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Capitolo 15: Archivi Segreti

Il mio corpo viene scosso dolcemente, come se fossi su una barca e l'onda del mare mi stesse facendo oscillare. Apro gli occhi lentamente, sbattendoli più e più volte finché gli oggetti intorno a me non prendono forma e colore.

Devo essermi addormentata in aereo. Adesso dove sono?

Mi alzo a sedere e respiro l'aria che mi circonda.

Sono su un grosso letto bianco, ai cui piedi si trova una coperta color arancio e sei cuscini, due intonati alla coperta e gli altri per dormire. Mi guardo intorno e deduco che mi trovo in un albergo a Roma: il muro è tappezzato con una carta da parati che ritrae piazza San Pietro; accanto al letto ci sono due comodini in legno con delle abat-jour eleganti. Allungo la testa e vedo un'altra stanza oltre a quella in cui mi trovo. Non è il bagno... Mi alzo e appena oltrepasso la grande porta scorrevole nera noto un grande divano rosso, davanti al quale si trovano un mobiletto in quercia e un televisore gigante a schermo piatto.

All'improvviso si apre un'altra porticina, facendomi sussultare. Mi volto di scatto e vedo Daniel, intimidito dal mio spavento.

«Non volevo farti paura» sussurra evitando il mio sguardo.

«Non preoccuparti. È stato momentaneo. Dove siamo?» domando.

«A Roma» risponde Daniel.

«Potevate svegliarmi. Chi mi ha portato in braccio?»

«Sono stato io e non volevamo svegliarti. Non riposi bene da un po'» afferma il mio compagno di classe, amico e vampiro.

«Va bene. Hmmm... Grazie» mormoro evitando il suo sguardo apprensivo. «Dov'è Elia?»

«A parlare con i suoi capi» borbotta Daniel a testa bassa.

«Va bene...» sospiro. Mi giro e vado alla finestra, appoggiandomi allo stipite e guardando fuori, dove il sole sta ormai tramontando.

«Come stai?» domanda Daniel avvicinandosi lentamente.

«Vuoi la risposta ovvia o quella sincera?»

«Sincera.»

«Sono a pezzi» bisbiglio. La mia gola si serra all'istante e le lacrime che non sono cadute in questi giorni si depositano sulla palpebra inferiore. «Mi sembra di essere caduta dal diciottesimo piano di un palazzo e di essere ancora in caduta libera. Sto aspettando di sentire il botto, l'impatto del mio corpo sul terreno che distrugge ossa e organi, ma nulla. La mia testa è in preda a uno stato di shock e non so cosa fare, perché è tutto così confuso. Ho un sacco di domande e mia madre - adottiva, specifichiamo - è morta... Chiara, la dolce Chiara della nostra classe, era uno schifosissimo e sudicio essere che sottrae le anime alle altre persone, che si trasforma in un qualcosa di aberrante. Io...»

Scoppio a piangere. La scatola di dolore sul petto esplode in mille pezzi: le gambe iniziano a tremare e il cuore batte forte.

Percepisco le possenti braccia di Daniel avvolgermi e per qualche istante mi sembra di non soffrire più.

«Va tutto bene» mi sussurra Daniel all'orecchio.

Mi stacco d'istinto e, asciugandomi il viso con il dorso della mano, tra un singhiozzo e l'altro borbotto: «Chi sei tu? Che ne hai fatto dello sbruffone della classe?»

Lui si limita a sorridere timidamente e a scavarmi nell'anima con quei suoi occhi azzurri.

La porta della camera d'albergo si apre improvvisamente. È Elia.

«Buongiorno!» esclama sorridente.

«Ma è sera...» ribatto.

Alle sue spalle appare un uomo vestito di tutto punto, con giacca, pantaloni e cravatta neri e un auricolare trasparente. È una guardia svizzera; si capisce dalla postura: è rigido, con le braccia dietro alla schiena, e gli occhi scrutano velocemente tutto ciò che lo circondano.

«Demetra Romano... Daniel Micio... Vi presento Giuseppe Meier, mio padre. Sarà lui a portarci agli archivi vaticani» spiega Elia.

«Seguitemi, c'è una macchina che ci aspetta» afferma il padre del cacciatore.

«Posso entrare in Vaticano così?» domando velocemente indicando i miei jeans e il mio maglione.

«Sei vestita normalmente, quindi perché dovresti preoccuparti?» suggerisce Daniel.

Annuisco e vado alla porta, ma mi accorgo che Daniel non ci sta seguendo. Oltrepasso la porta d'ingresso e mi volto. Lo vedo in piedi dove l'ho lasciato, con una mano alzata e un sorriso sincero ma tirato.

«Tu non vieni?» gli chiedo mentre i due cacciatori chiamano l'ascensore.

«Non posso entrare» risponde sconsolato, alzando le spalle.

Annuisco nuovamente.

Devo impegnarmi e concentrarmi su ciò che voglio: distruggere Lestat Defendi.

Mi fecero salire su una grossa Mercedes nera e dopo non so quanto tempo arrivammo in un cortile.

«Rimani in macchina» disse severamente il padre di Elia, che scese sbattendo la portiera. Venne ad aprire la mia e subito dopo avermi fatto scendere dall'auto mi bendò. «Lo facciamo per questioni di sicurezza» affermò l'uomo, sicuro di sé.

Sentii la mano di Elia posarsi sull'avambraccio. «Fidati, tra poco sarà tutto finito» sussurrò.

Per non andare in ansia e passare il tempo, iniziai a contare i passi: venti in avanti, giro a destra, dieci scalini a scendere, cinquanta passa in avanti, due tornelli, due cancelli, altri sessanta passi, due ascensori e finalmente arrivammo. Mi tolsero la benda e mi ritrovai in una stanza sterminata, piena di scaffali, vecchi volumi e fogli raccolti insieme, catalogati per anno, scrittore e argomento.

«Benvenuta negli archivi segreti del Vaticano!» esclamò Elia.

Camminammo per un po' lungo un corridoio pieno di scaffali e raggiungemmo un tavolo rettangolare che si trovava all'interno di un buco.

«Da dove vorresti iniziare?» mi domandò.

«Da qualcosa che già so. Dov'è il reparto dei vampiri?» ridacchiai.

«Non puoi andare in giro per gli scaffali da sola» mi ammonì Elia.

«Ah, va bene» risposi succintamente.

Mi passò un volume e iniziammo a leggere, ciascuno un libro diverso.

Il vampiresco di Iris Gavazzi

Chi è il vampiro

Il termine "vampiro", che designa il mostro bevitore di sangue, è di origine slava. Gli studi di Massimo Izzo hanno individuato la sua nascita nel processo teratogenetico di iperdeterminazione. Tale processo produrrebbe forme caratterizzate da anomalie nelle leggi biologiche: la deformazione di un comportamento caratterizzante è all'origine della formazione del mostro11. Il vampiro è un morto che tuttavia, rispetto alle leggi biologiche, prolunga la propria vita. In un ambito strettamente teratologico, all'origine del vampiro ci sarebbe quindi una sorta di "ribaltamento" delle normali leggi di natura. Sfidando l'ordine divino, il vampiro risorge dalla morte cercando di perpetuare in eterno la propria esistenza. Attraverso il sangue, simbolo di vita, il mostro sconfigge la morte.

La leggenda

All'origine della leggenda del vampiro vi è l'idea ancestrale che post mortem sia possibile, in determinati casi, la prosecuzione di attività specifiche dell'esistenza in vita. Due sono le attività tipiche dei vivi che si immaginava potessero essere trasferite anche nel mondo dei trapassati: il sesso e l'alimentazione. L'accenno al sangue unisce l'attività sessuale dei morti con quella di tipo nutritivo.

Sono il sangue e la sua spasmodica ricerca a creare il vampiro. Il sangue è stato universalmente considerato l'essenza della vita stessa, il medium di forze magiche e il nutrimento delle creature sovrannaturali. Leopoldina Fortunati cita la "leggenda del santo Graal" a titolo di esempio della forte simbologia del sangue: il sangue misto ad acqua che sgorgava dalla ferita del Cristo era considerata la bevanda dell'immortalità per eccellenza.

«Questo libro è troppo pieno di congetture» mi lamentai.

«Ma non sei la migliore della classe?» scherzò Elia.

«Abbiamo veramente poco tempo e non posso leggere un milione di libri diversi che narrano la solita favoletta.»

«Digli di darti il libro Il Mondo dei vampiri, che si trova nella sezione proibita» mi disse una vocina familiare.

Girai la testa e vidi Francesco seduto al mio fianco.

Deglutii ed espirai rumorosamente.

«Che cosa c'è?» chiese Elia.

«Niente... Mi chiedevo se ci fosse un libro che tratti il tema che dovrei comprendere in maniera più approfondita, come... che ne so... qualcosa che possa essere intitolato Il Mondo dei Vampiri?» dissi scherzosamente.

Lui si irrigidì e aprì la bocca, ma la richiuse subito. Serrò la mascella e inspirò. Senza dire una parola si alzò e si infilò tra gli scaffali, uscendo dal mio campo visivo. Tornò dopo alcuni minuti e poggiò davanti a me un libro alto quanto il mio avambraccio.

La giornata fu produttiva e dovevo ringraziare Francesco: era comparso dal nulla e aveva proposto quel libro, che mi ha aperto e regalato un mondo che ancora non comprendevo. Quello dei vampiri.

I vampiri sono sempre stati i protagonisti delle principali storie e leggende delle civiltà antiche, a partire dai Greci. Si dava loro la colpa di numerose guerre nel mondo, sia interne che esterne al Paese, e ciò li fece odiare dalla popolazione umana, che all'inizio li vedeva come divinità. La maggior parte delle volte, effettivamente, lo erano. Questi vampiri, che all'epoca erano solo cinque, decisero di voler evitare altre incomprensioni con il genere umano e conseguenze più che dannose per tutti; così crearono la EUAAO, che sta per America, Europa, Asia, Africa, Oceania. Decisero che non avrebbero più interferito, almeno non sostanzialmente, con il mondo umano e, avendo una conoscenza superiore – con la medesima intelligenza – si spartirono i territori del mondo. Questi vampiri si spogliarono completamente della loro identità e non hanno mai parlato di come sono stati creati; abolirono i loro cognomi e si fecero chiamare solo con il nome e il continente presieduto.

Questi vampiri, gli originali, furono Ernesto per l'Europa, Abona per l'Africa, Asia per l'Asia, Bicon per l'America e Hito per l'Oceania. Ciascuno di loro poteva avere un figlio soltanto – nozione scoperta per via di alcune vicende spiacevoli – e possedeva un potere particolare: il vampiro d'Europa poteva controllare l'atmosfera; quello dell'Asia gli elementi naturali; quello dell'Africa riusciva a leggere, controllare la mente e, se necessario, modificare i ricordi degli umani; il vampiro d'Oceania si destreggiava nella telecinesi; infine il vampiro dell'America, considerato il vampiro più potente dei cinque, era un vero e proprio tramite con l'Aldilà e riusciva a controllarne la maggior parte.

Per poter ampliare la loro cerchia e non sentirsi più soli, i vampiri vollero considerare l'eventuale creazione di un Clan e così fu. Vennero stabilite cinque regole. La prima sanciva che i vampiri originali non si sarebbero mai dovuti accoppiare l'uno con l'altro, inizialmente per motivi di espansione e, in seguito, a causa della presenza dei cacciatori. La seconda stabiliva che i nuovi vampiri avrebbero dovuto essere sempre segnalati e/o presentati al capo in carica. La terza fissava le regole di nutrizione per un buon rapporto con la Chiesa – che avevano stabilito da poco per una corretta convivenza –, specificando ciò che era ammesso sul territorio; per esempio, in Europa era permesso uccidere solo centomila persone all'anno, a esclusione delle tre trasformazioni prescritte nella legge numero quattro, e la disponibilità di sacche di sangue era illimitata. Infine la quinta e ultima legge sanciva che al cinquecentesimo anniversario di governo di un territorio il capo in carica avrebbe dovuto cedere il posto al suo legittimo erede.

Purtroppo, come in qualsiasi Stato, le leggi vennero infrante e ciò rese difficile il lavoro su un territorio così ampio come quello mondiale e, soprattutto, non si pensava che sarebbe stata infranta proprio la legge numero uno. Gli ultimi due eredi dei Clan d'Oceania e d'America, Mirea e Viktor, si sposarono, ma vennero subito scoperti e uccisi in un'imboscata di alcuni cacciatori e Akira, che al tempo provarono a collaborare con un risultato insoddisfacente.

I vampiri hanno una particolarità interessante, che mi ha sempre intrigata: sono forti, veloci, intelligenti e immortali. Possono stare al sole senza bisogno di aiuto e trasformano le persone – che vogliono, meglio specificare – con una sola trasfusione di sangue, in occasione della quale il ferito deve bere il sangue dell'immortale. Infine possono essere uccisi trafiggendo il loro cuore con un paletto. Quando lessi quella parte, il mio cervello iniziò a pensare a come sarebbe stato bello trafiggere Lestat Defendi. In Europa i dati aggiornati dicono che sono presenti cinquantamila vampiri sul territorio.

Apro la porta della mia camera d'albergo e vedo Daniel seduto sul divano con le gambe accavallate e un libro in mano. Lui alza lo sguardo e mi sorride.

Mi chiedo: che cosa è successo al Daniel Micio che stava seduto con le gambe aperte?

«Sei tornata!» esclama Daniel.

Annuisco e chiudo la porta dietro di me.

«Ti ho acceso il riscaldamento, così non hai freddo quando ti fai la doccia» mormora goffamente il mio amico.

«Grazie» rispondo imbarazzata.

Prendo la valigia, la appoggio sul letto e la apro. In quell'istante, con quel gesto, gli ingranaggi nel mio cervello smettono di funzionare e il mio cuore di battere. Questo è un letto matrimoniale. Dove dormirà Daniel? Ed Elia?

Prendo velocemente il necessario per darmi una ripulita, lasciando la spazzola sul comodino, come da mia abitudine, e mi rinchiudo in bagno.

Dopo circa due attacchi di panico e dieci film registrati con le mie fantasie personalizzate esco dal bagno e vedo che il letto è disfatto, pronto per essere usato.

Faccio un respiro profondo e reprimo l'urlo d'ansia che ho nel petto.

Mi siedo sul bordo del letto e inizio a pettinarmi i capelli. Dopo qualche secondo, Daniel si mette accanto a me e chiede: «Allora, com'è andata?»

«Bene» taglio corto.

«Hai scoperto qualcosa che può esserti utile?» insiste.

«La cosa più interessante è stata quella sul modo in cui uccidere Lestat Defendi» ribatto seccata.

«Lo odi così tanto?» domanda spiazzato.

«E tu lo ami così tanto?»

Daniel storce il naso e rimane in silenzio; subito dopo aver fatto un grosso e pesante respiro, si alza e guarda fuori dalla finestra, dove il sole sta tramontando.

Poggio la spazzola sul comodino e lo guardo: ha la schiena molto larga, al momento curva, e dei glutei perfetti.

Cazzo. Cosa sto pensando? Dai... Daniel... Lo sbruffone della classe che si comporta come un coglione.

Non devo deviare il mio pensiero solo perché negli ultimi tre giorni si è comportato come una qualsiasi persona perbene. Anche se... adesso sono stata io a comportarmi male con lui.

Mi alzo, mi avvicino a lui a piccoli passi e, evitando il suo sguardo, sospiro: «Grazie per aver sistemato la stanza.»

«Non potevo fare altrimenti. In qualche modo voglio essere d'aiuto» risponde Daniel.

«Vuoi davvero bene a Lestat?» sussurro. «Sei qui perché vuoi capire cosa gli sta capitando, non è vero?»

«Sono qui per te» dice velocemente. Si volta verso di me e si accorge di averlo detto ad alta voce. Abbassa lo sguardo e deglutisce.

«Per me?» esorto timidamente.

Daniel inspira, alzando quelle sue grandi spalle, e mormora: «Sì.»

«Perché?» domando.

«Perché ne hai passate tante nella tua vita, fin da quando eri piccola... Come hai scoperto di essere adottata?»

«Tu lo sapevi?» chiedo confusa.

«Non ci voleva di certo un test del DNA per capirlo. Tu e i tuoi familiari siete così diversi... Ho visto le foto quando sono entrato in casa tua la prima volta» spiega.

«All'ospedale, me l'ha detto mio padre...»

«Tuo padre è ancora vivo?» sbotta sorpreso e infastidito.

«Sì, perché?» ribatto.

La faccia di Daniel si fa scura e la sua schiena si irrigidisce, ma poco dopo mi rivolge uno sguardo e si rilassa. «Pensavo fosse morto... Non ne parlavi mai in classe» dice a bassa voce. «Così vuoi uccidere Lestat?»

La sua domanda inizia a girarmi per la testa: come sono arrivata a pensare così velocemente di uccidere?

«Uccidere è una parola grossa. Vorrei solo che smettesse di comportarsi così, visto che tutti dicono che era una brava persona» rispondo.

«Lo era» sussurra Daniel con la testa china.

«Lo so che lo era, ma aveva... I suoi occhi mi fanno paura, sembrano malvagi. E poi... ha liberato Chiara Sole, che mi ha attaccato; per non parlare della lesione che mi ha provocato al ginocchio... Stento a credere a tutte quelle parole buone che dite su di lui, quando in realtà ho vissuto il contrario...» mormoro.

Daniel si avvicina lentamente mentre parlo e quando pronuncio l'ultima parola alzo gli occhi, trovandolo poco distante da me.

«Che cosa fai?» balbetto imbarazzata. Faccio un passo indietro e tento di calmare il mio cuore, che batte forte.

«Ti stavo guardando...» bisbiglia Daniel. Distoglie lo sguardo per qualche secondo, scuote la testa e poi continua: «Che cosa hai scoperto oggi, allora?»

«Quasi tutto. Ho letto del passato, dei fondatori dei Clan e dei motivi per cui fu istituito, del contenimento del cibo e del fatto che questi vampiri originali sono privilegiati, possedendo poteri speciali e avendo la possibilità di avere solo un figlio. E poi le leggi ecc.» spiego.

«E sull'accoppiamento? Hai letto qualcosa?» esorta Daniel.

«No. Ho completamente saltato la parte dell'amore, o come lo chiamate voi» sbuffo.

«Va bene...» dice stranamente cupo. «Penso che sia ora di andare a letto» afferma Daniel.

Mi irrigidisco. «Dobbiamo dormire nello stesso letto?»

La faccia seria e scura di Daniel si rilassa e la bocca si allarga in un grande e smagliante sorriso. «No, io dormirò sul divano nella stanza accanto.»

Un forte tuono mi sveglia, facendomi sobbalzare nel letto. È ancora buio e fuori c'è un forte temporale. Prova a girarmi per cambiare posizione, ma non riesco più a prendere sonno. Mi alzo e mi siedo sul bordo del grande letto vuoto, rivolgendo il mio sguardo fuori dalla finestra.

«Non riesci a dormire?»

Mi volto e vedo Daniel, appoggiato allo stipite della porta.

«No. Non più» rispondo.

Lui sorride e si siede al mio fianco.

«Adoro la pioggia. Mi permette di pensare tranquillamente» afferma Daniel.

«Perché, sai pensare?» scherzo e lui ride. «E a che cosa pensi?» esorto tornando un po' seria.

«All'amore» ammette.

«Perché ti tormenta?» chiedo.

Non risponde.

«Non voglio costringerti a dire qualcosa che non vuoi» lo rassicuro mettendogli una mano sul ginocchio.

Lui alza la testa di scatto e apre la bocca. Allarga le narici inspirando rumorosamente e all'improvviso scuote la testa, facendo un sorrisetto ammaliante.

«Maledizione, perché non l'hai letto?» dice fra sé e sé. «Nessuno te l'ha ancora spiegato...»

«Ma che cosa?»

«Che cosa significa veramente provare l'amore» mormora Daniel.

«Visto che, a quanto pare, sono stata destinata a Lestat Defendi, proprio non mi va di parlarne.»

«Il problema è che non è questione di destino. Va ben oltre. È il Merak» spiega.

«Il Merak?» ripeto confusa.

«Il mio bisnonno, insieme agli altri capi, ha inventato questo termine durante il terzo incontro nell'odierna Serbia. Merak è un parola in lingua serba che indica un sentimento d'amore profondo per tutto l'universo che nasce dalla capacità di apprezzare le piccole cose, come la vicinanza delle persone a cui si vuole bene. E il punto è che una di quelle persone diventa il tuo universo...»

«Parli come se l'avessi provato...» sussurro.

Guarda fisso davanti a lui e sorride. Si volta e mi guarda senza dire una parola: l'azzurro dei suoi occhi scava nella mia anima e nel mio corpo. Non distolgo lo sguardo e rimaniamo così finché la situazione si fa sempre più calda. Daniel si avvicina e mi mette una mano sul ginocchio e l'altra sulla guancia. Il suo pollice mi accarezza la pelle dietro all'orecchio e il suo respiro caldo mi scioglie. I suoi occhi diventano scuri e...

Mi baciò. Non era il mio primo bacio, ma quello fu di gran lunga il migliore che io avessi mai provato. Fu un bacio semplice, nient'altro che le sue labbra contro le mie, eppure fu speciale. Dopodiché mi diede un altro bacio sulla fronte e se ne andò. Quella notte mi addormentai all'istante e la mattina seguente ciò che era accaduto non venne menzionato. Prima di andare via con Elia, Daniel mi guardò in modo diverso e il mio cuore batté forte.

Mi ero innamorata?

Quel giorno scoprii la civiltà (?) dei cacciatori di vampiri.

I cacciatori svizzeri, chiamati anche figli degli angeli, sono uomini con doti superiori ai loro simili: la forza, l'agilità nel combattimento e la longevità nella vita. È stato dato loro quel soprannome direttamente dalla Chiesa proprio per queste caratteristiche insieme ad altri fattori sacri, come il numero delle famiglie e i figli che avevano la possibilità di sfornare. Esistono dodici famiglie – come i dodici apostoli – e, oltre ad avere tre figli, esattamente come la Trinità, queste si spartiscono la supervisione dei clan nel mondo.

Per l'Africa ci sono le famiglie Brunner e Haas; per l'Asia le famiglie Suter, Graf e Struder; per l'Oceania le famiglie Vogel e Weiss; in America le famiglie supervisori sono la Hess, Hug e Kaufman; infine, in Europa ci sono i Meier e i Koch.

Avevo scritto degli appunti per cercare di ricordare tutti i nomi e, scarabocchiando, avevo preso nota delle ultime tre generazioni, contrassegnando quelli che erano morti con un asterisco. Per i cacciatori è vietato mescolarsi con gli altri esseri umani e il cognome che prevale è, ovviamente, quello maschile. È vietato, come illustrato nella Bibbia, l'adulterio, anche se i figli delle famiglie che lavorano a stretto contatto, come è sempre stato, si innamorano.

Tornando in albergo vidi che Daniel non c'era. Nonostante volessi parlare del bacio di qualche sera prima, mi addormentai sul letto senza spogliarmi.

Il giorno dopo Daniel non era ancora tornato e io uscii subito con Elia e suo padre. Studiai la società segreta delle streghe e i lupi mannari.

Magia e stregoneria – Vol. I

Autore: Michal Brywczynski

Credere nell'esistenza della magia, intesa come quella particolare forza che, per mezzo di specifici rituali magici compiuti da certi particolari individui, ossia maghi, stregoni, sciamanni, indovini ecc., di entrambi i sessi, o dovuta a esseri soprannaturali, si presume riesca a esercitare un particolare dominio sulle forze della natura e anche sull'essere umano volgendole alla volontà di chi compia tali pratiche, come anche nell'esistenza della stregoneria, strettamente associata alla magia, intesa come l'esercizio di queste pratiche magiche proprio da parte di questi speciali individui che si presume possano influenzare sia positivamente (magia bianca) che negativamente (magia nera) la natura e gli uomini, è costume della maggior parte delle culture antiche e moderne.

Per il cristianesimo, la religione pagana e le pratiche magiche rappresentano tutt'uno, perché sono entrambe idolatre e non sono altro che il residuo e la sopravvivenza di antichi culti e credenze, per cui vengono considerate semplicemente come un insieme di "superstizioni".

In sostanza i pagani, credendo di adorare gli dei, prestavano inconsapevolmente il culto a Satana e dunque anche le arti magiche erano considerate come opera del diavolo.

Proprio per questo motivo la Chiesa, nel corso dell'Alto Medioevo, considerò la magia e la stregoneria, oltre al culto degli dei e alle tradizioni greco-romane, come residui del paganesimo e soprattutto come effetto delle illusioni demoniache.

In Italia la persecuzione delle streghe ebbe luogo soprattutto nella seconda metà del Quattrocento e nei primi vent'anni del Cinquecento, ricomparendo poi negli anni Ottanta e Novanta dello stesso e all'inizio del secolo successivo, in particolar modo nell'area centro-settentrionale del paese: Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia e l'area alpina (Val Camonica, Tirolo, Valtellina) e qualche altro caso isolato nel resto del territorio italiano (Toscana). In Italia, rispetto al resto dell'Europa, il numero delle vittime di queste persecuzioni, così come avvenne in Spagna e in Portogallo, fu molto minore e ciò fu dovuto all'azione "moderatrice" svolta dalla Congregazione della Sacra Inquisizione romana, istituita nel 1542 da Paolo III, che spesso riuscì a mantenere un atteggiamento scettico nei confronti di alcuni presunti casi di stregoneria, evitando così dei processi di massa, e all'azione di controllo, non sempre efficace, esercitata sui tribunali ecclesiastici locali, non sempre inclini a mettere in pratica i dettami della Congregazione.

Passai poi a un altro libro e capii che esistevano dieci congreghe, due per ciascuno continente. Quelle europee sono quelle di Ercate e Aradia. Sono persone immortali e rimangono nell'ombra, vivendo come umani e cambiando identità ogni sessant'anni.

L'unica creatura che ancora non ho avuto l'occasione di incontrare è il lupo mannaro. C'erano molti libri su questo tipo di argomento, quasi quanto quelli sui vampiri, così presi appunti.

Il termine lupo mannaro vuol dire letteralmente lupo che si comporta da uomo. Licantropo è invece un lupo che ha la capacità di trasformarsi in essere umano.

Inizialmente, la capacità di trasformarsi in licantropo, da uomo a lupo e viceversa, fu attribuita a poteri magici o alla conoscenza di erbe e rituali in grado di mutare la creatura umana in animale e viceversa.

Nel Rinascimento, la licantropia fu vista non più come un fenomeno che interessava gli uomini in possesso di erbe magiche o rituali complessi, ma come una sorta di morbo trasmesso da un uomo all'altro tramite morso o per contagio. Le autorità ecclesiastiche cominciarono a condannare la licantropia e i lupi mannari, mettendo al rogo centinaia di presunti licantropi proprio come facevano con le streghe e con altre creature considerate in combutta con il Diavolo.

L'avvistamento di un licantropo è stato descritto da molte leggende, soprattutto in campagna e nelle notti di luna piena. Si narra di esseri fortissimi, dalla sagoma umana e dall'incredibile agilità, che corrono tra i boschi e terrorizzano i viandanti sprovveduti che si trovano in giro nelle ore notturne.

Oggigiorno esistono solo pochi esemplari, tutti sotto il controllo della Chiesa.

Elia mi lascia davanti all'entrata lussuosa dell'albergo in cui sto alloggiando e sfreccia via con la macchina nera del padre. Prendo l'ascensore e apro la porta della mia camera.

Daniel non c'è ancora.

Sbuffo, butto la borsetta sul divano e mi tolgo le scarpe, lanciandole in aria, mentre la porta si chiude automaticamente. Sonnecchiante, mi dirigo verso il bagno, quando i miei occhi scorgono una grande scatola e un biglietto sul mio letto. Da dove arrivano? Questo genere di cose è in stile Lestat Defendi... E se mi avesse trovato? Oddio.

Mi avvicino e lo leggo:

Roma è definita la città eterna, proprio come me.

Facciamo un giro?

Ti aspetterò nella hall.

Daniel

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