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Capitolo Dieci



 - Sascha...ma il nostro rapporto non è solo sesso, vero? - a quella domanda, Sascha si tirò su a sedere e si irrigidì.

- sai Stefano... - indeciso su come rispondere, o su cosa, prese una sigaretta e un accendino dal comodino e iniziò a fumare. Non sapevo che fumasse, non lo avevo mai visto farlo. Io iniziai a respirare a fatica perché non sopportavo il fumo, ma continuavo a fissarlo senza cambiare espressione, anzi, forse sempre più impaziente.

- ma perché le relazioni devono essere sempre fatte di frasi smielate e di romanticismo? A me piaci solo a livello fisico, non provo nient'altro per te, e non stare a montarti la testa, se ti ho invitato a casa mia era perché a scuola non riusciamo mai a fare quello che vogliamo e siamo sempre disturbati, tutto qui. Mi piacevi perché mi sembravi uno che di tutte queste smancerie e ne sbatteva il cazzo, ma ora con questa frase rimarrai solo uno dei tanti ragazzi della tua età che mi faccio quando ne ho voglia. - a quelle parole, trasalii, rimanendo a fissarlo senza parole. Che cosa dovevo fare? In quel momento ero solamente un blocco di ghiaccio. Il mio cervello si era come azzerato, per alcuni istanti non riuscivo a reagire e nemmeno a provare qualcosa. Poi, quando riuscii a realizzare ciò che aveva detto, i miei sentimenti mi investirono di colpo, generando solamente confusione, che si tradusse in lacrime. Due strisce trasparenti mi rigarono il volto, scendendo dagli occhi alle guance, dal mento al collo, fino a cessare il loro percorso per poi tramutarsi in altre lacrime, e poi in altre ancora.

Quando Sascha si accorse che stavo piangendo, non rimase colpito e non si sentì minimamente in colpa.

- ah, ora piangi pure? Bene, fai pure la vittima, io vado a farmi una doccia. Se vuoi ancora provare a fare la persona matura puoi stare, in caso contrario, se vuoi vivere per sempre nel mondo dei sogni allora sai dov'è la porta. - dopo quelle parole, Sascha si alzò ancora completamente nudo e si diresse in bagno, per poi scomparire chiudendo la porta a chiave. Rimasi lì ancora qualche istante, lo sentivo cantare da sotto la doccia. Come poteva essere così insensibile? E come poteva aver detto quelle parole? Ma dopotutto, ero io che me l'ero cercata. Quella era una domanda troppo profonda per essere capita da una persona come il signor preside. Lui non era certo una persona da "frasi smielate e romanticismo", era troppo superficiale, di quelle persone che si fermano solo all'apparenza, che si accontentano delle cose più futili. Io invece no, analizzavo tutto per filo e per segno, scavando alla ricerca delle più variegate sfumature. Eravamo troppo diversi per stare insieme, e spesso persone troppo distanti non riescono a capirsi, si scontrano ma non per causa loro, vanno semplicemente su due direzioni ostinate e contrarie.

Ad un tratto scesi dal letto, mi rivestii velocemente e uscii. Non volevo che Sascha mi rivedesse dopo quell'episodio.

Durante tutta quella settimana io e Sascha portavamo avanti una relazione di solo sesso, così come piaceva a lui, tanto quella relazione era nata per lui e per soddisfare il suo istinto, non per me. Io non c'entravo nulla con tutta quella storia, ed era giusto non avere alcuna voce in capitolo. Ero io lo scemo che mi ero addirittura innamorato di uno stronzo del genere. Non riuscivo nemmeno a capire come avevo fatto. Probabilmente ero solo un povero e stupido masochista. Aspettavo solo l'arrivo di sabato, che arrivò senza che me ne accorgessi, avevo voglia di distrarmi da tutto, e sapevo già qual era il modo giusto per farlo.  

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