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XMas ~ Speciale Natalizio ~

Era tranquillo, seduto nella sua stanza. Stava a gambe incrociate sul pavimento di mattoni del Nether, con la testa appoggiata alle mani. Fissava il muro, sempre dello stesso materiale, osservandone i più piccoli particolari, dalle crepe ai rilievi poco visibili.

Sospirò ed appoggiò la testa al lato del letto dietrostante. Odiava il Natale a tutti gli effetti. Non per altro, gli zii gli facevano sempre bei regali, le anime del Nether smettevano di fare casino come al solito, ed Entity veniva a fargli compagnia.

Eppure lo odiava. Tutta quell'aria di spensieratezza gli dava sempre l'impressione di dover per forza essere felice, e questo non faceva altro che renderlo più triste ed arrabbiato.

In oltre, indovinate cosa festeggiava il Natale, lì a Minecraftia?

Esatto.

La nascita di Notch. Il suo stronzissimo fratello. Quell'egocentrico aveva fatto diventare il suo compleanno una festa mondiale!

Eppure anche lui sembrava addolcirsi in quel giorno, nonostante la sua orribile scorza dura di puro egocentrismo grande quanto il Nether e l'Aether messi insieme.

Sospirò di nuovo e si alzò, con l'intenzione di uscire dalla stanza. Fece molta attenzione quando aprì la porta, non voleva che accadesse come l'anno passato. Infatti, pochi secondi dopo, un Wither Boss umano con un carrellone pieno di cibarie e bevande schizzò davanti ai suoi occhi, verso una -immaginò- incasinatissima cucina.

Quando vide che tutto sembrava tranquillo, guardò prima a destra, poi a sinistra, ed infine uscì. A passo veloce ignorò Rotten Ham alle prese con un mattarello e Kinghast che lottava contro il forno, dirigedosi verso il portone. Entity sarebbe arrivato intorno alle otto, quindi aveva un paio di ore di tempo per dedicarsi ad una delle attività Natalizie che preferiva: Osservare i mortali.

Uscì di tutta fretta e si teletrasportò sul tetto di una casa, da cui era solito osservare i passanti. La neve ricopriva le strade e gli edifici, ticchettando sui cappotti della gente. Si morse il labbro, quanto avrebbe voluto mischiarsi a loro, per una sola volta.

Nonostante il clima glaciale, gli animi delle persone erano felici, spensierati e calorosi... E lui sperava con tutto il suo cuore che non notassero un idividuo con un mandello blu sulle spalle aggirarsi per la città con un paio di occhiali da sole in piena notte.

Si guardava intorno, curioso. I suoi coetantei erano decisamente minori rispetto agli adulti, e questo lo metteva ancora di più in soggezione. Ma fortunatamente, nessuno si aspetterebbe mai che un ragazzino di tredici anni potesse essere il dio degli inferi, il temutissimo Herobrine.

E infatti nessuno di accorse di lui.

Uno squillo di tromba. Sentì qualcuno mormorare parole tipo "È ora del discorso!", "Presto andiamo in piazza!" Oppure "Non voglio perdermelo!!", quest'ultimo in particolare era frequentissimo.

Seguì la folla verso quello che sembrava il centro della città. Una fontana in marmo bianco con un telo del medesimo colore troneggiava in mezzo alla piazza, e lì, sulla sommità del telo, vi era l'odioso diciassettenne che ben conosceva.

-Salve, mio popolo!- Fece un inchino. -Oggi siamo qui riuniti per festeggiare un evento anche piuttosto recente...- Hero roteo gli occhi, o almeno quella era la sensazione per lui. -Esatto! Sto parlando proprio di quell'avvenimento!- Con lo schioccare delle dita, il ragazzo fece cadere il telo, che rivelò un'enorme statua in marmo di sé stesso. -La mia nascita!!-

Hero digrignò i denti. Un suo classico!

Arrabbiato voltò i tacchi e fece per andarsene, ma un uomo apparentemente ubriaco lo prese per un braccio. -Andiamo amico! Mica...- Singhiozzò. -...te ne stai andando così spero?!- Un altro songhiozzo. -...È Natale!- -Lasciami andare!- Urlò adirato il ragazzino. Era già arrabbiato di suo, in più non ci voleva proprio quello stupido mortale ad importunarlo.

La presa si strinse. -Non fare il difficile!- Singhiozzò ancora. -Ho detto...- Herobrine si mise a fluttuare, e la cosa non passò inosservata all'altro dio, che incominciò a fissarlo dall'alto della sua statua. -...Lasciami andare!!-

Una piccola scossa. L'uomo con le guancie rosse cadde a terra svenuto, con gli occhi ribaltati che fissavano il nulla. Hero si accorse che tutti gli sguardi erano puntati su di lui. Chiedendosì il perchè, fece scivolare per un secondo gli occhi a terra.

Sgranò gli occhi, sembrava quasi che la pelle intorno si stesse strappando. In quel preciso attimo voleva scomparire dalla faccia della terra più delle altre volte. Deglutì silenziosamente, nel tentativo di eliminare quel nodo alla gola che gli si era formato, ma non ci riuscì.

A terra, sotto i suoi piedi, vi erano scegge di vetro sparpagliate e scure, staccate dalla montatura nera posta poco più in là. Gli occhiali da sole erano andati. Passò lo sguardo da terra verso gli occhi del fratello, che lo guardavano con odio.

Notch si teletrasportò davanti al fratellino, pose una mano sul suo petto e lo fece scomparire insieme a lui. Quando Hero riaprì gli occhi, vide di essere in una piccola radura incontaminata in mezzo ad una foresta di quercia scura. Il terreno era di un verde acceso, l'erba cresceva rigogliosa insieme ai fiori rossi e gialli. La neve ricopriva le fronde degli alberi e in parte terreno, soffocando certe volte i fili d'erba più piccoli e gracili.

-Che ci fai qui?!- Urlò il diciassettenne. -Non dovevi startene nel Nether come sempre?!- Lo spintonò facendolo cadere. -Ti piace proprio tanto rovinare quello che organizzo, vero?!- Avanzò verso il minore. -Doveva essere una giornata perfetta! Ma no, tu dovevi metterti immezzo!!- Diede un calcio al fianco di Hero, che non potè fare altro che soffrire in silenzio.

Un rivolo di sangue scese, all'ennesimo colpo, dal lato della bocca del ragazzino. -Non ti è bastato l'anno scorso?!- Continuò ad urlare il maggiore con le lacrime agli occhi.

Non lacrime di rabbia, ma lacrime di tristezza. La tristezza che gli portava dover mantenere la sua promessa, la promessa fatta al padre, anni prima.

Proteggilo...

Gli disse.

Proteggilo e crescilo a costo della tua vita!

Vedeva ancora il sangue viola del padre drago schizzare per tutto l'End.

Fallo diventare più forte di quanto io sia mai stato.

La risata isterica di quella che era la madre rimbombava in quello spazio.

A qualunque costo...

"Lo sto facendo, padre!" Si ripetè. "Sto mantenendo la promessa, a qualunque costo..." Voleva urlare al fratello che non era così, voleva dirgli che lo faceva per il suo bene... Ma non poteva...

...con qualunque mezzo.

"...Con qualunque mezzo!!" ...Avrebbe infranto quella promessa. Sapendo che era tutta una messa in scena, suo fratello non si sarebbe più impegnato per superarlo come quella volta, l'anno passato.

Addio, figli miei.

Veglierò sempre su di voi dall'alto.

A quelle parole che continuavano a rimbombargli in testa, Notch smise di colpirlo, e si accasciò a terra, piangente.

Hero non si chiese nemmeno il perchè di tale scoppio, si limitò a scappare per la foresta, più forte di quanto le gambe potevano permettergli. Aveva perso troppo sangue, teletrasporto era come disattivato. Si sedette su un ramo di un albero a riposare.

Fece per addormentarsi, quando un urlo spropositato gli raggiunse le orecchie. Era giunto in una piccola palude, e sperava che almeno lì nessuno lo avrebbe disturbato. Chi poteva essere, a quell'ora, il pazzo che urlava in mezzo ad una palude abitata da streghe?!

Curioso, il dio dagli occhi bianchi si sporse leggermente dal ramo. Vide un umano dalla carnagione chiara, gli occhi dorati ed i capelli color cioccolato. Gli occhi trasmettevano quel qualcosa... Che gli sembrava di aver sempre voluto, ma di non aver nemmeno mai cercato. Una specie di senso di soddisfazione e felicità insaziabili, sempre in cerca di qualcosa di nuovo che potesse soddisfare la sua sete, anche solo per un po'.

Portava un mantello marroncino con i bottoni e l'orlo delle maniche dorate, la maglietta sotto era color avorio e copriva una camicia bianca con una cravatta rossa che spiccava vicino al collo. Sulle mani con dei guanti neri che scoprivano le dita, teneva ben stretta un'ascia.

Camminava sicuro di se dentro i laghetti della palude, noncurante se i pantaloni largli grigiarsti si rovinassero o meno con quella melma. Gli stivali alti gli consentiva un'alta aderenza al terreno, così da non scivolare con l'impatto sulle roccie del fondale muschiate.

-Accidenti!- Esclamò. -Forse non avrei dovuto bruciare le scorte di legno nel camino per arrostire la carte!- Si mise a ridere. Il suo tono era spropositatamente alto, e dannazione ad Hero dava un enorme fastidio. Rimase lì a fissarlo raccogliere la legna per un po', riflettendo dove e quando avrebbe potuto conoscere quella voce così familiare.

Non poteva immaginare che quell'umano fosse lo stesso che lo consolò cinque anni prima, e certo poteva immaginare ancora meno che dopo quasi un anno, esso potesse diventare uno dei pochi motivi che rendeva interessante e piacevo la sua vita, prima come nemici, poi come più che fratelli, in quella che noi comunemente chiamiamo "FailCraft".

1466 PAROLE IL CAPITOLO PIÙ LUNGO DI QUESTO LIBRO. MAMMA MIA.

Buon Natale così.

Con un Hero ed un Notch pucciosi fino al diabete.

Comunque questo capitolo speciale così lungo è inanzitutto per scusarmi del ritardo, e poi dal 27 al 31 sarò fuori in un campus particolare dove è vietato portare il telefono. Tanto non prenderebbe comunque. QUINDI CIAOH. SONO A 1519 PAROLE CON IL PROSSIMO NUMERO 1525 QUINDI BYE.

~Potranno passare anni, ma l'ispirazione demenziale scenderà dagli astri! >:3~
Astrale2.0

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