Capitolo 1: Winkle
"Non illuderti, mio caro. Tu sei molto peggio di una cagna. Tu sei un santo. Che mostra il motivo per cui i santi sono pericolosi e indesiderabili."
-Ayn Rand
La luna falciava in due l'ennesima spietata notte di una Londra troppo caotica, gelida e priva di quiete, surclassata da lamenti, dalle grida e gli schiamazzi di chi, in quell'ennesima tarda serata, non aveva avuto nulla da perdere. Nulla da vivere, nulla da mangiare, nulla per cui morire e nessuno per cui piangere. Il nitrito avvizzito di due cavalli color pece risuonò nell'aria satura di dilemmi, una carrozza dalle grandi ruote argentee sfrecciava sul sentiero sterrato, alzando fiotti di polvere e pulviscolo. Il Conte ostentò in silenzio sul da farsi, con guancia premuta sul palmo teso e gli occhi vitrei fissi sul tessuto finemente lavorato dei sedili, meditabondo.
Il motivo di quella improvvisa convocazione non gli fu chiaro. Un vassallo di Gerard aveva raggiunto la magione in piena notte, con voce carica di annunci e novità fresche, gonfiando il petto d'orgoglio comunicando al Conte l'ennesimo sudicio lavoro da compiere. Frederick aveva ascoltato pacatamente ciò che l'essere aveva da proporgli, sostenuto nel suo stesso silenzio dalla sua serva più fidata, Donna. Un'umana dall'indole glaciale e il portamento silenzioso, più della discretezza che ammoniva trattando con cura e dedizione la residenza del suo padrone, del suo salvatore, del suo amante carnale. Ma la rabbia del Conte esplose in un unico istante e la sua indole da Sicario provetto sbalzò fuori improvvisamente. Scese dalla carrozza tentennando tra il falso buon senso e le parole del vassallo divenuto il suo piccolo assaggio, avviandosi con passi veloci verso il luogo che più detestava. Soppresse l'ira che gli infuocava l'animo, come un incendio che divampa e devasta intere praterie.Frederick era nervoso, furibondo, i canini scintillavano a contatto con la tenue luce dei candelabri infissi sulle mura spoglie. Sfrecciava tra l'intricata rete di cunicoli che componevano e conservavano i ricordi malsani del suo disastroso inizio: un doloroso passato costernato dalla sofferenza gli premeva ancora sulla pelle perfetta e liscia, ricordando a sé stesso quanto infedeltà covava nei confronti dei suoi superiori. A tal pensiero, nelle iridi cremisi brillò come un fulmine a ciel sereno un vago senso di disappunto. La gerarchia del Clan era vasta, gli Alti dominavano e i sottoposti giacevano tra promesse e giuramenti antichi, sperando di ricevere il proprio spassionato compenso ad ogni lavoro ben svolto. Nessuno, mai, aveva provato a controbattere le dure e severe leggi che padroneggiavano incutendo terrore nei bassi ranghi; nessuno, mai, aveva trovato la forza necessaria di obiettare qualcosa di scomodo senza perdere la lingua o la propria seconda esistenza in un battito di ciglia. Frederick affrettò la sua discesa nell'oscurità, desideroso di risposte. Doveva raggiungere la sala del Consiglio al più presto o Gerard, con molta probabilità, sarebbe divenuto vittima della sua follia incondizionata. Una voce sottile placò per qualche istante la collera che gli scuoteva i polsi; il Conte si voltò con occhi sbarrati e labbro tremante, riconoscendo il timbro pudico e mai alto della giovane recluta dei Sicari.«Conte» aveva mormorato la giovane rossa alle sue spalle, chinando lievemente il capo in avanti in segno di rispetto e di saluto. «Vi stavo cercando».«Non ora, Rosaline. Ho delle questioni di vitale importanza da chiarire con Gerard» ringhiò a denti stretti Frederick, riprendendo il suo inesorabile avanzare. Rosaline prese a seguirlo, parandosi al suo fianco nel tentativo di placare la sua ira illegittima.«Se riguarda ciò che c'è da concludere questa notte...» mormorò la giovane donna con voce flebile rotta dal rammarico.La pazienza scivolò via dalle membra del vampiro come acqua su vetro. «Rosaline, lasciatemi in pace».«Se non sarete voi a farlo, Conte, la bambina morirà per mano di Anamarié. Non potrebbe mai sopportare le sevizie imposte da quella vipera, voi lo sapete bene» i grandi occhi color zaffiro brillarono tristemente sul volto di Rosaline, una pioggia di rammarichi le inondò il viso afflosciato d'angoscia. «Che ella sia solo il frutto di un'insana guerra, questo non è tollerabile. E' una povera anima alla ricerca di quiete, quel germoglio non appartiene a questo conflitto che minaccia la nostra stirpe da secoli e secoli...»«Ho più e più volte espresso il mio desiderio, il mio unico desiderio davanti a Gerard, davanti la Sede e davanti al Consiglio, scendendo a patti chiari. Avrei continuato a portar avanti le mie sevizie da Sicario su altri nemici, Rosaline, ma non più su dei mocciosi della discendenza dei Van» la sua voce tuonò tra le mura scavate nella roccia, e l'eco di quelle parole si disperse nella mente di Rosaline con fare impetuoso. «Eppure questa sera mi è giunto questo incarico. Sono stufo delle ripicche che quel piantagrane mi rifila. Sono stufo di tutto questo, Rosaline».«Pensateci, Conte! Per un momento, uno solo, mettete da parte il vostro astio e ricordatevi chi siete! Siate misericordiosi per quell'anima pia. Donate a quella bimba una morte soave...» la voce di Rosaline tremò sulla fine, quasi fosse sul punto di spezzarsi. «Il suo sangue è solo veleno per noi, per la nostra gloria, ma siate, per una volta, l'antidoto a questa malattia più nera della peste, Conte. Provare pietà non è un atto di debolezza, no, è un confronto verso noi stessi e ciò che siamo».«Dannati, niente più».La rossa scosse violentemente il capo, parandosi di fronte al suo sguardo. «Possiamo ancora vedere la luce in queste piccole cose, Conte. Possiamo ancora preservare il nostro animo, la nostra umanità, dopotutto».«Rosaline...»«Pensateci».Frederick si prese del tempo per rispondere, rallentando la sua folle corsa fino a fermarsi. I Sicari erano creature prive di ogni spinta emotiva, morti dentro e sudici fuori, macchiavano la loro coscienza con luridi crimini che minacciavano la buona condotta del Clan. Ma una vita innocente avrebbe sicuramente versato il suo sangue puro tra quelle pareti, quella stessa notte, poiché nata dal frutto e dall'amore di qualcosa a loro poco noto e concepibile. La stirpe dei Cacciatori era immensa, forte e celebrativa, un'intimidazione per quel che il Clan portava avanti da secoli e secoli.E la bambina doveva morire, in quanto appartenente a quel lignaggio così dannatamente benevolo e umano.Frederick voltò il capo verso Rosaline e lei continuò la sua supplica senza perdersi d'animo.«Se deve morire, che siate voi a farlo, Conte. Che siate voi ad ucciderla. In cuor mio so che farete in modo che non soffra» mormorò al fine chiudendo gli occhi, speranzosa di aver corrotto in parte l'indole inflessibile del vampiro.Un sospiro marcato varcò le labbra del Conte e i tratti del viso s'addolcirono visibilmente. «Portatemi da lei, Rosaline».Un guizzo di fiducia balenò negli occhi grandi di Rosaline e le ciglia sfarfallarono dolcemente, quasi volesse ringraziare la bontà che stava dimostrando. Percorsero i corridoio lerci di polvere e corrosi dal tempo, giungendo in un andito nettamente più gretto rispetto agli altri. La fioca luce delle candele non fendeva l'oscurità che avvolgeva la porta massiccia di una piccola cella, ma i sensi aguzzi di entrambi riemersero nuovamente. Frederick si fece avanti, spingendo con una mano l'entrata, il legno rancido gracchiò, strusciando sul pavimento insozzato di paglia e feci. Un odore nauseabondo si ficcò nelle narici di entrambi i Sicari.Seduta a terra in un angolo della celletta scarsamente illuminata, c'era una bambina dai lunghi boccoli argentei, il viso paffuto nascosto tra le ginocchia piegate contro il petto minuto; un'azione troppo matura e ricolma di terrore per un cherubino privo d'ali come lei. Era nuda, spoglia di vestiti e sporca come un animale chiuso in gabbia.Nell'udire la porta aprirsi, le membra sporche della bambina tremarono violentemente e un pianto infantile imperlò l'aria circostante, secco, strozzato, sofferto e esasperato, attutito dalle gambe sbucciate che stringeva contro il viso affranto. Frederick non mostrò nulla. La compassione non gli toccò l'animo nemmeno per un istante, e il sottile sudario tessuto con indifferenza e portamento emotivo forte lo fece avanzare verso la creatura. Rosaline chiuse la porta alle sue spalle, rimanendo con la schiena premuta sul legno tartassato da termiti e graffi, impotente. Era giovane, inesperta, troppo tenera e casta per portare avanti un lavoro duro e spietato come quello di un Sicario. Ma aveva assistito ad esecuzioni ben peggiori, sevizie che avevano deturpato anche anime pie ancor più giovani di quella che ora piangeva disperatamente in un angolo. Sapeva in cuor suo che Frederick avrebbe annientato le sue pene terrene all'istante, lasciando di lei solo un corpo vuoto e niente più.Senza soffrire, senza piangere.Osservò il Conte avvicinarsi cautamente alla bimba lagnante e, per un momento, l'imponente sagoma coprì la visuale di Rosaline. La bambina intensificò il suo pianto alzando il capo al soffitto, piantò le spalle contro la parete e lacrime calde le percorsero le gote infiammate. A tal gesto, Frederick si abbassò alla sua altezza, scrutando l'espressione carica di terrore e sgomento dipinta su quel volto dai tratti incolpevoli. L'essere non poteva avere più di tre anni; a giudicare dall'odore del suo sangue che pulsava forte e il colorito tenue della pelle, era un gioiello più unico che raro tra gli umani: Frederick riuscì ad intravedere, ad occhio nudo, i capillari gonfi e violacei che ingemmavano il viso della mocciosa; i capelli sottili e corti fin sotto le guance emisero bagliori argentei per quanto fossero bianchi.Guardò a lungo la creatura senza muovere un dito. Albina.Rosaline intercettò l'esitazione del Conte, parlando piano. «Fa parte della terza generazione della discendenza dei Van. Suo padre e sua madre sono Cacciatori delle terre del Nord, polacchi d'origini, Conte, trasferitosi qui a Londra per propria volontà circa un anno fa».«Perché rapirla?»«Per gli sfregi commessi al Clan, Conte. Suo padre, Amadeus Van Winkle, è coinvolto nell'uccisione di uno dei nostri Alti. Questo riguarda per l'appunto la scomparsa di Lady Evanelié» mormorò il giovane Sicario e il pianto della bambina si affievolì, lasciando spazio a singhiozzi rotti. «Non che la perdita di quell'egocentrica puttana sia grave» corresse ironicamente il Conte, fissandola.«Ma la vendetta ribolle nelle vene della sua compagna, Lady Romin» continuò Rosaline, avvicinandosi di qualche passo. «Amadeus ha pagato con la sua vita questa notte. Della sua consorte non si sa nulla, è fuggita dopo l'esecuzione del marito».«Perché hanno preso lei?»«La discendenza dei Van è solo una delle tante che appartiene alla stirpe dei Cacciatori. Ma essendo la bimba l'ultima progenie, gli Alti sperano di annientare una volte per tutte almeno questa».Frederick, udite tali parole, spostò ancora l'attenzione sulla bimba inerte. Alcuni singhiozzi le scuotevano il petto, le gambe nude erano stese sul pagliericcio umido. Teneva la testa ciondolante verso destra, poggiata al muro, con gli occhi socchiusi per la stanchezza scaturita dall'ennesimo delirio.«Così giovane, così piccola... come può una creatura come lei essere una minaccia per noi?» la voce del Conte parve un sibilo di vento.Rosaline si avvicinò ancora, i capelli mossi come lingue di fuoco brillarono sotto la luce del candelabro. «Non lo so».Calò di nuovo un sipario ricco di silenzio. Gli occhi cremisi di Frederick brillarono spenti, così come le sue dita. Allungò una mano verso il collo esile della bambina, esitando. Con una semplice pressione sulle ossa piccole, le avrebbe spezzato una volte per tutte vita e respiro. Ma qualcosa, nel suo animo centenario, non quadrò.L'indole sadica e violenta si ritirò in un angolo buio della coscienza. Il vampiro avvolse le dita attorno al suo braccio esile, tirandola delicatamente verso il petto, sotto lo sguardo attonito di Rosaline. «Cosa fate?»Il Conte si alzò, infagottando il corpo minuto nel tepore del cappotto nero. «Le concedo una vita migliore».Rosaline si ammutolì. Era una follia, un affronto troppo grande per il Clan.«Se gli Alti lo sapessero...»«Non lo sapranno» la interruppe monocorde il Conte, avvicinandosi. «Vivrà nella mia casa come mia serva, lontana da tutto questo sudiciume».Rosaline sorrise tristemente. «Avete un gran cuore, Conte».«Ma non batte più da secoli, ormai».Si avviò velocemente verso la residenza. Il freddo pungente scuoteva il corpo smagrito della bambina, coccolata dal calore sprigionato dal cappotto lungo. Le prime luci dell'alba non avrebbero tardato ad arrivare e, Frederick, sarebbe crollato in balia di un lungo sonno. Salì velocemente la scalinata in marmo bianco e, prima che potesse avvicinarsi all'immensa entrata, quest'ultima si aprì cigolando: comparvero i visi di tre donne e il Conte non poté fare a meno che sentirsi a casa. Donna lo seguì con lo sguardo e prima che potesse aprir bocca, Frederick le incastrò tra le braccia il corpo nudo della bambina. Morgana e Lilith osservarono incuriosite i boccoli argentei che sbucavano dal cappotto ingombrante, sgranando gli occhi all'unisono nel vedere di cosa si trattasse: un'umana.Donna fu la prima a dar sfogo alle sue perplessità. «E lei è...»«Lasciala riposare. Quando si sarà svegliata medica i segni che ha addosso, nutrila e vestila» la interruppe freddamente, fissandola. «Non fate domande inutili. Quando sarà abbastanza grande istruitela alla pulizia della casa».Lilith, appena quindicenne, sfarfallò incredula le ciglia bionde, parlando. «Dove l'avete trovata, Conte?»«Non ha importanza. Il suo nome è Winkle».«Winkle?» ripeté nuovamente Lilith, stupefatta.Frederick ignorò totalmente la domanda posta e si avviò stancamente verso la sua stanza, lasciando le donne in balia di una completa sconosciuta. Arrivato sull'entrata della camera da letto finemente decorata, si rivolse ad una delle tre con un urlo smorzato.«Morgana!» la chiamò freddamente, infilandosi nella stanza.La serva di sangue sospirò. «Strano che non abbia chiamato te, Donna».«Non farlo aspettare. Sembra piuttosto irritato quest'oggi» le mormorò rivolgendole un sorriso timido. Morgana roteò gli occhi al cielo, lasciando trasparire l'animo mascolino e ribelle di cui era provvista. Si dileguò sulla scalinate, chiudendo alle sue spalle la camera del Conte.«Quindi il suo nome è Winkle» Lilith sorrise nel dirlo, carezzandole con due dita le guance paffute. Donna annuì lentamente, fissando con diligenza i tratti chiari della pelle, delle sopracciglia appena abbozzate e delle ciglia bianche quanto un sudario nevoso. Sospirò docilmente, avviandosi con i chiacchiericci insistenti di Lilith incastrati nelle orecchie.Sapeva che qualcosa sarebbe cambiato nelle loro vite. Sapeva in cuor suo che quella bambina avrebbe mutato in parte la monotona vita del Conte. Sapeva che Winkle avrebbe cambiato per sempre l'animo freddo del suo salvatore.E sperò.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro