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II

Il padre scese su un piccolo appoggio, chiedendo alla moglie di andare a chiamare aiuto, nonostante la donna non conoscesse una parola di francese. "Guarda tu" si disse "chi ce l'ha fatta fare di venire in Svizzera? Se fossero andati a Cortina..."

Dal suo appoggio l'uomo si issò la ragazza sulle spalle. La roccia sotto il suo piede franò, ma lui si appoggiò da un'altra parte. Sara urlò ancora per lo spavento.

Più in là si udirono voci concitate che si avvicinavano: erano vigili del fuoco che correvano a prestare soccorso, seguiti dalla donna che aveva dato in qualche modo l'allarme.

Tutto inutile, la roccia sotto i piedi dell'uomo franò ancora. Lui diede un colpo di reni, spingendo la figlia e issandola sul bordo del burrone.

Cadde giù, urlando appena.

Sara si sbucciò il ginocchio mentre i vigili del fuoco la trascinavano sul terreno roccioso, ma non se ne accorse nemmeno. Si girò con uno scatto fulmineo per guardare giù. Cominciò a piangere disperatamente.

I vigili del fuoco guardarono anche loro nel burrone: oscurità, nient'altro. La ragazzina e la madre singhiozzavano senza controllo.

«Papà!» urlava Sara.

«Alessandro!» urlava la madre.

La ragazza aprì gli occhi di scatto: aveva la testa poggiata contro il sedile, ma inclinata abbastanza per guardare dietro...e non le piacque quello che vide. Richiuse gli occhi: nessuno si era ancora accorto che era sveglia. E soprattutto ch'era terrorizzata. Aprì le palpebre tanto da avere due fessure attraverso le quali vedere.

Lorenzo e Gloria (così si chiamavano) si stavano dando da fare, e sembravano intenzionati ad andare oltre una semplice pomiciata. Il suo cuore ruggì. Poi si sforzò di calmarsi: forse la rabbia che le cresceva dentro era solo un effetto generato dalla paura. Perché i due si erano voluti sedere dietro? Eccola la risposta.

Se lo sarebbe potuto aspettare dalla sua amica, ma da lui no! Si parlava in giro di ciò, ma era la prima volta che lo vedeva con i suoi occhi.

Sara dodicenne sedeva insieme alla madre nella sala d'aspetto del corpo forestale. Aspettavano notizie, belle o brutte che fossero. Le due sussultarono quando dalla porta di un ufficio uscì un ranger.

«Voi parlate italiano, giusto?» chiese.

La donna singhiozzante annuì, anche se al momento non aveva intenzione di preoccuparsi di problemi di comunicazione. Se suo marito fosse morto l'avrebbe capito. Anche se le avessero parlato in tedesco avrebbe capito, l'avrebbe intuito dalla voce, dal modo di parlare.

«Non so cosa dirvi» rispose l'uomo «non abbiamo trovato nulla in fondo al burrone. Anche se fosse...sopravvissuto alla caduta, là sotto è pieno di animali selvaggi. Certo se fosse caduto in qualche fiume...»

«Che speranze ci sono?» chiese la donna.

«Minime tuttora. Non resta che aspettare».

Ma passarono i giorni e le settimane. La ragazzina non disse nulla per mesi. Chi l'avrebbe biasimata: da solo il senso di colpa era opprimente, per non parlare poi degli occhi della madre. Erano come coltelli, che ad ogni buona occasione la ferivano in modo atroce.

Fu così che Sara venne mandata in terapia, ma neanche in questo modo si riuscì a cavarle qualche parola. Un giorno però, mentre aspettava di entrare per la seduta, un ragazzo che aveva un appuntamento dopo di lei le disse "ciao", e dopo tanto tempo anche lei pronunciò qualche parola.

Lei e Lorenzo diventarono più che amici: mangiavano insieme, uscivano insieme, studiavano insieme...stavano insieme.

Il dramma fu quando lui finì le sedute (aveva frequenti attacchi epilettici dovuti ai cambiamenti d'umore) e iniziò a comportarsi stranamente, come se lui avesse avuto una promozione e si vergognasse di frequentare una subalterna.

Il tutto si aggravò quando lei gli presentò Gloria, la sua migliore amica. Fu per Sara una botta tremenda, tanto da farla andare, ancora dopo quattro anni, da quell'odioso psicologo.

Sara cominciò a fingere di svegliarsi, per dare ai due la possibilità di riprendere contegno. Si tirò in avanti e si stiracchiò, tenendo gli occhi serrati.

«Ben svegliata» le disse la madre con un po' d'allegria.

Sara guardò dietro: Lorenzo e Gloria si erano staccati subito e ora giacevano negli angoli opposti, fingendo, anche male, di dormire.

«Dove siamo?» chiese Sara, ghignando per averli costretti ad una così rapida separazione. Avevano tutti e due le labbra ancora bagnate.

Si trovavano all'entrata del parco, non c'era bisogno di dirlo pubblicamente: un grande cartello annunciava l'entrata del vallo, anche se il nome della località era coperto da un ramo d'abete. Poco sapevano che sarebbero stati quasi costretti a tornare indietro.

Nella stazione di sorveglianza del ranger, un centinaio di metri più in là, i due addetti videro la vettura e si meravigliarono.

«Come può esserci qualcuno? » chiese uno di loro.

«La notizia non è stata ancora divulgata» spiegò il ranger finendo di sorseggiare una tazza di caffè. Era un tipo massiccio ma robusto e dall'aspetto severo. «Vado ad avvisarli io».

Uscì dall'ufficio e si inoltrò nel sottobosco, diretto verso il sentiero da dove l'auto sarebbe passata da un momento all'altro. Era importante che passassero solo le macchine dirette in Francia: non era possibile fare escursioni nel vallo. Negli ultimi tre giorni erano scomparse una quindicina di persone.

Andrea Salvetti, il ranger, dal canto suo credeva che un qualche animale fosse diventato idrofobo, e andasse in giro a sbranare gli escursionisti. Il giorno dopo sarebbero arrivati degli specialisti, che avrebbero catturato quell'animale. Un corpo lo avevano già ritrovato: quello di una ragazza sventrata all'addome e con la gola lacerata. Quando l'avevano ritrovato, però, i morsi gli erano sembrati troppo piccoli per essere di qualche animale feroce. I denti non dovevano essere nemmeno molto aguzzi.

Davanti a lui si pararono due folti rami, ma attraverso essi vide il sentiero. Ne mosse uno nella direzione da cui veniva e si abbassò per scavalcare l'altro. In lontananza sentì il rombo di un auto che si avvicinava. Fece per estrarre dalla tasca la paletta bianca e rossa da segnalazione.

Qualcosa di pesante gli arrivò sopra con una velocità tremenda, tanto da buttarlo per terra. Sbatté il cranio per terra, e il dolore fu tremendo. Sentì anche qualcosa di liquido dietro la nuca. Urlò per lo spavento quando constatò che la cosa che gli era saltata addosso aveva iniziato a morderlo allo stomaco. La sentì frugare, cercare, tirare...era dentro di lui.

Alzò per quanto possibile la testa e distinse vagamente una forma familiare sopra di lui. Non riuscì a sbalzarla neanche con tutta la forza che aveva in corpo.

«Figlio di...» stava per sbraitare. La cosa che l'aveva aggredito era in qualche modo un uomo. Ma Andrea non finì la frase. La cosa lo azzannò alla gola, recidendo la carotide. Prima di morire, il ranger aveva annusato l'alito pessimo della creatura e il sudicio abito che indossava. Il volto, però, non l'aveva squadrato bene, perché era qualcosa di umano e animalesco al contempo.

Poco prima di spirare Andrea vide passare un'auto rossa. La cosa si girò e annusò. Sembrò colpita da ciò che gli era passato davanti, emettendo un inquietante latrato di soddisfazione.

Prima però azzannò ancora il ranger, per mettere a tacere lo stomaco un altro po' in attesa del prossimo pasto. Stavolta il morso arrivò alla faccia, strappando naso e labbra alla carcassa. Le narici si riempirono di sangue, insieme a tutta l'erba nelle vicinanze. Ma la terra in alta montagna assorbe tutto, e presto le tracce dell'omicidio sarebbero state parzialmente coperte. La cosa strappò ancora qualche brandello di carne dalla sua carcassa, poi uscì dal verde e si mise ad annusare il sentiero per rintracciare la vettura che l'aveva interessato.

Fu allora che venne investito e scaraventato in un cespuglio. La Wolfswagen blu che lo aveva colpito frenò di colpo qualche metro più dietro. L'auto aveva un'antenna sul tettuccio, ornata con un fiocco bianco, e sul retro c'era un cartello con su scritto "OGGI SPOSI".

«Cos'è successo?» strillò allarmata la sposina. Era una donna appena sui vent'anni, decisamente giovane: bionda e con occhi azzurri. Lei e il marito dovevano essere in viaggio di nozze.

«Devo aver investito qualcosa... » disse lui pacatamente. Non c'era nulla che potesse turbare la sua gioia, nemmeno il paraurti della macchina nuova completamente distrutto. Cosa poteva aver preso? Qualunque cosa fosse, a giudicare dall'urto, era più piccola di un cervo.

Scese e notò pochi metri più indietro una macchia di sangue. Più che una macchia era una lunga striscia, che conduceva ad un cespuglio, le cui foglie ondeggiavano leggermente.

«Andiamo, dai» disse lei allarmata dalla macchina «fra poco sarà buio, non voglio rimanere qui...».

«Va bene, voglio solo vedere se...ahhhhhh» urlò in preda al terrore. Aveva appena messo la testa nel cespuglio per vedere cos'avesse investito, quando venne aggredito da qualcosa che cominciò ad azzannarlo alle guance e poi alle braccia. La creatura non aveva fame al momento, ma era decisa a vendicarsi.

La moglie lo vide e, urlante, chiuse le portiere dell'auto. Inutile, perché la cosa, una volta divorato a morte lo sposo, cominciò a prendere a testate parabrezza della vettura. La sposina gridava in preda al terrore vedendo con occhi vitrei che la cosa era umana, e che non si fermava nonostante il cranio in più punti tagliato dal vetro. Per di più emetteva versi furiosi che le fecero raggelare il sangue.

Prese un ombrello dal contenitore accanto alla portiera, pronta a difendersi. Dopo uno spaventoso Crash infatti la cosa entrò. Si ritrovò sul sedile accanto alla donna. La sposa cercò di colpirlo, ma questi era incredibilmente agile e veloce. Gli stracci che indossava gli ricordava vagamente una tuta, ma fatta a brandelli. L'arma improvvisata fracassò il finestrino e s'incagliò. Lei provò a sfilare l'ombrello, ma senza successo. La cosa ormai era a passata dietro, dove non poteva essere colpita, e aveva avuto la chioma bionda della donna a tiro...

«E' bivio» disse la madre di Sara «il sentiero si divide».

«E da che parte si va?» intervenne la figlia.

«Signora Malfenti...» intervenne timidamente Gloria «per caso...ci siamo persi?».

«No. No, non credo» le disse Lorenzo prendendole la spalla «oggigiorno è impossibile perdersi nei boschi...».

Sara lo odiò per quell'affermazione. Con lei non era mai stato così tenero. Ma perché aveva dovuto per forza portarli con lei? Sua madre!

Lei non aveva mai saputo nulla di nulla. Per lei i tre ragazzi erano tutti e tre amici per la pelle! Non vedeva alcuna differenza fra ragazzi e ragazze! Aveva insistito per portare anche loro, esigendo dalla figlia una buona motivazione per non farlo! Come chiedere a un muro perché non si spacca da solo.

«Qualche problema?» chiamò a voce forte un uomo che usciva dal bosco.

«Oh, lei deve essere il ranger» disse la signora Malfenti, dopo aver sussultato «mi ha spaventato».

L'uomo scosse il capo, facendo ondeggiare i lunghi capelli neri. Sembrava un po' troppo giovane per fare il ranger, ora che lo vedevano meglio.

«Sono l'assistente del guarda-bosco» rispose. La sua voce era forte e acuta. «Il quale dev'essere qui in giro, l'avete visto?».

La madre di Sara scosse la testa, e i tre ragazzi fecero lo stesso.

«Ad ogni modo» riprese il giovane ranger «qui è pericoloso rimanere: dovrete recarvi alla stazione del vallo, vicino all'ingresso».

La donna e i tre ragazzi salirono in auto.

«Vuole un passaggio?» chiese la donna al giovane.

«No, grazie» rispose quello «vedo se riesco a trovare il ranger: come ho detto è pericoloso essere in giro soli».

L'auto sgasò a gran velocità e dopo un po' non si vide più. Intanto il giovane ranger guardò il cielo. Il sole era quasi tramontato, e l'oscurità si preparava a calare. "Dove si sarà cacciato? Dio non voglia che...".

Il suo flusso di pensieri fu interrotto da qualcosa che gli saltò addosso dalla boscaglia, azzannandolo al collo. La trachea e l'osso del collo si ruppero. Morì prim'ancora di arrivare per terra.

La Laguna rossa si fermò a si e no trecento metri più avanti. Ma non per essere arrivata a destinazione.

«Proprio ora si doveva bucare una gomma!» sbraitò la signora Malfenti.

Ad un certo punto avevano avvertito un botto su qualcosa di duro. Scese dall'auto, Sara e sua madre (gli altri due ripresero a pomiciare, aiutati dalla penombra) constatarono che c'erano frammenti di vetro sparsi da tutte le parti.

«Ma da dove vengono?» fece notare Sara.

La donna allungò la sguardo in entrambe le direzioni mentre cercava faticosamente di cambiare la gomma (facendo anche scendere i due innamorati). In fondo alla stradina che stavano percorrendo vide un'auto blu ferma. Anche da lontano si poteva vedere il vetro distrutto. Doveva esserci stato un incidente. Ma come avevano fatto i vetri ad arrivare fin lì?

Troppo presa dal cambio della gomma, decise di non pensarci.

«Ragazzi, andate a vedere» disse «magari quella è l'auto del ranger».

«Alquanto strana per un ranger» disse Lorenzo «comunque...».

Aveva aggiunto quel "comunque" dopo aver visto lo sguardo sorridente di Gloria. I ragazzi ci misero qualche minuto ad arrivare all'auto. Nonostante il cielo fosse di un blu abbastanza scuro, Sara vide che era una Wolfswagen quasi completamente distrutta. Quel che restava del parabrezza e la parte anteriore della vettura erano insanguinate.

«Scusate, signore» disse il ragazzo poco dopo metà strada «devo andare la bagno».

Detto questo si addentrò nel folto del bosco. Fece una decina di metri, deciso a trovare un posto dove le ragazze non potessero vederlo. In più c'era il buio. Trovato un posticino ideale, si abbassò la lampo.

Sara guardò dentro la vettura ed emise un grido soffocato. Fece qualche passo indietro. Gloria si avvicinò per vedere cosa ci fosse di..."Oh, santo cielo" pensò sconcertata. Strillò a pieni polmoni. Lorenzo, all'interno del bosco, si girò di scatto a quell'urlo e si versò dell'urina sui calzoni.

Fece qualche passo incerto in avanti, quando qualcosa lo atterrò, facendolo finire con la faccia nel fango. Per lui fu come essere colpito da un ariete alla carica. Sentì una dentatura entrargli nella schiena, trafiggendolo in modo atroce. Fece per urlare, ma quello che ne uscì furono delle bolle nel terreno fangoso.

Le ragazze all'interno della vettura avevano visto una donna morta. Aveva la testa spappolata, forse sbranata da qualche bocca. La quale aveva lacerato ossa e carne e...aveva mangiato. Gli occhi delle due erano vacui e pieni di terrore. L'espressione del cadavere mostrava terrore e dolore.

Sara, per non vedere, voltò il capo verso sinistra...e vide un'altra sagoma proprio all'entrata del bosco.

«Cos'è quello?» chiese con la voce tremante mentre indicava quello che sembrava un uomo disteso in un liquido...marrone? No, rosso. Man mano tutto diventava sempre più buio.

Sara si avvicinò un po' e cadde a terra gemendo. Le gambe non la ressero a quella visione. L'uomo era stato aperto nel mezzo come un tacchino. Mancavano pezzi di carne sulla faccia e in alcuni casi la carne era scavata come gelato in una vaschetta.

Si vedevano le ossa.

La signora Malfenti accorse un attimo più tardi. Anche lei sgranò gli occhi davanti a quegli orrori.

«Andiamocene immediatamente» gridò, e inizialmente fece fatica a trasportare le ragazze via da lì. "Lorenzo?" pensarono le tre donne insieme.

«Dov'è andato...» le parole si spensero nella gola di Gloria. Ci fu un fruscio fra i cespugli là davanti.

«Ragazze andate alla macchina» disse la signora Malfenti.

«Ma...».

«Andate ho detto!» urlò.

Non fecero un passo che qualcosa di grosso si lanciò attraverso i cespugli.

Le ragazze urlarono.

La donna anche, sentendosi addosso un peso orribile. Urlò e si agitò come in preda alle convulsioni. Poi si accorse che la cosa su di lei non era viva.

Era Lorenzo. O quel che ne rimaneva.

La donna scacciò il cadavere strillando forte. Aveva la schiena perforata fin nello stomaco...tutto mangiucchiato. La cosa che lo aveva aggredito, però, aveva forse voluto avere un altro assaggio di cervello, ma in questo caso aveva iniziato addentandolo all'orecchio....

Gli aveva scavato nella testa.

Il corpo perdeva sangue senza sosta. Ma ormai non aveva più molta importanza.

I cespugli si agitarono ancora.

Le tre donne si misero a correre, anche alimentate da un potente ruggito. Non era quello di un animale, sembrava per lo più un uomo che imitava un mostro.

Quando furono a metà strada dalla Laguna, Sara girò il volto mentre correva e vide che la cosa saltata fuori dal cespuglio si era messa a inseguirli. Nell'oscurità la ragazza non la distinse bene, ma era indubbiamente un uomo che arrancava gattonando.

Le tre donne si blindarono nella vettura. La cosa balzò immediatamente sul parabrezza, ma dopo qualche testata il dolore divenne allucinante, e rinunciò a quella tattica. Rimase fuori accucciata, mentre sentiva dall'interno il respiro pesante delle sue prede. Aveva mangiato a sbafo, ma non era ancora sazia. E in un certo senso non lo sarebbe mai stata.

Diede lievi colpi a ogni lato della macchina con le spalle, per cercare solo di capire quale fosse quello meno resistente, e per non farsi troppo male. Voleva entrare effettuando il minore numero di colpi possibile.

Sara era terrorizzata, come la madre. Gloria, invece, singhiozzava amaramente.

«No, non credo» aveva detto Lorenzo «oggigiorno è impossibile perdersi nei boschi». Era quello che le rimaneva di lui.

Si erano perse in un incubo. La via d'uscita era a meno di un chilometro in quella direzione, ma la macchina non avrebbe camminato a lungo con solo tre ruote.

Alla fine si calmarono, ma erano ancora terrorizzate. La cosa aveva paura di farsi troppo male.

Infine la madre di Sara decise di stare sveglia, permettendo alle due ragazze di dormire.

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