Cap. 57 - Nasce una storia d'amore.
Si alzarono dal letto, si docciarono insieme e uscirono anche loro diretti al parco, dove Yusuke si era ormai perso dalla bellezza della natura.
Era seduto sull'erba con dei pennelli e un blocco per gli appunti, qualche tubetto di tempera tra cui non mancavano i colori primari rosso, blu, giallo. Trovò infatti l'ispirazione giusta, essendo ancora mattina con la luce solare brillante nel cielo.
Goro entrò e individuò una panchina situata in una zona non molto illuminata del parco, invitando Ren a sedersi con lui, «Oggi la giornata è bellissima, quel punto sembra ottimo per noi per...».
«Limonare?», interruppe Ren, giocandoci.
Goro arrossì sulle guance e subito gli schiaffeggiò la testa, urlando, «Per parlare di Yusuke e avere delle buone idee, sei un cretino!», appena prima che Ren gli coprì la bocca in tempo, per non essere sentiti dai bambini nel parco e le loro mamme, soprattutto, le quali cominciarono a scrutarli con sguardi minacciosi.
Ren allora si fermò dietro Goro, lo spinse per la schiena e lo guidò verso la panchina. Quando poi la raggiunsero si sedette goffamente e trascinò il detective con sé nello stesso modo, «Va bene, ho detto qualcosa di...».
«Taci! E non ti permettere più di dirlo ad alta voce! Ci sono dei bambini, maledetto Amamiya!», lamentò il castano, coprendo il volto rosso.
«Limonare è una brutta parola?», Ren inclinò la testa di lato e Goro gliela schiaffeggiò di nuovo.
«Certo, noi siamo adulti e sappiamo cosa significa, ma i bambini non lo sanno... o almeno spero...», disse il castano, strofinandosi il mento. Ren ridacchiò e poggiò la testa sulla spalla dell'altro, sorridendo, «Beh, sì... ma rilassati, goditi questa bella giornata».
«Forse non hai notato gli occhi assassini di quelle tre mamme laggiù, fossi in te eviterei anche di farla quella cosa, nonostante stiamo in un punto morto del parco», Goro s'impose.
Ren chiuse gli occhi e sospirò, «Allora? Purtroppo anche se siamo nel 2032 ci sono ancora persone chiuse di mente, come quelle mamme. In ogni caso anche un lui e una lei fanno quella cosa, lo fanno tutti, tra ragazze amiche, insomma...».
«Sssh!», Goro mise Ren a tacere posizionando il dito indice sulle sue labbra, «Non tentare di nascondere la tua perversione, Ren. Si vede da un miglio, ma non è colpa tua...», ammiccò.
«Comunque... non ci siamo mai fermati a parlare di cosa hai passato nel Metaverso. Dicevi spesso che io non ti conoscessi davvero per tutte le peripezie che hai passato in quell'universo assurdo. Perché non me ne parli adesso? Ho orecchie per la tua meravigliosa voce», Ren si avvicinò di più a Goro, sistemando più comodamente la testa sulla sua spalla.
«Tutto è rimasto uguale, a parte la rivolta delle Ombre e i Palazzi».
«Cioè?».
«Prima, dopo che rubavi un cuore cognitivo il Palazzo crollava, ora invece non più, anzi, rimane lì in attesa di distorsione come le Ombre. Pensa a Joka: fin quando non ci sarà qualcosa di davvero distorto nella tua mente, è innocuo come un agnellino», spiegò Akechi, agitando in aria la mano destra coperta dal guanto nero con disinvoltura.
«L'ho notato, quando l'ho sconfitto e lui è andato via. Era diverso», commentò Ren.
«Già, per esempio la mia Ombra ora è il professore di teatro nella scuola d'arte di Yusuke Ombra, ossia Sir Kitagawa o Sir Kita, come si fa chiamare. Quando Yusuke perde ispirazione lui inizia a fare schifezze con le alunne... non so se lo fa anche senza distorsione, ma ti posso dare certezza di questo. C'è stato un periodo passato in cui le nostre Ombre avevano una relazione anche, erano il preside e il vice».
Goro continuò a parlare in quel modo così perfetto che attrasse l'attenzione di due bambini che si fermarono lì vicino per ascoltarlo. Ren invece si era perso tra le sue parole, sentendosi ogni secondo più innamorato di lui, col cuore che gli batteva a mille.
Tra Ren e Goro stava nascendo una vera e propria storia d'amore, uno degli elementi che li stava legando molto di più era il cambiamento dei loro approcci da nemici ad amici. Mentre il detective parlava, anche le foglie danzavano lì vicino, illuminate dalla luce calda del tramonto.
Ren lo guardava intensamente, poi un altro sorriso affiorò sul suo volto mentre gli si avvicinava, dopo aver alzato la testa dalla sua spalla.
«È strano, sai?».
«Cosa?».
«Quanto tempo abbiamo perso... tempo ad attaccarci alla gola, batterci nel Metaverso... gli scacchi e le tue continue vittorie, quando volevo solo fissarti negli occhi...», confessò Ren.
Goro sorrise beffardamente, «I bambini, Ren. Attento a ciò che dici».
«Non dirò nulla di così proibito, smettila! Volevo solo soffermarmi su qualcosa... abbiamo lottato l'uno contro l'altro quasi inutilmente, senza renderci conto di quanto fosse profondo il legame che si stava formando tra noi. Tanto tempo per dirti... ti amo...».
«Ren...».
Imbarazzandosi, Goro nasconde il volto coi capelli da un lato, così Ren decise di accarezzarglieli nel silenzio rassicurante del parco, dove luci degli alberi si accesero gradualmente, creando un'atmosfera magica attorno a loro.
«Ti amo anch'io, Ren», disse Goro con un sussurro, «Forse avevo paura di ammettere i miei sentimenti, di mostrarmi vulnerabile... e ora, eccomi qui, con te», e posò la mano sul viso di Ren, accarezzandolo delicatamente, mentre il tramonto dipingeva il cielo con sfumature di arancione e rosa, riflettendosi nei suoi occhi grigi.
«Mi dispiace allora per tutto ciò che è successo», sibilò il corvino.
«Non importa, quello che conta è che siamo insieme adesso. Abbiamo imparato dai nostri errori e ora possiamo guardare avanti, certamente ciò lo capirà anche Yusuke», rispose Goro.
«Ora siamo solo noi, detective», Ren sorrise, avvicinandosi per un bacio che Goro ricambiò tanto che, spingendolo in avanti cominciò ad approfondire una dolcezza che non provò mai prima, sentendo il vero sentimento dell'amore, dandoci più enfasi romantica.
Ren prese il volto di Goro a coppa tra i palmi delle mani e continuò a baciarlo, dando un bacio nuovo appena si finiva il vecchio, facendo esattamente ciò che egli stesso espresse con la parola 'limonare'. Chissà quali magici e dolci sentieri percorsero le loro lingue.
Nessuno poté staccarli, erano solo loro due, senza badare ai dintorni, almeno fino a che una delle mamme li chiamò, gridandogli addosso.
«Ehi, voi due! Vi sembra il modo di baciarvi davanti a mio figlio?!».
«Diamine!».
Goro spalancò gli occhi e si scostò violentemente da Ren, spingendolo fuori dalla panchina e facendolo cadere di conseguenza, «Ci scusi... non ce ne siamo resi conto...», balbettò, arrossendo di nuovo sulle gote, intanto Ren tentava di rimettersi in piedi.
La signora, arrabbiata, impugnò la sua borsa come se fosse un'arma e colpì la schiena di Ren, facendolo cadere di nuovo, poi schiaffeggiò la testa castana di Akechi, in seguito voltò loro le spalle, prese in braccio il bambino di sei anni e s'incamminò verso l'uscita del parco.
Ren, per la seconda volta, con fatica si rialzò e fissò Goro con incredulità sul viso.
«Ma che problemi ha la gente?», sbottò in direzione del detective che fece spallucce e dal nulla disse «Vuoi biasimarla? Stavamo letteralmente limonando...», poi Ren lo schiaffeggiò di nuovo sulla testa.
«Lo hai detto tu, ora. Quindi ti meriti lo stesso trattamento!», lo provocò.
Goro rise, «Ahi! Lo sai che alla fine abbiamo fatto tutto, ma non parlare di Yusuke, che è proprio lì, davanti ai nostri occhi? Guarda là infondo, è così concentrato sul suo dipinto da non accorgersi della nostra figuraccia».
«Vero...», affermò Ren, girando lo sguardo in direzione in cui si vedeva il pittore sull'erba, impegnato a dipingere, «Propongo di andare a casa... è quasi ora di cena. Cucini con me?».
«Cosa? Non ho sentito», Goro finse confusione.
Ren lo prese per un orecchio e lo trascinò fuori dal parco, ridacchiando, «Muoviti, yandere».
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