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Cap. 26 - Una nuova scuola d'arte.

Camminava fiero verso l'ingresso di una scuola dall'aspetto sinistro, dove una grande piazza ospitava delle guardie e in alto un enorme cartellone rappresentava la foto del preside più amato dalle alunne di codesta scuola, Sir Kitagawa, o Sir K., solo per gli amici.

Un'immagine non molto suggestiva. Il soggetto era lui, Yusuke Ombra, "Sir Kitagawa", impegnato a posare in ginocchio ai piedi di un ghiacciaio, con la mano in mezzo alle cosce per reggersi e tenere la dimenticata maschera, mentre col braccio sinistro reggeva una delle sue armi che usava per combattere le Ombre nel Metaverso, la katana.

Sulla destra del quadro poggiava il ragazzo con il volto e lo sguardo rivolto verso la sua destra, arrabbiato, osservando con intensità ciò che aveva davanti attentamente. 

Vestito nella sua divisa di Fox sulle tinte blu originali, con la coda di volpe a strisce bianche e rosse attorno al suo fondoschiena che gli abbracciava gentilmente il busto, per dare ancora più mascolinità al soggetto.

Sir Kitagawa, per gli alunni che volessero superare l'ammissione nella scuola, dava due opzioni da scegliere come se fosse il classico test: o restare dalla sua parte e farsi schiavizzare a produrre arte senza valore e senso logico, o essere immortalati in una delle sue tele nel suo ufficio dove li ammetteva come suoi professori o aiutanti, se avessero dimostrato la loro lealtà.

La maggior parte degli alunni maschi si dava alla pittura, mentre le femmine, la maggior parte, non esitava due volte a darsi, e giacere nel letto col magnifico, virile e super bello preside della scuola. Ogni notte era una di loro nelle sue stanze private. Lui però, il preside, preferiva piuttosto passare il suo tempo amoroso col vice-preside, il Principe, o Prof. Akechi, che insegnava teatro.

La scuola d'arte insegnava la pittura, l'arte digitale, la scultura, il design di ogni sottogenere e anche il teatro, perché anch'essa era considerata una forma d'arte. Le lezioni, infatti, tenute da Goro, si svolgevano direttamente in teatro e l'insegnamento era di eccellente qualità.

Tutta la scuola sapeva della relazione tra il Preside e il Vice, soprattutto le alunne, le quali provavano molta gelosia nei confronti di quell'affiatamento che avevano i due quando si incontravano nei corridoi della scuola. 

Un giorno, una ragazza di nome Sasha decise con la sua amica Atsuko di organizzare un piano per dividerli e poter quindi vedere solo il preside. Ci fu un lungo lavoro sotto, ma alla sua realizzazione, il piano andò a buon fine: con una ridicola scusa fecero allontanare il professore Goro Akechi dalla scuola.

Ciò scatenò la rabbia di Sir Kitagawa che le punì rinchiudendole nel ripostiglio del bidello per ventiquattr'ore senza mangiare e bere.

Fiero e saccente, si risedette sulla sua poltrona nera nell'ufficio dopo aver finito. Goro gli si avvicinò e gli baciò il lato sinistro del collo, leccandogli la pelle appena da dargli i brividi.

«Credo sia il momento di liberarle, tesoro mio. Non essere troppo crudele con i nostri alunni, soprattutto le alunne. Capisco come tu possa esserti sentito rabbioso all'impatto, anche io lo sono, mi hanno ingannato dicendomi sciocchezze, ma dobbiamo insegnare almeno un briciolo di educazione a queste ragazze... fallo per me».

Il preside issò, quei suoi capelli blu erano diventati neri come la pece, il suo volto pallido e giallastro, e quella tuta di Fox era nera come il resto della sua personalità oscura avvolta dalle ipocrisie, gelosie, insicurezze non manifestate per il timore di non essere in grado di affrontarle.

Tirò il Vice e lo baciò selvaggiamente sulle labbra, leccandogli la mascella su e giù, esplorando e godendo il sapore del suo amato. Goro mormorò il piacere.

«Sai che io sono sempre severo con certi comportamenti, se vuoi educare delle ragazzine gelose che agiscono secondo il loro principio di adolescenza, devi andarci col pugno di ferro. Le trovo troppo innocenti per portarle nel letto, il mio principio morale mi guida solo verso le ragazze di quinta. Non sono mica un mostro!», Kitagawa abbozzò una cattiva e greve risata.

Goro sospirò e si allontanò dall'altro, camminando per l'ufficio, osservando quei ragazzi che si rifiutarono di frequentare la scuola e furono intrappolati nelle tele. Canticchiò e ghignò, portandosi le braccia dietro la schiena e unendo le mani, intrecciando le dita tra loro.

«È da tanto tempo che non vedevo tanta bellezza, quella distruzione che cercavo da anni, il caos nella mia testa fin dalla mia infanzia, quella disperazione, perdita, affannose lacrime e sangue versato sul pavimento della mia felicità. Non si diventa cattivi da un momento all'altro», mentre parlava, sfiorava ogni tela con un tocco leggero, chiudendo gli occhi, e Sir K. lo fissava.

Si alzò dalla poltrona e raggiunse il suo Vice, abbracciandogli la schiena. Goro gli prese le mani guantate di nero e le baciò entrambe, posizionandole sul suo petto, sulla zona del cuore, gemendo, «Tutto questo, solo perché Ren ha deciso di starsene da solo?», chiese.

«No», Kitagawa rise, «Direi piuttosto l'insuccesso del vecchio stile d'arte», fece una pausa e lasciò un respiro uscire dalla bocca rovinata da graffi di diverse dimensioni e profondità.

«Mi sono solo arreso al consumismo, copiare è di moda, sì? Madarame in effetti non fece chissà cosa, ha solo seguito il flusso... e ora lo sto seguendo anch'io», disse, oscurando di più il tono della voce sulle ultime parole, echeggiando nell'ufficio come parole di minaccia.

«Non hai torto, mio Preside, ma io sono il tuo Vice, e come tale vorrei avere il concesso almeno a esprimere la mia opinione sulle punizioni. Chi non nega le cotte delle adolescenti? Lascia andare, lascia che vivano nel loro errore. Il tempo per rimediare, se arriverà, le porterà poi sulla giusta strada, oppure no, quando matureranno. A meno che tu non parli di casi di omofobia, allora i canoni cambierebbero. È tutto parte dello show, vero?».

Il Vice si voltò verso il Preside e gli batté contro la bocca un feroce bacio che non fu ricambiato per lo shock del concetto tirato fuori, così giusto da non cambiarci una sola virgola.

«Vero...», mugugnò il Preside, alla fine di quel caldo bacio, «Va', la chiave è sulla mia scrivania, liberale. Dopo, portale da me», ordinò, e il Vice fece come richiesto. Dopodiché le ragazzine, impaurite, entrarono passo dopo passo, in modo timido e impaurito. Kitagawa le invitò a sedersi vicino alla sua scrivania, sedendosi anche lui sulla poltrona di fronte a loro.

Un ghigno perfido regnava sulle sue labbra, mentre le fissava con interesse, un altro tipo d'interesse. Poggiò i gomiti sul legno del tavolo e unì le mani vicino alla faccia. 

«Allora, mi scuso profondamente per la punizione alquanto ingiusta e dura nei vostri confronti. Questo però non vi scagiona dal casino che avete combinato per separarmi dal mio amato Vice. Vi chiedo solo una cosa, perché?».

Una delle due, dai capelli biondi, si schiarì la gola e iniziò a parlare, «Mi scusi, signor Preside... eravamo forse gelose... lei è molto carino e...».

«Basta! Ho capito il concetto», interruppe l'Ombra, «Certamente questa non è la scuola adatta a fare certe cose, se mi spiego bene. Ci sono tanti ragazzini che vi trovano carine, scommetto. Capisco le vostre voglie, ma a un certo punto vi potreste anche pentire delle vostre stesse azioni. Annullo la punizione, ma restano i vostri pessimi voti. Ho finito. Ora, andate», disse, chiudendo il registro con un tonfo.

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