Emile Durkheim
Emile Durkheim è uno tra i pensatori più autorevoli della sociologia, uno studioso eminentemente preoccupato di conferire dignità scientifica e accademica alla sociologia, concepita come una disciplina autonoma avente lo scopo di studiare, con metodo rigorosamente obiettivo le organizzazioni sociali. Tale concezione durkheimiana della sociologia, implicava un'immediata attenzione per i meccanismi di coesione di queste stesse organizzazioni, una più ampia prospettiva che esaminasse la relazione tra individuo e società. Lo studioso, infatti, pone al centro dei suoi studi l'entità di coesione e d'integrazione sociale; i suoi interessi riguardano le basi di un ordine sociale, che scaturisce, per mezzo di valori condivisi da una collettività (come quelli etici e religiosi); la loro mancanza è dunque destinata a produrre perdita di stabilità o anomia (dal greco antico anomia, cioè "mancanza di norme") e a provocare nei singoli individui sentimenti d'angoscia e d'insoddisfazione. L'idea di Durkheim è che l'individuo sia forgiato in tutte le manifestazioni della sua vita dai modelli sociali.
Aveva una visione prettamente pessimistica riguardo alla singola persona. Secondo i suoi studi, l'essere umano agiva in modo Funzionalista, ovvero che ogni azione compiuta come singolo individuo sia risoluzione per un nostro bisogno da soddisfare.
Nell'opera intitolata Il Suicidio (1897), uno studio sociologico, sottolineò come la mancanza d'integrazione degli individui nella società fosse una delle cause fondamentali del suicidio, che a sua volta, da mero fatto individuale, diviene vero e proprio fatto sociale. Si chiarifica qui l'idea di Durkheim di studiare il fenomeno suicidogeno sotto un diverso aspetto, che non riguardi, unicamente l'atto inteso individualmente ma, e soprattutto, le correnti suicidogene dalle loro origini sociali fino alle loro manifestazioni individuali.
Oggetto della ricerca durkheimiana è il tasso di suicidi, che si riscontra in una data società; egli, cioè, sofferma la sua attenzione su dei dati statistici, per diversi paesi e per diversi periodi, che esprimono la specifica tendenza al suicidio.
Inizialmente Durkheim, ancor prima di dispiegare la sua teoria, traccia le linee di presupposti concorrenti riguardanti alcuni studiosi, secondo i quali il suicidio sia un fenomeno influenzato dalle condizioni organico-psichiche dell'individuo e della natura dell'ambiente fisico. Ipotesi, queste, che non possono essere scartate a priori senza prima una discussione, la quale approderà, comunque, ad una conclusione contraria, secondo cui niente di quanto affermato da tali studiosi si può per Durkheim generalizzare, in quanto vero è che l'individuo affetto da disturbi psichici sia meno preservato dal suicidio ma non per questo gli stati psicopatici siano da ritenersi necessariamente determinanti per questo atto estremo. Discorso analogo è stato seguito da Durkheim per le situazioni climatiche, stagionali, anche se in questo caso riconosce una possibile verità definita dalla frequenza suicidogena in determinati periodi dell'anno (l'estate) e del giorno in cui i rapporti di vita sociale sono più intrecciati, il momento cioè, in cui l'uomo è particolarmente vicino alla realtà sociale.
Scartate, così, queste ipotesi, Durkheim ritorna in seno alla sua teoria, secondo la quale il suicidio sia un fenomeno connesso a situazioni extra soggettive che riguardano la società, i suoi ambienti e i suoi gruppi, dove l'uomo si riscontra quotidianamente.
Fatta questa introduzione, Durkheim individua tre categorie di suicidio:
-Suicidio Egiostico
-Suicidio Altruistico
-Suicidio Anomico
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