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Mi sveglio di soprassalto, con il respiro pesante ed il cuore a mille. Chiudo gli occhi e faccio dei grandi respiri per calmarmi.
Quando il mio cuore ha ricominciato a battere ad un ritmo normale, mi alzo e apro la finestra della stanza per l'ultima volta.
Sì, l'ultima, perché da oggi in poi sarò una ragazza di Manhattan. Respiro l'aria gelida, calmandomi all'istante.
'Cosa sarà mai tornare nel posto in cui sono nata?' Mi domando mentalmente.
"Tesoro, sei sveglia?" Mi domanda mio padre dall'altra parte della porta. Mi affretto a chiudere la finestra, prima che entri.
"Si gela qua dentro!" Dice appena supera la soglia della camera. Gli sorrido rassicurante, ma lui mi guarda con sospetto:
"Hai aperto la finestra?" Mi chiede. Vorrei tanto saper mentire, ma alla fine sono costretta ad annuire.
"Ma perché?!" Mi chiede sconcertato. Faccio spallucce, prima di spingerlo fuori da camera mia.
Chiudo la porta e mi guardo attorno: pareti giallo chiaro, un enorme armadio moderno di betulla, una scrivania coperta di scatoloni, ed un grande letto bianco.
'Mi mancherà tutto questo' penso guardandomi attorno.
Apro uno scatolone pieno di maglioni enormi, e ne prendo uno bianco, ci abbino un jeans e sono pronta.
Mi osservo allo specchio, ed incrocio lo sguardo di una ragazza di media altezza, magra, coperta da dei vestiti enormi e dai capelli dorati che le arrivano fin sotto il sedere.
Sospiro, distogliendo lo sguardo verde smeraldo dalla figura che tanto odio, prendo il cellulare ed esco dalla camera.
Scendo le scale velocemente, correndo fino alla cucina, ed eccolo li: un uomo con la pelle dorata, i capelli biondo scuro e gli occhi azzurri, che mangia la mia nutella.
Batto la mano sul tavolo affianco a lui, facendolo sobbalzare.
'È mai possibile che mio padre mangi la mia, e ripeto mia nutella?'
"Ehm, scusami tesoro, ma avevo fame" si giustifica con un sorriso innocente. Alzo gli occhi al cielo, ma gli sorrido dolcemente.
'Come faccio ad arrabbiarmi con l'uomo che mi ha salvata?' Penso, guardandolo mentre fissa con tristezza il barattolo chiuso.
Prendo tutto ciò di cui ho bisogno per fare i pancake: farina, uova, burro, zucchero...
'Non che io mangi sempre così, sia chiaro'
'Vuoi dire che di solito mangi di più giusto?'
'Ovviamente, come potrei sopravvivere altrimenti?'
'Ora ha più senso'
Nel frattempo ho finito di cucinare vari pancake, mettendoli su un piatto.
Mio padre allunga la mano verso di me, ma metto le braccia subito attorno al piatto, come a difenderlo, fulminandolo con lo sguardo.
Lui alza gli occhi al cielo, ma non commenta. Mangio la mia colazione velocemente per poi risalire le scale di corsa.
'Forse non avrei dovuto farlo' penso, sentendo la colazione salire sullo stomaco.
Mi fermo per prendere qualche respiro, per poi entrare in camera. 'Alloooora, come vi porto giù scatoloni?' Gli chiedo mentalmente, cercando di trovare una soluzione.
'Non posso buttarli giù dalla finestra perché l'ultima volta non è finita bene, non posso trascinarli perché pesano troppo...' fisso le scatole, prendendo tra le dita il ponte del naso.
'E se scivolassero da soli?'
'Che? Sei impazzita?'
'Falli scivolare sulle scale!'
'Potrebbe funzionare...'
Trascino a fatica tutti i contenitori sul bordo del primo scalino.
'1...2...3!' Conto mentalmente, prima di dare una spinta ai vestiti. Scivolano velocemente fino a metà rampa, dove iniziano a scontrarsi e rotolare.
'Non è andata così male' mi congratulo con me stessa.
'Grazie, grazie, lo so di essere intelligente'
La discesa deve aver fatto un po' di baccano, perché vedo mio padre sbucare dalla cucina col fiatone e gli occhi fuori dalle orbite.
"Che è successo? Stai bene? Niente di rotto?" Chiede a raffica, pur sapendo che non potrò mai dargli una vera e propria risposta.
Mi limito ad annuire, con un piccolo sorriso sul volto, per poi far cadere di un ultimo scalino, una scatola che si era fermata prima.
Lui mi guarda con un sopracciglio alzato, ma non dice nulla. Non mi ha mai urlato, non mi ha mai sgridato pesantemente, è troppo buono con me.
Mi aiuta a mettere una piccola parte di quel che rimane dei miei ricordi di questo posto in macchina, per poi mettere anche le sue cose.
Una volta che è tutto pronto, entriamo nell'abitacolo e fissiamo per qualche secondo la casa che ci ha ospitato da quando avevo tre anni.
So che non vorrebbe tornare a Manhattan, da quando mi ha detto che dovevamo trasferirci per degli affari importanti, è sempre spento come una lampadina fulminata.
"So che non ci vuoi andare, ma è per lavoro, devo concludere degli affari importanti, non posso a distanza..." cerca di giustificarsi.
Ma io mi preoccupo più per lui, che per me. Non so se potrà sopportare di rivedere...
'Non ci pensare neanche, non la incontreremo!'
'E chi te lo dice, per quanto ne so, potrebbe essere ancora lì'
'Non la lascerà avvicinarsi"
'Si, beh forse su questo hai ragione'
Stringo forte la mano di mio padre, per qualche secondo, per poi sorridergli.
'Dobbiamo darci forza a vicenda'
Quando sento il rombo del motore, stringo tanto forte la maniglia della portiera, da far sbiancare le nocche.
Non perché io abbia paura, ricordo poco di quella notte, ma perché sono felice di conoscere finalmente la città in cui sono nata.
Guardo l'enorme villa dove vivevo allontanarsi sempre di più, fino a scomparire. Prendo un respiro profondo.
'Ormai è fatta' penso, mettendo le cuffie. Il paesaggio fuori è sempre meno nitido, fino a diventare un insieme di colori e strisce.
Mi rilasso sul sedile, concentrandomi sulla voce di Ed Sheran, mentre canta Perfect.
Attorno a noi, il paesaggio cambia, dal verde dei parchi, al grigio dei palazzi e degli enormi grattacieli.
Ho sentito dire che questa città è l'unione mal riuscita di due realtà. La natura, il verde, la spontaneità; con il grigio ed il moderno dell'uomo.
"Va tutto bene?" Mi chiede mio padre, guardando nella mia direzione per qualche secondo. Annuisco, stranita da questo suo fare premuroso.
Non dico che mio padre non mi pensi, solo che in questi giorni è diventato quasi appiccicoso.
Lo sento sospirare, per poi stringere con più forza il volante.
'So cosa stai pensando papà' gli vorrei dire. 'Non è colpa tua' appoggio la testa al finestrino, chiudendo gli occhi.
*********
"È tutta colpa tua, hai distrutto questa famiglia" mi dice mia madre con voce roca.
"Io non ho fatto niente" le dico, piangendo.
"Hai rovinato tutto!" Mi urla, prendendomi un polso e trascinandomi nella mia camera.
Sbatte la porta e, poco dopo, sento la serratura scattare, segno che sono chiusa dentro.
Prendo il lembo della maglia, e mi asciugo il viso dalle lacrime.
'Lei mi vuole bene, lei mi vuole bene...' mi ripeto mentalmente.
Ogni volta è così, quando papà va a lavoro, lei inizia a bere uno strano liquido scuro. La fa sembrare cattiva, ma so che mi vuole bene.
Mi siedo a terra, cercando di non rimettermi a piangere. Prendendo la mia bambola, e giocandoci.
L'altro giorno, di nascosto le ho tagliato alcune ciocche di capelli. Così come ha fatto mamma con me, ora mi assomiglia.
Sento la porta di casa sbattere, e la voce di papà: "Sono tornato!"
Corro alla porta, e provo ad aprirla, ma come previsto è chiusa. Provo a tirarla, a girarla più che posso, ma non si apre.
Sbuffo, sul punto di piangere.
'Perché mi ha chiuso qui? Cosa le ho fatto?' Penso, sedendomi davanti alla porta.
"Tesoro siamo quasi arrivati, svegliati" mi chiama una voce familiare.
Sbatto le palpebre più volte, prima di vedere una fila interminabile di macchine, davanti a noi.
Le strade trafficate, i marciapiedi pieni di persone di tutte le età, bambini che giocano, mamme troppo giovani, uomini d'affari e nonni che seguono i nipotini.
Non posso fare a meno di sorridere alla scena tanto descritta di una ragazza che viene tirata ovunque dal cane.
Finalmente realizzo di essere a Manhattan. In quel covo di nuove possibilità e opportunità che spero sia.
Dopo pochi minuti ci fermiamo davanti un'enorme villa. È enorme, di un bianco accecante, con delle rifiniture beige. Esco dalla macchina, guardando la mia nuova casa.
"Cosa ne pensi?" Mi chiede mio padre.
'Bella, anche se è ancora più grande della vecchia' rispondo, impiegando i un po' più del dovuto, rispetto ad una persona comune.
"Sarà" dice lui, prendendo le valige.
"Il camion arriverà tra poco" mi avvisa, leggendo un messaggio sul cellulare.
Entriamo in quell'enorme villa, fatta costruire da mio padre qualche anno fa, 'in caso ci fosse servita'.
All'entrata c'è il salone, arredato con mobili sfarzosi, proprio nello stile di mio padre.
Non dico che voglia vantarsi della nostra situazione finanziaria, solo che gli piace avere tutto quello che vuole.
Ci sono due divani a 'L' blu scuro, posizionati davanti un'enorme televisore a schermo piatto.
Collegata al salone c'è anche la cucina, super attrezzata, e molto spaziosa.
'Finalmente potrò dare libero sfogo alla mia creatività!' Penso sorridendo.
'Non che prima non potessi' mi ricorda la coscienza.
"Sapevo ti sarebbe piaciuta" sorride mio padre, per poi allontanarsi.
Di fronte l'ingresso ci sono due rampe di scale, una a destra e una a sinistra, con al centro un lampadario di cristallo.
Salgo velocemente le scale, scoprendo che sopra ci sono una ventina di stanze.
'Ma chi ci deve vivere qui dentro, l'esercito?' Guardo allibita tutte quelle porte.
"Allora, prima che tu dica qualcosa, verrà a vivere qui Adelle" dice mio padre.
Faccio una smorfia, Adelle è la donna che ci aiutava con le pulizie e, a volte, anche con la cucina.
Fin qui niente da ridire, solo che da tempo ho notato che ha un atteggiamento strano con mio padre.
Cerco la mia camera, stanca di quel viaggio.
'Ma se non hai fatto nulla!'
'Ho portato gli scatoloni giù dalle scale!'
'Sì, li hai portati'
Apro una porta beige, sperando sia la mia. Entro e trovo un letto enorme, con cuscini pelosi neri e rosa, due armadi enormi dal taglio moderno, e una finestra.
Mi affaccio, sperando ci sia una bella vista, e in effetti...
'Abbiamo un vicino davvero sexy'
Guardo un ragazzo della mia età, in quella che credo sia la sua camera, mentre si veste.
Capelli castani sparati in tutte le direzioni, come se al posto del phon avesse usato un aspirapolvere, eppure risaltano gli occhi scuri, come rami di una fitta foresta; per non parlare del fisico scolpito, che io sogno solamente...
'Hai finito di fargli i raggi x?'
'Io non sto facendo i raggi a nessuno!'
'Ma lui si...'
Mi abbasso a terra di scatto, arrossendo. Mi ha vista.
Spazio autrice
Spero che questa nuova storia vi piaccia (questa volta d'amore).
Mi raccomando, lasciate una stellina o un commento! ⭐💬
Baci
Liar꧂
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