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Capitolo 4.

Dopo una settimana faticosa e molto diversa dalle altre, finalmente è domenica. Nei giorni scorsi, non sono riuscita a parlare con Jason perché non mi ha dato la possibilità, ma non posso biasimarlo.

La sveglia suona alle 8:00 e poco dopo mi alzo. Vado in bagno e mi inizio a lavare e preparare per uscire. Nell'armadio ho trovato un vestito nero con dei fiori bordeaux, è molto bello, quindi decido di metterlo insieme a delle calze nere e degli stivaletti. Mi guardo allo specchio, mi piace come mi sta addosso, anche se è largo in vita. Probabilmente negli ultimi anni sono dimagrita.

Esco da casa alle 9:00, per andare a prendere Margot, andremo a fare colazione e poi al centro commerciale. Non so cosa mi aspetta ma sono pronta al peggio. Quando arrivo da lei, con mia grande sorpresa, scopro che è già pronta. Stranamente fa sempre tardi e sono costretta ad aspettarla un quarto d'ora, in macchina.

«Buongiorno» dice Margot, con un sorriso smagliante, mentre sale in macchina.

«A te» le rispondo. «Dove vuoi andare a fare colazione?»

«Andiamo da Sweet Bakery» replica, mentre si allaccia la cintura.

La colazione scorre molto velocemente e per iniziare al meglio la giornata ho ordinato un cornetto alla crema e un cappuccino.

Margot ed io parliamo del più e del meno. Lei mi racconta dei suoi pomeriggi ricchi di impegni, a differenza dei miei che sono monotoni. Io vorrei raccontarle di Jason, per sapere il parere di un'amica, ma non so come iniziare il discorso. Mi prometto che glielo dirò alla fine della mattinata, quando stiamo tornando a casa.

Il centro commerciale è pieno di gente, nonostante sia domenica mattina. Iniziamo a girare i negozi e Margot si è proposta di diventare la mia stilista per un giorno, così mi toccherà provare tutti i vestiti che vuole lei. Iniziamo bene.

Il primo vestito che provo é orribile: é rosa antico con alcuni dettagli in pizzo. Il secondo è una gonna lunga con un top sopra. Mi sento molto campagnola, non riesco a guardarmi neanche allo specchio. Non era proprio questo che intendevo con la parola "cambiamento". Esco dal camerino e Margot inizia a osservarmi nel dettaglio.

«Mi piace molto, sai» dice, convinta.

«Spero che tu stia scherzando, non ce li spendo i soldi per questo straccio» rispondo mentre rientro in camerino e Margot scoppia a ridere.

Il terzo vestito è nero. Lo provo è un modello stretto e corto, fino a metà coscia. Mi piace, ma non ho idea di dove potrei andare conciata così.

«Questo è l'unico che si salva» dico mentre apro la porta del camerino.

«Wow...ti sta benissimo, dovresti prenderlo e metterlo questa sera»

«Questa sera ?» chiedo stupita.

«Jason non ti ha invitata? Fa una festa, nel locale del padre, con alcuni amici.»

Ovvio che non mi ha invitata, non mi rivolge nemmeno uno sguardo ora. «Abbiamo discusso, non ci parliamo» replico con un filo di tristezza.

«É successo qualcosa che dovrei sapere?» chiede Margot con aria sospetta.

Appena usciamo dal negozio, senza comprare nulla, decido di raccontarle tutto quello che è avvenuto martedì pomeriggio. Mi obbliga a chiarire con lui perché ho reagito in modo esagerato. Mi propone diverse soluzioni ma quella più fattibile è parlarci a faccia a faccia, oggi pomeriggio a casa sua.
Quando tornerò a casa, deciderò sul da farsi, ora non voglio pensarci.

Continuiamo il nostro giro per i negozi e compro due paia di pantaloni, cinque maglioncini, due camicette e una gonna. Margot si è comprata l'ennesimo paio di scarpe e alcuni vestiti per le feste, tra cui quella a cui deve andare questa sera.

Torno a casa e sono le due del pomeriggio. In camera, ripongo subito i vestiti nuovi nell'armadio e in una busta, trovo il foglietto con l'indirizzo di casa di Jason, che mi aveva scritto Margot. Lo infilo nella tasca posteriore dei miei jeans, per non perderlo e scendo in cucina. La mamma sta preparando il pranzo, dal profumo capisco che è la pasta col ragù e mi viene subito molto appetito.

«Cosa ti sei comprata?» mi chiede, sfoggiando un sorriso caloroso.

«Un po di tutto e di nero solo una camicetta e una gonna» Non mi va di descriverle tutti i vestiti, li vedrà quando li indosserò.

«Oh, va bene» sorride. «Il pranzo è quasi pronto.»

Dopo essermi abbuffata, vado in camera. Do uno sguardo all'agenda e noto che non ho molto da studiare per domani. Non so se esserne felice, perché questo significa che ho il tempo per andare da Jason. Non so cosa devo dirgli di preciso, spero di non iniziare a farfugliare cose senza senso, come succede ogni volta che mi sale il panico. Il mio subconscio mi chiede se voglio davvero perdonarlo, ma alla fine non ha fatto nulla di grave e sarebbe da immaturi non chiedere scusa. Perdonarlo non significherà nulla, tornerà tutto come prima: compagni di classe e nient'altro.

La sua casa è molto bella e grande. Parcheggio sul vialetto e mi faccio coraggio a citofonare. La porta viene aperta da una signora che probabilmente é la madre di Jason, vista la somiglianza. È alta, ha i capelli biondi, raccolti in uno chignon, e gli occhi verdi come quelli del figlio. Indossa un tailleur grigio, dal quale capisco che lavora in un ufficio o in qualche altro luogo formale.

«Come posso esserti utile, cara ?» sfoggia un sorriso caloroso come se già mi conoscesse.

«Ehm..sono un amica di Jason, potrei parlargli?» le chiedo con un filo di voce mentre barcollo. Una parte di me prega che non sia in casa. È stata una pessima idea venire fino a qui.

«Si, entra, accomodati che lo vado a chiamare.» mi invita ad entrare, vengo assalita dal panico, vorrei dirle che posso rimanere sulla porta ma le mie gambe hanno agito d'istinto.

Il soggiorno è immenso. Mi fa accomodare sul divano. Inizio a guardarmi intorno, sono circondata da vetrate e da un arredamento ultra moderno, bianco e nero, proprio come piace a me. Ho appena notato che c'è un gatto nella stanza, che cerca di capire chi sono. Lo faccio avvicinare e inizio a fargli le coccole che subito apprezza.

«Lui è Edvige»

Riconosco questa voce, è Jason. Alzo lo sguardo e sta davanti a me. Oddio, ora cosa faccio?

«Edvige è il nome della civetta di Harry Potter» replico. È l'unica frase stupida e insensata che il mio cervello é stato in grado di formulare.

«Lo so, ma, mi piaceva il nome e poi sono dello stesso colore.»

«Già» non so cos'altro aggiungere.

«Come mai sei qui, Flaminia ?» chiede con aria strafottente, evidenziando bene il mio nome. Devo mantenere la calma  se non voglio litigarci di nuovo, oggi.

«Dovrei parlarti» la mia voce è insicura e la mia voglia di scappare è aumentata.

«Allora saliamo in camera.» replica mentre si aggiusta i capelli.

Perché proprio in camera? Va benissimo anche qui o magari fuori.

La sua camera è ordinata più della mia, non sembra che sia di un ragazzo. Le pareti sono bianche e una è blu scuro, ha il letto matrimoniale e uno scaffale pieno di libri. Non pensavo che leggesse. Rimango sorpresa. Non sembra una stanza adatta a lui, ma forse in realtà ha un carattere diverso da quello che mostra.

«Cosa vuoi dirmi?» chiede mentre si siede sul letto davanti a me.

«Senti, martedì scorso mi sono comportata male con te e volevo chiederti scusa» abbasso lo sguardo, non mi sono mai sentita così a disagio e non mi era mai capitato di dover chiedere scusa. Poi, proseguo: «Mi fa arrabbiare il tuo atteggiamento strafottente nei miei confronti e dirmi che sono cattiva con te, mi ha fatto sclerare.»

Si alza in piedi e mi sorride. «Sei tutta rossa»

Tra tutte le cose che poteva dirmi, questa avrebbe potuto evitarla. Certe cose mi mettono in imbarazzo, soprattutto lui. Non avevo mai notato quanto fosse bello il verde dei suoi occhi. Sola ora mi rendo conto che in cinque anni non ci siamo mai guardati così bene negli occhi.

«Se fossi stato un altro ragazzo avrei accettato le tue scuse, ma io preferisco che tu esca con me» replica con tono divertito e con la certezza che io accetti.

Non capisco se si sta prendendo gioco di me, ma, mi sento quasi obbligata ad accettare. «Va bene, accetto»
Che sarà mai, mi ripeto.

Il viso di Jason s'illumina di felicità e mi abbraccia. Sono sorpresa da questo gesto e vorrei tanto sapere perché ci tiene tanto a uscire con me.
Tra i miei capelli farfuglia un "grazie" e io non so cosa rispondere.

Mentre mi accompagna all'uscita mi propone di andare alla festa organizzata da lui questa sera, dove ci saranno anche Margot e Dakota, ma io non andrò perché non mi piacciono le feste.

«Allora domani pomeriggio passo a prenderti e non puoi rifiutare» replica, mentre apre il portone di casa.

«Eh va bene» sbuffo. «A domani, Jason»

«A domani, Flaminia».

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