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Cap. 6 - Il nuovo ospite.

Un altro giorno passò e Ren era sempre più distratto, Goro gli occupò la testa da non rendersi conto di chi avesse davanti tra i clienti del bar e Yusuke stesso, che gli domandò se avesse qualche problema riguardo all'incubo avuto nella notte.

«Nulla, Da Vinci, sto bene», rispose, riprendendo a servire il caffè ai clienti.

Goro, intanto, decise di ritornare a casa di Ren e Yusuke il giorno dopo, dove trovò il corvino che stava dormendo comodamente steso sul letto, abbracciato al morbido cuscino di Yusuke col sorriso sulle labbra, immaginando di averlo tra le braccia.

Aveva gli occhi incrostati di muco oculare e gli occhiali appena cedenti sul naso.

La maglia guastata del pigiama nera con un disegno di un volto di gatto al centro, gli cedeva grande addosso, come se fosse un vestito, e non indossava né i pantaloni, né la biancheria.

Goro bussò alla porta.

Ren a stento si alzò dal letto e scalzo si diresse verso la porta, aprendola senza osservare chi ci fosse dietro, poi, quando l'osservò meglio, ritrovando la miseria della sua giacca sgualcita e la cravatta attorno alla gamba, lo riconobbe e spalancò gli occhi, indietreggiando.

«Akechi!», lamentò.

Goro scoppiò a ridere così forte dal reggersi la pancia. «Che sorpresa, è la prima volta che ci vediamo? Non ricordi la cabina armadio?».

«Non era un incubo?», Ren ironizzò.

«No».

Goro violentemente baciò Ren, spingendolo indietro e facendolo quasi cadere a terra, ridendo. Gli voltò le spalle e girò le pupille dietro, cercando di non mostrare l'intensità della risata.

«Sei senza pantaloni», stuzzicò. «Ti piace stare nudo in casa?».

Lo prese per i fianchi, avvolgendo le braccia attorno al busto. La sua testa lentamente scivolò verso la spalla e le labbra sfiorarono il suo orecchio.

«Ho due opzioni, premere il grilletto e ucciderti senza pietà o risparmiarti, ma voglio ancora essere buono, sei proprio un tesoro quando ti ecciti», sussurrò, intimidendolo.

Ren urlò e spinse Goro lontano. «Ti stai prendendo troppa confidenza con me, mi vuoi uccidere o portare a letto?!».

«Entrambi», gli rispose Goro, tornando a ridere.

«Ti ucciderei, ma mi piaci, ci devo pensare allora. Ho solo bisogno di tempo», gli schiaffeggiò il sedere nudo sotto la maglia lunga e uscì dalla porta sorreggendo un ghigno malizioso sulle labbra. Intanto Ren nella sua testa giocava con tante emozioni diverse. «Allora non hai capito che non voglio avere nulla a che fare con te?!», sbottò, cercando di lottare l'imbarazzo.

Il silenzio pervase l'aria.

«Goro Akechi è vivo, e minaccia di uccidermi», si limitò Ren a spiegare a Yusuke nel bar, sibilando appena nel suo orecchio per non farsi sentire dai clienti. L'artista ridacchiò, incredulo sulle affermazioni del corvino. Ren sospirò, posando la mano sulla sua spalla.

«Dai, non nuocerà a nessuno, non voglio rispedirlo nel Metaverso... io aiuto sempre le persone e certe volte mi prendo le conseguenze, ma se lo vedi ti fa pena. Fai uno sforzo, Da Vinci. Starà qui, in questa stanza del bar».

«Voglio parlare con lui direttamente», disse Yusuke.

«Va bene, te lo chiamo, è dietro di me. Goro Akechi? Yusuke vorrebbe parlare con te, esci!».

Goro subito uscì fuori, mostrandosi. Yusuke lo fissò con interesse: i suoi lunghi capelli annerititi dalla cenere, il volto speranzoso e le mani rovinate senza guanti davano totalmente un'immagine diversa da quella che vedeva quando appariva in televisione come il "giovane detective intuitivo".

«Goro... sono anni che non ti vediamo. Ren mi ha detto che hai passato questi ultimi anni nel Metaverso, mi spiace per tutto ciò che hai dovuto passare lì dentro. Ho parlato con Ren e va bene, potresti stare in questa stanza da dove sei uscito, se accetti», disse l'artista, accennando un leggero sorriso.

Goro si inchinò e sorrise nonostante la pena che echeggiava nel suo cuore. «Se solo raccontassi cosa ho passato non mi basterebbero ventiquattro ore, ti ringrazio dell'accoglienza, Yusuk –».

«Kitagawa, almeno finché non avremo confidenza chiamami per cognome, grazie», appuntò l'artista, poi volse lo sguardo indietro al detective.

«In ogni caso, bentornato Akechi. Siamo davvero grati che tu sia ancora vivo, ma al tempo stesso non ci fidiamo subito di te, soprattutto io», disse, cercando di non mostrare troppa irriverenza.

«Bene, ma prima avresti bisogno di lavarti e tagliarti i capelli, e nuovi vestiti», interruppe Ren, aggiustando gli occhiali sul naso con atteggiamento altezzoso. Goro annuì.

«... per questo puoi usare il nostro bagno, non penso che Yusuke non accetti, vero?», aggiunse, ammiccando all'artista. Yusuke allora guidò il detective fuori dal bar, che entrò dentro casa e si diresse verso il bagno chiudendone poi la porta.

Yusuke allora riprese a lavorare, Ren invece volle ritirarsi a casa.

«Perché devi andare a casa? Non sarà per Akechi, vero?», il pittore mosse lo sguardo geloso verso il corvino, che inghiottì la saliva e nervosamente disse di aver dimenticato un oggetto e volle andare a prenderlo. Yusuke annuì, ancora dubbioso, ma lo lasciò fare.

Ren mentì, era piuttosto curioso di vedere cosa stesse facendo il detective nel bagno. In silenzio entrò in casa e si avvicinò al bagno in punta di piedi, con la morbidezza di una piuma d'oca. 

Come raggiunse il bagno arrossì sulle guance e si nascose dietro il muro vicino alla porta chiusa mentre si udiva ancora lo scrosciare dell'acqua della doccia.

Goro, all'inizio, pensò di confrontarsi solo con la sua miseria da lavare via, ma le ferite causate dalla prigionia nel Metaverso, sia fisiche che mentali, non potevano essere lavate.

Il segno del colpo che aveva sulla gamba si cicatrizzò, e sul petto i graffi guarirono, ma la sua mente nutriva rabbia, vendetta, voglia di uccidere Ren.

Lentamente si sfilò la giacca sporca di sangue giù dalle braccia e sbottonò la camicia bianca sgualcita, mostrando quel petto perfetto pieno di punti di sutura. Respirò profondamente e furono giù anche i pantaloni e la biancheria.

Restando nudo, frugò tra i cassetti situati sotto la specchiera e trovò un paio di forbici che Ren e Yusuke usavano maggiormente per tagliare le unghie e raccolse un secchio dal retro del gabinetto per posarlo nella doccia. In seguito, munito di forbici, passo dopo passo entrò nella cabina, ne chiuse la porta-vetro e aprì l'acqua.

Ren intanto incollò la schiena al muro, si tolse gli occhiali e passò la mano sul volto, partendo dai capelli, chinando la testa dietro e si toccò la gola, e scendendo giù fino alle sue stesse zone sensibili. Ansimando sudò tanto da togliersi la giacca nera come necessità vitale. 

Chiuse gli occhi e trattenne il respiro.

Il suono dell'acqua cessò. 

«Amamiya? Sei lì?», Goro domandò e non ricevette risposta. Ghignò e finì di tagliarsi i capelli della lunghezza usuale con la quale li portava, facendo cadere l'ultimo ciuffo castano nel secchio. «... me lo sono immaginato», commentò, assicurandosi di essere solo.

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