirarsi indietro, anche se mi ucciderebbe, ma Elle fa scorrere un dito sulle mie spalle e sigilla i miei dubbi con le labbra. Il suo bacio è il punto fermo alle mie insicurezze. Le frena e me le fa dimenticare, per lasciare il posto all'elettricità che emaniamo.
Il mio cervello abbandona ufficialmente la stanza come per dire: non posso stare a guardare. Fai tu, che io non reggo.
Entrare in lei mi fa prendere coscienza del mio essere e l'urgenza se ne va. Mi accorgo che avrei voluto essere accolto in lei proprio in questo modo: con un sorriso sulle labbra, come se Elle non attendesse altro da tempo, un po' come me.
Mi immergo in lei e ritrovo una sensazione di sicurezza, come se ci fossi già stato. Trovo un'alchimia che non è solo fisica, perché le risate giocose che ci scambiamo raccontano che siamo sulla stessa lunghezza d'onda a livello mentale.
In ogni stoccata mi perdo nel suo sguardo e mi fa capire che la aspetta e non desidera altro.
Le unghie di Elle sono nella mia schiena, mentre lei è sopra la pelle e sotto, conficcata. Con le mani arriva giù, fino al sedere, fino a spingermi di più in lei.
E io, da perso com'ero, mi ritrovo a leggere le sue coordinate. Ogni ansito è un parallelo e i suoi tocchi sono i meridiani che scandiscono il mio percorso.
E quando mi spingo più a fondo e con più frequenza, la vedo spalancare gli occhi e mordersi il labbro inferiore per trattenere un gemito.
Ecco il suo Nord, ed è anche l'ago magnetico che mi porta nella stessa direzione.
Respiriamo a fatica, mentre il nostro sudore si confonde.
Mi bacia appena il collo ma, come me, non ha il coraggio di aprire bocca. Non penso che abbiamo a disposizione i termini giusti per descrivere quello che abbiamo appena fatto.
Grande. Fantastico. Meraviglioso. Straordinario.
Sesso.
Le accarezzo i capelli, quasi fossero la mappa di cui si devono distendere le pieghe per essere letta al meglio. Potrei abituarmi in fretta a questi piccoli gesti enormemente intimi. Potrebbe diventare facile pensare di coccolarla dopo il sesso, così come è stato facile fare sesso con lei, con un'intesa che poche volte ho avuto con altre persone, soprattutto con quelle che sono state le mie ragazze.
È stato inaspettato, è stato più veloce del previsto, anche a causa della mancanza di preliminari, ma forse quelli sono stati più lunghi di quanto in realtà abbiamo immaginato. Tutti gli sguardi, tutti gli sfioramenti, tutto il flirt precedente e tutti i baci sono stati nostri preliminari, motivo per cui non ne abbiamo avuto bisogno ora.
«Non so cosa dire Seb, se non grazie». Sorride e mi passa un dito in modo svogliato sullo stomaco, che accusa ogni millimetro di quel tocco.
«Adesso sono Seb?» Alzo un sopracciglio, divertito. Il cambio di registro mi stupisce, ma mi fa pure piacere. Nessuno più di lei ha diritto a chiamarmi con un soprannome che determina confidenza.
Sono in uno stato di beatitudine che non penso qualcuno sia in grado di distruggere. Siamo in una bolla di sapone delicata, eppure siamo invincibili.
«Sì, oserei dire che ora c'è abbastanza intimità». Ride e mentre si copre con il lenzuolo che è riuscita a recuperare, indica il letto sgualcito, che è stato inaugurato nel migliore dei modi. «Ma è meglio chiarire le cose e porci qualche regola, prima di fraintendersi, non trovi?»
Lo sapevo. Mi porto sfiga da solo.
Cazzo.
Buongiorno!
Come da tradizione di pasquetta: che il "mai una gioia" sia con voi! E, siccome oggi c'è bello (come mai si è visto dai tempi di Ramsete II all'anno scorso), ho deciso di portare io la nuvola di sfiga, quindi ho dato a Seb una gioia, ma subito l'ho ridimensionata.
Quali regole vorrà porre Elle? Beh, se avete presente la sinossi ne avrete una minima idea.
Quindi sì, direi proprio che stiamo entrando in una nuova fase della storia.
Ci si sente il 22.
A presto e buona giornata!
Cris
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