CAPITOLO 1.
"Non lasciarti intimidire Navir, lotta con tutte le tue forze. Tu hai delle capacità che nemmeno immagini, ogni essere umano sulla terra vorrebbe ciò che hai tu; fanne buon uso amore mio".
Gli occhi di sua madre si chiusero per sempre; in quell'istante il tumulto che circondava la sua casa, le grida disperate degli altri uomini arsi vivi, i pianti dei bambini in preda alla paura di rimanere soli.. tutto divenne un eco silenzioso. Guardava quella donna che si era sacrificata per la sua vita, perché potesse vincere la guerra che da tanti anni opprimeva il popolo di Ilang, e non capiva come un esserino di solo 8 anni poteva sconfiggere il male. All'improvviso una luce la avvolse dalle spalle, si sentii afferrare e strappare via dalle braccia ormai gelide della madre e tutto intorno fu avvolto da una cupa e tenebrosa oscurità.
Aprii gli occhi; nella testa riecheggiavano delle voci che non riuscivo a distinguere. Era come se si fosse svegliata dopo una notte di incubi. La prima cosa che vide era un tetto bianco, insignificante non solo per il colore ma perché neanche lei sapeva associarlo a qualcosa di familiare. Si guardò intorno; una luce soffusa entrava da una piccola finestra oltre la quale si vedevano degli alberi di un verde raggiante. Sembrava che fuori ci fosse una splendida giornata e subito le venne voglia di alzarsi, vestirsi e correre a fare colazione. Nonostante tutto le sembrasse così sconosciuto, sapeva perfettamente come muoversi dentro quella casa e sapeva che qualsiasi cosa toccasse o indossasse, le apparteneva, che faceva parte di lei e della sua storia. Scese in fretta e furia le scale a chiocciola e corse verso la cucina. Un profumo di pancake, appena preparati, inebriava la stanza trasmettendo la sensazione di una di quelle giornate in cui tutto va per il verso giusto.
"Ben svegliata Navir, la colazione è pronta." Una donna, alta, bella e dai lunghi capelli castani le parlava come se fosse la sua mamma ma dentro di lei una voce suggeriva che non lo era.
"Buongiorno zia Stefany". Le parole fuoriuscirono dalla sua bocca come se li avesse sempre pronunciate, come se quello fosse un rituale giornaliero e, all'improvviso, nella sua mente si accavallarono un susseguirsi di immagini e ricordi felici con quella donna. La ricordò intenta a prepararle una deliziosa torta al cioccolato e ne ricordò anche il gusto delicato. Vide loro due sorridenti mentre passeggiavano in riva al mare, lungo la loro spiaggia preferita e si soffermó a notare come fosse piccola in quel flashback. Tutto appariva così incredibilmente normale e reale che se ne convinse. Si girò verso la parete attrezzata del soggiorno e vide un calendario, un fac simile di quelli pubblicitari, pieno di cerchi e parole; si avvicinò ad esso e notó che vi erano scritte tutte le sue attività e i loro impegni. Sfogliandolo si accorse che ogni parola corrispondeva ad un ricordo:
- Portare Navir a lezione di ballo, 24 Ottobre
- Appuntamento dal medico, 6 Febbraio
- Riuonine scolastica, 5 Maggio.
D'improvviso si ricordò la data di quel giorno: 16 Giugno. La scuola era finita, era domenica e Navir aveva esattamente 15 anni. Guardò il suo corpo come se non lo avesse mai visto prima, soffermandosi ad accarezzare e a seguire le sue curve. Si rese conto di quanto fosse magra e muscolosa. Gli addominali scolpiti e le braccia ben sviluppate, le gambe muscolose e il seno delicato ma turgido. Corse in bagno per guardarsi allo specchio e si sorprese nel vedere il suo riflesso. Aveva gli occhi verdi e lunghi capelli castano scuro che sembravano quasi neri. Il viso era segnato da lentiggini anche se non troppo evidenti e le labbra erano carnose. Non somigliava molto a sua zia, tranne per il colore dei capelli e la carnagione decisamente pallida. Ritornò in cucina e vide che la zia Stefany aveva già servito la colazione. Accanto al piatto con i pancake, c'era posizionato un bicchiere pieno di succo all'arancia rossa; il suo preferito.
"Navir, ieri sera una mia amica mi ha chiamata dicendomi che cerca qualcuno che l'aiuti per l'estate nel suo negozietto di animali. E' sola e, in questo periodo, molte persone partono e affidano a lei i loro animali. Non sa come gestirsi sia la pensione che il negozio. Ti andrebbe di aiutarla tu? Ne approfitti per mettere qualche soldo da parte."
"Ma zia, una volta mi hai affidato un pesce rosso ed è morto dopo due giorni. Come posso aiutare nella gestione di un negozio di animali?"
"Potresti provare caro il mio bocciolo, se vuoi puoi tutto."
Bocciolo è il nomignolo che le riservò fin da piccola; quella donna definiva la nipote come un fiore bellissimo, uno di quelli che chi li osserva sa che diventerà meraviglioso ma che se lo guardi adesso non ti sembra granché. Finalmente ricordò che sua zia fu sempre un punto fermo nella sua vita; quando cadeva, la aiutava a riazalrsi, quando veniva derisa dalle critiche dei suoi compagni per il nome strano ed insignificante che porta. Ha sempre creduto in lei e nelle sue capacità e, adesso, era il momento di prendersi la sua dose di responsabilità.
"D'accordo, però se va tutto male prometti che non mi costringi a restare."
"Promesso!" Stefany iniziò a saltellare e Navir si accorse che dietro la schiena, aveva incrociato le dita. Sapeva che non le avrebbe mai permesso di fallire.
Finirono in fretta e furia la colazione e lavarono i piatti. Stefany era incredibilmente euforica e Navir non ne capiva il reale motivo. Tuttavia l'assecondava e le promise di farsi più bella che poteva. Alla fine non indossò niente di che; un jeans a stampe floreali, una blusa con le tonalità del suo colore preferito, il rosa, e un paio delle sue sneakers super comode e usate. Raccolse i capelli in una lunga treccia, un po' di mascara e un filo di eyeliner. Ecco, aveva tanti flash di ricordi e non rammentava come non fosse riuscita mai a metterlo!
La zia aspettava già davanti la porta. Navir prese la sua solita borsa nera ed è subito corsa verso il negozio di animali. Lungo la strada si guardava intorno, si girava a vedere le case di colori diversi e i loro giardinetti curati e pieni di fiori; ne vide una che ricordò essere la casa di una sua compagna di scuola con cui non andarono mai d'accordo. Una volta, la professoressa affidò loro un esperimento di scienze e litigarono su chi dovesse discuterne davanti a tutta la classe. Alla fine parlarono un poco l'uno, ma la compagna di Navir non fu capace di realizzare nulla di quel progetto. Mentre il flusso dei suoi pensieri e ricordi proseguiva inarrestabile, ecco che sentiì una suoneria familiare. Era il suo cellulare che squillava e quando lo prese, si accorse che Amber la stava chiamando. Amber era la sua amica di infanzia, o almeno da quando avevo circa otto o nove anni. E' completamente il suo opposto; più bassa con i capelli corti e biondi. Solo gli occhi avevano dello stesso colore. Amber era simpatica, altruista e divertente. La faceva sempre ridere e le piaceva trascorrere il tempo con lei, ma ora che avrebbe iniziato a lavorare, non avrebbe potuto dedicarle tanto tempo.. Navir era sicura che la sua amica non avrebbe preso la notizia affatto bene.
"Pronto?"
"Navir? Ma dove sei? Sono passata da casa tua ma non c'era nessuno! Volevo mi accompagnassi al centro commerciale. Gabriel mi ha chiesto di uscire e non so cosa mettermii!!"
Amber era completamente pazza, ansiosa e maniaca del controllo. Amava vestirsi sempre alla moda e comprare vestiti per la paura di essere vista due volte con lo stesso abito. Diceva che l'abito fa e come il monaco e che l'aspetto fisico è la prima cosa che i ragazzi notano e se questo, è accompagnato da un bel vestito allora che ben venga.
"Amber, calmati. Hai cento mila vestiti nel tuo armadio che saranno perfetti. Io adesso sono con mia zia; mi ha trovato un lavoretto estivo in un negozio di animali e sto andando lì."
"In un negozio di animali? Ma se quando eri piccola non sei stata nemmeno capace di badare ad un pesce rosso!" Guardò sua zia con l'aria di chi ha sempre ragione. Stefany accennó un sorriso e le scandí le parole "ci riuscirai" silenziosamente.
"Comunque ho capito, vuol dire che andrò da sola al centrocommerciale. Mandami la tua posizione appena arrivi, così qualche volta vengo a fare un controllo a sorpresa."
"Va bene, va bene. Ci sentiamo dopo ciao." Attaccò il telefono e non poté fare a meno di sorridere, ma più che per la felicità per il nervosismo.
"Arrivati!"
Navir aveva lo stomaco tutto in subbuglio, i nervi a fior di pelle.
Andrá male, lo sento. Disse a se stessa.
Scendendo dalla macchina, si soffermó a guardare la vetrina di quell'adorabile negozio; si chiamava "C'è posto per tutti" e da qua percepí che ci sarebbero stati una infinità di animali, lì dentro. I suoi preferiti erano i gatti; da piccola gli tirava la coda per vedergli rizzare il pelo; si divertiva e stava ore intere ad osservare il gatto della Signora Gekins, la loro vicina. Era affascinata dal fatto che, solitamente, i gatti mettono in atto sempre le stesse azioni: leccano il pelo sempre nello stesso ordine, si accoccolano nei posti più bizzarri mantenendo un equilibrio incredibile, atterrano sempre su quattro zampe e hanno una agilità impressionante. Certe volte le sembrava che tra lei e quegli animali ci fosse un legame, ma molto probabilmente è perché ne era semplicemente affascinata.
Quando aprirono la porta, un piccolo campanellino suonó sopra la loro testa per annunciare il loro arrivo; da una tenda, accanto al bancone, sbucó una donna con i capelli raccolti in una coda di cavallo, leggermente strisciati di bianco, un paio di occhiali da vista al collo e con indosso una tuta impermeabile.
"Stefany finalmente sei arrivata, vedo che hai portato con te la tua bellissima nipotina." La donna andò incontro alla giovane ragazza, le prese la mano e la guardò fissa negli occhi. All'improvviso i suoi grandi occhi marroni si spalancarono. Navir notò la paura in quello sguardo, paura di lei. Inizió a tremare e in preda al panico, gridò " No, No, No.. portala via Stefany. Portala via!" Si ritrasse con le orbite ancora spalancate; Stefany non sembrava sconvolta però prense tra le sue braccia Navir e iniziò a parlare con calma.
"Kaleika, per favore. Prendila con te, non ti farà del male."
"No Stefany, non puoi chiedermi questo. Tu sai tutto, non è vero? " Gli occhi della donna divennero vitrei. " Zia cosa succede?" Navir gridò, in preda al terrore. Cosa stava succedendo, che cosa sapeva sua zia?
Il tremolio della donna aumentò con più forza e all'improvvisò si arrestò. Chiuse gli occhi e portò le mani verso di lei. "Il tuo destino è segnato, il corso degli eventi è stato già stabilito. Non puoi fare nulla per modificare ciò che è accaduto." La donna continuò ad emettere versi; il tono metallico della sua voce era spaventoso. Le luci iniziarono a spegnersi e un vento gelido attraversò il corpo di Navir. Sentii una ondata di adrenalina scorrerle le membra e poi il blocco. Ogni suo muscolo era immobile, come congelato e dentro la sua testa iniziarono a riecheggiare delle grida. Una fiamma ardeva davanti i suoi occhi, la sua mano impugnava una spada e intorno a lei non c'era nient'alto che distruzione e morte.
Svenne.
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