CAPITOLO 12.
La notte era trascorsa in un turbinio di incubi e paure. Navir si voltava e rivoltava tra le coperte, senza trovare pace per il suo animo tormentato. Non era così potente come tutti dicevano, non avrebbe salvato nulla e nessuno, nemmeno se stessa.
Si rivide gettata dal dirupo, dopo che il suo petto fu sfracellato. Si alzò di scatto e gridò.
"Navir! Che succede!?" Aria corse da lei preoccupata per l'amica. "Era solo un sogno tranquilla."
Navir piangeva abbracciata all'amica senza dire una parola, senza emettere un suono diverso se non quello del singhiozzo. Piangeva e piangeva, gettando sul pigiama di Aria ogni dolore, ogni pena che le bloccava la gola. Voleva parlare, spiegare.. ma ogni volta che provava ad aprire la bocca, riusciva ad emettere solo gemiti di dolore.
"Non preoccuparti, ci sono io. Vuoi un po' d'acqua?"
Navir annuì e Aria corse a prendere la brocca posta sul tavolo dell'ingresso. Riempì un bicchiere e glielo porse; con mano tremante Navir lo afferrò.
"Vuoi parlarne?"
"Non adesso, Aria. Magari domani.."
"C'entra con il motivo per cui non sei venuta a lezione oggi?"
"Si."
"Ok."
"Andiamo a letto, adesso sto meglio. Grazie Aria." Navir le era grata per non aver insistito, voleva parlarne ma non in quel momento. Avrebbe trovato il tempo domani, volendo anche sentire il parere della zia. Si rimise sotto le ruvide coperte e guardò Aria ritornare nella sua stanza da letto.
Il resto della notte non fu affatto tranquillo; Navir stette più che altro con gli occhi aperti a fissare il soffitto e si ritrovò a pensare di come la sua vita alla fine si riduce sempre, nei momenti più difficili, con lo sguardo rivolto verso un tetto bianco. Era una giovane donna ormai, ma lei si sentiva la solita ragazzina che stava chiusa dentro una stanzetta.
La sua vita non era mai stata facile, fin da piccola è stata bersagliata da ricordi non reali e ora si ritrovava a portare sulle spalle un peso che non riusciva a reggere più di così.
Ancora ripensò alla ragazza sul campo di battaglia, al fatto che era da sola mentre le sue visioni la mostravano fiancheggiata da un altro cavaliere armato. Questa piccola differenza la fece dubitare; cosa era sbagliato? La sua premonizione o quello che i fili d'oro le avevano mostrato?
Qualcosa non le quadrava e doveva scoprire cosa. Forse poteva cercare di avere un altra visione, ma in che modo? Pensò e ripensò a tutte le volte che ne aveva avuto una; si trovava sempre in una situazione di scompiglio emotivo o di sorpresa. Adesso era turbata si, ma non riusciva ad evocare nulla alla mente.
D'istinto afferrò la spada, all'improvviso fu catapultata in uno di quei mondi immaginari.
La scena era la stessa; lei e un guerriero pronti a una battaglia. La spada che poco prima sfiorava nel suo letto, ora la teneva saldamente impugnata. Nulla apparve cambiato dall'ultima volta. Guardò il cielo in cerca dell'immagine di Kokou. Il colore rosso sangue delle nuvole incombeva sulla sua testa e il sorriso maligno del dio, troneggiava su di essi.
Fu riportata nel suo alloggio, sul suo letto e con la spada tra le mani.
Come può essere? A chi credere?
Milioni di domande echeggiavano nella testa confusa di Navir, la quale si accorse che dalla finestra trapelava uno spiraglio di luce. Era già l'alba. Era l'alba di un nuovo giorno. Era l'ora di prendere in mano le redini della situazione. Non poteva permettere a quell'essere crudele di manipolarla; si, i fili d'oro non possono sbagliare e d'altronde le sue premonizioni potevano fare cilecca ma non poteva permettersi di ritirarsi: non doveva. Non voleva. Pensò ad Aria, Oyà, Ocram, Akram e a tutti i suoi compagni di battaglia. Nessuno di loro meritava di morire, di essere tradito. Si, adesso era una questione di fiducia. Ognuno di loro, anche se non lo avrebbero mai ammesso, avevano riposto le loro speranze nelle mani di Navir, le stesse mani che avevano attirato quella spada e che adesso la stavano accarezzando.
Si alzò di scatto.
Indossò la solita uniforme e si guardò allo specchio, mentre pettinava la folta chioma scura. Fissò il leone ruggente e pensò che quello stemma doveva avere un significato se adesso padroneggiava sul suo petto. Guardò il suo riflesso negli occhi, non era più il caso di fare passi indietro adesso solo salti in avanti.
Imboccò l'uscita diretta verso l'alloggio di Ocram, decisa ad avere delucidazioni sull'accaduto.
OLIMPO.
"NO!"
Kokou diede un pugno deciso con entrambe le mani su quello che doveva essere uno dei maestosi tavoli che decoravano le aree comuni dell'Olimpo. Un tempo quei tavoli servivano a sorreggere enormi ed immense portate di cibi celesti ed intorno ad essi, ridevano e scherzavano innumerevoli deii. La lussuria, il divertimento e l'amore erano le grandi prerogative dell'Olimpo ormai ridotto alla tristezza e al decadimento.
Adesso quel tavolo era lugubre ed imbrattato di piani crudeli falliti o non ancora sperimentati, toccato dalle mani insanguinate di un dio immortale.
"Una cosa avevo chiesto a quelle tre streghe.. UNA! Hanno osato sbagliare, commettere una leggerezza che adesso comprometterà l'intero mio piano! Quella stupida ragazzina ha preso la testardaggine di sua madre! Preferisce morire che abbandonare gli affetti." Camminava avanti ed indietro nella grande sala, toccandosi il mento mentre rifletteva sul da farsi.
"Gli affetti.." Alzò l'indice della mano destra non appena nella sua mente balenò una idea. "L'affetto più grande di Navir è la mia cara sorellina Oyà. Farebbe di tutto per lei, di tutto. Persino giungere incontro alla morte, che poi sarebbe il sottoscritto." Scoppiò in una fragorosa risata, divertito dal suo stesso tetro umorismo.
Gesticolava enfatizzando ogni sua riflessione e pensava al piano più efficace per poter portare la sua cara sorella, nuovamente sull'Olimpo.
"Mio signore abbiamo un problema." Tre delle anime entrarono nella sala, sollevando la curiosità di Kokou.
"Che cosa succede?"
"Tradamar, la sua anima. Non si trova più."
"Che cosa? Insulsi imbecilli! Non servivate a nulla da vivi e non servite a nulla nemmeno da morti! Come avete fatto a farvi scappare l'anima di Tradamar!"
"Mio signore, ci perdoni.. noi.." Cercò di spiegare un altro con voce tremante.
"Silenzio!" Un fuoco improvviso inondò la stanza e quelle povere anime bruciarono tra le fiamme dell'inferno, accolte dalla dannazione eterna.
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