Capitolo 2
John e Giorgia non ebbero tempo di riposare. La ferita della ragazza andava curata al più presto.
Con molta fatica riuscirono ad arrivare alla barca e, non appena si allontanarono dall'isola, la terra tremò nuovamente e le pareti di roccia iniziarono a inabissarsi lentamente. Una leggera brezza iniziò a soffiare verso est e, guardando la mappa, i ragazzi si accorsero che il centro abitato più vicino era proprio in quella direzione.
Il viaggio durò tre giorni durante i quali John restò di guardia, concedendosi solo brevi pisolini.
La febbre Giorgia iniziò a peggiorare e, durante le poche ore di veglia, la ragazza sentiva che il dolore non accennava a migliorare. Il ragazzo le aveva medicato le costole meglio che poteva e le aveva dato delle medicine per la febbre. Quella era l'unica cosa che potevano fare, per il momento.
Era ormai il tramonto del terzo giorno quando raggiunsero il porto della città di Hana. Sul molo c'erano alcuni uomini abbronzati che si avvicinarono curiosi all'imbarcazione. John decise di non raccontargli le loro avventure, dicendo che c'era stato un incidente mentre facevano sub. Quando Giorgia si sarebbe svegliata avrebbero deciso insieme se rivelare o meno la loro storia.
La ragazza passò un infinito giorno in ospedale prima di migliorare. Il dolore alle costole era diminuito e la febbre era scesa notevolmente. Le avevano detto che doveva muoversi il meno possibile così John, per un intero mese, stette con lei nella sua stanza. I giorni si susseguirono lenti, uno dopo l'altro, finché una mattina Giorgia fu dimessa. Il ragazzo aveva trovato una casa in riva al mare e i due decisero di trasferirsi lì provvisoriamente, durante il periodo di riabilitazione.
Passarono i mesi, poi gli anni. Ci furono tante estati e altrettanti inverni. I due fidanzati si sposarono e, ben presto, ebbero una figlia.
Inizialmente Giorgia aveva un po' di nostalgia della sua famiglia che la andò a trovare sempre più spesso, finché anche i suoi genitori, italiani, si trasferirono a Hana.
John, invece, era felice con la sua nuova vita. Suo padre non gli mancava affatto e aveva trovato lavoro come guida turistica in un'agenzia lì vicino. Ciò gli ricordava il viaggio in cui si era innamorato di Giorgia che, nonostante la loro avventura, continuava a fare sub.
Un giorno, rovistando in soffitta, la piccola Sea trovò una scatola con delle mappe, qualche disegno e una poesia scritta a mano con la calligrafia di sua madre:
A te che hai trovato questo tesoro
Ti pentirai, cacciatore d'oro.
Su di te lancio questo maleficio
Che richiederà un sacrificio.
Il tesoro devi riportare
Sull'isola da cui non si può ritornare
Se il mostro marino non vuoi risvegliare
E con la tua vita pagare.
-Mamma! Cos'è questo?
Giorgia guardò prima sua figlia, poi i fogli che aveva in mano.
Abbracciò la bambina, mentre i ricordi di quel viaggio accaduto tanto tempo prima le inondavano la mente. Rileggendo la profezia la donna fu colta da un'illuminazione. "L'isola da cui non si può ritornare... Non significa che dovevamo restare sull'isola, ma semplicemente che non saremmo più tornati indietro, da dove siamo venuti. Tuttavia... sono più felice qui di quanto non sia mai stata altrove."
Accomodandosi su una sedia in terrazza ammirò il mare piatto come una tavola e, con un sorriso, disse:
-Credo che sia ora di raccontarti la fantastica storia di come ci siamo conosciuti io e tuo padre.
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