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Capitolo 9.

Appena supero la soglia di casa, salgo le scale e vado di corsa in camera mia. È stata una giornata intensa, spero che non accada nulla di tragico questa sera. Sono stanca e mi fa male la testa, non ho alcuna intenzione di studiare. Voglio farmi un doccia calda e riposarmi.

Vado in bagno, accendo la stufa e inizio a spogliarmi. Nel frattempo apro l'acqua perché ci mette un po ad arrivare quella calda. Mi do una rapida occhiata allo specchio e noto che non ho un bell'aspetto. Ho gli occhi gonfi e rossi causati dal pianto, tutto il mascara è colato facendomi sembrare un panda e, inoltre, sono pallida.

L'acqua calda, quasi bollente che punzecchia la pelle, mi fa sentire subito più rilassata. Sento come se la tensione nei muscoli inizia a sciogliersi e anche i mille pensieri che ho in testa ritornano ognuno al suo posto.

Mi vesto infilandomi un paio di leggins e una felpa, preferisco stare comoda dentro casa, sopratutto ora che voglio stendermi sul letto.
Mi metto sotto le coperte e lentamente il sonno prende il sopravvento.

«Noo Mammaa» Mia madre è stesa a terra, in mezzo alla strada, su una pozza di sangue, qualcuno deve averla investita. Le corro incontro per vedere se é ancora viva. «Mamma, ti prego rispondi.» Inizio a strattonarla ma da lei non ricevo alcun segno. Non può essere tutto vero, perché tutto a me?! Intorno a me e mia madre si sta creando un cerchio di persone che parlano tra di loro e in lontananza sento il suono di un'ambulanza. Credo sia per la mamma.

Un infermiere mi prende le braccia e cerca di portarmi via. «Signorina non puoi stare qui» mi dice.

«No no, la prego..» urlo perché sembra che non mi senta. «È mia mamma» Inizio ad agirartmi. «Mi faccia restare, per favoree..» non capisco perché non riesce a sentirmi.

Mi sveglio di scatto, mi metto seduta sul letto e accendo la luce. Ho il cuore che potrebbe esplodere da un momento all'altro, per fortuna era solo un sogno. Non ce l'avrei fatta a sopportare un dolore così grande.

Prendo il cellulare per vedere che ore sono, le 18:05. Ho dormito un paio di ore, credo che possano bastare. Mi sento riposata fisicamente ma non mentalmente, ho ancora un tremendo mal di testa e credo che sia causato anche dall'incubo. Nel mobiletto del bagno prendo un'aspirina e scendo in cucina per metterla in un bicchiere e bere la medicina.

Credo che per distrarmi un po devo trovare qualcosa da fare. L'idea migliore è quella di scrivere e sará proprio quello che farò.
Nella libreria della mia camera afferro la mia agenda, in cui annoto tutti i miei pensieri e apro una pagina pulita per scrivere.

Martedì, 19 gennaio 2016

La vita è come un libro. Ogni capitolo corrisponde ad un mese, ogni pagina corrisponde ad un giorno, ogni riga ad un'ora e così via. Così come nei libri, non sai mai cosa ti riserva la pagina successiva, allo stesso modo, nella vita, non sai cosa dovrai affrontare il giorno dopo. Il mio libro, fin'ora, non è stato uno dei migliori. Il mio passato mi ha fatto conoscere più volte la parola dolore e la parola tristezza. Due parole così diverse ma che viaggiano all'unisono. Aveva ragione il filosofo Emil Cioran quando diceva che 'La tristezza è un appettito che nessun dolore sazia'. Non so chi abbia scritto il libro della mia vita, ma chiunque esso sia ha deciso di inserire interi capitoli drammatici che hanno segnato l'adolescenza. In questi ultimi giorni, le pagine che ho letto sono state colorate e divertenti, fino a quando, oggi, quella chiamata, ha colorato di nero il mio animo. Sapere che la mia migliore amica è in coma, è stato un colpo basso. Senza di lei, probabilmente io non sarei qui e ora sento che il mondo mi è crollato di nuovo addosso e questa volta devo reagire da sola, senza il suo aiuto. Forse, il destino sta mettendo alla prova le mie capacità e vuole che restituisca il favore alla mia amica. Affronterò con lei ogni giorno come abbiamo fatto fino ad ora, l'aiuterò a farla uscire dal coma e insieme scopriremo cosa ci riserveranno le prossime pagine dei nostri libri.

Scrivere, tutto quello che mi passa per la testa, mi aiuta ad andare avanti e svuotare la mente, perché le paure, le ansie espresse si attenuano e in parte vengono superate.

Sento qualcuno che sta salendo le scale, credo sia mia madre che è tornata dal lavoro, almeno spero. Sento bussare alla porta: «Posso?» chiede e riconosco dalla voce che è la mamma.

«Si si, entra» dico.

Metto via l'agenda e andiamo a sederci entrambe sul letto: «Come sta Margot?» chiede.

«Lei..è in coma» dico con la voce tremante cercando di sopprimere le lacrime.

La mamma è sconvolta, mi fissa con gli occhi lucidi e le mani davanti alla bocca. Anche per lei è un colpo basso, Margot veniva quasi ogni giorno a casa mia perché abitiamo a pochi isolati e per mia mamma è come una figlia. Lei c'è sempre stata quando ne avevo bisogno, è merito suo se ho superato la depressione.

Mi abbraccia e inizia a piangere e contagia anche me. «Mi dispiace tanto» sussurra.

Dopo qualche minuto si alza dal letto e si asciuga il volto: «Dopo chiamerò i suoi genitori» dice sorridendo. «Ora inizio a preparare la cena, ti chiamo più tardi»

Annuisco e mi sdraio sul letto.

La cena trascorre lentamente e in casa c'è un silenzio imbarazzante. L'unica cosa che mi mette felicità è la pizza fatta dalla mamma, è morbida e croccante ai lati ed è fina, proprio come piace a me. Non avevo fame fino a qualche minuto fa, ma il profumo della pizza mi ha messo l'acquolina in bocca e mi ha fatto venire l'appettito.

Mi alzo e vado ad accendere la tv per rompere questo silenzio doloroso. Dopo aver fatto zapping tra i vari canali, la mamma mi chiede di mettere un telegiornale per sapere cosa sta succedendo nel mondo. Proprio non mi va di sentirlo. Credo che possano bastare le brutte notizie per oggi. Dopo un po una notizia attira la nostra attenzione. Stanno parlando dell'incidente Margot. A quanto pare è stata investita da una moto mentre lei attraversava la strada e ha battutto la testa. La polizia ha aperto un'indagine per scoprire chi si nasconde sotto quel casco. Spero lo trovano in fretta.

Mentre sparecchio il tavolo, suona il campanello. Vado ad aprire e mi trovo davanti a me Jason, con un dvd e un pacco di patatine. Ma è pazzo?

«Cosa ci fai qui?»

«Pensavo ti avesse fatto piacere passare una serata in compagnia» abbassa lo sguardo poi prosegue: «se non è così posso andare via..»

«No, entra. Sono stata sorpresa dal vederti qui.» dico ed è la verità.

«Tesoro chi è?» sento mia madre urlare dalla cucina, mentre si affaccia per vedere.

Jason è in imbarazzo e mentre passa la mano tra i suoi capelli dice: «Buonasera signora Cooper, sono Jason Parker, un amico di Flaminia. È un problema se passo la serata qui con lei, a vedere un film?»

«Oh ciao, è un piacere conoscerti, puoi chiamarmi Bianca. Ci siamo già visti vero? E comunque non c'è problema, potete occupare la sala o salire in camera.» la mamma ha un sorriso stampato in faccia e ogni tanto mi lancia occhiatine, so gia cosa sta pensando.

«Si ci siamo visti quando sono venuto a parlare con Flaminia, ma non ho avuto modo di presentarmi» dice Jason.

«Okay.. Noi andiamo» dico per non sentire più questa messinscena. È abbastanza imbarazzante e ridicolo.

Saliamo le scale per andare in camera mia e vedere il film al computer. «Hai un futuro da attore» gli dico. «È incredibile come fingi di essere un ragazzo gentile»

«Ehi ehi, io lo sono sempre» ridacchia e il suo sorriso mi tira subito su di morale.

La serata con Jason è piacevole, abbiamo riso e scherzato e sono riuscita a non pensare a quello che è successo. Il film è davvero bello, l'ha scelto lui e si chiama "American Sniper" e per mia fortuna non è una storia d'amore. Appoggio la testa su di lui perché inizio a sentire la stanchezza che mi assale ma cerco di concentrarmi, lo stesso, sul film.

Apro gli occhi e mi ritrovo sdraiata sul letto con la testa appoggiata al suo petto e il suo braccio attorno alle mie spalle. Non ricordo di essermi addormentata e sopratutto di esserci sdraiati. Ma che ore sono? Non ho passato la notte con lui vero?

«Ben svegliata» dice Jason sorridendomi. «Fai tenerezza quando dormi, non ho voluto svegliarti.»

«Che ore sono?» chiedo nel panico, mettendomi a sedere. Noto solo ora che il film è finito quindi presumo sia tardi.

«Quasi mezzanotte e penso che sia ora che io vada» dice.

Annuisco e lo accompagno all'uscita. «Grazie» mi sento in imbarazzo non mi era mai successo che un ragazzo volesse passare la serata con me e che io mi addormentassi su di lui.

«Shh. Buonanotte e a domani» fa lui stampandomi un bacio sulla fronte e va via.

Devo ammettere che è stato molto gentile e ha salvato la mia serata dalla depressione. Ripensandoci, inoltre, non ho fatto incubi mentre ho dormito con lui.

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