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25. Ubriachezza

Berenice si era lasciata andare. Aveva lasciato andare ogni convinzione, ogni convenzione, ogni pensiero. Aveva capito che era inutile lottare contro un destino che non le voleva bene, che era inutile farsi problemi, che era inutile cercare di concentrarsi sul dolore che provava. Nulla avrebbe riportato in vita Maria, nulla avrebbe messo fino a quella mancanza, nulla avrebbe cambiato le cose, nulla le avrebbe permesso di riaverla indietro, nemmeno trovare il colpevole. Non c'era modo per lei, né per Andrea, di ritrovare la pace e la serenità in cui avevano vissuto negli ultimi anni. Non c'era un modo per avere indietro tutto. Doveva smettere di desiderare di riavvolgere le fila della storia, di avere una nuova possibilità. Doveva farsi bastare ciò che le rimaneva: la sua famiglia, i suoi amici, Andrea. E se stessa. Le rimaneva se stessa. Le rimaneva la scelta, l'opportunità, di farsi del bene, di vivere ancora. E adesso sapeva di poterlo fare, sapeva con chi poteva farlo, sapeva come farlo. Aurelio era una persona che soffriva, esattamente come lei, una persona che l'aveva affascinata sin dal primo istante, una persona a cui si sentiva inspiegabilmente legata. Che senso aveva, ora, fermarsi e non lasciarsi andare? Che senso aveva contrastarsi? Che senso aveva farsi violenza quando tutto quello che bastava era lasciarsi avvolgere da quella situazione?

Sospirando, Berenice oltrepassò con decisione la soglia della sua stanza, dopo essersi levata il cappotto e le decolleté in soggiorno. Avvertiva il calore che il corpo del commissario emanava dietro di lei, caricandola di energia, e si godette la sicurezza e l'orgoglio di una donna che aveva in mano ogni scelta. Si avvicinò al letto e poi si voltò, le mani sui fianchi.

Osservò Aurelio, in piedi davanti alla porta: aveva i pugni chiusi, un leggero sorriso a velargli il volto. Era dannatamente bello e oltremodo invitante, con quella camicia azzurra tesa attorno alle possenti spalle, i jeans che scendevano contornandogli le gambe muscolose, i piedi infilati nei Timberland così da ragazzaccio. Berenice sentiva il sangue batterle nelle tempie con la stessa forza e lo stesso ritmo dei colpi che Chad dava alla batteria nell'intro di Can't Stop dei Red Hot Chili Peppers. Non riusciva a formulare un pensiero sensato: vedeva soltanto Aurelio davanti a sé, sentiva solo un fuoco estremamente caldo bruciarle ogni millimetro delle membra. Incapace di controllare le proprie azioni, incrociò le braccia sulla schiena e aprì la cerniera della camicetta che indossava.

Il rumore del cursore squarciò il silenzio della camera, facendo sussultare il commissario. Le sue mani nerborute si strinsero con più forza, le nocche ormai sbiancate che premevano contro le cosce, le vene in rilievo che risalivano fino al gomito lasciato libero dalla camicia arrotolata. Berenice afferrò le spalle della maglia e Aurelio sospirò. Con un gesto fulmineo abbassò la stoffa fino al bacino e la lasciò andare, facendola cadere a terra. Sganciò il reggiseno, si chinò e sfilò anche i jeans. Il leggero freddo dell'ambiente le punse la pelle, facendola rabbrividire: lì in piedi, completamente nuda se non per un misero paio di mutandine di pizzo, si sentì d'un tratto estremamente vulnerabile.

Si rese conto, da come la testa le girava, che aveva bevuto troppo, davvero troppo. E ora? Aveva oltrepassato il limite, e adesso non sapeva come tornare indietro. Lo aveva desiderato tanto, quel momento, si era preparata per quell'istante, ma ora si rendeva conto di quanto la situazione fosse profondamente sbagliata: lei e Aurelio erano completamente ubriachi, incapaci di realizzare quello che stavano facendo. Tutto ciò avrebbe comportato solo guai.

Ogni suo tentativo di fare qualcosa per sfuggire a quella sensazione fu frenato in un attimo dallo sguardo di Aurelio. Le stava fissando il viso, sorridendo con i suoi occhi zaffiro. D'un tratto sembrò riscuotersi da quella trance e scese ad osservarle il seno. I capezzoli le si inturgidirono all'istante, smaniosi di ricevere attenzioni; ma l'esame dell'uomo proseguì, raggiungendo le sue gambe e il centro della sua eccitazione. Poi rialzò la testa, fermandosi di nuovo sul suo volto. Gli occhi blu che tanto l'affascinavano si erano fatti più scuri, quasi neri. Sembravano bruciare di desiderio e di voglia, esattamente come stava succedendo allo stomaco di Berenice. Lei fu scossa da un brivido di timore e di desiderio insieme, che la fece tremare da capo a piedi.

Aurelio sorrise di nuovo, esibendosi in una smorfia oltremodo eccitante che lasciava trasparire ogni suo pensiero. «Sei meravigliosa, Berenice.»

Lei sussultò, udendolo mormorare il proprio nome con quella voce calda e sensuale; abbassò la testa, sentendosi piccola e impotente di fronte alle sue occhiate indagatrici. Le sembrava di essere appena stata incantata da quello sguardo da Stregatto, così dolce e così colmo di desiderio da privarla di ogni facoltà mentale.

«Ehi» sussurrò Aurelio, avvicinandosi. Le poggiò una mano sul fianco, irradiando una deliziosa sensazione di calore sulla sua pelle. «Che ti succede?»

Berenice alzò il viso per guardarlo. «Io...Tu... Non mi avevi mai dato del tu.»

Un nuovo sorriso andò a solcare il volto di Aurelio. «Era giunto il momento. O no? Non ti sei forse spogliata di fronte a me?»

Berenice ridacchiò, scaricando un po' di tensione. «Mi sa proprio di sì.»

«E io?»

«Tu?» chiese lei, dubbiosa.

«Io. Non mi posso spogliare?»

Alla ragazza si mozzò il respiro. Ora c'era dentro, fino al collo.
Con uno sforzo immane di volontà si costrinse ad annuire, avanzando di un passo per far aderire il proprio corpo a quello del commissario. Lui inarcò di poco il bacino, e in un attimo lei si rese conto dell'erezione che iniziava a tendere i suoi pantaloni. Gli accarezzò la camicia con mani tremanti, cominciando a sbottonarla dal collo. Ogni bottone lasciò l'asola, liberando la pelle chiara e uno strano tatuaggio che gli correva sotto il pettorale destro: Berenice ne percorse le parole indecifrabili con lo sguardo, chiedendosi quale fosse il suo recondito significato.

Aurelio la lasciò fare, inspirando lentamente, e quando lei lo ebbe liberato dal tessuto azzurrino si tolse gli scarponcini e i pantaloni, rimanendo in boxer grigi. «Adesso siamo pari. A chi la prima mossa?»

Berenice iniziava a prendere gusto con quel giochetto. Afferrò i lembi delle mutande con due dita, poi le tolse in un lampo, rimanendo completamente nuda. Lo stesso fece il commissario, liberando la propria carne dalla stoffa. Berenice non ebbe modo di osservare meglio il suo fisico statuario, perché in una frazione di secondo si ritrovò stesa sulla schiena, con il materasso sotto di lei e il corpo muscoloso e pallido di Aurelio a coprirla, a placcarla, a sommergerla.

«A che gioco stai giocando, bambina?»

Berenice scosse la testa. «Io?»

«Sì, tu. Sembri innocente ma alla fine...»

«Alla fine?»

Aurelio non la stava più ascoltando. Una mano vicina al suo viso e l'altra di fianco al suo seno, la osservava ancora una volta, indagando ogni piega della sua pelle. «Dio, sei perfetta. Morbida e calda, immagino.»

In un secondo la sua bocca scese a coprirle un capezzolo, facendola sussultare per la sorpresa e per il piacere. Aurelio continuò a dedicare attenzione ai suoi seni, sentendola gemere e inarcare sotto le proprie carezze umide. Era come un'onda, che si dibatteva sotto di lui, contro di lui, quasi incapace di stare ferma.
Si fermò e le accarezzò il viso con la mano. Teso sopra di lei, con il membro caldo che aderiva al suo stomaco, passò con delicatezza un pollice sulle sue labbra. Poi artigliò quello inferiore con l'indice e lo pizzicò, rilasciandolo con uno schiocco che le fece accapponare la pelle.

«Che succede?» chiese, ridacchiando.

Berenice deglutì, imbarazzata dalle proprie emozioni.

«Ti piace vero?» continuò Aurelii, sfregandole di nuovo la bocca con il pollice.

Lei gli afferrò le spalle, portandolo verso di sé. «Baciami di nuovo, Marco.»

Le loro labbra si unirono immediatamente al suono di quel nome così intimo, di quella richiesta così accorata. Berenice sentì il dolce e fumoso sapore del whisky sulla bocca di lui, e ricordò per un istante che stavano per fare sesso ed erano ubriachi marci. Ma poi Aurelio portò una mano tra le sue gambe, ed ogni pensiero si dissolse in una pioggia rossa. Gli occhi di lui la scrutarono con aria interrogativa, mentre premeva le dita contro il centro della sua eccitazione. Berenice fu costretta a chiudere le palpebre, sconvolta dalla profondità e dalla forza dei sentimenti che stava provando.

Aurelio la baciò con foga e spostò la mano, lasciandola sola per un secondo. Intuì dal rumore che si stava infilando il preservativo, ma non le fu dato ulteriore spazio per pensare, perché lo sentì di nuovo sopra di sé e in un attimo fu dentro di lei. Berenice gridò, sconvolta e sorpresa.

«Sh, rilassati. Faremo piano» le sussurrò lui, strofinando il naso contro il suo mentre iniziava a spingere con il bacino. Passò con dolcezza le mani lungo i suoi glutei e poi sulle cosce, quindi le afferrò con forza e le strinse contro i propri fianchi, infiammando la carne di Berenice di dolce piacere.

Lei boccheggiò, travolta dal calore di quel gioco primitivo. Si aggrappò con tutta la propria forza alle spalle di Aurelio, spingendolo ad aumentare il ritmo.
Poi il commissario si fermò, appoggiandosi sui gomiti. Berenice aprì gli occhi e si trovò davanti le gemme blu del suo sguardo. «Allora?»

«Allora cosa?» chiese lei. «Perché... Perché ti sei fermato?» ansimò, mentre la mente vorticava ancora tra i fumi del piacere.

Aurelio sorrise. «Perché tu non mi stai guardando.»

Berenice sbarrò gli occhi, stupita. Cosa... Cosa stava dicendo? Guardarlo... perché? Era necessario forse?

«Non fare quella faccia. Questa cosa la stiamo facendo in due, e mi piacerebbe che tu non ti nascondessi. Guardami, Berenice» sussurrò, afferrandole la mandibola con una mano.

Nel frattempo si spinse dentro di lei con una mossa delle anche: Berenice fu travolta dall'emozione e alzò il viso fino ad arrivare a quello di lui. Lo baciò voracemente, assaporando il dolce calore delle sue labbra e della sua bocca, mentre i loro corpi si univano ad un ritmo sempre più forte.

Ad un tratto Aurelio abbassò il capo tra i suoi seni, lasciandole teneri baci attorno ai capezzoli, sullo sterno, ovunque. Lei gli afferrò i capelli, in preda ad un'urgenza sconvolgente: stava per lasciarsi andare, lo sentiva, e non vedeva l'ora di farlo. «Ti sento così tanto dentro di me, Marco» sussurrò, tenendolo stretto a sé.

Lui alzò la testa di scatto. Nei suoi occhi passò un lampo scuro: l'eccitazione aveva raggiunto il suo apice. Le afferrò il volto, risucchiandole le labbra in un bacio intimo e vorace, mentre con il bacino continuava a spingere dentro di lei, sempre più a fondo. L'orgasmo arrivò, improvviso, forte, lasciando entrambi sconvolti e palpitanti. Rimasero a osservarsi per qualche secondo, sorridendo lievemente, scioccati da ciò che era appena successo.
A Berenice non era mai capitato di sentirsi così piena, così coinvolta, e al tempo stesso così libera.
Aurelio, d'altra parte, stentava a credere di essersi immerso in un corpo femminile diverso da Emma e di aver provato delle emozioni così forti con quella ragazza. Che stava succedendo? Dio, si sentiva benissimo.

Il commissario distolse lo sguardo e si spostò al fianco di Berenice, buttando il preservativo da qualche parte, presumibilmente sul pavimento. Poi l'afferrò per i fianchi e la tirò a sé, infilando un braccio dietro il suo collo.

Ancora immersa nel piacere, lei si accoccolò contro quel corpo caldo.

«Come stai?» le chiese Aurelio, sussurrandole quelle parole tra i capelli.

«Bene. È stato... diverso» mormorò, la bocca posata sul petto di lui.

«Anche per me.»

Berenice sorrise, posandogli una mano sull'addome. Accarezzò lentamente i muscoli pallidi, scendendo lungo la pancia per andare a incontrare il bacino. Si accorse presto che lì sotto tutto era ancora turgido. Come diavolo poteva succedere? Lo afferrò dolcemente con una mano, percorrendone con i polpastrelli le venature ingrossate e calde.

«Che fai?» chiese il commissario con un ansimo.

«Sei ancora duro.»

«Lo so, ma... Oddio» sibilò, inarcando il bacino contro le sue carezze.

«Vuoi...»

Aurelio si staccò dalla sua presa e salì sopra di lei. «Sì, diavolo, voglio farlo ancora.»

Berenice rise a quelle parole, così vere e così tipiche del Marco Aurelio che aveva iniziato a conoscere. «E allora, diavolo, facciamolo, commissario.»

***

Il resto degli eventi lo trovate sul corrispondente capitolo 25 de "Il volo dell'angelo"😉

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