Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 28

Marianne uscì dalla camera spettinata e in pigiama, diretta in cucina per bere un bicchiere d'acqua. Mentre passò accanto al divano su cui stava riposando Massimo, con un braccio che gli copriva gli occhi, cercò di fare più piano possibile per evitare di svegliarlo. In realtà non sapeva che lui non aveva chiuso occhio per tutta la notte e ora stava cercando di alleviare il mal di testa che gli era venuto. Alzò di poco il braccio, giusto quel tanto per permettergli di vedere chi fosse e, appena si accorse della cugina, sospirò ricoprendosi gli occhi.

«Che ore sono?» chiese biascicando leggermente, distrutto da quelle nottate insonni. Solo il giorno prima era riuscito a dormire, ma per qualche minuto, poiché svegliato dai suoi zii. In realtà non sapeva il motivo per cui si era nascosto in un posto in cui poteva essere scovato facilmente. Forse, in cuor suo, sperava che i suoi genitori lo ritrovassero; forse, non voleva veramente andarsene... Dopotutto quella era la sua vita, la sua famiglia: come poteva veramente abbandonare tutto così?

La ragazza sobbalzò a sentire quelle parole, non aspettandosele minimamente.

«Oddio, Max! Pensavo stessi dormendo» esclamò sentendo il cuore batterle forte nel petto per lo spavento.

Lui non rispose, passandosi le mani sul viso sperando di togliere almeno un minimo di stanchezza.

«Sono le sei e mezza» rispose Marianne, dopo che si fu ripresa, allontanandosi per alleviare la sua sete.

Massimo si mise seduto sbuffando. Tra qualche ora avrebbe rivisto i suoi genitori. Non sapeva come avrebbero reagito rivedendolo dopo la sua fuga e aveva paura di un'altra litigata con suo padre.

Si alzò con troppo slancio e per qualche secondo tutto attorno a sé girò vorticosamente, facendogli aumentare il mal di testa. Ebbe anche un principio di rigurgito, ma che trattenne per evitare di dare altri problemi ai suoi zii: erano già stati molto generosi a permettergli di passare la notte da loro.

Si diresse anche lui in cucina, trovando la cugina in piedi davanti al lavello, con un bicchiere colmo di acqua fresca in mano.
Forse bere qualcosa potrebbe aiutarmi ad alleviare i malesseri, pensò raggiungendo Marianne.

«Hai una faccia che fa veramente schifo» gli fece notare la ragazza, dopo averlo osservato bene.

«Sempre molto gentile, vedo» controbatté lui facendo una smorfia, nonostante sapesse che diceva il vero. Di certo, le occhiaie che si erano accumulate durante quei giorni si facevano vedere prepotenti e sapeva che il dolore martellante sulle tempie contribuiva a dargli l'aspetto di uno zombie.

«Stai bene?» domandò la cugina, appoggiando il bicchiere sul piano di lavoro in marmo.

«Secondo te?» fece di rimando lui, appoggiandosi con le mani al lavabo, sapendo di risultare acido con quel comportamento.
Quando stava male, però, faticava a trovare parole gentili da rivolgere agli altri.

«Posso un bicchiere? Ho bisogno anch'io di bere» richiese subito dopo, sentendo la gola di un'improvvisa secchezza. Marianne aprì uno dei tanti ripiani e consegnò al cugino ciò che aveva richiesto. Lo riempì fino all'orlo di acqua fresca e se lo scolò tutto d'un fiato come se non bevesse da anni.

«Adesso mi vuoi dire cos'hai?» domandò la giovane, quando Massimo posizionò il bicchiere vicino al suo.

«Nulla di cui preoccuparsi, veramente» cercò di tranquillizzarla, per poi staccarsi dal lavello, con l'intenzione di dirigersi in soggiorno.
Lei però lo bloccò prima che potesse sorpassarla.
«Non è vero.»
Puntò tutta la sua attenzione su di lui, facendo capire che non lo avrebbe lasciato andare finché non le avesse detto la verità.

Il ragazzo scosse piano la testa, cercando di ignorare il dolore martellante alle tempie, e abbassò lo sguardo per non dover più incrociare quegli occhi indagatori.

«Ho paura di rivedere i miei» rivelò infine, dopo attimi di lungo silenzio. «Non ho idea di come l'abbia presa mio padre e non ho voglia di dare ancora spettacolo di fronte a voi.»

Marianne corrugò la fronte preoccupata. Non l'aveva mai visto così fragile.
In quell'ultimo anno aveva sempre e solo mostrato positività, dandole la forza che serviva per andare avanti. Era stato solamente grazie al suo aiuto se aveva superato i momenti più bui.
Ora toccava a lei aiutarlo e fargli sentire la sua presenza.

Senza aspettare che fosse lui a chiederlo, lo strinse forte a sé. Per pochi secondi Massimo rimase immobile, sorpreso dal gesto, ma poi ricambiò l'abbraccio accorgendosi di quanto gli stava facendo bene quel contatto.

«Quando tua madre mi ha chiamata per dirmi che eri sparito, ho percepito tutta la sua preoccupazione nel poterti perdere.»
La giovane allentò la presa, staccandosi quel poco che bastava per poter incrociare i suoi occhi velati dall'insicurezza. «I tuoi genitori ti vogliono un mondo di bene. Darebbero la vita per te; sei tu che non riesci a vederlo. Sono sicura che andrà tutto bene» concluse con un sorriso d'incoraggiamento, che fu ricambiato con un leggero cenno poco convinto.

***

«Dai, tranquillo. Non sono arrabbiati con te, puoi starne certo.»
Karmen batté dolcemente una mano sulla spalla di Massimo. Seduto su una delle sedie della cucina degli zii, stava attendendo l'arrivo dei suoi genitori. Erano le nove e un quarto e ancora non c'era traccia dei due adulti nonostante, in base alla comunicazione data a Stefano, il loro arrivo era stato previsto per un quarto d'ora prima.

I suoi parenti cercavano di tranquillizzarlo in qualsiasi modo, ma la verità era che non voleva vederli. Era stato meglio quella mezza giornata passata dagli zii che tutti i giorni di quegli ultimi due mesi, in cui la situazione era drasticamente peggiorata, trasformando casa sua in una specie di prigione.
Forse la perdita della nipote aveva fatto rivivere ai genitori il dolore che avevano cercato di sopprimere in qualsiasi modo. Questo poteva spiegare i continui litigi con suo padre quando cercava di vivere come un normale ventenne, andando a qualche festa e ubriacandosi con gli amici.

Sospirò in modo da contenere l'ansia, ma il suo cuore iniziò a battere forte quando il campanello della casa degli zii suonò. Incastrò subito lo sguardo spaurito in quello di Marianne, trovando il conforto che cercava nel sorriso della cugina.

Scattò in piedi come una molla appena Stefano aprì la porta, mettendogli davanti il viso pallido e provato della madre. Questa, nel momento in cui lo vide, gli andò incontro con l'unico obiettivo di stringerlo a sé. Lo tenne tra le sue braccia per un tempo che a Massimo sembrò infinito, coccolandolo e piangendo sulla sua maglia, senza accorgersi delle persone attorno a loro.

Lui provò a placare i sussulti della donna evitando di proposito le occhiate deluse che gli stava lanciando suo padre, posizionato poco dietro la moglie. Solo quando questa si fu calmata e sciolse l'abbraccio, fu costretto a incrociare quegli occhi così simili ai suoi.

L'uomo si avvicinò piano, prendendo il posto di Claudia. Alzò una mano e Massimo, credendo che volesse dargli uno schiaffo per punirlo del suo comportamento, abbassò automaticamente il viso. La sorpresa, però, si dipinse sul suo volto quando Luigi gli prese una spalla, avvicinandolo per stringerlo a sé. Il suo stupore fu talmente grande che, per i primi attimi, non ricambiò la stretta, ma poi circondò il busto del padre sentendo finalmente quell'amore che gli era stato negato per troppo tempo.

«Perdonami» sentì sussurrare al suo orecchio, con la voce rotta dal pianto che l'uomo stava cercando di trattenere. «Quando è morto Marco ho creduto che la mia vita fosse ormai finita, non accorgendomi che avevo accanto a me ancora un altro figlio da amare.»
Il padre singhiozzò e Massimo fu colpito da quelle scuse.

«Papà...» si allontanò di poco, per poter scorgere lo sguardo del genitore.

«Per anni ti ho addossato colpe che non avevi. Ho girato la testa dall'altra parte di fronte alle tue richieste di aiuto. Ho contribuito alla tua lenta autodistruzione.»
I pollici rugosi dell'uomo sfiorarono le guance umide del figlio; gli occhi mostravano quanto dispiacere c'erano in quelle parole.

«Perdonami» ripeté senza togliere le mani dal viso di Massimo.
«Sei diventato un uomo... Sei riuscito ad andare lontano anche senza il mio sostegno. Non ci sono stato per te nel momento del bisogno, eppure...», si asciugò le lacrime con la manica del giaccone, «sono orgoglioso di te, figliolo» concluse sorridendo.

Il ragazzo credette di aver sentito male.
Quelle parole... Era da anni che le stava aspettando. Aveva fatto di tutto per rendere fiero suo padre, ma niente sembrava mai abbastanza: né i dieci che aveva collezionato nel corso degli anni, né la scelta delle superiori che più si avvicinava al suo lavoro. Nulla riuscivano a smuoverlo dal dirgli, almeno, «bravo!» accompagnato da un abbraccio.
Aveva sempre e solo visto gli errori; mai i successi che era riuscito a collezionare. Per un'ubriacatura e una serata frizzante con gli amici era arrivato addirittura a dargli dell'innaffidabile, togliendogli la possibilità di dirigere l'azienda in futuro.

E ora, gli era bastato non dare sue notizie per un giorno per ricevere ciò che aveva sempre voluto. Non gli sembrava neanche vero.

«Davvero?» chiese, forse apparendo supplicante, ma aveva bisogno di sentirselo ripetere un'altra volta.

«Sì, Massimo. Sono orgoglioso di te. Lo sono sempre stato, ma non sono mai riuscito a dirtelo.»

Le labbra del giovane si tirarono all'insù, in un sorriso che mostrava tutta la sua felicità, contagiando anche l'uomo.

«Ma non fare più una cosa del genere!» lo sgridò quest'ultimo ritornando serio. «Non sai quanto hai fatto preoccupare me e tua madre».

«Stai tranquillo. Non ne avevo intenzione» rispose il figlio.

Non ce né bisogno, pensò subito dopo, sicuro che d'ora in poi le cose sarebbero potute solo migliorare.

Un bel lieto fine, non c'è che dire. Per fortuna, tutto si è sistemato per il meglio. Padre e figlio hanno finalmente deposto le armi e firmato il trattato di pace.
Credete durerà?

---
Prossimo capitolo sabato 14/09 😘.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro