Capitolo 18: Il destino del Cavaliere di Drago
Janaly stava sorvolando i boschi di abete marino che costeggiano la capitale Mistnida, quando Kimberly ebbe un orribile presentimento: qualcuno mi ha tradita pensò, e quel cattivo pensiero le fece accapponare la pelle e gelare il sangue nelle vene. Intimò alla dragonessa di atterrare ed essa, un po' controvoglia, obbedì. Dopo aver lasciato Stiriaco non si era diretta subito alla capitale dell'Impero, prima aveva cercato e raggiunto i suoi uomini, gli aveva detto di Stiriaco e aveva ordinato a Raphael di raggiungere i Ribelli il più presto possibile e di unirsi a loro. Gli aveva detto anche di informare gli altri sotto ufficiali di mettersi in marcia per raggiungere anche loro le Terre di Nessuno. Gli altri non sarebbero partiti fino a che non fosse giunta là anche lei. I suoi uomini avevano annuito e Raphael si era preparato per iniziare la sua marcia verso le Terre di Nessuno. Successivamente aveva scelto insieme alla dragonessa la strada più sicura da prendere per raggiungere Mistnida, ma quel presentimento l'aveva bloccata. Non appena toccò terrà incominciò a camminare avanti e indietro, pensierosa e ansiosa, doveva seguire l'istinto? Improvvisamente, proprio mentre pensava a ciò che avrebbe dovuto fare le tornarono in mente le parole di Stiriaco inventerai una bugia? Da quanto menti? Da quanto tradisci l'Impero e ti porti dietro questo fardello? Se torni ti condanni a morte, lo sai meglio di me. Non hai niente da offrire a mio padre come la volta scorsa. Ucciderà te e il tuo drago. Era rimasta colpita da quelle parole, e anche offesa, ma ora le ricaddero pesantemente addosso come un grosso macigno, schiacciandola sotto la loro orribile verità Ucciderà te e il tuo drago aveva detto Stiriaco. Non poteva permettere che ciò accadesse. Fissò Janaly nei suoi grandi e languidi occhi viola non possiamo tornare le disse lo so rispose la dragonessa, quindi lasciò che le rimontasse in groppa e, in meno di un secondo, erano di nuovo in cielo, sopra le nuvole. Mentre volavano verso Nord e le Terre di Nessuno Janaly disse al suo Cavaliere che sotto di loro c'era un esercito che non aveva mai visto, lei non ci aveva fatto caso, era ancora sovrappensiero. bandiere rosse. Armature scintillanti la informò la dragonessa; Kimberly ebbe un tuffo al cuore: le Fenici Rosse. I suoi uomini le avevano detto la verità il giorno in cui si erano riuniti Sembra che abbia trovato un nuovo esercito. Ci ha rimpiazzato le aveva detto Senex . Ordinò alla dragonessa di volare più veloce ed essa obbedì senza fare troppe domande. La notte si fermarono a riposare in un bosco e Kimberly intercettò un gruppo di uomini riuniti attorno ad un falò, proprio mentre andava a cercare dei rami da poter far bruciare. Li sentì borbottare a proposito di una battaglia che era avvenuta nella regione Est dell'Impero. Sembrava che una grande luce abbagliante avesse scaraventato uomini e cose da tutte le parti, ma poi lo scontro aveva ripreso il suo corso. Sentì nominare Isabel. Allora ce l'ha fatta a riunirsi ai Ribelli. Bene. Pensò, poi qualcosa le disse che doveva dirigersi a Est, verso la battaglia. Le Fenici Rosse erano terribilmente vicine e sicuramente stavano andando in soccorso dell'Esercito Imperiale. Doveva arrivare là prima di loro e dire ai Ribelli di battere in ritirata finché c'era tempo, finché potevano salvarsi altrimenti le Fenici Rosse li avrebbero spazzati via. Per sempre.
Avvistò i Ribelli solo qualche giorno dopo. Analizzò la situazione dall'alto. Non stavano combattendo, solo prendendo tempo, ma sembrava che entrambi gli schieramenti fossero dimezzati, i Ribelli sembravano addirittura un quarto rispetto al solito. Come mai sono così pochi? Possibile che...? No, mancano due dei comandanti e tutto il loro battaglione, devono essere stati affidati ad un'altra zona... non possono essere già morti... si disse, quindi atterrò a un ora di marcia da lì e disse a Janaly di aspettarla e di non seguirla in volo. La dragonessa la guardò con disappunto, poi la salutò e la lasciò andare via, promettendogli che non si sarebbe mossa da li. Kimberly iniziò a marciare.
***
Stiriaco prese la pergamena e se la nascose nella casacca, poi corse verso la scuderia e fece sellare il cavallo più veloce che era rimasto: un bel esemplare nero e grigio che gli ricordava tantissimo Carbone. Partì al galoppo, lasciandosi alle spalle i Ribelli e i suoi due compagni di viaggio non appena fu tutto pronto. Cavalcò senza mai fermarsi, diretto a Est, nella speranza di trovare Isabel, che sapeva laggiù, e il resto dei Ribelli. Era certo che erano ancora tutti là, altrimenti, proprio come lui, sarebbero stati nelle Terre di Nessuno o perlomeno sarebbero stati in marcia diretti proprio verso di lui, che cavalcava nella loro direzione proprio in quei precisi istanti. In realtà non era per Isabel che stava andando in contro alla battaglia, ne per riunirsi all'esercito, non sapeva perché stava cavalcando così furiosamente verso Est, semplicemente decise di seguire il suo istinto.
***
Kimberly riuscì finalmente a distinguere le tende dei soldati e a vederne chiaramente alcuni che affilavano svogliati le spade, sui loro volti era scomparso ogni segno di entusiasmo, ogni traccia di speranza. Siamo morti dicevano i loro visi non c'è più speranza per noi; Kimberly si chiese come mai i Ribelli fossero rimasti a combattere fino alla morte certa, quando invece avrebbero potuto battere in ritirata, approfittando dello scompiglio che aveva colpito, a quanto ne sapeva, anche l'Esercito Imperiale. Rimase sconvolta e pensò che il comandante doveva essere un folle o un incompetente. Pensò ad Isabel, perché non si era fatta valere? Lei avrebbe potuto convincere chiunque. Lasciò perdere quei pensieri e si fece avanti.
Stiriaco riuscì finalmente a vedere il campo di battaglia e ciò che rimaneva dell'accampamento dei Ribelli. C'era qualcosa che non andava. Lo sentiva nell'aria, lo sentiva dentro di se. Una terribile certezza gli attanagliò le viscere. Kimberly pensò. Spinse il cavallo in una corsa folle e disperata, la più angosciante della sua vita.
Grazie ad un fazzolettino bianco, in segno di resa, pace e buona volontà tutte insieme, riuscì a farsi scortare dal comandante illesa. Luciano. Lo conosceva appena, ma lui conosceva molto bene lei. - Che ci fai qui?- le chiese bruscamente - dovete andarvene. Un altro esercito arriverà e vi schiaccerà. Dovete riunirvi agli altri nelle Terre di Nessuno e insieme... - rispose lei, ma Luciano la interruppe - insieme? Come sarebbe a dire insieme? - la schernì - i Cavalieri di Drago sono fedeli solo all'Impero e sono legati alla famiglia reale da un sigillo. Lo sanno anche i bambini. - - non questa volta. Isabel...- tentò di spiegare, ma quando pronunciò il suo nome il comandante dell'esercito si inalberò e divento spaventosamente furioso - non nominare il suo nome! Tu! Tu che la rapisti la prima volta! E gli hai dato la caccia anche dopo... quando è tornata da noi sosteneva che eri dalla nostra parte! Davvero una mossa astuta, ben studiata. Prima conquisti la fiducia di Isabel, poi la nostra, ti infiltri nell'esercito con i tuoi Cavalieri e ci annienti dall'interno! Lo hai concepito tu il piano o Alart? O l'Imperatore stesso? Non importa, non ha funzionato!- -stai commettendo un grave errore!- esclamò Kimberly - perché non vuoi credermi! Dammi la possibilità di dimostrarti che sto dicendo la verità! - - la verità?- domandò Luciano - la verità, certo. Che ne dici di un duello? Se sopravvivi abbastanza a lungo ci darai la dimostrazione che non menti. Quando il sole sparirà dietro quella montagna il duello potrà dirsi concluso.- propose, si sentiva dal tono arrogante con cui aveva formulato l'assurda proposta che era maledettamente sicuro di se, sapeva infatti che era stanca e che non avrebbe retto fino al tramonto del sole. Lui era riposato, lei no. Luciano voleva ucciderla, glielo leggeva negli occhi. Avrebbe resistito. Ce l'avrebbe fatta. Alla fine sfoderarono entrambi le spade e incominciarono a combattere.
Più si avvicinava ai Ribelli, più sentiva quell'orribile suono, quel suono che conosceva fin troppo bene, ferro che sbatteva contro altro ferro. Un duello in corso. Il cuore cominciò a battergli incredibilmente forte.
Lui era forte, ma non il più forte con cui si fosse mai battuta, se la stava cavando abbastanza bene pensò, poi lo vide...
Era li, così vicina, nessuno era riuscito a fermare la sua cavalcata disperata, nessuno, perché tutti erano intenti a seguire quel maledetto duello. Kimberly pensò che ci fai qui?qualcuno lo aveva notato, come non accorgersi di un cavallo che attraversa al galoppo il tuo accampamento? Ma nessuno lo fermò, lo guardavano semplicemente come di solito si guarda un fantasma. Kimberly, perché? Si disse, e una stretta gelida lo strinse togliendogli il respiro al pensiero di quello che stava per succedere
Lo guardò dritto negli occhi, in quel mare verde smeraldo, sorrise e poi sentì Luciano affondargli la spada nel ventre. Per un attimo rimase senza respiro, apri la bocca senza riuscire a dire nulla, poi sentì solo un dolore agghiacciante e l'odore del sangue le riempì le narici mentre con un tonfo sordo cadeva sulle ginocchia e poi faccia a terra. Mi dispiace... pensò, poi sentì la vita scorrere via da lei...
-No!- gridò saltando giù dal cavallo, tutti lo guardarono inorriditi e si fecero da parte mormorando frasi che lui non sentì - No!- gridò ancora mentre si avvicinava a Kimberly e la girava a pancia in su, tenendogli le spalle e il viso fra le mani. Luciano lo guardò con occhi sgranati e si allontanò di un passo. Ora c'erano solo lui e lei. Stiriaco era inginocchiato e la guardava mentre piangendo le accarezzava il viso. - Mi... dispiace - riuscì a dire Kimberly tra le lacrime - non parlare, non parlare... andrà tutto bene, tutto bene...- disse - stò morendo Stiriaco... ho paura... - - no, no... io sono qui con te, non ti lascerò andare - e le diede un bacio su quelle labbra sempre più bianche, mentre la vita le scorreva via di dosso velocissima - ti amo- gli disse lei prima di chiudere gli occhi per sempre - Kimberly? Kimberly! Non lasciarmi, non lasciarmi! Non adesso, non ora! Sono tornato... come ti avevo promesso... Kimberly... ti avevo detto di stare attenta... - la guardò ancora per un po', poi si alzò lentamente e una volta in piedi con uno scatto felino si voltò verso l'assassino della persona a cui teneva di più al mondo; Luciano indietreggiò, lasciando cadere la sua spada, provò ad aprir bocca ma Stiriaco lo stava già minacciando con la spada - Tu!- disse - proprio tu mi fai questo? Avevo fede in te, proprio come un padre ripone fiducia in un figlio - pronunciò quell'ultima parola con disprezzo, ricordandosi di ciò che gli aveva detto la Diafana "tuo figlio raccoglierà la tua eredità seguendo il tuo stesso destino e sarà la causa della morte dell'anima a cui più tieni al mondo..." lo aveva messo in guardia, ma lui non aveva capito. Guardò il giovane guerriero che aveva preso il suo posto di comandante, che aveva guidato i Suoi uomini al posto suo, guardò colui che lui stesso aveva contribuito a forgiare, si potrebbe quasi dire un figlio; figlio della guerra che lui aveva contribuito a creare, figlio dei più alti comandanti dei Ribelli che lo avevano accolto tra loro, trasformandolo però in un pessimo capo: troppo giovane, troppo desideroso di sangue. Lo fissò intensamente ancora per un po', poi si rivolse alla folla - Voi tutti mi siete testimoni! Io sono vivo, e come tale riprendo il comando! Con effetto immediato!- tutti lo fissarono tra stupore, terrore e gioia, poi annuirono e vedendo che nessuno osava aprir bocca o muoversi Stiriaco ordinò loro di andare a riposare perché la mattina seguente avrebbero dovuto combattere. Ad un tratto Luciano fece un passo verso di lui - Stiriaco, io... io non avevo idea... - balbettò - zitto! Non aprire bocca, non dire neanche una parola! - lo mise in guardia, furibondo, gli occhi iniettati di sangue - non fiatare. Isabel sapeva tutto, perché non vi ha informati?- chiese con tono aggressivo - non le hanno creduto. Il Consiglio non le ha dato credito. - rispose il giovane con voce tremante. Stiriaco si arrabbiò ancora di più, tanto che con un grido animalesco piantò la spada, che ancora teneva stretta nella mano destra, nel terreno a pochi passi da Luciano. Era sconvolto. Ordinò che nessuno toccasse la sua spada fino al suo ritorno, quindi si avvicinò al corpo senza vita di Kimberly, la prese in braccio e si allontanò, in cerca di un posto dove darle una degna sepoltura. Alla fine si fermò ai piedi di un gigantesco abete. Con non poche fatiche scavò una fossa abbastanza profonda da poterci far scivolare dentro il corpo snello di Kimberly, quindi la ricoprì e piangendo sussurrò le preghiere e i riti necessari. - Non doveva finire così- disse, poi dopo un attimo di silenzio aggiunse - ma domani compirò il mio destino e staremo di nuovo insieme. -
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