Il ritratto del proibito (I)
Storia scritta per il 17° Italian P0rn Fest
Fandom: Kimetsu no Yaiba/Demon Slayer
Personaggi: Akaza/Hakuji Soyama/Kyojuro Rengoku
Prompt: School!AU - Professor!Rengoku e StudentTwin!Akaza/Hakuji, "Sarò io il primo a conquistare il cuore di Rengoku-san!" "Tienitelo pure. A me interessa decisamente di più il suo bel fondoschiena."
«Akaza? Akaza! Ti sei svegliato solo venti minuti fa e già dormi di nuovo?»
Akaza sbatté le palpebre con fare contrariato, infastidito dall'improvvisa luminosità – e dal tono di voce saccente di Hakuji – che lo aveva fatto ridestare dal pisolino che aveva deciso di schiacciare in attesa dell'arrivo del professore. Grugnì qualcosa in risposta e allungò la mano per riprendersi il libro che aveva usato per coprirsi il viso, strappandolo dalle dita del gemello per riappoggiarlo sulle proprie guance e sulla fronte.
«Lasciami in pace. Lo sai che stanotte ho fatto tardi e adesso ho sonno. Ho bisogno di recuperare le energie, e siccome sappiamo benissimo che quel vecchio matusa di Urokodaki ci mette mezz'ora per arrivare in classe, ne approfitto per dormire un altro po'.» Disse, parlando contro le pagine bianche del volume di storia e allungando meglio le gambe sul banco.
«Ti bocceranno, se continui così.» Rispose Hakuji, sospirando rassegnato nel vedere il fratello sdraiarsi in maniera scomposta, la sedia pericolosamente in bilico su due piedi.
«Me ne farò una ragione.» Controbatté Akaza, sogghignando appena da sotto il libro, decretando così la fine di quel battibecco.
Era sempre così, tra lui e suo fratello. Hakuji non era il più bravo della classe, ma cercava di mantenere i voti alti e di causare meno disturbo possibile. Akaza, dal canto suo, se ne infischiava altamente delle regole e dello studio: ribelle, con i capelli tinti di un rosa shocking e i piercing alle orecchie, tatuato e svogliato. In quegli anni di scuola superiore, aveva evitato la bocciatura per un soffio e solo grazie all'aiuto di suo fratello che un po' gli faceva da tutor. Adesso che si trovavano all'ultimo anno, la sua voglia di studiare era venuta ancora meno, soprattutto nei confronti di quella materia noiosa insegnata da un professore altrettanto noioso e dalle capacità oratorie pari a quelle di un bradipo – secondo il modesto parere di Akaza.
Proprio mentre la sua mente tornava ad annebbiarsi, trascinandolo dolcemente nel mondo dei sogni con il vociare dei compagni a fare da sottofondo, qualcuno aprì con enfasi la porta della classe, facendola sbattere con un tonfo che fece sobbalzare tutti quanti. Akaza rischiò di cadere all'indietro, preso alla sprovvista, e si aggrappò al bordo del banco giusto in tempo, evitando così di finire gambe all'aria e di farsi molto, molto male.
«Buongiorno!»
Una voce alta e squillante, diversa da quella soporifera di Urokodaki, sovrastò il chiacchiericcio concitato dei ragazzi. L'intera classe si mise in piedi, rispondendo tentennante al saluto di quello che non era il loro solito professore di storia. Akaza si ricompose senza però riuscire ad alzarsi in tempo per vedere il volto del nuovo arrivato che adesso dava le spalle a tutti mentre scriveva qualcosa sulla lavagna.
«Io sono Rengoku Kyojuro e sarò il vostro insegnante di storia per i prossimi mesi.» Disse l'insegnante girandosi verso quelli che erano appena diventati i suoi studenti, un largo e raggiante sorriso dipinto sulle labbra.
Akaza sentì il proprio cuore fermarsi un attimo, fare un triplo salto carpiato con doppio avvitamento, per poi riprendere a battere furioso nel suo petto. Non avevano mai avuto un professore tanto giovane, bello e aitante. Gli era bastato vedere il suo sorriso, incrociare i suoi occhi grandi che avevano qualcosa di magnetico, posare lo sguardo su viso dai lineamenti perfetti per sentirsi totalmente attratto da lui. Chi glielo aveva mandato? Era forse un angelo?
«Cos'è successo a Urokodaki-sensei?»
Qualcuno pose quella domanda che alle orecchie di Akaza suonò così stupida e senza senso. A chi importava sapere che fine avesse fatto quel vecchiaccio quando avevano davanti agli occhi un dio greco in carne e ossa?
«Sfortunatamente, si è rotto una gamba durante una delle sue passeggiate. Il medico gli ha ordinato riposo assoluto per almeno tre mesi, quindi sarò io ad accompagnarvi da oggi fino alla fine dell'anno.» Rispose Kyojuro, senza mai perdere il sorriso raggiante dalle labbra.
Akaza quasi esultò nell'apprendere quella notizia e spostò lo sguardo in direzione del gemello, cercando un contatto visivo con lui per condividere silenziosamente la sua gioia. Tuttavia, Hakuji non si era girato a guardarlo come era suo solito fare: il ragazzo dai capelli corvini se ne stava seduto ritto, gli occhi azzurri fissi sul professore, le labbra lievemente schiuse e un leggero rossore a imporporargli le guance. Akaza rimase interdetto per un lungo attimo, le sottili sopracciglia aggrottate per l'improvvisa sensazione di contrarietà che lo aveva investito nel vedersi ignorato dal fratello e nello scorgere il modo in cui questi stava guardando il nuovo insegnante di storia.
Sbuffò appena e riportò l'attenzione su Kyojuro che, nel frattempo, si era girato nuovamente di spalle per riprendere a scrivere sulla lavagna e iniziare così quella lezione di storia. Gli occhi ambrati di Akaza vagarono sulla figura del professore, soffermandosi più di una volta sui muscoli ben delineati che si intravedevano da sotto la camicia bianca, sui capelli insolitamente biondi così simili ad una folta e indomabile criniera e sul sedere tondo e sodo. Quell'uomo aveva un fisico prestante – forse frutto di un qualche tipo di allenamento costante nel tempo – ed emanava un'aura forte e carismatica al tempo stesso.
Akaza moriva dalla voglia di conoscere meglio quel giovane professore, di scoprire cos'altro si nascondeva sotto quegli strati di stoffa e dietro quel sorriso cordiale. Nessuno, prima di lui, gli aveva mai fatto quell'effetto; e dire che era stato con molti ragazzi e altrettante ragazze, eppure non aveva provato, in nessun caso, quello stesso e identico desiderio che gli aveva appena acceso ogni terminazione nervosa. Era una sensazione così calda e piacevole.
Si perse a fantasticare senza ritegno, senza ascoltare una singola parola di ciò che stava spiegando Rengoku. Gli capitava spesso di distrarsi, ma stavolta era diverso. La voce quasi tonante del professore avrebbe fatto sì che anche i muri e i banchi potessero seguirlo nel suo discorso – a differenza del tono basso e lento con cui spiegava Urokodaki, che faceva sempre addormentare tutti –, ma Akaza era troppo impegnato a seguire ben altro: gli piaceva come si muovevano i muscoli fasciati dalla camicia e quel culo, che se ne stava stretto dentro il pantalone scuro, sarebbe stato capace di far perdere la concentrazione a chiunque.
La lezione di storia finì in un battito di ciglia, o almeno così sembrò ad Akaza. Non era mai successo che un'ora passasse tanto velocemente e quasi si dispiacque nel non poter godere ancora un po' della compagnia – e della splendida visuale del corpo muscoloso e del fondoschiena – di Kyojuro. Lo guardò uscire dalla classe con passo sicuro e giurò di averlo visto accennare un sorriso nella sua direzione, prima di lasciare del tutto l'aula. Il suo cuore fece un altro triplo salto mortale.
«Ma quanto è figo Rengoku-sensei!»
Le sue compagne di classe non persero tempo a riunirsi in un capannello starnazzante di pettegolezzi, ma non poté fare a meno di concordare con loro: Kyojuro era figo, bello, forte e lo voleva tutto per sé. Quel pensiero molesto si insinuò nella sua mente con una velocità disarmante, e altrettanto velocemente Akaza ne accettò l'esistenza. L'interesse che aveva provato sin dal primo sguardo gli aveva semplicemente fatto capire di aver finalmente trovato qualcuno capace di scuotergli l'anima, che avrebbe potuto tirarlo fuori dalla noia e dalla monotonia con cui viveva le sue giornate.
Solo un'altra cosa, all'interno della sua vita, era stata capace di fargli lo stesso, elettrizzante ed euforico effetto: il jujutsu. E anche in quel caso, non ci aveva pensato su due volte a seguire quell'improvvisa scintilla di vitalità che lo aveva appassionato tanto da riuscire a fargli guadagnare senza problemi la cintura nera del primo dan – pur essendo ancora tanto giovane. Quando voleva qualcosa, Akaza la otteneva a ogni costo, e in quel momento ciò che desiderava con tutto sé stesso era riuscire a conquistare l'attenzione del professore; poi si sarebbe preso anche tutto il resto.
«Akaza, hai visto quanto è giovane il nuovo insegnante? Secondo me, avrà solo dieci anni più di noi.»
La voce di Hakuji lo trascinò bruscamente fuori dai propri pensieri, portandolo nuovamente a contatto con la realtà. Akaza puntò le iridi ambrate sul viso del gemello che si era avvicinato al suo banco e ne studiò i lineamenti; aveva ancora le guance leggermente imporporate e gli occhi azzurri animati da uno scintillio che non aveva mai visto prima – forse solo quando Hakuji stava ancora con Koyuki, l'ex fidanzata storica, Akaza aveva intravisto qualcosa di simile nel modo in cui suo fratello era solito guardare la propria ragazza. Kyojuro gli piaceva e non stava nemmeno provando a nasconderlo.
«Ti piace, eh?» Chiese senza mezzi termini, sfoderando quel suo ghigno provocatorio capace di far indispettire il fratello.
Hakuji non rispose; si limitò ad arrossire maggiormente, lo sguardo fisso negli occhi di Akaza che erano tanto simili quanto diversi dai suoi. Se gli piaceva il professor Rengoku? Dire che era stato amore a prima vista sarebbe stato riduttivo. Aveva sentito qualcosa scuoterlo con violenza, come se un fulmine fosse caduto improvvisamente giù dal cielo e lo avesse colpito in pieno.
Anche se lo sguardo di Akaza continuava ad essere persistente e quasi derisorio, Hakuji lo sostenne senza sentirsi in difetto o particolarmente imbarazzato. Se conosceva bene suo fratello per come sosteneva di fare, sapeva con certezza che anche lui aveva provato qualcosa nel vedere entrare il nuovo insegnante. In fondo, avevano gusti molto simili; tanto simili da portarli spesso a competere tra di loro. Persino con Koyuki, all'inizio, era stato così. Entrambi si erano invaghiti della ragazza e, per un po', se l'erano contesa come fosse un trofeo da conquistare. Ma poi Akaza si era stancato di rincorrerla e aveva deciso di lasciarla perdere per puntare ad altro.
«Perché, vorresti dirmi che a te non piace?» Domandò Hakuji alla fine, godendosi l'espressione da pesce lesso che si dipinse sul viso di Akaza, soppiantando del tutto quel suo ghigno irriverente.
«Può darsi.» Rispose il ragazzo dai capelli rosa dopo un lungo attimo di silenzio. «È giovane, bello, forte e muscoloso: esattamente il mio tipo. Potrei pure provarci.» Disse poi, sorridendo maliziosamente.
«E chi ti fa pensare che te lo lasci fare senza opporre alcuna resistenza?» Chiese Hakuji, appoggiando le mani sul banco del fratello per sporgersi appena in avanti così da guardarlo meglio. «Sarò io il primo a conquistare il cuore di Rengoku-san!» Aggiunse poi con enfasi, lo sguardo azzurro fermo e deciso.
Akaza lo fissò di rimando, sentendo un brivido indistinto percorrergli la colonna vertebrale fino a raggiungere la nuca. Sapeva che Hakuji avrebbe fatto sul serio e si sarebbe impegnato per soffiargli da sotto il naso ciò che desiderava – come quando erano bambini e si rubavano l'un l'altro il giocattolino nuovo –, ma stavolta non si sarebbe arreso tanto facilmente. Con Koyuki lo aveva fatto solo perché aveva capito sin da subito che la ragazza era stra cotta di suo fratello. Con Kyojuro, invece, era ancora tutto da scoprire, e avrebbe messo in gioco ogni singola parte di sé pur di raggiungere il suo scopo – che non era poi tanto diverso da quello del gemello, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
«Tienitelo pure. A me interessa decisamente di più il suo bel fondoschiena.» Controbatté Akaza, sogghignando e cercando di ostentare indifferenza.
Hakuji lo guardò fisso negli occhi e ricambiò il suo sorriso.
Ed eccoli lì che si lanciavano la solita, silenziosa sfida. Non potevano farne a meno: sempre in competizione l'uno con l'altro, entrambi testardi e determinati; e seppur in modo diverso, avrebbero comunque provato a ottenere quello che volevano senza tirarsi indietro. Poco importava se avevano appena deciso di contendersi e di provare a conquistare un loro professore. Quel dettaglio rendeva la competizione solo più eccitante.
• • •
Akaza fece scorrere lo shoji della stanza che gli avevano assegnato poche ore prima e si apprestò a percorrere velocemente il corridoio per raggiungere l'onsen presente nel cortile interno di quel piccolo ma modesto ryokan. Quando i professori li avevano avvisati di aver programmato una gita di tre giorni poco fuori la prefettura, e Kyojuro si era proposto come insegnante accompagnatore, Akaza e Hakuji si erano illuminati come due alberi di Natale. Dopo settimane passate a corteggiare Rengoku – uno più discretamente dell'altro, ma entrambi con persistenza e costanza –, finalmente si era presentata l'occasione giusta per cercare di alzare un po' l'asticella; e Akaza non si sarebbe di certo lasciato sfuggire quell'opportunità d'oro.
«Dove pensi di andare?»
Hakuji raggiunse suo fratello con passo svelto, anche lui con l'asciugamano appeso al braccio. Akaza sbuffò appena e gli scoccò un'occhiataccia. Aveva lasciato la stanza approfittando del fatto che il gemello si fosse assentato per andare in bagno, convinto di poter riuscire a batterlo sul tempo, ma ormai doveva sapere quanto fosse bravo ad anticipare le sue mosse. Certe volte sembrava riuscissero a leggere i rispettivi pensieri, tanto erano coordinati e capaci di prevedere le proprie decisioni.
«A prendere una boccata d'aria.» Rispose Akaza, senza nemmeno provare a nascondere il fatto che stesse mentendo spudoratamente.
«Mi credi forse stupido? Lo so che hai sentito il Rengoku-san dire che sarebbe andato a rilassarsi nell'onsen, dopo cena. Vorrei ricordarti che c'ero anche io.»
«E allora cosa me lo chiedi a fare? È ovvio che voglio approfittare della situazione per passare il mio tempo con Kyojuro. Anche perché sento che ormai mi basta poco per farlo cedere e decretare definitivamente la mia vittoria su di te.» Disse Akaza con un sorriso furbo dipinto sulle labbra.
«Credici, Akaza, credici.»
I due ragazzi raggiunsero il locale docce senza troppi problemi, continuando a punzecchiarsi a vicenda come erano soliti fare. Si liberarono del leggero yukata e si diedero una veloce sciacquata, prima di raggiungere il giardino adiacente. L'aria fredda della sera investì i loro corpi nudi e bagnati, facendoli rabbrividire dalla testa ai piedi; questo non li fermò dall'avanzare verso il bordo della vasca termale su cui aleggiava un leggero strato di vapore.
Si guardarono attorno, notando come l'onsen fosse vuoto e silenzioso – a quell'ora, gli ospiti si apprestavano a ritirarsi nelle rispettive camere per la notte; era insolito trovare qualcuno a mollo nell'acqua calda –, fatta eccezione per una figura che se ne stava immersa fino alle spalle, la testa appoggiata contro le pietre e l'asciugamano a coprire parte del suo viso. Per i due gemelli non fu difficile riconoscere il loro insegnante: quei capelli biondi, legati alti in una crocchia disordinata e scomposta, erano inconfondibili.
Akaza e Hakuji si scambiarono un'occhiata veloce, poi iniziarono a spintonarsi come due bambini nel tentativo di prevalere l'uno sull'altro e decidere così chi dei due dovesse entrare per primo in acqua. Scivolarono entrambi dentro l'onsen, creando schizzi e schiamazzi che ruppero il silenzio quasi surreale di quel luogo. Kyojuro sorrise lievemente – li aveva sentiti arrivare: sapeva esattamente di chi si trattasse – e tolse l'asciugamano dal viso, appoggiandolo sul terreno dietro di sé. Puntò gli occhi vermigli sui due gemelli che continuavano a battibeccare tra di loro e rise sommessamente. Quei ragazzi erano decisamente particolari e gli ronzavano un po' troppo attorno, ma la loro compagnia non gli dispiaceva affatto.
«I gemelli Soyama! Cosa ci fate qui a quest'ora? Non dovreste essere già a letto come tutti i vostri compagni?» Chiese con il solito tono di voce alto e cordiale, attirando così l'attenzione dei due fratelli.
«A letto? Non hai idea del casino che si sente provenire dalle camere, Kyojuro. Sono tutti a fare baldoria.» Rispose Akaza, chiamandolo irriverentemente per nome.
«Akaza, quante volte ti ho detto che devi chiamarmi "Rengoku-san"?» Chiese Kyojuro, scuotendo la testa con fare severo ma senza perdere il tono divertito.
«Ancora una volta, Kyojuro.»
Il ragazzo dai capelli rosa sogghignò apertamente. Sin da quando aveva deciso di mettere in tavola tutte le proprie carte per conquistarlo, non lo aveva mai chiamato usando il cognome, così come non lo aveva mai considerato un suo superiore. E gli piaceva il modo in cui Rengoku lo richiamava, a metà tra l'arrabbiato e l'esasperato, ma sempre con fare gentile e comprensivo. Solo negli ultimi giorni Rengoku aveva iniziato a sorridere di fronte alla sfacciataggine di Akaza, cercando tuttavia di non essere visto per mantenere intatta la sua immagine di insegnante di storia ligio e autorevole.
«Poco fa l'onsen era troppo affollato per poterne godere a pieno. Le dispiace se restiamo un po' qui a farle compagnia, sensei?»
Hakuji si inserì nel discorso con facilità, come sempre. Più che una competizione, sembrava che i due si sostenessero a vicenda e si dessero man forte per far capitolare insieme l'insegnante. Anche quando provavano a interagire singolarmente con Kyojuro, finivano poi per ritrovarsi in un'ambigua chiacchierata a tre. Il loro desiderio di conquista, e il loro essere così determinati a non perdere, li portava sì a cercare di mettersi i bastoni tra le ruote, ma anche a creare una sorta di intesa non indifferente.
«Certo, nessun problema.»
Rengoku rispose senza alcuna esitazione, mostrandosi tranquillo e a proprio agio, ma ad Akaza non sfuggì l'espressione che si era dipinta sul suo viso per un breve e fugace istante: anche se l'ambiente circostante non era tanto illuminato e il vapore continuava ad aleggiare sul pelo dell'acqua, non fu difficile per il ragazzo leggere un accenno di preoccupazione sui lineamenti del bel viso del professore.
Quello non poteva essere che un buon segno! Se l'idea di rimanere da solo con loro era capace di far agitare Kyojuro, allora voleva dire che i tentativi con cui avevano provato a corteggiarlo avevano fatto centro, creando una breccia nello scudo dietro il quale Rengoku provava a nascondersi – perché Akaza era più che certo del fatto che l'altro stesse provando a scappare dai sentimenti che doveva aver inevitabilmente iniziato a provare per uno dei suoi studenti.
I due gemelli si alzarono all'unisono e avanzarono decisi verso l'insegnante che li fissava in silenzio e con il sorriso tirato sulle labbra. L'acqua calda dell'onsen arrivava solo fino alle ginocchia, lasciando così del tutto scoperti i loro corpi nudi. Kyojuro provò con ogni parte di sé a mantenere gli occhi puntati sul viso dei ragazzi, ma non poté fare a meno di cedere alla tentazione; così, cercando di essere discreto e di non farsi scoprire, fece scivolare lo sguardo sui muscoli ben delineati del petto di Akaza e Hakuji. Anche se avevano dei fisici diversi, era chiaro che entrambi praticassero un qualche tipo di sport che li aveva dotati di una alquanto notevole muscolatura.
Gli piacevano i corpi allenati – lui stesso ne possedeva uno, temprato dagli anni passati nel praticare il kendō –, capaci di esercitare su di lui un certo fascino, ma non era solo per quello che si era soffermato a guardare con più insistenza del solito il fisico dei due fratelli. C'era dell'altro, qualcosa che non aveva mai ammesso con nessun altro all'infuori della propria sporca coscienza: aveva un piccolo ma non indifferente interesse per i gemelli. E pur avendo provato a ignorare le sensazioni sconvenienti che lo avevano pervaso nel vedere i volti identici dei fratelli Soyama, non era riuscito a mettere a tacere la vocina melliflua che albergava nella sua testa e che aveva iniziato a tentarlo ogni giorno sempre di più – soprattutto da quando i due ragazzi avevano cominciato a ronzargli attorno con insistenza, palesando chiaramente e senza alcuna remora il loro altrettanto personale interesse.
Akaza e Hakuji raggiunsero il punto in cui Rengoku se ne stava immerso fino alle spalle e sorrisero in contemporanea, quando capirono che li stava letteralmente contemplando senza più riuscire a nasconderlo o a essere discreto. Si misero a sedere sul fondo dell'onsen, permettendosi di affiancare il professore da una parte e dall'altra, così da averlo abbastanza vicino per mettere a segno qualsiasi eventuale mossa.
«Come si sta bene qui.» Commentò Akaza, alludendo velatamente a più di una circostanza.
Allungando le gambe davanti a sé, appoggiò le spalle al bordo della vasca termale e si distese meglio. Così facendo, la sua pelle entrò per un attimo in contatto con quella bollente di Kyojuro, in un gesto che di casuale aveva ben poco. L'insegnante ebbe un fremito, ma cercò di convincersi che non fosse dovuto alla vicinanza con il corpo del ragazzo, quanto più al fatto che la sua temperatura corporea fosse più alta rispetto a quella di Akaza.
«Come hai fatto con quelli?»
Rengoku provò a spostare l'attenzione su altro per distrarre la propria mente dai tanti e possibili scenari sconvenienti che la sua fervida immaginazione aveva iniziato a mostrargli. Indicò il tatuaggio lineare che decorava entrambe le braccia di Akaza e mise su il più cordiale dei sorrisi. Purtroppo per lui, quella domanda non aveva fatto altro che alimentare il fuoco che già sentiva ribollirgli dentro: guardare il bicipite del ragazzo che si allungava e fletteva ad ogni movimento, decorato da quelle linee nere, non l'avrebbe di certo aiutato a distrarsi, ma ormai il danno era fatto.
«Questi? Sono bravo a nasconderli e poi, come vedi, ho cercato di approfittare del momento giusto per non incorrere in inutili rimproveri da parte dello staff del ryokan.» Rispose Akaza, alzando le spalle con noncuranza, indifferente come sempre alle regole che avrebbe dovuto seguire e rispettare.
Hakuji sbuffò una risata che provò a camuffare con un colpo di tosse quando il fratello si sporse per lanciargli un'occhiataccia. Era ovvio che la sua fosse una bugia bella e buona nel tentativo di farsi vedere sotto una luce diversa agli occhi di Rengoku, e sapevano benissimo entrambi che quella era solo una tattica per riuscire a passare del tempo da soli con lui, ma non era comunque riuscito a trattenersi.
«Sa, sensei, anche io gli ho fatto la stessa domanda quando ci avete comunicato la meta di questa gita. Infatti, pensavo che mio fratello non sarebbe venuto proprio perché i suoi tatuaggi sarebbero potuti essere un problema, nei luoghi comuni del ryokan.» Disse Hakuji, sorridendo serafico di fronte all'espressione contrariata con cui Akaza lo stava guardando.
Lui che se ne stava a casa e lasciava campo libero al gemello? Piuttosto si sarebbe fatto tagliare entrambe le braccia, pur di entrare in quella struttura e impedire ad Hakuji di passare del tempo da solo con Kyojuro.
«Quando li hai fatti non hai pensato al tuo futuro? Sai, in molti lavori i tatuaggi non sono visti di buon occhio.» Chiese il professore di storia, piegando appena la testa di lato per guardare meglio il viso di Akaza. Non lo aveva notato prima, ma aveva delle ciglia lunghe e folte che rendevano il suo sguardo ambrato ancora più penetrante.
«Me ne preoccuperò quando sarà il momento. Anche se, in realtà, vorrei continuarlo e farmi tatuare anche il petto e la schiena.» Rispose il ragazzo dai capelli rosa, appoggiando un dito sulla linea nera che gli arrivava fino alla spalla per tracciare l'immaginario disegno che avrebbe voluto farsi fare.
Kyojuro seguì i suoi movimenti come ipnotizzato, desiderando per un solo, folle momento di sostituire il proprio polpastrello a quello di Akaza che era sceso sott'acqua, lungo la linea dello sterno. Tornò in sé scuotendo appena la testa, rimproverandosi mentalmente per i pensieri inopportuni che continuavano ad accavallarsi gli uni sugli altri. Erano i suoi studenti, non poteva sentirsi attratto da loro!
«Rengoku-san, anch'io ho un tatuaggio. Solo che è più piccolo e discreto, così si nota meno. Guardi!»
Sentendosi escluso da quello scambio di sguardi e di battute, Hakuji si avvicinò maggiormente al corpo nudo di Kyojuro e allungò il braccio destro per mostrargli i tre cerchi concentrici che gli decoravano l'avambraccio. Rengoku si sentì avvampare violentemente, quando avvertì anche la pelle dell'altro ragazzo premere contro la sua. Erano troppo vicini – pericolosamente vicini – e il suo cervello aveva cominciato a non capirci più niente. Per troppe volte, nei suoi attimi di solitudine, aveva immaginato di ritrovarsi in una situazione simile a quella; adesso che si trovava tra i due gemelli, con i loro corpi muscolosi praticamente premuti contro, sapeva che sarebbe stato impossibile continuare a resistere.
Girò appena il viso verso Hakuji, per guardare ciò che il ragazzo voleva mostrargli, ma si ritrovò a tu per tu con il suo viso giovane e perfetto. Anche lui aveva delle ciglia lunghe e folte, proprio come Akaza, e i suoi occhi azzurri erano così chiari che avrebbe potuto specchiarsi al loro interno. Fu un attimo: senza pensarci su, mettendo definitivamente a tacere anche l'ultimo barlume di buon senso per lasciarsi andare completamente a ciò che la sua mente e il suo cuore volevano davvero, Kyojuro si sporse in avanti e baciò Hakuji.
I due fratelli si guardarono allibiti, gli occhi sgranati per l'incredulità del momento. Akaza sentì uno strano dolore stringergli il petto e il cuore perdere un battito. Era convinto che sarebbe riuscito a conquistare per primo il professore, che gli sguardi di fuoco che si scambiavano quando lo fermavano nei corridoi dopo le lezioni fossero rivolti a lui, che i grandi e caldi sorrisi di Rengoku di fronte alla sua irriverenza fossero un chiaro segno di cedimento. E invece aveva vinto Hakuji, di nuovo.
Akaza sentì la rabbia montargli dentro come un toro alla carica e girò il viso dall'altra parte per non dover continuare a guardare quei due che si baciavano. Aveva voglia di prendere a pugni suo fratello, di urlargli contro tutto l'odio che stava nutrendo per lui in quel preciso momento, ma si trattenne solo perché non voleva farsi vedere come un mostro dall'uomo che amava – perché sì, aveva capito di provare più di una semplice attrazione fisica nei confronti del giovane insegnante dagli occhi magnetici come danzanti lingue di fuoco.
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