Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

3 ▪️ LA RICADUTA

Davide entrò nella camera in punta di piedi, cercando di fare il meno rumore possibile per non svegliare Natasha e Ivan, stesi schiena contro schiena nel grande letto matrimoniale. Le loro lunghe ciocche di capelli adagiate sul cuscino si mescolavano come colori su una tavolozza bianca.

Ancora sotto l'effetto delle sostanze assunte in nottata, si svestì in modo impacciato, ammirando le prime luci dell'alba filtrare attraverso le tende bianche e accarezzare i profili di mobili antichi stracolmi di ninnoli.

Si stropicciò gli occhi e con un calcio fece scivolare i vestiti sotto al letto, troppo stanco per raccoglierli e accatastarli da qualche parte. Se non si fosse concesso un po' di riposo, ne era certo, la testa gli sarebbe scoppiata da un momento all'altro.

«Davide... ma che ore sono?» Mugugnò Tasha con voce impastata, raggomitolandosi tra le lenzuola e sollevando appena le palpebre.

Lui non le rispose. Osservò per qualche istante i lunghi capelli azzurri che le ricadevano sul viso, cercando di capire se dietro a quelle ciocche i suoi occhi fossero chiusi o aperti. Solo dopo un po' spostò le coperte per poi stendersi accanto a lei. Si sistemò su un fianco, dandole la schiena, cercando di muoversi il meno possibile nel trovare una posizione comoda, nella speranza che lei si riaddormentasse in fretta e non facesse domande.

Bastò qualche minuto prima che il sonno prendesse il sopravvento sul corpo stanco del ragazzo, ma non appena le sue palpebre si chiusero, Tasha lo abbracciò stringendolo con forza, quasi fino a fargli male, interrompendo bruscamente il suo riposo.

«Tu... tu puzzi di alcol!» Farfugliò, allentando la presa. «Tu hai... hai ricominciato a frequentare il Draugen?»

Gli ubriachi, si sa, non sanno mentire. Davide men che meno. «Sì.» Rispose semplicemente, pentendosene subito dopo.

«Mi avevi promesso non l'avresti più rivisto.» Lo rimproverò. Avrebbe voluto prenderlo a schiaffi, ma a quell'ora non aveva né voglia né le energie.

Lui sorrise, ripercorrendo con la mente quel poco che ricordava della serata appena trascorsa. «È stata una festa pazzesca. Non ti immagini quanto ci siamo divertiti... c'era persino il King.»

La compagna sospirò, passandosi una mano sul viso. Temeva che quel momento un giorno fosse arrivato. «Lascialo perdere il King, ti prego. Ti caccerai nei guai.» Mugugnò. In quel momento non le andava nemmeno di discutere... ma quando ce ne sarebbe stata l'occasione, di certo, non gliela avrebbe fatta passare liscia.

«Abbiamo solo fumato e bevuto un po', niente di più.»

Con un verso simile a un grugnito Ivan strattonò la coperta lasciando i due ragazzi nudi.

«Ho capito... io me ne vado sul divano.» Sbuffò Davide, infastidito, scivolando via dalle braccia della sua amata.

Si alzò dal letto sotto il suo sguardo deluso e allo stesso tempo preoccupato, che ignorò, mentre con svogliatezza raccoglieva i vestiti da terra e usciva dalla stanza.

*****

23 dicembre 2018

Era da ormai dieci minuti che Tasha, accoccolata sulla poltrona in pelle, fissava il vuoto. Reggeva un libro aperto, un giallo, del quale aveva letto solo poche pagine, per poi perdersi in pensieri che la tormentavano da ore. Precisamente dall'esatto istante in cui nel letto matrimoniale si era svegliata con un solo uomo al suo fianco.

Ancora una volta Davide era sparito. Si ostinava ad abbracciare i suoi demoni come fossero un elisir di eterna felicità, quando invece avrebbero finito per distruggerlo, di nuovo.

Ricordò un episodio avvenuto nel maggio del 2008. Era da due anni che il compagno faceva uso di droghe, ma non era mai andato in overdose, né si era mai trovato in condizioni di grave pericolo. Fino a quella mattina, quando in seguito all'assunzione di pesanti sostanze allucinogene, era praticamente impazzito. Era solo in casa e aveva distrutto ogni cosa. Poi era caduto dal terrazzo... o forse si era buttato di proposito, per fuggire da decine e decine di bambole senza testa che a sua detta lo rincorrevano a perdifiato. Dopo quell'episodio aveva trascorso un anno intero in una struttura di recupero. Ma poi c'erano state le ricadute. Erano stati anni durissimi.

Con un lungo sospiro richiuse il libro e lo lasciò cadere sul tavolino in vetro di fronte a sé. Il tonfo spezzò la quiete, ma non la concentrazione di Sara. Di fronte a lei, seduta a gambe incrociate sul tappeto zebrato, con gli occhi chiusi e le mani giunte all'altezza del cuore, non si mosse di un filo. Pareva quasi una statua. O meglio, fatta eccezione per gli abiti sportivi e per i tre piercing allineati orizzontalmente sotto al labbro inferiore, pareva una di quelle bambole di porcellana in stile ottocentesco. Pelle bianca e perfetta, lineamenti delicati, volto incorniciato da un caschetto color mogano e da una frangetta che le sfiorava appena le sopracciglia, lunghe e sottili.

Praticava yoga un'ora al giorno, e durante quell'ora niente riusciva a distrarla. Sarebbe potuta crollare la casa e lei sarebbe rimasta lì, con le palpebre abbassate e con quell'espressione serena disegnata sul viso. Tasha la invidiava. Il suo equilibrio interiore era stupefacente, il suo autocontrollo imperturbabile.

In sette anni di convivenza e di collaborazione lavorativa avevano incontrato diversi ostacoli sul loro cammino. Ma Sara riusciva ogni volta a mantenere la lucidità per affrontare i problemi al meglio, compresa la ricaduta di Davide avvenuta l'estate precedente, che fortunatamente si era limitata alla dipendenza da alcol.

Tasha invece era diversa. Difficilmente riusciva a mantenere la calma, e di lei si poteva dire tutto tranne che fosse una persona equilibrata. C'erano troppi mostri nella sua mente.

Si alzò dalla poltrona con l'intento di uscire per fare una passeggiata nel bosco che circondava la loro dimora. Il contatto con la natura aveva un effetto terapeutico sulla sua anima. Il canto degli uccelli, il profumo dell'erba fresca, il fruscio delle foglie mosse dal vento, il contatto con la superficie ruvida di un tronco o con quella morbida di un cespuglio di muschio, erano una cura per i suoi turbamenti.

*****

Luca pese posto a tavola, notando immediatamente che era apparecchiata per quattro. Per Sara, la fidanzata, fu impossibile non accorgersi del suo repentino cambio d'umore. Conoscendolo da parecchio tempo, seppe già cosa aspettarsi.

«Ma che fine ha fatto Davide?» Ruggì, rosso in volto, non appena anche Tasha e Ivan si furono seduti.

Nessuno rispose. I tre coinquilini chinarono il capo, e iniziarono a mangiare, avvolti in un silenzio carico di tensione, riempito unicamente dal tintinnio delle postate che cozzavano contro i piatti e dal rumore delle loro bocche che masticavano.

«Non sarà tornato a frequentare quel tipo che vedeva mesi fa?» Aggiunse dopo un po', aggrottando le folte sopracciglia e assottigliando lo sguardo. «Tasha?»

La ragazza posò la forchetta e focalizzò la sua attenzione su di lui. Meglio una brutta verità o una bella bugia?

«Purtroppo sì, è successo.»

Ivan roteò le pupille verso l'alto, stanco di quelle continue e inutili discussioni.

«È tornato a frequentare il Draugen, e non solo lui, ma anche gli altri.» Proseguì la coinquilina.

Luca scosse la testa, grattandosi nervosamente la lunga barba bionda. «Questo è un bel problema, Tasha.» Si passò una mano sul capo rasato. I suoi occhi scuri parevano volerla incenerire, facendole sentire il peso di colpe che in realtà non aveva.

«Ragazzi, manteniamo la calma, okay?» Intervenne Sara. «Tasha, perché non provi tu a parlargli?»

«L'ha già fatto mille volte. Una perdita di tempo.» Ivan si versò un po' d'acqua nel bicchiere. Il tono di voce annoiato, e quell'espressione apatica cucita sul volto, erano una bandiera bianca che silenziosamente gridava la sua arresa a un destino già scritto.

«Magari insistendo...»

«No, Sara, sarebbe inutile.» Ribadì il ragazzo, spostandosi i lunghi capelli lisci che gli ricadevano sul viso, e che gli avvolgevano le spalle come una coperta, scendendo fino alla vita. Neri come i suoi vestiti, come i segni di matita attorno agli occhi, e come la sua anima.

«Allora potremmo contattare questo "Draugen" e provare a farci due chiacchiere.»

«Quella è gente pericolosa, Sara.» Luca batté un pugno sul tavolo. «Quelli sono pazzi fuori di testa... criminali senza scrupoli!»

Ivan inghiottì il boccone e fissò i propri compagni uno a uno. La discussione sarebbe potuta durare all'infinito.

Senza dire una parola si alzò da tavola e uscì dalla stanza. Sotto alla sua maschera di freddezza i suoi pensieri erano illeggibili.

Un quarto d'ora dopo, finita la cena, Tasha lo raggiunse, trovandolo steso sul letto, con le braccia incrociate sopra al petto nudo e con lo sguardo rivolto verso il soffitto. Ciocche scure avvolgevano la sua pelle chiara come lacrime d'inchiostro su un foglio bianco. In quella posizione sembrava quasi una mummia avvolta da serpi nere.

Tra le grinze del piumone recuperò il telecomando e spense il televisore, dove stavano trasmettendo un film horror, poi si stese accanto a lui, con un gomito appoggiato al cuscino e il palmo sinistro a sorreggerle il capo.

«Ivan, guardami.»

Si voltò verso di lei.

I loro occhi si incontrarono. In quelli di Tasha c'era speranza, tenacia, voglia di lottare. Quelli di Ivan, perennemente circondati da residui di matita nera, erano invece una finestra sul vuoto. Se quelli della ragazza potevano essere paragonati al cielo di una calda giornata d'estate, quelli del giovane erano invece la monotonia e la noia di un freddo paesaggio d'autunno avvolto nella nebbia.

«Io non voglio che accada di nuovo, Ivan.» Nel cupo suono di quelle parole trapelò tutta la sua preoccupazione. «Promettimi che troverai una soluzione.» Gli accarezzò una guancia scostandogli dal viso una ciocca di capelli.

«Non esiste una...»

«C'è sempre una soluzione.»

Lo baciò sulle labbra con un'insolita delicatezza. Una dolcezza che non le apparteneva. Ivan vide in quel gesto una disperata richiesta d'aiuto.

*****

6 gennaio 2019

Sarebbero dovute essere due settimane di pausa, di relax, per riposare e ricaricare le batterie. E invece erano stati giorni d'inferno. L'aria era continuamente tesa tra quelle quattro mura. Uno chalet di due piani, una mansarda e un seminterrato, circondato dal verde dei boschi del Trentino. Un'oasi di pace e di serenità, deturpata dagli animi tormentati dei quattro inquilini, che non sapevano trovare una soluzione al loro problema.

Davide aveva continuato a frequentare i suoi vecchi amici tutte le notti, rincasando ogni volta sempre più tardi e sempre più sballato dall'alcol e dalle sostanze che assumeva. I tre compagni diverse volte avevano provato a parlargli, ma era stato tutto inutile. Lui stava fuori casa per intere nottate. Prima a far baldoria coi suoi "fratelli", poi da solo, in una malga abbandonata, che era diventata il suo rifugio dal resto del mondo.

Ma quella domenica a Tasha venne un'idea. Estrema, forse, ma che poteva funzionare.

Quella notte, nascosta nella penombra, con la schiena appoggiata contro una parete della malga, incominciò a giocherellare con il suo coltello a serramanico.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro