Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 4: L.D.

Una vibrazione costante mi disturba. Seccata, apro gli occhi e mi accorgo di essere nel mio letto, nella mia stanza.

Sobbalzo e rabbrividisco allo stesso tempo: ho il pigiama; i vestiti che indossavo ieri sono piegati sulla scrivania e tutto sembra normale, ma non lo è.

Che cosa è successo stanotte?

Daniel. Cimitero Monumentale. Sono rimasta chiusa dentro. Daniel mi ha incastrata. Night club sotto la tomba di Manzoni. Chiara Sole. Daniel vampiro. Adriel vampiro. Chiara morta?

Era solo un sogno? Questa notte me lo sono immaginato?

Prendo il telefono e faccio illuminare lo schermo. Dieci notifiche di Facebook. Due di Instagram. Due di Whatsapp.

Avvio Whatsapp e guardo i messaggi: uno da parte del gruppo della classe e l'altro da parte di Adriel.

Adriel: Dobbiamo parlare. Ci vediamo alle 12 da Starbucks in Garibaldi?

Lo ignoro e inizio a cercare su Internet qualche indizio che mi dica qualcosa: me lo sono solo immaginato?

Digito alcune parole chiave sulla barra di ricerca di Safari: Cimitero Monumentale. Vampiri. Akira. Il primo risultato parla solo della grande importanza del Cimitero Monumentale nel mondo, il secondo di tutte le leggende nate sui vampiri a partire dal libro di Bram Stoker e il terzo... degli Akira.

Che cosa sono questi Akira? Chiara era una di loro?

Adriel e Daniel hanno detto che gli Akira sono creature che vivono in mezzo agli esseri umani e che si nutrono delle loro anime. Ma che forma hanno? Hanno l'aspetto di qualsiasi essere umano? O forse cambiano aspetto come i vampiri?

Scuoto la testa esasperata. Spegno il telefono e scendo dal letto.

Devo riflettere. Non può essere vero. Era solo un sogno. Sì, solo un sogno.

Apro la porta della mia stanza e ascolto il silenzio del sabato mattina, in casa mia. Vado in camera di mia madre e la osservo: sta dormendo, abbracciando una bottiglia di Jack Daniel's vuota.

Sbuffo e sorrido. Almeno si ubriaca a casa e non si fa male in qualche bar di Milano.

Vado in cucina, butto un occhio all'orologio, che segna le undici, e prendo un sacchetto di plastica, come ogni sabato.

Il sesto giorno della settimana è dedicato alla pulizia dell'appartamento: raccolgo tutte le bottiglie di vetro e le lattine vuote dal salotto, pulisco il divano con un aspirapolvere, lavo i piatti nel lavello della cucina e, dopo aver mangiato qualcosa, faccio i compiti in salotto con la televisione a schermo piatto accesa.

Comincia il secondo episodio dei Simpson quando, all'improvviso, qualcuno bussa alla porta. Mi alzo, contrariata per lo sforzo, e vado ad aprire, senza guardare dallo spioncino.

«Ciao» mi saluta Adriel.

Alzo gli occhi al cielo. «Che cosa ci fai qui?»

Lei sorride ed entra in casa senza il mio permesso. «Cosa vuoi?» le chiedo tenendo la porta aperta.

«Avevamo un appuntamento, mi pare, e visto che non sei venuta, eccomi qui» risponde entusiasta.

«Nessuno ti ha invitata» borbotto indicandole l'uscita.

«Appunto. L'ho fatto da sola» dichiara felice.

Sbuffo e chiudo la porta. Non posso cacciarla, così scelgo di ignorarla. Mi siedo e ricomincio a studiare l'epigenetica.

«Sul serio mi ignori?» domanda stupita.

Non rispondo e torno ai miei appunti.

«Ah. Non ci credo. Ti stai comportando da bambina» sbuffa. «Va bene. Allora, se non parli devi per forza ascoltarmi» prosegue sedendosi davanti a me, mentre fingo di essere da sola, continuando a scrivere.

«Il mio nome è Adriel Bianchi, sono un vampiro e ho ottant'anni. Faccio parte della squadra Scutom, la squadra dello scudo, e...» spiega.

«E cosa? Adriel, non so cosa e come sentirmi in questo momento. Non sto capendo nulla e ora vieni a dirmi nomi come 'squadra Scutom'» blatero arrabbiata.

«Posso spiegarti» sussurra.

«Che cosa puoi spiegarmi? A me sembra di sognare e, visto che sei qui, lo sto ancora facendo» mormoro seccata.

«Non stai sognando» ribatte Adriel.

«Ah, davvero?»

«Sì. È tutto vero» afferma dandomi un pizzicotto a velocità supersonica.

«Ahia!» esclamo.

«Visto?» chiede. «La squadra Scutom è un organismo che esiste in ogni clan.»

«Cioè?»

«Io non sono autorizzata a dirtelo...» sospira abbassando lo sguardo.

«Bene. Non puoi dirmi nulla, evidentemente. Se è così, vattene. Ho appena pulito casa» dico aspramente. «Siete venuti al Carlo Tenca solo per Chiara?»

«Sì» risponde.

«Eravate a conoscenza della vera forma di Chiara?» domando.

«No.»

«Perché?» insisto.

«Perché, come ti abbiamo spiegato stanotte, è difficile rintracciarli» spiega Adriel.

«Tutti i vampiri sono cacciatori?» chiedo.

«No.»

«E chi, allora?» insisto.

«Non posso spiegartelo» ribatte.

«Perché no?»

«Perché no!» mi zittisce Adriel alzandosi velocemente.

«Vattene» dico a denti stretti.

«Demi...»

«Vattene!» ripeto.

Lei sospira, con la testa china, e va verso la porta strisciando i piedi per terra. All'improvviso si volta e dice: «Sono venuta perché volevo darti un invito. Non volevo litigare.» Tira fuori dalla borsa una busta bianca e la poggia sul mobile vicino all'ingresso.

«Vieni all'incontro e capirai» mormora uscendo e chiudendo la porta dietro di sé.

«Chi era?»

Alzo la testa e vedo mia madre, tutta scombinata, massaggiarsi le tempie. Ha gli occhi chiusi, ma finalmente, dopo una settimana a letto, è in piedi.

«Ciao, mamma.»

«Ciao, tesoro» risponde sbadigliando.

Cammina a piedi nudi e con le mani in avanti per non sbattere contro qualche mobile. «C'è troppa luce» borbotta.

Mentre io ricomincio a fare i compiti, lei cerca di prendere confidenza con la luce sbattendo ripetutamente le palpebre.

Molto raramente mia madre si alza dal letto e lo fa sempre dopo che io ho pulito la casa. Non so il motivo preciso, ma ha una specie di radar che la avvisa quando tutto è smacchiato. È così da anni e ho smesso di cercare di cambiare la situazione: io sono l'adulta, ma va bene così.

«Hai mangiato?» mi chiede mia madre.

«Sì, ma'. Hai fame? Vuoi che ti prepari qualcosa?» domando.

«No. Non ho fame. Ho sete» dice aprendo il frigo e prendendo una bottiglietta d'acqua. «Dove sono le birre?»

«Le hai finite ieri» rispondo.

«Maledizione» borbotta. «Esco. Vado a prenderle al supermercato. Hai bisogno di qualcosa?» mi chiede.

«No, ho fatto la spesa tre giorni fa» mormoro.

«Va bene» ribatte per poi scomparire all'interno della sua stanza e uscire da quella principale con i capelli raccolti e una grossa felpa con il cappuccio.

Finisco i riassunti e li ripeto fino alle sei circa. Giro la testa verso la busta sul mobile all'ingresso e sospiro.

Contrariata, mi alzo e prendo la busta in mano. L'apro e ne leggo il contenuto.

Molte cose nella tua vita stanno cambiando ed è normale essere spaventati. Vorrei aiutarti a capire. Passerà a prenderti una macchina alle 20:00.

L.D.

Chiudo il foglio e mi lamento nella testa. Col cavolo che ci vado.

Chi è L.D.?

È uno pseudonimo, ma per cosa sta? È un nome?

Leonardo Damasco?

Leandro Dusitano?

Livio?

Lorenzo?

Luca?

Ludovico?

Luigi?

Sobbalzo quando dalla porta arriva un colpo. Qualcuno bussa all'ingresso. Questa volta guardo attraverso lo spioncino e vedo Daniel con una scatola bianca in mano.

Apro la porta con l'intenzione di cacciarlo. «Vattene!» esclamo.

«Sono venuto solo per darti questo» afferma con testa china e voce soffusa.

«È da parte tua?» chiedo prendendo la scatola.

«Da parte di L.D.» mi informa.

«Chi è questo L.D.?» domando, ma alzando il viso mi accorgo di essere da sola. Chiudo la porta esasperata e un po' spaventata da tutto questo mistero che sta entrando nella mia vita.

Mi siedo dov'ero prima, davanti al tavolino di vetro di fronte alla televisione in salotto, e apro la scatola bianca: c'è un bigliettino di qualche brand famoso, che però non conosco, e tolgo la carta velina bianca: è un magnifico vestito corto blu cobalto.

«È bellissimo» affermo con voce spezzata.

Guardo l'orologio: sono le sei di sera.

Fra due ore dovrebbe arrivare la macchina di cui L.D. parlava... Dovrei andare?

No. Sì. No.

Se ci andassi, scoprirei qualcosa in più su tutta la questione. E se non ci andassi sarei salva?

«Che bello.»

Mi volto e vedo mia madre con due casse di birra in mano. Non l'avevo sentita entrare.

«Quando te lo sei comprato?» mi chiede.

Non posso dire nulla. Non voglio domande. Soprattutto da lei, che è cosciente un giorno su sette.

«Pochi giorni fa online. È arrivato con il corriere poco fa» rispondo.

Lei alza le spalle, va a chiudersi nella sua stanza e comincia a bere.

Tentata, guardo il vestito. Cosa devo fare?

Basta! urlo nella mia testa.

Cedo alla curiosità di saperne di più e mi preparo.

Esattamente dopo due ore sono pronta e in preda all'ansia. Guardo fuori dalla finestra giocando con le mani e sussulto quando alla porta bussa qualcuno.

Mi ci fiondo, prima che mia madre esca dalla sua stanza, e faccio un grosso respiro prima di aprirla.

«Daniel!» esclamo sorpresa vedendolo alla mia porta.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro