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Capitolo Sei

 Il giorno successivo, mi alzai presto perché la sera prima ero andato a dormire verso le sette senza nemmeno cenare, così mi diressi subito in cucina e mi preparai una colazione molto sostanziosa, per poi vestirmi e uscire di casa. Mio padre non era lì, probabilmente aveva rincasato tardi ed era uscito presto, come al solito. Da quando c'eravamo trasferiti lavorava il doppio, probabilmente perché essendosi trasferito in un ambiente nuovo dove nessuno lo conosceva, doveva dare il massimo per dimostrare di essere bravo nel suo mestiere. Faceva tutto il contrario di quello che stavo facendo io a scuola, ed era per questo che mi sentivo un fallito.

Appena arrivato a scuola mi sedetti sulla mia solita panchina ma di Tudor non c'era nemmeno l'ombra. Quando suonò la campanella entrai titubante, ma non per ultimo, entrai insieme a dei primini in modo da passar inosservato agli occhi di Sascha. Giuseppe e Salvatore in quel momento erano il mio ultimo problema, perché la notte mi aveva ispirato e mi aveva aiutato a trovare la soluzione migliore al fine di cambiare la situazione che si era creata.

Quella mattina avevamo educazione fisica le prime due ore, e nello spogliatoio, vidi Giuseppe che si cambiava da solo. Nella stanza eravamo solo io e lui, Giuseppe non era cattivo, si limitava solamente a seguire il gruppo e ad eseguire gli ordini di Salvatore, che era lui il vero motore. Non era venuto Salvatore quel giorno, e questo mi fece venire un lampo di genio.

Mi sedetti vicino a lui, che, accorgendosi della mia presenza, si irrigidì.

- Ciao Giuse...come mai Sal non c'è oggi? - Giuseppe, a disagio, si morse il labbro. Non osava nemmeno alzare lo sguardo per guardarmi.

- è una cosa che n-non ti riguarda...ora lasciami stare se non vuoi essere preso a pugni... - io feci una finta risata, che lo irritò parecchio.

- Non ne saresti in grado, tu non ce l'hai con me, mi picchi solo davanti agli altri perché vuoi essere accettato... - Giuseppe si conficcò le unghie nelle ginocchia, come per trattenere la rabbia. Il mio piano poteva non funzionare e le potevo prendere veramente, ma tanto, che cosa avevo da perdere? Tentai quindi un altro approccio. Mi feci serio, e dopo aver riflettuto pochi istanti, ruppi di nuovo il gelido silenzio che regnava in quella stanza.

- so tutto di te e Salvatore...mi ha informato Tudor a proposito del vostro passato. - a quelle parole, Giuseppe sbiancò.

- Non devi temere nulla...anche io nutro dei sentimenti per una persona del mio stesso sesso... - Giuseppe alzò finalmente lo sguardo posandolo sul mio volto.

- Davvero? E chi sarebbe? - chiese lui, meravigliato, ma io scossi la testa.

- Non te lo posso dire...ma devi capire che non c'è alcun bisogno di sfogarsi con persone deboli quando queste ultime possono avere i tuoi stessi identici problemi...non è necessario che tu segua gli ordini di Salvatore, così non dimostri di avere carattere. Devi fargli capire che non è così che ci si comporta, non è così che si dimostra la propria esistenza o appartenenza in un gruppo. Se lui tiene a te ti ascolterà, fidati. Devi solamente provarci - Al termine del mio discorso, Giuseppe fece una smorfia.

- Hai ragione...sai, mi dispiace di averti picchiato, non era mia intenzione. Ma io sono una persona abbastanza debole, e ora che sono riuscito a farmi notare e ad avere tanti amici ritengo che fare il bullo sia l'essenziale per mantenere il mio profilo alto. E no, non credo che se gli dicessi questo Salvatore mi ascolterebbe... - sospirai.

- Tu provaci, che ti costa? E riguardo alla tua immagine, no, non credo che gli altri ti accetteranno solamente perché picchi i tuoi compagni. Sei una brava persona, con molte qualità positive, l'unica cosa che devi fare è metterle in mostra! E ricorda: chi ti accetta solo perché sei un bullo non è tuo amico. Tu e Salvatore avete la fortuna di avere un amico fantastico, Tudor. È l'amico che tutti desiderano, trattatelo come un fratello e ascoltatelo. Un vero amico è una grande risorsa. - a quelle parole, il volto tormentato di Giuseppe si trasformò nel più luminoso dei sorrisi. Si avvicinò a me e mi abbracciò, e io mi strinsi di più a lui. Avevo bisogno di quell'abbraccio, o meglio, ne avevamo bisogno entrambi.

Quella mattina passò in maniera tranquilla, avevo visto Tudor a ricreazione e lo informai di quello che era successo con Giuseppe, facendolo contento. Fu il suono dell'ultima campanella che mi riportò alla dura realtà. Zaino in spalla, giacca in mano, così stavo uscendo dalla scuola, o meglio, così era mia intenzione uscirne.

Il signor preside si piazzò davanti a me, sbarrandomi la strada. Vidi dal suo ghigno che le sue intenzioni non erano molto rassicuranti. Indietreggiai, impaurito, ma lui mi raggiunse e mi agguantò per un braccio, sbattendomi con violenza contro la Presidenza. Si chiuse la porta alle spalle e avanzò pericolosamente verso di me.

- ieri ti avevo detto di venire qui alle sei... - mormorò, mentre si slacciava la cintura.

- ...ma non sei venuto, e lo sai questo che cosa significa? - io continuavo a indietreggiare, ma mi fermai di botto, scontrandomi con il calorifero. Non avevo scampo. Stavo sudando freddo, e il mio cuore batteva a mille, come se volesse esplodere.

- ...significa che ora sei in guai seri, piccolo – concluse, raggiungendomi. Mi accarezzò la guancia e iniziò a baciarmi il collo, mentre io stringevo con forza il calorifero, fino a quando le mie nocche non sbiancarono.

- stai calmo, ora devi solamente rilassarti... - mormorò lui, così io chiusi gli occhi attendendo il momento in cui tutto sarebbe finito. Iniziò a spogliarmi, a togliermi la felpa, la maglietta, e ogni volta che toccava il mio corpo con le sue mani fredde mi provocava un brivido. Mi baciò, mordicchiandomi il labbro inferiore per farmi socchiudere le labbra e infilare così la lingua.

Eee niente ho tagliato la parte in cui fanno cose.

In quel momento, mi accorsi di provare un sacco di emozioni nuove che mai avevo sentito. Mi ero innamorato di lui, senza neanche farlo apposta, senza neanche volerlo. L'amore era così, un grande sentimento per una persona che trascinava via tutto l'odio provato per lei e non solo. Tutto sembrava bello e facile una volta che si trovava una persona da amare, e non era necessariamente la più bella, la più simpatica, la più giusta. Era una persona a caso, conosciuta a caso in un giorno a caso. Era quella, la grande magia dell'amore.  

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