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Capitolo 1.

Stiamo a Gennaio e come ogni anno "anno nuovo, vita nuova". Come tutte le persone, credo, anch' io sono una di quelle che aspetta l'inizio del nuovo anno per progettare i buoni propositi.
Questa volta in lista ho: migliorare il mio aspetto fisico e il mio carattere, seguire dei corsi per approfondire l'inglese, viaggiare e tentare di odiare meno persone. Sul primo punto mi sento abbastanza convinta, mentre l'ultimo lo vedo difficile visto le persone che ci sono in giro.

Domani rinizia la scuola dopo le vacanze di Natale. Dopo venti giorni buoni passati a non fare nulla dalla mattina alla sera si ritorna su quei banchi, tanto odiati da noi alunni ma allo stesso tempo tanto amati perché sono fonte dei nostri disegni più improbabili e discorsi senza senso col vicino di banco. A pensarci su la scuola non è poi così male, d'altronde è lì che nascono tutte le amicizie, gli amori, i momenti più belli come quelli brutti. Per questo inizio del pentamestre parto proprio con la scuola per cambiare me stessa, migliorare il mio carattere e magari trovare un ragazzo.

Sulla questione ragazzi c'è da dire che dopo l'ultimo ragazzo, penso si chiamasse Christian, avevo deciso di farla finita fino a quando non completavo i miei studi. Questa decisione era nata da quanto mi aveva fatta soffrire, portandomi fino all'autolesionismo e a farmi diventare quella che sono ora, scontrosa e di poche parole. Adesso è arrivato il momento di cambiare pagina, di chiudere definitivamente le ferite e riniziare a vivere. Voglio ricominciare godendomi ogni giorno, ampliando le amicizie e conoscendo qualcuno che è disposto a sopportarmi e amarmi per quello che sono. Per fare questo confido nell'inizio di questo nuovo anno.

È sera. Sono agitata per il rientro a scuola, non so perché in realtà, neanche se fosse il primo giorno in una nuova scuola, forse mi emoziona l'idea del cambiamento, forse il pensiero di rivedere i miei compagni, non lo so. Per iniziare al meglio ho deciso di cambiare anche il mio aspetto estetico. Niente più vestiti neri, niente più felpe immense che coprono più della metà del mio corpo e meno trucco sugli occhi.

Apro l'armadio sperando di avere un'illuminazione per un outfit decente, quello che trovo sono un paio di jeans scuri strappati alle ginocchia, un maglioncino bordeaux e un paio di converse bianche. Decido di provarli per vedere come stanno su di me e la prima cosa che penso davanti allo specchio è: "Questa sono io". Fa strano vedermi così, vestita in modo femminile e colorato, il bordeaux mi dona e mi piace come si abbina con i miei capelli ramati. I jeans sono molto attillati e il maglioncino non troppo largo, mi fanno sembrare più magra.

Sono sempre stata convinta che vestirmi totalmente di nero fosse come uno scudo, una protezione dalla vita e che gli altri mi vedessero come una forte ma, adesso, davanti a questo specchio, sembra diverso, sembra l'esatto contrario. Forse è solo una questione psicologica momentanea ma mi sento più sicura.

Un'altra sorpresa sarà domani mattina quando andrò a truccarmi e invece di seguire la mia solita routin con tanto di linea spessa di eyeliner, mascara e rossetto metterò solo un filo di mascara.

Suona la sveglia. Mi ero dimenticata di quanto fosse stridulo e fastidioso il suo rumore alle 7.00 del mattino. È talmente forte che penso si senta fino al piano di sotto, ma, d'altronde, così deve essere per una dormigliona come me che non sentirebbe neanche se qualcuno entrasse in casa.
Non è possibile che sia già ora di alzarsi, sembrano passati solo cinque minuti da quando mi sono addormentata. Spero che il mio telefono sia andato di matto e siano solo le 2.00. Accendo lo schermo e a fatica leggo "7.00 - Lun 8 gennaio 2016".

Stavo quasi per riaddormentarmi quando ad un certo punto mia madre piomba nella mia camera «svegliati, altrimenti farai tardi!»
«Sono sveglia» replico in tono scocciato.

Ci metto un po' ad alzarmi dal letto e scendere in cucina. Faccio colazione con la mia solita tazza di latte piena di cereali. Mentre giocherello con gli ultimi cereali rimasti nella tazza, mi chiedo se sono veramente pronta per questo cambiamento. Ieri sera ero così convinta, ma oggi é diverso. Una parte di me dice che lo devo fare e non c'è giorno migliore di oggi per iniziare, l'altra parte di me, il diavoletto, mi tormenta dicendo che non bisogna cambiare affatto se non voglio essere schiacciata dal mondo intero. Dopo circa cinque minuti mi decido e vado a prepararmi.

Appena entro nella doccia faccio scorrere l'acqua calda sulla mia pelle e i miei pensieri aumentano.
Chissà cosa penseranno i miei amici di me, di questo mio cambiamento. Saranno felici? E se dicono che stavo meglio prima ?
Forse penso troppo e mi faccio troppe paranoie. Quando mi ricordo che devo lavare i capelli mi accorgo che sto già facendo ritardo.

Mentre esco dalla doccia, sento mia madre che bussa alla porta che vale a dire "sbrigati". Mi vesto velocemente e inizio ad asciugare i capelli. Decido di non passarmi la piastra perché stranamente mi piacciono come sono venuti: mossi e luminosi. Lego con due fermagli i ciuffi più corti in modo che non vanno davanti agli occhi e inizio a truccarmi. Come avevo pianificato ieri sera decido di mettere solo del mascara e un burrocacao per idratare le labbra.

Finalmente sono pronta. Resto davanti allo specchio per qualche secondo e ciò che vedo è qualcosa di strano ma che mi piace. Credo che ci metterò un po' ad abituarmici ma ne varrà la pena.

Scendo in cucina, dove trovo mia madre presa dalle notizie del giorno e non si accorge nemmeno della mia presenza.

«Mamma io vado» le dico prendendo il mio zaino. Cerco di scappare prima che si giri e noti il mio cambiamento ma non faccio in tempo.

«Flaminia sei proprio tu?» mi chiede con tono sorpreso.

Vorrei uscire di casa senza darle una risposta. Si sta materializzando una delle mie ansie. Non sono capace di affrontare un dialogo su questo argomento soprattutto con mia madre ma sono sicura che al ritorno da scuola mi riempirà di domande.

«Sì, sono io» replico con uno dei sorrisi più ebeti della mia vita. Una risposta stupida ad una domanda stupida, d'altronde. Chi mai voleva essere? «Ora devo andare, a dopo»

«Quando torni mi spiegherai tutto. Buona scuola» mi dice cercando di mascherare la sua felicità, ma, ovviamente, non ci riesce.

Esco di casa e il freddo mi travolge. Mentre vado alla fermata del pullman inizio a pensare a come affrontare il discorso con mia madre.
Ho deciso di cambiare perché... perché si. Oppure voglio tornare una ragazza normale. Altrimenti le dirò qualcosa di stupido per esempio ho ritrovato questi vestiti e li ho messi.
Sapevo che mi avrebbe messo in difficoltà, dovevo pensare a tutte le conseguenze ieri sera e pianificare ogni giustificazione così era tutto più facile.

In fermata ci sono le solite persone. Il ragazzo secchione di turno, una donna che va a lavoro e una ragazzina di primo che mi sta scrutando già abbastanza da farmi innervosire. Vorrei girarmi e dirle "c'è qualche problema? Cos'hai da guardare?" ma per il quieto vivere resto zitta.

Il viaggio in pullman è abbastanza tranquillo. Mi bastano un paio di cuffiette con della buona musica, il posto vicino al finestrino e potrei affrontare un viaggio di 5 ore. Mentre ascolto "Beautiful Day" degli U2, la mia tensione inizia a sciogliersi e il mio animo si riempie di felicità. Questa canzone mi mette allegria, forse il ritmo o forse le parole mi danno la carica giusta per affrontare questa giornata.

Quando sto per arrivare a scuola, mi arriva un messaggio di Margot con su scritto *Flam, ci vediamo al solito posto. Ti aspetto*

Nelle scuole, o almeno nella mia, ogni mattina prima che suoni la campanella, ci ritroviamo tutti sull'atrio e ogni gruppo ha un suo punto di ritrovo. Solitamente le mie amiche ed io ci ritroviamo sempre vicino al cancello. È una sorta di tradizione che è entrata a far parte della routine.

Al messaggio non rispondo perché sono arrivata e a pochi passi sarò lì. Ogni passo corrisponde ad un chilo di ansia in più nel mio corpo. Più mi avvicino al cancello più ho voglia di scappare. Mi manca l'aria, spero di riuscire a gestire la situazione.

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